Nota a:
CORTE COSTITUZIONALE
SENT. N. 0285 DEL 30/07/97
CORTE COSTITUZIONALE
SENT. N. 0264 DEL 19/07/96
Michele Maria Comenale Pinto:
Ambiente, circolazione stradale e strumenti tariffari:
limiti delle competenze regionali.
1. - In entrambe le decisioni pubblicate la Corte costituzionale è
stata investita della legittimità di provvedimenti legislativi regionali
della Valle d'Aosta caratterizzati dal ricorso allo strumento tariffario
sul traffico veicolare, con richiamo delle competenze normative primarie
della Regione in materia di strade e lavori pubblici di interesse regionale,
ai sensi dell'art. 2, lett. f) del suo Statuto di autonomia speciale (legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4). Ed in entrambi i casi, i provvedimenti
di cui lo Stato ha contestato la legittimità erano caratterizzati
dalla loro finalizzazione alla tutela dell'ambiente; inoltre, la prima
delle due leggi regionali sottoposte al vaglio della Corte costituzionale
era chiamata a garantire il transito in condizioni di sicurezza e comunque
il rispetto del limite di carico del territorio interessato, mentre l'altra
aveva una portata anticipatoria dell'introduzione di principi accolti in
sede comunitaria in materia di disincentivi alla circolazione di veicoli
commerciali con emissioni non conformi agli standard più recenti.
Sennonché, la Corte è pervenuta a dare una diversa soluzione
alle due vicende: pare quindi opportuno tentare di verificare se e fino
a che punto (come la Corte ha comunque ritenuto) i due casi, vagliati a
distanza di circa un anno l'uno dall'altro, dovessero essere decisi sulla
base di principi diversi; la questione implica, peraltro, un esame dei
contenuti e dei limiti di esercizio delle competenze normative esercitate
dalla Regione autonoma della Valle d'Aosta con i due provvedimenti sottoposti
all'esame della Corte costituzionale con le decisioni da cui traiamo spunto.
2. - La prima delle due decisioni in esame riguarda una delibera legislativa
riapprovata, ai sensi dell'art. 31, ult. co., della Statuto di autonomia
speciale, dal Consiglio Regionale il 23 novembre 1995, su rinvio disposto
dal Presidente della Commissione di coordinamento, con cui è stata
istituita una tariffa per l'utilizzazione di strade di competenza comunale
e regionale interessate da elevata congestione di traffico veicolare. Tale
disciplina era finalizzata a fronteggiare il fenomeno crescente di congestione
delle testate di Valle, a causa dell'elevato flusso di autoveicoli nei
periodi di maggiore presenza turistica, nelle maggiori località
turistiche dell'arco alpino della Regione (in particolare: Courmayer, La
Thuile, Cogne, Valtournanche, Ayas, Gressoney). In precedenza, le Amministrazioni
comunali di Courmayer e La Thuile avevano provveduto a dare soluzione al
problema a livello locale, mediante ordinanza sindacale di divieto
d'accesso alle automobili in aree particolarmente sensibili ed interessate
da fenomeni di congestionamento. Va aggiunto, peraltro, che l'esigenza
di limitare l'accesso veicolare alle Valli Veny e Ferret, situate in Comune
di Courmayer, ai piedi del Monte Bianco, era stata già sostenuta
nel Progetto di valorizzazione della primavera del 1994 relativo a tali
valli (1).
La seconda decisione concerne invece un'altra delibera, riapprovata
dal Consiglio regionale il 24 ottobre 1996, anch'essa su rinvio disposto
dal Presidente della Commissione di coordinamento, con cui è stata
prevista l'istituzione di una tassa regionale per l'attraversamento dell'area
del Monte Bianco da parte del traffico TIR internazionale.
Oltre che per gli aspetti relativi alla delimitazione delle competenze
normative della Regione autonoma della Valle d'Aosta (2), le due pronunzie
in esame costituiscono un interessante punto di riferimento nel dibattito
sulla mobilità sostenibile (3).
3. - Nel proporre l'impugnazione della delibera legislativa regionale
del 23 novembre 1995, la Presidenza del Consiglio aveva dedotto che la
sua presunta illegittimità sarebbe derivata dal fatto che «innanzi
tutto ... le finalità da essa perseguite - salvaguardare l'ambiente
e garantire la sicurezza del transito nonché la riduzione della
congestione veicolare - non sono raggiungibili mediante l'istituzione di
una tariffa d'uso su particolari strade.......», venendo così
a censurare la scelta politica del legislatore regionale, a prescindere
dalla valutazione dell'appartenenza della materia disciplinata alla competenza
normativa regionale. A tale denunzia di vizio di merito si accompagnava,
con il proprio ricorso, la Presidenza del Consiglio, contestava altresì
la violazione di alcuni parametri costituzionali, ed in particolare gli
artt. 3, 16, 41 e 120 Cost., deducendo in particolare l'illegittimità
della previsione della possibilità di stabilire esoneri dalla tariffa
per i veicoli dei residenti nella zona servita dalla strada o tratto di
strada su cui la tariffa si applica e per i veicoli dei proprietari di
beni immobili situati nella zona stessa (art. 3, comma 4, n. 4, del provvedimento
legislativo regionale impugnato) ed i veicoli degli operatori economici
della zona servita dalla strada o tratto di essa su cui si applica la tariffa
d'uso, dei loro fornitori e dipendenti, nonché dei turisti che pernottano
nelle strutture ricettive della zona stessa (art. 3, comma 3, del provvedimento
legislativo regionale impugnato), nonché la previsione della possibilità,
per i Comuni e le Regione, di adottare, lì dove l'istituzione della
tariffa d'uso non sia di per sé sufficiente, anche altre misure,
nell'ambito di quelle indicate nel provvedimento di cui al comma 1 dello
stesso art. 2 (art. 2, comma 4, n. 4, dello stesso provvedimento legislativo
regionale impugnato).
4. - Con l'impugnazione della delibera legislativa regionale
del 24 ottobre 1996, invece, la Presidenza del Consiglio, aveva dedotto
il travalicamento delle competenze regionali, affermando la violazione
di aree di competenza riservata dello Stato, di obblighi internazionali
dell'Italia (in contrasto con i relativi limiti normativi di cui agli artt.
2 e 3 dello Statuto di autonomia speciale) e dell'ordinamento di diritto
privato, nonché dall'affermato contrasto con interessi generali
dello Stato, nonché una violazione dell'art. 120 Cost. e di norme
comunitarie ed in particolare degli artt. 7a e 9 della direttiva CEE 93/89
(4).
5. - La Corte costituzionale ha rigettato il primo dei due ricorsi
della Presidenza del Consiglio: se la decisione sembra da condividere,
qualche riserva induce invece la motivazione.
Infatti, la regione Valle d'Aosta, nel costituirsi nel giudizio di
legittimità, aveva eccepito l'inammissibilità di valutazioni
di merito, in cui pur si risolveva in buona parte il ricorso della Presidenza
del Consiglio, circa la rispondenza del provvedimento adottato, ai fini
che il legislatore aveva inteso perseguire, quali erano espressamente affermate
nell'art. 1 dello stesso deliberato legislativo regionale di cui veniva
ipotizzata l'illegittimità. Mentre la Corte ha ribadito (e sul punto
deve aderirsi) che né l'art. 16 Cost., in materia di libertà
di circolazione, né l'art. 120, in materia di libertà di
circolazione fra Regioni (e correlato divieto per le Regioni di frapporre
ostacoli a tale libertà) impediscono l'introduzione di una tariffa
d'uso per l'ingresso e la circolazione su strade extraurbane, ha poi espresso
il proprio dissenso sul merito del provvedimento regionale, mostrando così
di condividere il punto di vista espresso al riguardo dalla Presidenza
del Consiglio.
Evidentemente, da tale opinabile valutazione negativa («l'istituzione
di una tariffa d'uso per l'ingresso e la circolazione su strade extraurbane
può essere ritenuta da tempo superata in quanto non più conforme
ai principi ed ai sistemi della moderna convivenza civile») la Corte
costituzionale non poteva far discendere una pronunzia di illegittimità
costituzionale, che (in assenza di parametri costituzionali di cui potesse
assumersi la violazione) si sarebbe tradotta in un (nel nostro ordinamento
costituzionale) inammissibile giudizio sul merito delle scelte politiche
effettuate dalla Regione, ancorché il ricorso introduttivo della
Presidenza del Consiglio avesse addotto, nell'ambito delle censure proposte
contro il provvedimento regionale, l'inidoneità delle misure adottate
dalla Regione rispetto allo scopo perseguito.
A prescindere dai profili relativi ai limiti del giudizio di legittimità
costituzionale circa il merito della norma, che esulano dallo scopo di
queste brevi considerazioni, non può fare a meno di osservarsi che
l'affermazione, sia pure soltanto incidentale, della Corte costituzionale
(così come la censura proposta dalla Presidenza del Consiglio) sembra
incoerente con le più recenti affermazioni in materia di politica
ambientale assunte in sede internazionale, a cui l'Italia ha preso parte
senza esprimere alcuna riserva, oltre che con la ratio di vari documenti,
sia statali che comunitari. È qui sufficiente ricordare che la possibilità
di ricorrere agli strumenti tariffari ai fini della tutela ambientale è
espressamente contemplata nel Piano Nazionale per lo sviluppo sostenibile,
in attuazione dell'Agenda 21 (5), approvato dal CIPE nella seduta del 28
dicembre 1993. Il medesimo principio è peraltro contenuto
nel V Piano di azione della Comunità europea Per uno sviluppo durevole
e sostenibile. Programma politico e d'azione della Comunità Europea
a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile (6), a cui è
seguita la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei Governi degli
Stati membri del 1° febbraio 1993, riguardante un programma comunitario
di politica ed azione a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile
(7). In tale documento, fra l'altro, si evidenzia fra gli obiettivi della
strategia comunitaria in materia di trasporti (8) la promozione di
un «uso più razionale e più ecologico dell'autovettura
privata» attraverso la modificazione del comportamento e delle
abitudini del guidatore (§ 4.3) (9). E, nella tabella 3, relativa
ai trasporti, nella stessa Risoluzione, viene previsto il ricorso alle
«tasse stradali e forme diverse di pedaggi stradali»,
mentre, nella successiva tabella 5, relativa agli interventi sul turismo,
negli strumenti d'azione relativi al comportamento dei turisti, viene espressamente
previsto l'«aumento dei costi marginali per l'uso delle automobili
private» (10). Si tratta dell'applicazione ad un caso particolare
del principio generale «chi inquina paga», che è
stato introdotto nel nostro ordinamento attraverso l'Atto Unico Europeo,
recepito in Italia con l. 23 dicembre 1986, n. 906, che ha inserito una
specifica previsione in tal senso nel secondo comma dell'art. 130R del
Trattato di Roma del 1957 (11). Peraltro, a livello di legislazione statale,
l'art. 7 del nuovo codice della strada (d. lgtv. 30 aprile 1992, n. 285),
nel testo modificato dall'art. 5 del d. lgtv. 10 settembre 1993, n. 360,
prevede la possibilità per i comuni di condizionare l'ingresso o
la circolazione dei veicoli a motore, all'interno delle zone a traffico
limitato al pagamento di somme di danaro: ove si assuma legittima quest'ultima
previsione normativa statale, sembra ben difficilmente sostenibile la tesi
dell'illegittimità di una disposizione regionale, adottata nell'ambito
delle competenze normative regionali, di contenuto corrispondente. Conseguentemente,
anche l'equivoco in cui la Corte costituzionale pur sembra essere incorsa
circa la portata effettiva della normativa regionale sottoposta al suo
esame, ritenuta come caratterizzata da una «temporaneità»
(12) sembra del tutto irrilevante: il riconoscimento di un carattere di
definitività del provvedimento legislativo regionale in questione
non avrebbe dovuto implicare la declaratoria della sua illegittimità
costituzionale (13).
6. - Aveva invece effettivamente portata temporanea il secondo provvedimento
regionale all'esame della Corte costituzionale, che prevedeva una tassazione
selettiva dei veicoli commerciali in transito, in quanto applicabile soltanto
a veicoli per i quali, in base alla normativa statale vigente, non sarà
più possibile, per il futuro, consentire l'omologazione: l'art.
2, comma 3, del provvedimento in questione escludeva espressamente dall'assoggettamento
alla tassa «i veicoli per i quali, dall'omologazione ottenuta ai
sensi del decreto del Ministro dell'ambiente del 23 marzo 1992 (Nuovi limiti
alle emissioni di gas inquinanti prodotti da motori ad accensione spontanea
destinati alla propulsione dei veicoli), pubblicato nel supplemento ordinario
n. 63 alla Gazzetta ufficiale n. 77 del 1° aprile 1992, risulta che
le emissioni di inquinanti gassosi e di particolato prodotte dal motore
siano conformi ai valori limiti fissate nella riga B della tabella del
punto 8.3.1.1. dell'allegato I al citato decreto». Ma, nonostante
tale limite cronologico di efficacia, la Corte costituzionale è
addivenuta ad una declaratoria di illegittimità, in quanto la disciplina
regionale sarebbe venuta ad incidere sul transito per il traforo del Monte
Bianco, ovvero su materia oggetto di accordi internazionali tra l'Italia
e la Francia.
La decisione suscita, tuttavia, qualche perplessità, se si tiene
conto che la disciplina regionale aveva carattere anticipatorio di una
direttiva comunitaria in corso di adozione, destinata a sostituire la menzionata
direttiva 93/89/CEE (14), annullata dalla Corte di giustizia, pur con salvezza
provvisoria dei suoi effetti (15). Tale carattere anticipatorio del provvedimento
regionale rispetto alla prossima disciplina comunitaria era stato evidenziato
con la previsione dell'art. 7, secondo la quale l'introduzione definitiva
della direttiva avrebbe comportato l'eliminazione o la riduzione della
tassa regionale e che la Francia, come l'Italia, è vincolata agli
obblighi derivanti dal Trattato di Roma, ivi compresi i principi in materia
ambientale. Ed è del resto noto come non sempre sia stato agevole
dare applicazione nei singoli ordinamenti nazionali a tali principi: sembra
significativo ricordare come recentemente, proprio la Francia sia stata
assoggettata ad una declaratoria della Corte di giustizia per la mancata
trasposizione della direttiva 93/89, che ha introdotto il principio dell'eco-tassazione
dei veicoli commerciali inquinanti (16).
7.- Non sembra nemmeno convincente che la disciplina introdotta dal
provvedimento legislativo regionale in esame incida sul regime dell'utilizzazione
del traforo del Monte Bianco, quale risulta dalla Convenzione di Parigi
del 14 marzo 1953 e dall'Accordo aggiuntivo di Roma del 25 marzo 1965,
o sul regime dell'Accordo di Parigi del 7 febbraio 1967, in materia di
questioni doganali e fiscali per la gestione del traforo. In effetti, la
Convenzione di Parigi del 14 marzo 1953 (ratificata con legge 1° agosto
1954, n. 846) si limita ad impegnare i Governi di Francia ed Italia ad
assicurare (metà per ciascuno) l'esecuzione del traforo, prevedendo
le modalità di esecuzione di gestione; in particolare l'art. 12
prevede che le questioni monetarie, fiscali, sociali e doganali derivanti
dalla costruzione del traforo sarebbero state oggetto di accordi specifici
fra i Governi interessati; l'accordo di Roma del 25 marzo 1965 (approvato
e reso esecutivo con l. 14 luglio 1965, n. 921) si limita a prevedere le
modalità per la gestione in comune del traforo fra le due società
concessionarie; infine, l'Accordo di Parigi del 7 febbraio 1967, relativo
alle questioni doganali e fiscali per la gestione del traforo del Monte
Bianco (approvato e reso esecutivo con l. 13 ottobre 1979, n. 761) si limita
a dettare una disciplina fiscale e doganale relativa all'attività
delle società concessionarie del traforo, senza prevedere alcunché
circa le imposizioni gravanti sul traffico veicolare che del traforo possa
avvalersi; e, a fortiori, senza nulla disporre circa l'imposizione gravante
sul traffico veicolare al di fuori del traforo.
8.- Ancorché si tratti di aspetto non considerato espressamente
dalla Corte, in quanto rimasto assorbito dalla declaratoria di illegittimità
costituzionale sotto i profili fin qui ricordati, sembra doversi esprimere
qualche perplessità anche relativamente alla denunzia (contenuta
nel ricorso introduttivo dello Stato) di una presunta violazione del divieto
di cumulo fra pedaggi e diritti d'utenza per uno stesso tratto stradale,
di cui all'art. 7, lett. a) della direttiva 93/89/CEE del Consiglio del
25 ottobre 1993, con riferimento al pedaggio riscosso per il transito attraverso
il Traforo del Monte Bianco. In realtà, il provvedimento regionale
non riguardava il traforo del Monte Bianco, né intendeva regolare
l'utilizzazione del traforo stesso, ma era destinato ad applicarsi al transito
sulle strade del territorio della Comunità montana Valdigne-Mont
Blanc fuori dal tunnel: d'altra parte, l'ultimo punto della medesima lett.
a dell'art. 7 della direttiva 93/89/CEE fa espressa eccezione al divieto
del cumulo per quanto concerne il pedaggio connesso all'utilizzazione di
ponti, tunnel e valichi di montagna.
Note:
(1) Tale progetto aveva ottenuto un finanziamento nell'ambito del Programma
comunitario «Life», ai sensi del Regolamento (CEE) n. 1973/92
del Consiglio, in base alla decisione della Commissione C(94) 2850 finale/060
del 25 novembre 1994. Nell'ambito di tale programma, come evidenziato nell'allegato
1 della menzionata decisione della Commissione del 25 novembre 1994, la
prima fase di sviluppo progettata concerne appunto la «programmazione
operativa per l'attivazione immediata (stagione estiva 1994) della regolamentazione
del traffico veicolare privato delle due valli, con modalità sperimentali».
(2) Per tali profili le due decisioni in esame non hanno mancato di
suscitare l'interesse dei cultori del diritto costituzionale: C. cost 19
luglio 1996 n. 264 è stata pubblicata in Giur. cost. 1996, 2347,
con nota di PETRANGELI, Nuove problematiche della libertà di circolazione:
il pedaggio stradale come misura di protezione dell'ambiente (ivi, 2354),
nonché in Regioni 1996, 1185, con nota di NICOTRA, Uso dei beni
pubblici, tutela dell'ambiente e libertà di circolazione (ivi, 1190);
C. cost. 30 luglio 1997 n. 285 è stata pubblicata in Giur. cost.
1997, 2581, ed in Regioni 1988, 144, con nota di GENNUSA, La Valle d'Aosta
istituisce una tassa sul traforo del Monte Bianco: carenza di competenza
o mancata ponderazione degli interessi? (ivi, 148).
(3) Dovendosi assumere, nel dibattito più generale sul diritto
alla mobilità, che l'interesse ambientale possa costituire uno dei
limiti all'esercizio di tale diritto. Per quanto concerne le implicazioni
di rilievo costituzionale del c.d. diritto alla mobilità, v. recentemente
RINALDI BACCELLI, Per un inquadramento sistematico del diritto della persona
al trasporto pubblico, in Riv. dir. civ. 1991, II, 21 (ivi, richiami a
diverse soluzioni sul punto, che resta piuttosto controverso).
(4) Tale direttiva era stata annullata dalla Corte di giustizia, con
la sentenza 5 luglio 1995, in causa C-21/94, in quanto, in violazione degli
art. 75 e 99 del Trattato di Roma, il Parlamento europeo non era stato
consultato prima dell'approvazione, ancorché il testo adottato dal
Consiglio divergesse in maniera sostanziale rispetto alla proposta della
Commissione. Tuttavia, la Corte aveva pronunziato l'annullamento della
direttiva, con la previsione del mantenimento dei suoi effetti fino all'adozione,
da parte del Consiglio, di una nuova direttiva in materia.
(5) Piano di azione per le specifiche iniziative economiche, sociali
ed ambientali in vista del XXI secolo, adottato dai partecipanti alla Conferenza
delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro del 3 - 14
giugno 1992. Sulla Conferenza di Rio in generale, v. PINESCHI, La Conferenza
di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo, in Riv. giur. amb. 1992, 705
SCOVAZZI, Tutela dell'ambiente e assistenza alo sviluppo: dalla Conferenza
di Stoccolma (1972) alla Conferenza di Rio (1992), in Riv. giur. amb. 1994,
493; TREVES, Il diritto dell'ambiente a Rio e dopo Rio, in Riv. giur. amb.
1993, 577. Sull'Agenda 21 (che con la Dichiarazione di Rio su ambiente
e sviluppo e la Dichiarazione autoritativa, giuridicamente non vincolante,
contenente principi sulla gestione, la conservazione e lo sviluppo sostenibile
di tutti i tipi di foreste, è uno dei documenti adottati dalla detta
Conferenza di Rio, che era stata convocata in base alla risoluzione 44/228
del 29 dicembre 1989 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite), v. in
particolare SOAVE, Lo sviluppo sostenibile nella prospettiva dell'Agenda
21 - Il programma d'azione lanciato alla Conferenza di Rio de Janeiro,
in Riv. giur. amb. 1993, 761.
(6) COM/92/23 del 12 giugno 1992, cui è seguito il parere del
Parlamento europeo, in G.U.C.E. C 337 del 21 dicembre 1992.
(7) Risoluzione 93/C 138/01.
(8) Come definita dalla Comunicazione della Commissione Libro verde
sull'impatto dei trasporti sull'ambiente della Comunità per una
«mobilità sostenibile» - COM (92) 46 def. del 20 febbraio
1992.
(9) Peraltro, il medesimo principio è ribadito anche nella recente
proposta della Commissione per la revisione del programma in questione
del 24 gennaio 1996 - COM(95) 647 def. (cfr. art. 2.2, lett. a).
(10) Il principio specifico era affermato espressamente in più
punti del menzionato Libro verde sull'impatto dei trasporti sull'ambiente
della Comunità per una «mobilità sostenibile».
In particolare nel § 118 (nel testo francese consultato), si auspica
«l'utilisation des instruments fiscaux et économiques afin
d'orienter le choix de l'usager et de l'exploitant vers le modes les moins
polluants et les technologies les plus propres». L'accesso selettivo
alle infrastrutture di trasporto è invece menzionato nel successivo
§ 127 dello stesso documento della Commissione.
(11) Sembra peraltro opportuno ricordare l'opinione espressa dalla
giurisprudenza ordinaria e dalla dottrina circa la possibilità per
le Regioni di dare attuazione diretta alla disciplina degli artt. 130R
e segg. del Trattato CEE, come modificato dall'A.U.E., con misure volte
a dare all'ambiente una tutela anche più incisiva di quelle
statali. Così, ad esempio, la Cassazione ha incidentalmente sottolineato
dalla Cassazione (III Sezione penale, 4 febbraio 1993, imp. Marzi, in Riv.
pen. economia 1994, 183) la possibilità per le Regioni di attuare
normativamente tale principio, introducendo una disciplina più
severa di quella statale (mai più permissiva). Ed in dottrina, con
riferimento all'utilizzazione della leva tributaria in funzione di tutela
ecologica, si è espressamente affermato (con riferimento agli artt.
117 e 119 Cost.) che «l'attribuzione alle regioni delle funzioni
di tutela del patrimonio ambientale consente di riconoscere alle stesse
una autonomia finanziaria che, sia pure nelle forme e nei limiti stabiliti
dalle leggi della Repubblica ... , legittima una potestà impositiva
delle regioni anche in materia di tributi ambientali» (PICCIAREDDA
- SELICATO, I tributi e l'ambiente, Milano, 1996, 128).
(12) In realtà, la temporaneità della misura adottata
non si ricava affatto dal tenore letterale della disciplina in questione
(che, anzi, contempla la possibilità di un'adozione di provvedimenti
restrittivi per la circolazione statale in via definitiva, come agevolmente
si ricava dall'art. 3, comma 2, della stessa legge regionale). Il lapsus
della Corte è segnalato da altro annotatore della decisione in esame:
PETRANGELI, Nuove problematiche della libertà di circolazione, cit.,
2354, 2361.
(13) NICOTRA GUERRERA, Uso dei beni pubblici, cit., 1193.
(14) Cfr. bozza di direttiva del Consiglio COM (96) 331, relativa alla
tassazione a carico di autoveicoli pesanti per l'uso di talune infrastrutture,
presentata il 13 novembre 1996 (in G.U.C.E. C 59, 26 febbraio 1997). Il
17 luglio 1997, il Parlamento europeo ha approvato la proposta della Commissione
con alcuni emendamenti, in parte accolti dalla Commissione: si è
in attesa di una proposta modificativa che integri gli emendamenti del
Parlamento accolti dalla Commissione.
(15) C. giust. CE 5 luglio 1995, in causa C-21/94, cit.
(16) C. giust. CE 5 marzo 1998, in causa C-175/97. Come è ricordato
al punto 8 di tale decisione, la Repubblica francese aveva dedotto nel
procedimento che il recepimento della direttiva non aveva potuto essere
effettuato «... a causa delle difficoltà che investono il
settore del trasporto su strada delle merci ... che si spiegano, in particolare,
con la notevole diminuzione di tale attività, nonché con
l'aumento degli oneri sociali delle imprese conseguenti all'adozione di
diversi provvedimenti destinati a migliorare le condizioni di lavoro dei
lavoratori subordinati». Significativa, peraltro (anche per il possibile
riferimento alla politica italiana dei prezzi del gasolio) il successivo
rilievo di cui nella menzionata decisione della Corte di giustizia si dà
atto al successivo punto 9: «Il governo francese osserva d'altronde
che i trasportatori considerano inaccettabili le distorsioni di concorrenza
risultanti dai livelli di tassazione fortemente divergenti di cui il gasolio
costituisce oggetto nei diversi Stati membri».