Le convenzioni di diritto della navigazione e dei trasporti hanno
smesso da tempo – se mai lo sono state – di essere
fonti normative tendenti a porre principi astratti. Esse si pongono
piuttosto come strumenti contrattuali sui generis, nei
quali gli interessi delle parti in causa vengono cristallizzati in
norme il cui contenuto - più che rispecchiare principi
astratti volti a regolare gli interessi contrapposti - ha un vero e
proprio contenuto economico, che contribuisce alla fine a determinare
il costo dei servizi cui le norme convenzionali si riferiscono.
La questione è più evidente in tema di limiti di
responsabilità nel trasporto di cose, ma sussiste anche nel
trasporto passeggeri. Non v’è alcuna ragione
logica per la quale il risarcimento per un identico danno alla medesima
cosa debba essere nel trasporto terrestre un ventesimo di quello che
è nel trasporto aereo, né alcun apprezzabile
motivo per il quale la proporzione sia variata nel corso del tempo.
L’unica motivazione è quella economica. La
quantificazione del limite di responsabilità cristallizza in
una cifra monetaria il rapporto di forza fra i contrapposti interessi
in gioco (di vettori e caricatori) al momento della formazione della
norma.
Ma le norme che esprimono un numero anziché un principio non
solo le sole in cui si verifica questo fenomeno. Qualsiasi elemento
normativo suscettibile di avere un certo valore economico finisce per
essere utilizzato non per il principio logico o di equità
che esprime, ma per il valore economico che può avere.
Le norme sulla distribuzione dell’onere probatorio e
sull’estinzione dei diritti sono fra quelle più
utilizzate per attribuire vantaggio economici all’una o
all’altra parte nell’ambito del diritto dei
trasporti.
Con riguardo a quelle sulla distribuzione dell’onere
probatorio, il valore economico della norma si traduce
nell’incidenza del danno da causa ignota; di qui la estrema
varietà di discipline che si registrano nel settore dei
trasporti.
Riguardo alle norme sull’estinzione dei diritti, la cosa
è forse meno evidente, ma non per questo di minore ampiezza.
Una decadenza piuttosto che una prescrizione, o comunque un termine
estintivo più o meno breve, hanno nell’ambito di
un contratto di trasporto un valore economico che non è
assolutamente irrilevante.
Ciò ovviamente ha dei notevoli riflessi negativi sui
tentativi di ricostruzione unitaria e sistematica dei fenomeni
estintivi dei diritti nell’ambito dei trasporti e della
navigazione. Si deve infatti cercare di riscostruire con la logica dei
principi norme che di fatto seguono invece una logica di tipo
economico, e per di più strettamente legata al momento
storico in cui sono state redatte.
A tale difficoltà si aggiunge il fatto che le convenzioni
internazionali spesso sono esse stesse fonte di imprecisione, ponendo
norme che possono avere differente valenza a seconda
dell’ordinamento in cui sono interpretate. E anche quando si
parla di norme nazionali, non sempre il legislatore ha la
bontà di adottare la precisa terminologia tecnica che
sarebbe auspicabile in questi casi.
Tutto questo per avvisare che, per quanto riguarda il diritto dei
trasporti e della navigazione, l’esame degli istituti
estintivi di diritti ed azioni difficilmente riesce a dare –
al di là dell’esposizione delle singole norme
– un quadro sistematico completo ed esaustivo della
situazione. 2.
Prescrizione e decadenza: differenze fra i due istituti.
Pur non essendo questa la sede per dibattere della natura di decadenza
e prescrizione, appare opportuno per chiarezza delinearne alcuni
aspetti che rendono possibile distinguere se un termine estintivo
appartenga all’uno o all’altro istituto. Su tali
aspetti ci si baserà per definire i termini estintivi delle
norme in esame.
Per espressa previsione normativa, la prescrizione estingue il diritto
(art. 2934 c.c.). Essa ha quindi carattere sostanziale. Alla estinzione
del diritto consegue necessariamente l’estinzione
dell’azione per farlo valere. Nei casi previsti dalla legge,
la prescrizione può essere interrotta (nel qual caso inizia
nuovamente da decorrere per intero dal momento
dell’interruzione - art. 2943 ss. c.c.) o sospesa (nel qual
caso il termine residuo ricomincia a decorrere nel momento in cui
termina la sospensione – art. 2941 s. c.c.).
Le norme sulla prescrizione sono di ordine pubblico, sicché
le parti non possono pattiziamente derogarvi (art. 2936 cc.). Tuttavia,
la prescrizione non può essere rilevata d’ufficio
(art. 2938 c.c.); la parte a cui favore è decorsa
può quindi rinunciare a farla valere (art. 2937 c.c.).
La decadenza consiste invece nell’estinzione di un diritto o
di un’azione se il titolare non compie un determinato atto
entro determinato termine (art. 2964 c.c.). La decadenza può
avere sia valenza sostanziale (quanto estingue il diritto e,
conseguentemente, l’azione ad esso funzionale), sia soltanto
processuale (quando estingue solo l’azione ma non anche il
diritto, che quindi può essere fatto valere in via di
eccezione).
La decadenza, oltre che legale, può essere anche pattizia,
purché non renda eccessivamente difficile
l’esercizio del diritto (art. 2965 c.c.).
Quest’ultima norma (ed in generale quelle stabilite in favore
delle parti) può essere anche derogata.
Da quanto sopra consegue che – salvo i casi previsti dalla
legge - un diritto può estinguersi per
prescrizione o per decadenza (che possono coesistere nello stesso
diritto). Un’azione può autonomamente estinguersi
solo per decadenza (oltre che per estinzione del diritto cui
è asservita). 3.
La disciplina applicabile al trasporto marittimo di persone.
Sino alla fine di quest’anno (2012), il trasporto marittimo
di persone sarà disciplinato in Italia unicamente dal codice
della navigazione. La Convenzione
di Atene, infatti, non è
stata ratificata dall’Italia né nel suo testo
originale, né nel suo testo modificato dai Protocolli che si
sono via via succeduti nel tempo (1976, 1990, 2002). Nel 2009 la
Convenzione è stata “adottata”
dall’Unione Europea nel suo testo più recente,
mediante inserimento come allegato I del Regolamento 392/2009,
che
disciplina appunto la responsabilità del vettore marittimo
di persone. Peraltro, l’art. 12 del Regolamento
prevede che
esso sia «applicabile a decorrere dalla data di entrata in
vigore della Convenzione di Atene per la Comunità, e in ogni
caso non più tardi del 31 dicembre 2012». Dato che
la Convenzione ad oggi non è entrata in vigore (e
verosimilmente non vi entrerà entro la fine
dell’anno) solo con l’inizio del 2013 essa
disciplinerà il trasporto di persone per mare nella
comunità europea.
Il regolamento non si applicherà a tutti i trasporti; esso
esclude infatti quello effettuati con navi passeggeri di classe C e D
del regolamento 98/18/CE (riferimento da intendersi oggi al reg.
2009/45/CE) adibite a viaggi in ambito nazionale, che continueranno ad
essere regolati dal codice della navigazione.
A prescindere quindi da ogni considerazione circa
l’opportunità di estendere anche a tali trasporti
nazionali le norme del Regolamento (e quindi della Convenzione di Atene
ad esso allegata) ciò significa che saranno vigenti a
partire dal 1 gennaio 2013 due sistemi di estinzione dei diritti
nascenti dal contratto di trasporto: quello del codice della
navigazione attualmente applicabile a tutti i trasporti e, dal 1
gennaio 2013, ai soli trasporti nazionali su navi di classi C e D, e
quello della convenzione di Atene, applicabile ai trasporti
internazionali ed a quelli nazionali su navi di classe A e B. 4.
La prescrizione nel trasporto marittimo nel codice della
navigazione.
La prescrizione dei diritti nascenti dal contratto di trasporto
marittimo di persone è disciplinata nel codice della
navigazione dall’art.
418. Il primo comma dell’art.
418 cod. nav. prevede che i diritti derivanti dal contratto
di
trasporto di persone e di bagagli non registrati si prescrivono con il
decorso di sei mesi dall’arrivo a destinazione del passeggero
o, in caso di mancato arrivo, dal giorno in cui il passeggero sarebbe
dovuto arrivare. Per i bagagli registrati i diritti si prescrivono con
il decorso di un anno dalla riconsegna dei bagagli o, in caso di
perdita, dal giorno in cui questi sarebbero dovuti essere riconsegnati.
Per i trasporti che hanno partenza o destinazione fuori
d’Europa o dei Paesi bagnati dal Mediterraneo i termini per
entrambe le fattispecie sono comunque fissati in un anno.
Tale articolo presenta alcune imprecisioni di carattere sostanziale.
Una di tali imprecisioni riguarda la disciplina del bagaglio, in quanto
il legislatore sembrerebbe avere equiparato il bagaglio registrato a
quello consegnato e il bagaglio non registrato a quello non consegnato.
Le due definizioni, invece, non sono affatto coincidenti, in quanto
parte del bagaglio registrato può anche rimanere presso il
passeggero, mentre al contrario parte del bagaglio non registrato
può comunque essere affidato al vettore.
La dottrina maggioritaria ha interpretato tali disposizioni
dell’art.
418 sostituendo al termine
“registrato” il termine
“consegnato” e al termine “non
registrato” il termine “non consegnato”.
Altra parte della dottrina, invece, considera la mancata previsione di
una disciplina per il bagaglio non registrato ma consegnato e per il
bagaglio registrato ma non consegnato, una lacuna del dettato
dell’art.
418 superabile con il ricorso
all’applicazione analogica.
L’art.
418 cod. nav., riferendosi esplicitamente ai diritti
nascenti dal contratto di trasporto, non si applica al trasporto
amichevole, essendo quest’ultimo una fattispecie non
negoziale. Il termine di prescrizione applicabile al trasporto
amichevole è quindi quello quinquennale previsto per la
responsabilità aquiliana dall’art. 2947, I comma,
c.c., salvo che il fatto non costituisca reato e per esso sia prevista
una prescrizione più lunga (art. 2947 c.c.) oppure che per
la fattispecie costitutiva della responsabilità sia previsto
un diverso regime di prescrizione dalla normativa speciale.
Al riguardo, verificandosi nella pratica la maggior parte dei casi di
trasporto marittimo amichevole nella navigazione da diporto,
è da segnalare che in alcune circostanze il termine
prescrizionale potrebbe essere quello biennale previsto
dall’art. 2948, II comma c.c.
L’art. 40 del codice della nautica da diporto, infatti,
rinvia alla suddetta norma del codice civile per quanto attiene alla
responsabilità civile verso terzi derivante dalla
circolazione delle unità da diporto.
Ne consegue per il trasporto amichevole su imbarcazioni da diporto un
doppio regime prescrizionale. Sarà quindi
applicabile la prescrizione di due anni, ex art. 2947, II comma c.c.,
per quei danni al passeggero che siano conseguenza diretta della
circolazione dell’unità da diporto, quali ad
esempio lesioni personali o danni al bagaglio derivanti da urto contro
corpo fisso o altro mobile della navigazione; mentre saranno soggetti
alla prescrizione quinquennale ex art. 2947, I comma c.c. quei danni
che non sono conseguenza diretta della circolazione
dell’unità da diporto. 5.
Prescrizione e decadenza nella Convenzione di Atene.
La decorrenza del termine è regolata in modo piuttosto
articolato. Nel caso di lesioni personali al passeggero, il termine
decorre dal momento dello sbarco. Se si tratta invece di morte del
passeggero durante il viaggio, il termine decorre dal momento in cui il
passeggero sarebbe dovuto sbarcare. Nel caso in cui il passeggero muoia
successivamente allo sbarco a causa di lesioni personali riportare
durante il viaggio, il termine decorre dalla data del decesso, ma non
può comunque superare i tre anni dalla data dello sbarco
(art. 16, punti
1 e 2 conv. Atene).
Per quanto attiene i bagagli, il termine decorre dal momento dello
sbarco, oppure, nel caso di perdita, dal momento in cui avrebbero
dovuto sbarcare. Sul punto, peraltro, la dizione della norma non appare
chiara, in quanto, per entrambe le ipotesi, si chiude prevedendo che,
delle due date, quella posteriore sia da considerare come rilevante ai
fini della decorrenza del termine. Se è ovvio che nel caso
di perdita non si può che parlare di momento in cui il
bagaglio avrebbe dovuto sbarcare, nel caso di semplice avaria
o danno il bagaglio viene comunque sbarcato. Prevedere che una delle
due date sia anteriore all’altra significa prendere in
considerazione l’ipotesi che per la stessa fattispecie ci sia
una data di sbarco (effettivo) ed una data in cui lo sbarco doveva
essere effettuato. La previsione quindi, prendendo in considerazione la
data fra le due posteriore, sembra avere semplicemente
l’effetto di non far avvantaggiare il vettore di un eventuale
sbarco anticipato rispetto a quello preventivato. Essendo una norma
prevista per i soli danni ai bagagli, non si applica ai danni per
lesioni personali o morte del passeggero.
Non è chiaro se tale termine biennale debba considerarsi di
prescrizione (come indicato nel testo ufficiale in francese) o di
decadenza (come scritto nel testo ufficiale in inglese). La tesi che
propende per la prescrizione dell’azione appare preferibile,
atteso che comunque, in entrambi i testi, è prevista la
possibilità di sospensione o di interruzione del termine
biennale secondo le leggi del foro adito (art. 16, punto 3
conv.
Atene). Nel caso in cui la legge applicabile sia quella
italiana,
ciò appare confermare che il termine sia interruttibile
secondo le norme previste per la prescrizione. Parimenti, appare
applicabile al termine la sospensione feriale dei termini processuali
italiana.
La convenzione di Atene prevede però un ulteriore
sbarramento temporale. E’ infatti ulteriormente previsto che
il termine entro il quale deve essere introdotta l’azione non
possa superare per effetto di interruzioni o sospensioni i cinque anni
dalla data dello sbarco o dal momento in cui il passeggero o i bagagli
avrebbero dovuto sbarcare con preferenza per la data posteriore fra le
due (art. 16
punto 3 lett. a conv. Atene mod. prot. 2002). Il che
configura abbastanza chiaramente un termine di decadenza, qualunque
testo ufficiale si voglia prendere in considerazione.
Nel caso in cui l’avente diritto abbia avuto conoscenza (o
avrebbe potuto aver ragionevole conoscenza) delle lesioni, perdite o
danni causati dall’incidente dopo lo sbarco (o la data in cui
avrebbe dovuto sbarcare) e prima del compimento del suddetto termine
quinquennale, avrà diritto ad un termine che può
anche eccedere il suddetto quinquennio, ma non i tre anni dal
momento in cui egli abbia avuto conoscenza (o avrebbe potuto aver
ragionevole conoscenza) delle lesioni, perdite o danni causati
dall’incidente (art.
16 punto 3 lett. b conv. Atene mod.
prot. 2002).
Infine, la convenzione prevede che la proroga del termine sia ammessa
solo mediante dichiarazione scritta del vettore o accordo scritto fra
le parti (art.
14 punto 4 conv. Atene). Dalla formulazione letterale
del testo sembrerebbe dedursi che il termine prorogabile sia quello
biennale di cui all’art. 16 punto 1,
sia perché ne
viene data la stessa definizione, sia perché il termine di
decadenza quinquennale è indicato come insuperabile in
nessun caso.
A favore della tesi secondo cui anche il termine quinquennale di
decadenza potrebbe essere prorogato mediante dichiarazione scritta del
vettore o accordo scritto fra le parti sta il fatto che si tratta di un
termine di decadenza stabilito a favore del vettore, sicché
non si comprende per quale motivo non potrebbe essere prorogato con il
suo accordo, e la circostanza che anche il paragrafo in cui si trova il
termine di decadenza è fra quelli che sono indicati come
derogati dalla possibilità di proroga. Appare quindi
preferibile l’interpretazione, forse un po’ forzata
sul piano letterale, ma congruente con le analoghe altre norme di
diritto internazionale dei trasporti, che vede prorogabile su accordo
delle parti anche il termine di decadenza finale.
La circostanza che il termine estintivo quinquennale si applichi
esplicitamente all’azione e non al diritto induce a ritenere
che, qualora la convenzione di Atene entrasse in vigore in Italia ed
anche il termine biennale fosse ritenuto di decadenza, sia il termine
di decadenza biennale che quello quinquennale sarebbero concorrenti con
quello di prescrizione del diritto previsto dal codice della
navigazione, come si verifica nel trasporto marittimo internazionale
regolato dalle regole dell’Aja-Visby.
Se tuttavia si accoglie l’interpretazione, che appare come
visto più corretta, che il termine biennale di cui
all’art.
16 punto 1 sia di prescrizione, allora tale
concorrenza non si verifica, dato che la Convenzione contiene in
sè norme di diritto speciale sia sulla decadenza che sulla
prescrizione, che non lasciano quindi spazio alcuno
all’applicazione dell’art. 418 del codice
della
navigazione. 6. Prescrizione e
decadenza nel trasporto aereo.
La riforma della parte aeronautica del codice della navigazione ha
notevolmente semplificato il regime dell’estinzione dei
diritti derivanti dal contratto di trasporto. In precedenza, infatti,
il codice della navigazione prevedeva che i diritti nascenti dal
contratto di trasporto di persone si prescrivessero nel termine di sei
mesi, elevati a dodici nel caso si trattasse di trasporti aventi inizio
o termine fuori dai paesi europei o bagnati dal mediterraneo (art. 418
c.n.). Se il contratto di trasporto dei bagagli consegnati
era autonomo
rispetto a quello del passeggero, il termine di prescrizione era
comunque di un anno.
Nel caso di trasporto internazionale - disciplinato prima dal sistema
di Varsavia, poi dalla Convenzione
di Montreal del 1999 - il
termine di prescrizione, oltre ad applicarsi agli aspetti del trasporto
non disciplinati dai testi convenzionali, coesisteva con il
più lungo termine di decadenza biennale per
l’esercizio dell’azione previsto dalla normativa
uniforme per i danni alla persona, da ritardo, per avaria o
perdite del bagaglio.
Le recenti modifiche al codice della navigazione hanno eliminato queste
incongruità, stabilendo che i diritti derivanti dal
contratto di trasporto di persone e di bagagli sono assoggettati alle
norme sulla decadenza previste dalla normativa internazionale, con
inapplicabilità delle norme sulla prescrizione (art. 949ter
c.n.). Gli stessi diritti non sono assoggettati
alle norme
che regolano la prescrizione.
Quest’ultima precisazione consente non soltanto di eliminare
la concorrenza di prescrizione del diritto di fonte interna con termini
di decadenza di fonte internazionale, ma ha anche l’effetto
di impedire che, nel caso in cui si ravvisi un reato (ad esempio,
omicidio colposo) non si applichi la norma che estende la durata
della prescrizione del diritto al risarcimento a quella
prevista per il reato.
Sono quindi sottoposti a decadenza biennale e non più a
prescrizione anche quei diritti non regolati dalla normativa
internazionale, quale quelli, ad esempio, relativi
all’inesecuzione del trasporto o all’overbooking.
La formulazione dell’attuale art. 949ter cod. nav.
supera anche il minoritario orientamento dottrinale, che tendeva ad
escludere il ricorso alla normativa interna per
l’interpretazione delle norme sull’estinzione dei
diritti prevista dalle norme internazionali ed il calcolo dei relativi
termini. Non essendo necessariamente esaustiva la disciplina
internazionale, sono comunque applicabili le norme di diritto interno
laddove la fattispecie non sia regolata dalla fonte convenzionale
internazionale.
Come detto, il termine è biennale (art.
35 punto 1 conv.
Montreal); ma essendo esso da calcolarsi utilizzando le norme
dell'ordinamento giuridico del tribunale adito, ed essendo un termine
interruttibile soltanto mediante proposizione di un'azione giudiziaria,
ad esso è da ritenersi applicabile la sospensione feriale
dei termini dal 1 agosto al 15 settembre di ogni anno (art. 1 l.
742/1969).
La corte costituzionale ha infatti più volte ribadito come
l'art. 1 l. 7.10.1969, n. 742, fosse costituzionalmente illegittimo per
contrasto all'art. 24 cost. "nella parte in cui non prevedeva anche la
sospensione dei termini per agire in giudizio quando essi fossero
stabiliti, a pena di decadenza, da norme di carattere sostanziale".
Per effetto della suddetta sospensione feriale, nei giudizi
sottoposti alla giurisdizione italiana il termine di decadenza biennale
previsto dalla convenzione
di Montreal è quindi, in
realtà, di 2 anni e 90 giorni. Tale termine decorre dal
momento dall'arrivo del passeggero a destinazione, o, in caso di
mancato arrivo, dal momento in cui l'aeromobile sarebbe dovuto arrivare
o il trasporto fu interrotto.
Se, come si ritiene, la convenzione
di Montreal non disciplina la
decadenza bensì l'azione di responsabilità, la
norma contenuta in tale articolo deve essere coordinata con quelle di
diritto interno. In applicazione a tale principio, è da
ritenersi, in applicazione dell’articolo 2966 cod. civ., che
la decadenza sia esclusa nel caso di riconoscimento del diritto del
passeggero da parte del vettore.
E’ peraltro da avvertire che alcuni altri ordinamenti, come
quello statunitense, non ritengono che il rinvio alla normativa interna
per il calcolo del termine si estenda anche a norme che ne consentano
l’interruzione.
Oltre al generale termine di decadenza biennale appena esaminato, la
convenzione
di Montreal del 1999 prevede, nel caso di danno o avaria al
bagaglio, un termine di 7 giorni entro il quale il passeggero deve
avanzare al vettore un reclamo relativo al danno subito (art.
31 conv.
Montreal). In mancanza di tale reclamo entro il suddetto
termine, il
passeggero decade dall'azione per il risarcimento del danno, salvo il
caso di frode da parte del vettore. 7.
Problematiche nascenti dalle nuove norme aeronautiche.
Il dichiarato scopo della riforma delle norme sulla prescrizione nel
trasporto aereo era quello di evitare il concorso fra normativa interna
sulla prescrizione e normativa internazionale sulla decadenza, e di
assoggettare allo stesso regime tutti i diritti nascenti dal contratto
di trasporto.
Purtroppo, come spesso accade, risolvendo alcuni problemi se ne sono
creati altri, che probabilmente verranno al pettine in futuro.
L’art.
949ter cod.
nav. prevede oggi che “i diritti
derivanti dal contratto di trasporto” siano
“assoggettati
alle norme sulla decadenza previste dalla
normativa internazionale”. L’ultimo
comma specifica
poi che detti diritti “non
sono assoggettati alle norme che
regolano la prescrizione”.
La prima disposizione supera l’impasse creato dal
disallineamento delle versioni ufficiali della Convenzione
di Montreal.
Quest’ultima, infatti, è stata redatta in
più lingue ufficiali, le cui traduzioni non sono affatto
conformi, perlomeno in tema di decadenza biennale. La norma, nel testo
ufficiale francese, è rimasta del tutto identica a
quella della Convenzione di Varsavia, che prevedeva la
decadenza dall’azione se essa non fosse esercitata nel
termine biennale. Nella Convenzione
di Montreal, però,
è stato introdotto anche un testo
ufficiale inglese, nel
quale si afferma che è il diritto al risarcimento dei danni
ad estinguersi, non l’azione per conseguirlo.
Con la prima parte dell’art. 949ter il
nostro legislatore ha
risolto il problema, in quanto la disposizione codicistica applica il
termine di decadenza della Convenzione
ai diritti, indipendentemente
dal fatto che esso, nella Convenzione,
potesse applicarsi o meno alla
sola azione. Inutilmente scaduto il termine biennale della Convenzione,
quindi, il diritto nascente dal contratto di trasporto (e non solo
l’azione per esercitarlo) si estingue.
I problemi nascono invece dall’ultimo comma
dell’art.
949ter
laddove esclude
l’applicabilità delle norme sulla prescrizione ai
diritti nascenti dal contratto di trasporto. La norma, formulata per
evitare la concorrenza fra la breve prescrizione prevista dal codice
della navigazione e la decadenza biennale prevista dalla convenzione
che in precedenza si verificava, funziona per quanto riguarda
il periodo precedente alla scadenza del termine di decadenza, e
consente di non applicare la prescrizione al contratto di trasporto. Il
coordinamento con l’art. 2935 cod. civ. è esatto,
in quanto la norma codicistica prescrive che la prescrizione non si
applichi solo ai diritti indisponibili ed agli altri diritti indicati
dalla legge; che in questo caso è appunto l’art.
949ter cod.
nav.
Tuttavia, il nostro legislatore si è dimenticato di
disciplinare quanto succede dopo che la decadenza sia stata impedita.
Limitandosi infatti ad escludere l’applicabilità
delle norme sulla prescrizione e non ponendo una disciplina di
raccordo, egli ha creato una categoria di diritti – quelli
nascenti dal contratto di trasporto aereo – potenzialmente di
durata eterna.
Essi, infatti, si estinguono (oltre che nel caso in cui siano
soddisfatti) solo nel caso in cui si verifichi la decadenza. E se tale
decadenza viene impedita, cosa succede al diritto, cui non si applica
la prescrizione?
Se la decadenza è impedita dall’esercizio
dell’azione e il procedimento termina con il riconoscimento
del diritto del danneggiato, ovviamente non si pone alcun
problema. La relativa sentenza, infatti, sarà
soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale.
Ma il nostro prevede che la decadenza possa essere impedita anche in
altro modo che non sia la proposizione dell’azione.
L’art. 2966 cod. civ. prevede in fatti che la decadenza
è impedita, oltre che dal compimento dell’atto
previsto dalla legge, anche “dal riconoscimento del diritto
proveniente dalla persona contro il quale si deve fare valere il
diritto soggetto a decadenza”.
Non vi sono ragionevoli motivi per ritenere che alla decadenza prevista
dall’art.
949ter cod.
nav. (e quindi a quella prevista dalla
convenzione
di Montreal) non si applichi tale norma. Quindi,
è sufficiente che il vettore riconosca un diritto al
risarcimento al passeggero (anche se non nella misura richiesta) per
evitare la decadenza. A questo punto, sono possibili due soluzioni,
entrambe peraltro poco soddisfacenti.
Secondo una prima soluzione, il diritto, sinché non
fosse soddisfatto, godrebbe di vita eterna.
L’ultimo comma dell’art. 949ter cod. nav.
– che sancisce l’inapplicabilità delle
norme sulla prescrizione ai diritti nascenti dal contratto di trasporto
- ha infatti quale ulteriore conseguenza
l’inapplicabilità dell’art. 2967 c.c.,
che prevede che una volta impedita la decadenza il diritto rimane
soggetto alle norme sulla prescrizione. Infatti, la circostanza che la
norma civilistica utilizzi il verbo “rimane” indica
chiaramente che essa è applicabile solo se la prescrizione
si applicava a quel tipo di diritto sin dalla sua nascita.
Tale soluzione presta il fianco a pesanti dubbi di
legittimità costituzionale. Non vi sono infatti sostenibili
motivi per i quali sui diritti nascenti dal contratto di trasporto
aereo il decorso del tempo non debba avere alcun effetto estintivo una
volta impedita la decadenza, sicché potrebbe ritenersi
violato il principio di eguaglianza e ragionevolezza.
La secondo soluzione – che peraltro forza la lettera della
norma e disconosce quanto fino ad ora ritenuto dalla migliore dottrina
e giurisprudenza – sarebbe quella di ritenere che una volta
impedita la decadenza sia applicabile comunque la prescrizione.
Tuttavia, così facendo, si ricadrebbe
nell’applicazione analogica dell’art. 418 cod. nav.
(sei mesi od un anno a seconda del trasporto).
E’ evidente che, in tale ipotesi, un comportamento scaltro
del vettore potrebbe far rientrare dalla finestra quella prescrizione
più breve della decadenza che la riforma della parte
aeronautica del codice della navigazione voleva tenere fuori dalla
porta.
Se infatti il vettore riconoscesse genericamente il diritto del
passeggero immediatamente dopo il fatto, pur senza risarcirlo,
impedirebbe la decadenza e farebbe scattare la prescrizione semestrale
o annuale dell'art.
418 cod. nav. Se il passeggero non la interrompesse ogni
sei mesi (o un anno a seconda del trasporto), anche se introducesse
l’azione entro il termine biennale della Convenzione
si
troverebbe di fronte ad un’eccezione di prescrizione. Il
discorso cambierebbe di poco anche se, anziché
l’art.
418 cod. nav., si applicasse la prescrizione del
codice civile in tema di contratto di trasporto (un anno).
Entrambe le soluzioni ragionevolmente ipotizzabili alla luce
dell’attuale dato normativo sono quindi del tutto
insoddisfacenti. Sarebbe quindi opportuno ed auspicabile un intervento
normativo che, più che escludere
l’applicabilità della prescrizione ai diritti
nascenti dal contratto di trasporto aereo, ne preveda una leggermente
più lunga del termine biennale di decadenza. In questo modo,
si eviterebbe (come sembrava volere il legislatore) che il diritto si
possa prescrivere prima che maturi il termine di decadenza (come
avveniva prima della riforma), ma si porrebbe comunque un termine di
prescrizione al diritto nel caso n cui la decadenza sia impedita non
dall’azione, bensì da un riconoscimento del
diritto da parte del debitore. 8.
La prescrizione dell’azione diretta contro
l’assicuratore della responsabilità del vettore.
Da ultimo, appare opportuno fare cenno ai termini di estinzione
dell’azione diretta che la riforma del codice della
navigazione ha concesso al danneggiato nei confronti
dell’assicuratore della responsabilità del vettore
(art. 942 c.n.).
Il vettore, infatti, è ora obbligato dai
regolamenti comunitari ad assicurare la propria
responsabilità per determinati massimali minimi (reg. CE
785/2004).
Recente dottrina ha affermato che a tale azione andrebbe applicato il
termine di prescrizione previsto per i diritti nascenti dai contratti
di assicurazione; inoltre, tale termine non andrebbe più
rinvenuto in quello annuale previsto dal codice della navigazione (art.
547 cod. nav.), bensì dovrebbe aver durata
biennale, come ha
la prescrizione prevista ora dal codice civile per tali diritti (art.
2952 cod. civ.). Ciò, secondo tale dottrina, sarebbe imposto
dalla necessità di uniformare il termine
dell’azione diretta con quello di decadenza biennale previsto
dalla convenzione
di Montreal, per evitare che il passeggero che
“decidesse di reclamare il risarcimento oltre
l’anno all’assicuratore si veda respingere tale
domanda, che sarebbe ancora esercitabile, invece, nei confronti del
vettore assicurato nell’ambito del termine biennale di
decadenza”.
La tesi non convince, in quanto sembra confondere i diritti nascenti
dal contratto di assicurazione con i diritti del danneggiato al
risarcimento del danno. In realtà, nell’azione
diretta contro l’assicuratore non è basata su
diritti nascenti dal contratto d’assicurazione, tanto che in
taluni casi è ammissibile anche quando tali diritti o
addirittura il contratto di assicurazione stessa non siano esistenti.
Si tratta di una situazione del tutto analoga a quella sancita
dall’art. 2054 cod. civ. laddove, nei danni causati dalla
circolazione dei veicoli a motore, pone a favore del
danneggiato una responsabilità solidale fra autore del danno
e proprietario del veicolo. Quest’ultimo, pur rispondendo
solidalmente del danno con chi lo ha provocato, non è tenuto
al risarcimento per aver compiuto un fatto illecito, bensì
perché la legge lo designa come debitore solidale. Anche nel
nostro caso, l’assicuratore non risponde perché
autore di un atto illecito o perché debitore inadempiente,
ma semplicemente perché posto dalla legge nella posizione di
debitore solidale con il vettore, seppur nei limiti del massimale.
Del resto, se un problema di concorso di prescrizione assicurativa con
prescrizione del diritto al risarcimento del danno fosse reale, la
medesima situazione si sarebbe verificata anche nel settore r.c. auto
sino al 2008 (anno in cui è stato raddoppiato il termine di
prescrizione nelle assicurazioni). Le conclusioni raggiunte da dottrina
e giurisprudenza in tale settore possono tranquillamente adottarsi
anche nel settore aeronautico.
Oltre a ciò, è da osservare che se anche per
avventura la prescrizione assicurativa si applicasse
all’azione diretta contro l’assicuratore, per la
sua stessa struttura non potrebbe mai compiersi prima di quella del
diritto al risarcimento.
E’ previsto infatti dall’art. 2952 cod. civ. che
“nell’assicurazione
della responsabilità
civile, il termine decorre dal momento in cui il terzo ha chiesto il
risarcimento all’assicurato o ha promosso contro di questo
l’azione”. Inoltre, “la comunicazione
all’assicuratore della richiesta del terzo danneggiato o
dell’azione da questo proposta sospende il corso della
prescrizione finché il credito del danneggiato non sia
divenuto liquido ed esigibile, oppure il diritto del terzo danneggiato
non sia prescritto”.
Il diritto azionabile contro l’assicuratore con azione
diretta, quindi, non inizia a prescriversi allorché si
verifica il fatto generatore della responsabilità del
vettore o dell’esercente, ma nel momento in cui il
danneggiato richiede il risarcimento del danno; e se tale risarcimento
viene richiesto direttamente all’assicuratore, la
prescrizione si sospende nello stesso momento in cui inizia il proprio
decorso.
Infine, è da ricordare che l’eccezione di
prescrizione del diritto all’indennizzo è una
delle eccezioni per cui l’assicuratore avrebbe diritto di
rifiutare la propria prestazione al suo assicurato. Nel caso di azione
diretta, però, l’assicuratore non può
opporre per legge al terzo danneggiato le eccezioni nascenti dal
contratto di assicurazione; sicché se per avventura si
verificasse una situazione per la quale il diritto del vettore
assicurato fosse prescritto, tale prescrizione non sarebbe opponibile
al danneggiato, ma darebbe solo diritto all’assicuratore di
recuperare in regresso dal suo assicurato quanto versato al
danneggiato.
Può quindi escludersi che l’azione diretta nei
confronti dell’assicuratore sia soggetta ai termini di
prescrizione propri del contratto assicurativo.
[*] N.B: i contenuti
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