CONVEGNO DI STUDI
La responsabilità del vettore di persone: trasporto marittimo ed aereo a confronto.
(Lecce, 15 e 16 giugno 2012)


ENZO FOGLIANI
La prescrizione dell’azione risarcitoria.


SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Prescrizione e decadenza: differenze fra i sue istituti.3. La disciplina applicabile al trasporto marittimo di persone. - 4. La prescrizione nel trasporto marittimo nel codice della navigazione.5. Prescrizione e decadenza nella Convenzione di Atene. - 6. Prescrizione e decadenza nel trasporto aereo. 7. Problematiche nascenti dalle nuove norme aeronautiche. 8. La prescrizione dell’azione diretta contro l’assicuratore della responsabilità del vettore.


1.    Premessa.

Le convenzioni di diritto della navigazione e dei trasporti hanno smesso da tempo – se mai lo sono state – di essere fonti normative tendenti a porre principi astratti. Esse si pongono piuttosto come strumenti contrattuali sui generis, nei quali gli interessi delle parti in causa vengono cristallizzati in norme il cui contenuto - più che rispecchiare principi astratti volti a regolare gli interessi contrapposti - ha un vero e proprio contenuto economico, che contribuisce alla fine a determinare il costo dei servizi cui le norme convenzionali si riferiscono.

La questione è più evidente in tema di limiti di responsabilità nel trasporto di cose, ma sussiste anche nel trasporto passeggeri. Non v’è alcuna ragione logica per la quale il risarcimento per un identico danno alla medesima cosa debba essere nel trasporto terrestre un ventesimo di quello che è nel trasporto aereo, né alcun apprezzabile motivo per il quale la proporzione sia variata nel corso del tempo. L’unica motivazione è quella economica. La quantificazione del limite di responsabilità cristallizza in una cifra monetaria il rapporto di forza fra i contrapposti interessi in gioco (di vettori e caricatori) al momento della formazione della norma.

Ma le norme che esprimono un numero anziché un principio non solo le sole in cui si verifica questo fenomeno. Qualsiasi elemento normativo suscettibile di avere un certo valore economico finisce per essere utilizzato non per il principio logico o di equità che esprime, ma per il valore economico che può avere.

Le norme sulla distribuzione dell’onere probatorio e sull’estinzione dei diritti sono fra quelle più utilizzate per attribuire vantaggio economici all’una o all’altra parte nell’ambito del diritto dei trasporti.

Con riguardo a quelle sulla distribuzione dell’onere probatorio, il valore economico della norma si traduce nell’incidenza del danno da causa ignota; di qui la estrema varietà di discipline che si registrano nel settore dei trasporti.

Riguardo alle norme sull’estinzione dei diritti, la cosa è forse meno evidente, ma non per questo di minore ampiezza. Una decadenza piuttosto che una prescrizione, o comunque un termine estintivo più o meno breve, hanno nell’ambito di un contratto di trasporto un valore economico che non è assolutamente irrilevante.

Ciò ovviamente ha dei notevoli riflessi negativi sui tentativi di ricostruzione unitaria e sistematica dei fenomeni estintivi dei diritti nell’ambito dei trasporti e della navigazione. Si deve infatti cercare di riscostruire con la logica dei principi norme che di fatto seguono invece una logica di tipo economico, e per di più strettamente legata al momento storico in cui sono state redatte.

A tale difficoltà si aggiunge il fatto che le convenzioni internazionali spesso sono esse stesse fonte di imprecisione, ponendo norme che possono avere differente valenza a seconda dell’ordinamento in cui sono interpretate. E anche quando si parla di norme nazionali, non sempre il legislatore ha la bontà di adottare la precisa terminologia tecnica che sarebbe auspicabile in questi casi.

Tutto questo per avvisare che, per quanto riguarda il diritto dei trasporti e della navigazione, l’esame degli istituti estintivi di diritti ed azioni difficilmente riesce a dare – al di là dell’esposizione delle singole norme – un quadro sistematico completo ed esaustivo della situazione.

2.    Prescrizione e decadenza: differenze fra i due istituti.

Pur non essendo questa la sede per dibattere della natura di decadenza e prescrizione, appare opportuno per chiarezza delinearne alcuni aspetti che rendono possibile distinguere se un termine estintivo appartenga all’uno o all’altro istituto. Su tali aspetti ci si baserà per definire i termini estintivi delle norme in esame.

Per espressa previsione normativa, la prescrizione estingue il diritto (art. 2934 c.c.). Essa ha quindi carattere sostanziale. Alla estinzione del diritto consegue necessariamente l’estinzione dell’azione per farlo valere. Nei casi previsti dalla legge, la prescrizione può essere interrotta (nel qual caso inizia nuovamente da decorrere per intero dal momento dell’interruzione - art. 2943 ss. c.c.) o sospesa (nel qual caso il termine residuo ricomincia a decorrere nel momento in cui termina la sospensione – art. 2941 s. c.c.).

Le norme sulla prescrizione sono di ordine pubblico, sicché le parti non possono pattiziamente derogarvi (art. 2936 cc.). Tuttavia, la prescrizione non può essere rilevata d’ufficio (art. 2938 c.c.); la parte a cui favore è decorsa può quindi rinunciare a farla valere (art. 2937 c.c.).

La decadenza consiste invece nell’estinzione di un diritto o di un’azione se il titolare non compie un determinato atto entro determinato termine (art. 2964 c.c.). La decadenza può avere sia valenza sostanziale (quanto estingue il diritto e, conseguentemente, l’azione ad esso funzionale), sia soltanto processuale (quando estingue solo l’azione ma non anche il diritto, che quindi può essere fatto valere in via di eccezione).

La decadenza, oltre che legale, può essere anche pattizia, purché non renda eccessivamente difficile l’esercizio del diritto (art. 2965 c.c.). Quest’ultima norma (ed in generale quelle stabilite in favore delle parti) può essere anche derogata.

Da quanto sopra consegue che – salvo i casi previsti dalla legge - un diritto può  estinguersi per prescrizione o per decadenza (che possono coesistere nello stesso diritto). Un’azione può autonomamente estinguersi solo per decadenza (oltre che per estinzione del diritto cui è asservita).

3.    La disciplina applicabile al trasporto marittimo di persone.

Sino alla fine di quest’anno (2012), il trasporto marittimo di persone sarà disciplinato in Italia unicamente dal codice della navigazione. La Convenzione di Atene, infatti, non è stata ratificata dall’Italia né nel suo testo originale, né nel suo testo modificato dai Protocolli che si sono via via succeduti nel tempo (1976, 1990, 2002). Nel 2009 la Convenzione è stata “adottata” dall’Unione Europea nel suo testo più recente, mediante inserimento come allegato I del Regolamento 392/2009, che disciplina appunto la responsabilità del vettore marittimo di persone. Peraltro, l’art. 12 del Regolamento prevede che esso sia «applicabile a decorrere dalla data di entrata in vigore della Convenzione di Atene per la Comunità, e in ogni caso non più tardi del 31 dicembre 2012». Dato che la Convenzione ad oggi non è entrata in vigore (e verosimilmente non vi entrerà entro la fine dell’anno) solo con l’inizio del 2013 essa disciplinerà il trasporto di persone per mare nella comunità europea.

Il regolamento non si applicherà a tutti i trasporti; esso esclude infatti quello effettuati con navi passeggeri di classe C e D del regolamento 98/18/CE (riferimento da intendersi oggi al reg. 2009/45/CE) adibite a viaggi in ambito nazionale, che continueranno ad essere regolati dal codice della navigazione.

A prescindere quindi da ogni considerazione circa l’opportunità di estendere anche a tali trasporti nazionali le norme del Regolamento (e quindi della Convenzione di Atene ad esso allegata) ciò significa che saranno vigenti a partire dal 1 gennaio 2013 due sistemi di estinzione dei diritti nascenti dal contratto di trasporto: quello del codice della navigazione attualmente applicabile a tutti i trasporti e, dal 1 gennaio 2013, ai soli trasporti nazionali su navi di classi C e D, e quello della convenzione di Atene, applicabile ai trasporti internazionali ed a quelli nazionali su navi di classe A e B.

4.    La prescrizione nel trasporto marittimo nel codice della navigazione.

La prescrizione dei diritti nascenti dal contratto di trasporto marittimo di persone è disciplinata nel codice della navigazione dall’art. 418. Il primo comma dell’art. 418 cod. nav. prevede che i diritti derivanti dal contratto di trasporto di persone e di bagagli non registrati si prescrivono con il decorso di sei mesi dall’arrivo a destinazione del passeggero o, in caso di mancato arrivo, dal giorno in cui il passeggero sarebbe dovuto arrivare. Per i bagagli registrati i diritti si prescrivono con il decorso di un anno dalla riconsegna dei bagagli o, in caso di perdita, dal giorno in cui questi sarebbero dovuti essere riconsegnati. Per i trasporti che hanno partenza o destinazione fuori d’Europa o dei Paesi bagnati dal Mediterraneo i termini per entrambe le fattispecie sono comunque fissati in un anno.

Tale articolo presenta alcune imprecisioni di carattere sostanziale. Una di tali imprecisioni riguarda la disciplina del bagaglio, in quanto il legislatore sembrerebbe avere equiparato il bagaglio registrato a quello consegnato e il bagaglio non registrato a quello non consegnato. Le due definizioni, invece, non sono affatto coincidenti, in quanto parte del bagaglio registrato può anche rimanere presso il passeggero, mentre al contrario parte del bagaglio non registrato può comunque essere affidato al vettore.

La dottrina maggioritaria ha interpretato tali disposizioni dell’art. 418 sostituendo al termine “registrato” il termine “consegnato” e al termine “non registrato” il termine “non consegnato”. Altra parte della dottrina, invece, considera la mancata previsione di una disciplina per il bagaglio non registrato ma consegnato e per il bagaglio registrato ma non consegnato, una lacuna del dettato dell’art. 418 superabile con il ricorso all’applicazione analogica.

L’art. 418 cod. nav., riferendosi esplicitamente ai diritti nascenti dal contratto di trasporto, non si applica al trasporto amichevole, essendo quest’ultimo una fattispecie non negoziale. Il termine di prescrizione applicabile al trasporto amichevole è quindi quello quinquennale previsto per la responsabilità aquiliana dall’art. 2947, I comma, c.c., salvo che il fatto non costituisca reato e per esso sia prevista una prescrizione più lunga (art. 2947 c.c.) oppure che per la fattispecie costitutiva della responsabilità sia previsto un diverso regime di prescrizione dalla normativa speciale.

Al riguardo, verificandosi nella pratica la maggior parte dei casi di trasporto marittimo amichevole nella navigazione da diporto, è da segnalare che in alcune circostanze il termine prescrizionale potrebbe essere quello biennale previsto dall’art. 2948, II comma c.c.

L’art. 40 del codice della nautica da diporto, infatti, rinvia alla suddetta norma del codice civile per quanto attiene alla responsabilità civile verso terzi derivante dalla circolazione delle unità da diporto.

Ne consegue per il trasporto amichevole su imbarcazioni da diporto un doppio regime prescrizionale. Sarà  quindi applicabile la prescrizione di due anni, ex art. 2947, II comma c.c., per quei danni al passeggero che siano conseguenza diretta della circolazione dell’unità da diporto, quali ad esempio lesioni personali o danni al bagaglio derivanti da urto contro corpo fisso o altro mobile della navigazione; mentre saranno soggetti alla prescrizione quinquennale ex art. 2947, I comma c.c. quei danni che non sono conseguenza diretta della circolazione dell’unità da diporto.

5.    Prescrizione e decadenza nella Convenzione di Atene.

Come detto, il regolamento CE 392/2009 incorpora come allegato la convenzione di Atene del 1974 nel testo modificato da ultimo dal Protocollo di Londra del 2002. La Convenzione stabilisce un termine preclusivo biennale per l’azione volta ad ottenere il risarcimento dei danni originati da morte o lesioni personali dei passeggeri e da perdita o avaria dei bagagli.

La decorrenza del termine è regolata in modo piuttosto articolato. Nel caso di lesioni personali al passeggero, il termine decorre dal momento dello sbarco. Se si tratta invece di morte del passeggero durante il viaggio, il termine decorre dal momento in cui il passeggero sarebbe dovuto sbarcare. Nel caso in cui il passeggero muoia successivamente allo sbarco a causa di lesioni personali riportare durante il viaggio, il termine decorre dalla data del decesso, ma non può comunque superare i tre anni dalla data dello sbarco (art. 16, punti 1 e 2 conv. Atene).

Per quanto attiene i bagagli, il termine decorre dal momento dello sbarco, oppure, nel caso di perdita, dal momento in cui avrebbero dovuto sbarcare. Sul punto, peraltro, la dizione della norma non appare chiara, in quanto, per entrambe le ipotesi, si chiude prevedendo che, delle due date, quella posteriore sia da considerare come rilevante ai fini della decorrenza del termine. Se è ovvio che nel caso di perdita non si può che parlare di momento in cui il bagaglio avrebbe dovuto sbarcare,  nel caso di semplice avaria o danno il bagaglio viene comunque sbarcato. Prevedere che una delle due date sia anteriore all’altra significa prendere in considerazione l’ipotesi che per la stessa fattispecie ci sia una data di sbarco (effettivo) ed una data in cui lo sbarco doveva essere effettuato. La previsione quindi, prendendo in considerazione la data fra le due posteriore, sembra avere semplicemente l’effetto di non far avvantaggiare il vettore di un eventuale sbarco anticipato rispetto a quello preventivato. Essendo una norma prevista per i soli danni ai bagagli, non si applica ai danni per lesioni personali o morte del passeggero.

Non è chiaro se tale termine biennale debba considerarsi di prescrizione (come indicato nel testo ufficiale in francese) o di decadenza (come scritto nel testo ufficiale in inglese). La tesi che propende per la prescrizione dell’azione appare preferibile, atteso che comunque, in entrambi i testi, è prevista la possibilità di sospensione o di interruzione del termine biennale secondo le leggi del foro adito (art. 16, punto 3 conv. Atene). Nel caso in cui la legge applicabile sia quella italiana, ciò appare confermare che il termine sia interruttibile secondo le norme previste per la prescrizione. Parimenti, appare applicabile al termine la sospensione feriale dei termini processuali italiana.

La convenzione di Atene prevede però un ulteriore sbarramento temporale. E’ infatti ulteriormente previsto che il termine entro il quale deve essere introdotta l’azione non possa superare per effetto di interruzioni o sospensioni i cinque anni dalla data dello sbarco o dal momento in cui il passeggero o i bagagli avrebbero dovuto sbarcare con preferenza per la data posteriore fra le due (art. 16 punto 3 lett. a conv. Atene mod. prot. 2002). Il che configura abbastanza chiaramente un termine di decadenza, qualunque testo ufficiale si voglia prendere in considerazione.

Nel caso in cui l’avente diritto abbia avuto conoscenza (o avrebbe potuto aver ragionevole conoscenza) delle lesioni, perdite o danni causati dall’incidente dopo lo sbarco (o la data in cui avrebbe dovuto sbarcare) e prima del compimento del suddetto termine quinquennale, avrà diritto ad un termine che può anche eccedere il suddetto quinquennio, ma non i tre anni dal  momento in cui egli abbia avuto conoscenza (o avrebbe potuto aver ragionevole conoscenza) delle lesioni, perdite o danni causati dall’incidente (art. 16 punto 3 lett. b conv. Atene mod. prot. 2002).

Infine, la convenzione prevede che la proroga del termine sia ammessa solo mediante dichiarazione scritta del vettore o accordo scritto fra le parti (art. 14 punto 4 conv. Atene). Dalla formulazione letterale del testo sembrerebbe dedursi che il termine prorogabile sia quello biennale di cui all’art. 16 punto 1, sia perché ne viene data la stessa definizione, sia perché il termine di decadenza quinquennale è indicato come insuperabile in nessun caso.

A favore della tesi secondo cui anche il termine quinquennale di decadenza potrebbe essere prorogato mediante dichiarazione scritta del vettore o accordo scritto fra le parti sta il fatto che si tratta di un termine di decadenza stabilito a favore del vettore, sicché non si comprende per quale motivo non potrebbe essere prorogato con il suo accordo, e la circostanza che anche il paragrafo in cui si trova il termine di decadenza è fra quelli che sono indicati come derogati dalla possibilità di proroga. Appare quindi preferibile l’interpretazione, forse un po’ forzata sul piano letterale, ma congruente con le analoghe altre norme di diritto internazionale dei trasporti, che vede prorogabile su accordo delle parti anche il termine di decadenza finale.

La circostanza che il termine estintivo quinquennale si applichi esplicitamente all’azione e non al diritto induce a ritenere che, qualora la convenzione di Atene entrasse in vigore in Italia ed anche il termine biennale fosse ritenuto di decadenza, sia il termine di decadenza biennale che quello quinquennale sarebbero concorrenti con quello di prescrizione del diritto previsto dal codice della navigazione, come si verifica nel trasporto marittimo internazionale regolato dalle regole dell’Aja-Visby.

Se tuttavia si accoglie l’interpretazione, che appare come visto più corretta, che il termine biennale di cui all’art. 16 punto 1 sia di prescrizione, allora tale concorrenza non si verifica, dato che la Convenzione contiene in sè norme di diritto speciale sia sulla decadenza che sulla prescrizione, che non lasciano quindi spazio alcuno all’applicazione dell’art. 418 del codice della navigazione.

6. Prescrizione e decadenza nel trasporto aereo.

La riforma della parte aeronautica del codice della navigazione ha notevolmente semplificato il regime dell’estinzione dei diritti derivanti dal contratto di trasporto. In precedenza, infatti, il codice della navigazione prevedeva che i diritti nascenti dal contratto di trasporto di persone si prescrivessero nel termine di sei mesi, elevati a dodici nel caso si trattasse di trasporti aventi inizio o termine fuori dai paesi europei o bagnati dal mediterraneo (art. 418 c.n.). Se il contratto di trasporto dei bagagli consegnati era autonomo rispetto a quello del passeggero, il termine di prescrizione era comunque di un anno.

Nel caso di trasporto internazionale - disciplinato prima dal sistema di Varsavia,  poi dalla Convenzione di Montreal del 1999 - il termine di prescrizione, oltre ad applicarsi agli aspetti del trasporto non disciplinati dai testi convenzionali,  coesisteva con il più lungo termine di decadenza biennale per l’esercizio dell’azione previsto dalla normativa uniforme per i  danni alla persona, da ritardo, per avaria o perdite del bagaglio.

Le recenti modifiche al codice della navigazione hanno eliminato queste incongruità, stabilendo che i diritti derivanti dal contratto di trasporto di persone e di bagagli sono assoggettati alle norme sulla decadenza previste dalla normativa internazionale, con inapplicabilità delle norme sulla prescrizione (art. 949ter c.n.).  Gli stessi diritti non sono assoggettati alle norme che regolano la prescrizione.

Quest’ultima precisazione consente non soltanto di eliminare la concorrenza di prescrizione del diritto di fonte interna con termini di decadenza di fonte internazionale, ma ha anche l’effetto di impedire che, nel caso in cui si ravvisi un reato (ad esempio, omicidio colposo) non si applichi la norma che estende la durata della  prescrizione del diritto al risarcimento a quella prevista per il reato.

Sono quindi sottoposti a decadenza biennale e non più a prescrizione anche quei diritti non regolati dalla normativa internazionale, quale quelli, ad esempio, relativi all’inesecuzione del trasporto o all’overbooking.

La  formulazione dell’attuale art. 949ter cod. nav. supera anche il minoritario orientamento dottrinale, che tendeva ad escludere il ricorso alla normativa interna per l’interpretazione delle norme sull’estinzione dei diritti prevista dalle norme internazionali ed il calcolo dei relativi termini. Non essendo necessariamente esaustiva la disciplina internazionale, sono comunque applicabili le norme di diritto interno laddove la fattispecie non sia regolata dalla fonte convenzionale internazionale.

Come detto, il termine è biennale (art. 35 punto 1 conv. Montreal); ma essendo esso da calcolarsi utilizzando le norme dell'ordinamento giuridico del tribunale adito, ed essendo un termine interruttibile soltanto mediante proposizione di un'azione giudiziaria, ad esso è da ritenersi applicabile la sospensione feriale dei termini dal 1 agosto al 15 settembre di ogni anno (art. 1 l. 742/1969).  

La corte costituzionale ha infatti più volte ribadito come l'art. 1 l. 7.10.1969, n. 742, fosse costituzionalmente illegittimo per contrasto all'art. 24 cost. "nella parte in cui non prevedeva anche la sospensione dei termini per agire in giudizio quando essi fossero stabiliti, a pena di decadenza, da norme di carattere sostanziale".  Per effetto della suddetta sospensione feriale, nei giudizi sottoposti alla giurisdizione italiana il termine di decadenza biennale previsto dalla convenzione di Montreal è quindi, in realtà, di 2 anni e 90 giorni. Tale termine decorre dal momento dall'arrivo del passeggero a destinazione, o, in caso di mancato arrivo, dal momento in cui l'aeromobile sarebbe dovuto arrivare o il trasporto fu interrotto.

Se, come si ritiene, la convenzione di Montreal non disciplina la decadenza bensì l'azione di responsabilità, la norma contenuta in tale articolo deve essere coordinata con quelle di diritto interno. In applicazione a tale principio, è da ritenersi, in applicazione dell’articolo 2966 cod. civ., che la decadenza sia esclusa nel caso di riconoscimento del diritto del passeggero da parte del vettore.

E’ peraltro da avvertire che alcuni altri ordinamenti, come quello statunitense, non ritengono che il rinvio alla normativa interna per il calcolo del termine si estenda anche a norme che ne consentano l’interruzione.

Oltre al generale termine di decadenza biennale appena esaminato, la convenzione di Montreal del 1999 prevede, nel caso di danno o avaria al bagaglio, un termine di 7 giorni entro il quale il passeggero deve avanzare al vettore un reclamo relativo al danno subito (art. 31 conv. Montreal). In mancanza di tale reclamo entro il suddetto termine, il passeggero decade dall'azione per il risarcimento del danno, salvo il caso di frode da parte del vettore.

7.    Problematiche nascenti dalle nuove norme aeronautiche.

Il dichiarato scopo della riforma delle norme sulla prescrizione nel trasporto aereo era quello di evitare il concorso fra normativa interna sulla prescrizione e normativa internazionale sulla decadenza, e di assoggettare allo stesso regime tutti i diritti nascenti dal contratto di trasporto.

Purtroppo, come spesso accade, risolvendo alcuni problemi se ne sono creati altri, che probabilmente verranno al pettine in futuro.

L’art. 949ter cod. nav. prevede oggi che “i diritti derivanti dal contratto di trasporto” siano “assoggettati alle norme sulla decadenza previste dalla normativa internazionale”. L’ultimo comma specifica poi che detti diritti “non sono assoggettati alle norme che regolano la prescrizione”.

La prima disposizione supera l’impasse creato dal disallineamento delle versioni ufficiali della Convenzione di Montreal. Quest’ultima, infatti, è stata redatta in più lingue ufficiali, le cui traduzioni non sono affatto conformi, perlomeno in tema di decadenza biennale. La norma, nel testo ufficiale francese, è rimasta del tutto identica a quella  della Convenzione di Varsavia, che prevedeva la decadenza dall’azione se essa non fosse esercitata nel termine biennale. Nella Convenzione di Montreal, però, è stato introdotto anche un testo ufficiale inglese, nel quale si afferma che è il diritto al risarcimento dei danni ad estinguersi, non l’azione per conseguirlo.

Con la prima parte dell’art. 949ter il nostro legislatore ha risolto il problema, in quanto la disposizione codicistica applica il termine di decadenza della Convenzione ai diritti, indipendentemente dal fatto che esso, nella Convenzione, potesse applicarsi o meno alla sola azione. Inutilmente scaduto il termine biennale della Convenzione, quindi, il diritto nascente dal contratto di trasporto (e non solo l’azione per esercitarlo) si estingue.

I problemi nascono invece dall’ultimo comma dell’art. 949ter laddove esclude l’applicabilità delle norme sulla prescrizione ai diritti nascenti dal contratto di trasporto. La norma, formulata per evitare la concorrenza fra la breve prescrizione prevista dal codice della navigazione e la decadenza biennale prevista dalla convenzione che in precedenza si verificava,  funziona per quanto riguarda il periodo precedente alla scadenza del termine di decadenza, e consente di non applicare la prescrizione al contratto di trasporto. Il coordinamento con l’art. 2935 cod. civ. è esatto, in quanto la norma codicistica prescrive che la prescrizione non si applichi solo ai diritti indisponibili ed agli altri diritti indicati dalla legge; che in questo caso è appunto l’art. 949ter cod. nav.

Tuttavia, il nostro legislatore si è dimenticato di disciplinare quanto succede dopo che la decadenza sia stata impedita. Limitandosi infatti ad escludere l’applicabilità delle norme sulla prescrizione e non ponendo una disciplina di raccordo, egli ha creato una categoria di diritti – quelli nascenti dal contratto di trasporto aereo – potenzialmente di durata eterna.

Essi, infatti, si estinguono (oltre che nel caso in cui siano soddisfatti) solo nel caso in cui si verifichi la decadenza. E se tale decadenza viene impedita, cosa succede al diritto, cui non si applica la prescrizione?

Se la decadenza è impedita dall’esercizio dell’azione e il procedimento termina con il riconoscimento del diritto del danneggiato, ovviamente non si pone alcun problema.  La relativa sentenza, infatti, sarà soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale.

Ma il nostro prevede che la decadenza possa essere impedita anche in altro modo che non sia la proposizione dell’azione. L’art. 2966 cod. civ. prevede in fatti che la decadenza è impedita, oltre che dal compimento dell’atto previsto dalla legge, anche “dal riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro il quale si deve fare valere il diritto soggetto a decadenza”.

Non vi sono ragionevoli motivi per ritenere che alla decadenza prevista dall’art. 949ter cod. nav. (e quindi a quella prevista dalla convenzione di Montreal) non si applichi tale norma. Quindi, è sufficiente che il vettore riconosca un diritto al risarcimento al passeggero (anche se non nella misura richiesta) per evitare la decadenza. A questo punto, sono possibili due soluzioni, entrambe peraltro poco soddisfacenti.

Secondo una prima soluzione, il diritto, sinché non fosse  soddisfatto, godrebbe di vita eterna. L’ultimo comma dell’art. 949ter cod. nav. – che sancisce l’inapplicabilità delle norme sulla prescrizione ai diritti nascenti dal contratto di trasporto - ha infatti quale ulteriore conseguenza l’inapplicabilità dell’art. 2967 c.c., che prevede che una volta impedita la decadenza il diritto rimane soggetto alle norme sulla prescrizione. Infatti, la circostanza che la norma civilistica utilizzi il verbo “rimane” indica chiaramente che essa è applicabile solo se la prescrizione si applicava a quel tipo di diritto sin dalla sua nascita.

Tale soluzione presta il fianco a pesanti dubbi di legittimità costituzionale. Non vi sono infatti sostenibili motivi per i quali sui diritti nascenti dal contratto di trasporto aereo il decorso del tempo non debba avere alcun effetto estintivo una volta impedita la decadenza, sicché potrebbe ritenersi violato il principio di eguaglianza e ragionevolezza.

La secondo soluzione – che peraltro forza la lettera della norma e disconosce quanto fino ad ora ritenuto dalla migliore dottrina e giurisprudenza – sarebbe quella di ritenere che una volta impedita la decadenza sia applicabile comunque la prescrizione. Tuttavia, così facendo, si ricadrebbe nell’applicazione analogica dell’art. 418 cod. nav. (sei mesi od un anno a seconda del trasporto).

E’ evidente che, in tale ipotesi, un comportamento scaltro del vettore potrebbe far rientrare dalla finestra quella prescrizione più breve della decadenza che la riforma della parte aeronautica del codice della navigazione voleva tenere fuori dalla porta.

Se infatti il vettore riconoscesse genericamente il diritto del passeggero immediatamente dopo il fatto, pur senza risarcirlo, impedirebbe la decadenza e farebbe scattare la prescrizione semestrale o annuale dell'art. 418 cod. nav. Se il passeggero non la interrompesse ogni sei mesi (o un anno a seconda del trasporto), anche se introducesse l’azione entro il termine biennale della Convenzione si troverebbe di fronte ad un’eccezione di prescrizione. Il discorso cambierebbe di poco anche se, anziché l’art. 418 cod. nav., si applicasse la prescrizione del codice civile in tema di contratto di trasporto (un anno).

Entrambe le soluzioni ragionevolmente ipotizzabili alla luce dell’attuale dato normativo sono quindi del tutto insoddisfacenti. Sarebbe quindi opportuno ed auspicabile un intervento normativo che, più che escludere l’applicabilità della prescrizione ai diritti nascenti dal contratto di trasporto aereo, ne preveda una leggermente più lunga del termine biennale di decadenza. In questo modo, si eviterebbe (come sembrava volere il legislatore) che il diritto si possa prescrivere prima che maturi il termine di decadenza (come avveniva prima della riforma), ma si porrebbe comunque un termine di prescrizione al diritto nel caso n cui la decadenza sia impedita non dall’azione, bensì da un riconoscimento del diritto da parte del debitore.

8.     La prescrizione dell’azione diretta contro l’assicuratore della responsabilità del vettore.

Da ultimo, appare opportuno fare cenno ai termini di estinzione dell’azione diretta che la riforma del codice della navigazione ha concesso al danneggiato nei confronti dell’assicuratore della responsabilità del vettore (art. 942 c.n.). Il vettore, infatti, è ora obbligato dai regolamenti comunitari ad assicurare la propria responsabilità per determinati massimali minimi (reg. CE 785/2004).

Recente dottrina ha affermato che a tale azione andrebbe applicato il termine di prescrizione previsto per i diritti nascenti dai contratti di assicurazione; inoltre, tale termine non andrebbe più rinvenuto in quello annuale previsto dal codice della navigazione (art. 547 cod. nav.), bensì dovrebbe aver durata biennale, come ha la prescrizione prevista ora dal codice civile per tali diritti (art. 2952 cod. civ.). Ciò, secondo tale dottrina, sarebbe imposto dalla necessità di uniformare il termine dell’azione diretta con quello di decadenza biennale previsto dalla convenzione di Montreal, per evitare che il passeggero che “decidesse di reclamare il risarcimento oltre l’anno all’assicuratore si veda respingere tale domanda, che sarebbe ancora esercitabile, invece, nei confronti del vettore assicurato nell’ambito del termine biennale di decadenza”.

La tesi non convince, in quanto sembra confondere i diritti nascenti dal contratto di assicurazione con i diritti del danneggiato al risarcimento del danno. In realtà, nell’azione diretta contro l’assicuratore non è basata su diritti nascenti dal contratto d’assicurazione, tanto che in taluni casi è ammissibile anche quando tali diritti o addirittura il contratto di assicurazione stessa non siano esistenti.

Si tratta di una situazione del tutto analoga a quella sancita dall’art. 2054 cod. civ. laddove, nei danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore,  pone a favore del danneggiato una responsabilità solidale fra autore del danno e proprietario del veicolo. Quest’ultimo, pur rispondendo solidalmente del danno con chi lo ha provocato, non è tenuto al risarcimento per aver compiuto un fatto illecito, bensì perché la legge lo designa come debitore solidale. Anche nel nostro caso, l’assicuratore non risponde perché autore di un atto illecito o perché debitore inadempiente, ma semplicemente perché posto dalla legge nella posizione di debitore solidale con il vettore, seppur nei limiti del massimale.

Del resto, se un problema di concorso di prescrizione assicurativa con prescrizione del diritto al risarcimento del danno fosse reale, la medesima situazione si sarebbe verificata anche nel settore r.c. auto sino al 2008 (anno in cui è stato raddoppiato il termine di prescrizione nelle assicurazioni). Le conclusioni raggiunte da dottrina e giurisprudenza in tale settore possono tranquillamente adottarsi anche nel settore aeronautico.

Oltre a ciò, è da osservare che se anche per avventura la prescrizione assicurativa si applicasse all’azione diretta contro l’assicuratore, per la sua stessa struttura non potrebbe mai compiersi prima di quella del diritto al risarcimento.

E’ previsto infatti dall’art. 2952 cod. civ. che “nell’assicurazione della responsabilità civile, il termine decorre dal momento in cui il terzo ha chiesto il risarcimento all’assicurato o ha promosso contro di questo l’azione”. Inoltre, “la comunicazione all’assicuratore della richiesta del terzo danneggiato o dell’azione da questo proposta sospende il corso della prescrizione finché il credito del danneggiato non sia divenuto liquido ed esigibile, oppure il diritto del terzo danneggiato non sia prescritto”.

Il diritto azionabile contro l’assicuratore con azione diretta, quindi, non inizia a prescriversi allorché si verifica il fatto generatore della responsabilità del vettore o dell’esercente, ma nel momento in cui il danneggiato richiede il risarcimento del danno; e se tale risarcimento viene richiesto direttamente all’assicuratore, la prescrizione si sospende nello stesso momento in cui inizia il proprio decorso.

Infine, è da ricordare che l’eccezione di prescrizione del diritto all’indennizzo è una delle eccezioni per cui l’assicuratore avrebbe diritto di rifiutare la propria prestazione al suo assicurato. Nel caso di azione diretta, però, l’assicuratore non può opporre per legge al terzo danneggiato le eccezioni nascenti dal contratto di assicurazione; sicché se per avventura si verificasse una situazione per la quale il diritto del vettore assicurato fosse prescritto, tale prescrizione non sarebbe opponibile al danneggiato, ma darebbe solo diritto all’assicuratore di recuperare in regresso dal suo assicurato quanto versato al danneggiato.

Può quindi escludersi che l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore sia soggetta ai termini di prescrizione propri del contratto assicurativo.


Enzo Fogliani.


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pagina aggiornata al 17/9/2012