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Nota a:
CORTE COSTITUZIONALE
SENT.  N. 0285      DEL 30/07/97 
CORTE COSTITUZIONALE
SENT.  N. 0264      DEL 19/07/96 


Michele Maria Comenale Pinto:
Ambiente, circolazione stradale e strumenti tariffari: 
limiti delle competenze regionali.

1. - In entrambe le decisioni pubblicate la Corte costituzionale è stata investita della legittimità di provvedimenti legislativi regionali della Valle d'Aosta caratterizzati dal ricorso allo strumento tariffario sul traffico veicolare, con richiamo delle competenze normative primarie della Regione in materia di strade e lavori pubblici di interesse regionale, ai sensi dell'art. 2, lett. f) del suo Statuto di autonomia speciale (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4). Ed in entrambi i casi, i provvedimenti di cui lo Stato ha contestato la legittimità erano caratterizzati dalla loro finalizzazione alla tutela dell'ambiente; inoltre, la prima delle due leggi regionali sottoposte al vaglio della Corte costituzionale era chiamata a garantire il transito in condizioni di sicurezza e comunque il rispetto del limite di carico del territorio interessato, mentre l'altra aveva una portata anticipatoria dell'introduzione di principi accolti in sede comunitaria in materia di disincentivi alla circolazione di veicoli commerciali con emissioni non conformi agli standard più recenti. Sennonché, la Corte è pervenuta a dare una diversa soluzione alle due vicende: pare quindi opportuno tentare di verificare se e fino a che punto (come la Corte ha comunque ritenuto) i due casi, vagliati a distanza di circa un anno l'uno dall'altro, dovessero essere decisi sulla base di principi diversi; la questione implica, peraltro, un esame dei contenuti e dei limiti di esercizio delle competenze normative esercitate dalla Regione autonoma della Valle d'Aosta con i due provvedimenti sottoposti all'esame della Corte costituzionale con le decisioni da cui traiamo spunto.
2. - La prima delle due decisioni in esame riguarda una delibera legislativa riapprovata, ai sensi dell'art. 31, ult. co., della Statuto di autonomia speciale, dal Consiglio Regionale il 23 novembre 1995, su rinvio disposto dal Presidente della Commissione di coordinamento, con cui è stata istituita una tariffa per l'utilizzazione di strade di competenza comunale e regionale interessate da elevata congestione di traffico veicolare. Tale disciplina era finalizzata a fronteggiare il fenomeno crescente di congestione delle testate di Valle, a causa dell'elevato flusso di autoveicoli nei periodi di maggiore presenza turistica, nelle maggiori località turistiche dell'arco alpino della Regione (in particolare: Courmayer, La Thuile, Cogne, Valtournanche, Ayas, Gressoney). In precedenza, le Amministrazioni comunali di Courmayer e La Thuile avevano provveduto a dare soluzione al problema a livello locale, mediante ordinanza  sindacale di divieto d'accesso alle automobili in aree particolarmente sensibili ed interessate da fenomeni di congestionamento. Va aggiunto, peraltro, che l'esigenza di limitare l'accesso veicolare alle Valli Veny e Ferret, situate in Comune di Courmayer, ai piedi del Monte Bianco, era stata già sostenuta nel Progetto di valorizzazione della primavera del 1994 relativo a tali valli (1).
La seconda decisione concerne invece un'altra delibera, riapprovata dal Consiglio regionale il 24 ottobre 1996, anch'essa su rinvio disposto dal Presidente della Commissione di coordinamento, con cui è stata prevista l'istituzione di una tassa regionale per l'attraversamento dell'area del Monte Bianco da parte del traffico TIR internazionale. 
Oltre che per gli aspetti relativi alla delimitazione delle competenze normative della Regione autonoma della Valle d'Aosta (2), le due pronunzie in esame costituiscono un interessante punto di riferimento nel dibattito sulla mobilità sostenibile (3).
3. - Nel proporre l'impugnazione della  delibera legislativa regionale del 23 novembre 1995, la Presidenza del Consiglio aveva dedotto che la sua presunta illegittimità sarebbe derivata dal fatto che «innanzi tutto ... le finalità da essa perseguite - salvaguardare l'ambiente e garantire la sicurezza del transito nonché la riduzione della congestione veicolare - non sono raggiungibili mediante l'istituzione di una tariffa d'uso su particolari strade.......», venendo così a censurare la scelta politica del legislatore regionale, a prescindere dalla valutazione dell'appartenenza della materia disciplinata alla competenza normativa regionale. A tale denunzia di vizio di merito si accompagnava, con il proprio ricorso, la Presidenza del Consiglio, contestava altresì la violazione di alcuni parametri costituzionali, ed in particolare gli artt. 3, 16, 41 e 120 Cost., deducendo in particolare l'illegittimità della previsione della possibilità di stabilire esoneri dalla tariffa per i veicoli dei residenti nella zona servita dalla strada o tratto di strada su cui la tariffa si applica e per i veicoli dei proprietari di beni immobili situati nella zona stessa (art. 3, comma 4, n. 4, del provvedimento legislativo regionale impugnato) ed i veicoli degli operatori economici della zona servita dalla strada o tratto di essa su cui si applica la tariffa d'uso, dei loro fornitori e dipendenti, nonché dei turisti che pernottano nelle strutture ricettive della zona stessa (art. 3, comma 3, del provvedimento legislativo regionale impugnato), nonché la previsione della possibilità, per i Comuni e le Regione, di adottare, lì dove l'istituzione della tariffa d'uso non sia di per sé sufficiente, anche altre misure, nell'ambito di quelle indicate nel provvedimento di cui al comma 1 dello stesso art. 2 (art. 2, comma 4, n. 4, dello stesso provvedimento legislativo regionale impugnato).
4. - Con l'impugnazione della  delibera legislativa regionale del 24 ottobre 1996, invece, la Presidenza del Consiglio, aveva dedotto il travalicamento delle competenze regionali, affermando la violazione di aree di competenza riservata dello Stato, di obblighi internazionali dell'Italia (in contrasto con i relativi limiti normativi di cui agli artt. 2 e 3 dello Statuto di autonomia speciale) e dell'ordinamento di diritto privato, nonché dall'affermato contrasto con interessi generali dello Stato, nonché una violazione dell'art. 120 Cost. e di norme comunitarie ed in particolare degli artt. 7a e 9 della direttiva CEE 93/89 (4). 
5. - La Corte costituzionale ha rigettato il primo dei due ricorsi della Presidenza del Consiglio: se la decisione sembra da condividere, qualche riserva induce invece la motivazione. 
Infatti, la regione Valle d'Aosta, nel costituirsi nel giudizio di legittimità, aveva eccepito l'inammissibilità di valutazioni di merito, in cui pur si risolveva in buona parte il ricorso della Presidenza del Consiglio, circa la rispondenza del provvedimento adottato, ai fini che il legislatore aveva inteso perseguire, quali erano espressamente affermate nell'art. 1 dello stesso deliberato legislativo regionale di cui veniva ipotizzata l'illegittimità. Mentre la Corte ha ribadito (e sul punto deve aderirsi) che né l'art. 16 Cost., in materia di libertà di circolazione, né l'art. 120, in materia di libertà di circolazione fra Regioni (e correlato divieto per le Regioni di frapporre ostacoli a tale libertà) impediscono l'introduzione di una tariffa d'uso per l'ingresso e la circolazione su strade extraurbane, ha poi espresso il proprio dissenso sul merito del provvedimento regionale, mostrando così di condividere il punto di vista espresso al riguardo dalla Presidenza del Consiglio.
Evidentemente, da tale opinabile valutazione negativa («l'istituzione di una tariffa d'uso per l'ingresso e la circolazione su strade extraurbane può essere ritenuta da tempo superata in quanto non più conforme ai principi ed ai sistemi della moderna convivenza civile») la Corte costituzionale non poteva far discendere una pronunzia di illegittimità costituzionale, che (in assenza di parametri costituzionali di cui potesse assumersi la violazione) si sarebbe tradotta in un (nel nostro ordinamento costituzionale) inammissibile giudizio sul merito delle scelte politiche effettuate dalla Regione, ancorché il ricorso introduttivo della Presidenza del Consiglio avesse addotto, nell'ambito delle censure proposte contro il provvedimento regionale, l'inidoneità delle misure adottate dalla Regione rispetto allo scopo perseguito. 
A prescindere dai profili relativi ai limiti del giudizio di legittimità costituzionale circa il merito della norma, che esulano dallo scopo di queste brevi considerazioni, non può fare a meno di osservarsi che l'affermazione, sia pure soltanto incidentale, della Corte costituzionale (così come la censura proposta dalla Presidenza del Consiglio) sembra incoerente con le più recenti affermazioni in materia di politica ambientale assunte in sede internazionale, a cui l'Italia ha preso parte senza esprimere alcuna riserva, oltre che con la ratio di vari documenti, sia statali che comunitari. È qui sufficiente ricordare che la possibilità di ricorrere agli strumenti tariffari ai fini della tutela ambientale è espressamente contemplata nel Piano Nazionale per lo sviluppo sostenibile, in attuazione dell'Agenda 21 (5), approvato dal CIPE nella seduta del 28 dicembre 1993.  Il medesimo principio è peraltro contenuto nel V Piano di azione della Comunità europea Per uno sviluppo durevole e sostenibile. Programma politico e d'azione della Comunità Europea a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile (6), a cui è seguita la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri del 1° febbraio 1993, riguardante un programma comunitario di politica ed azione a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile (7). In tale documento, fra l'altro, si evidenzia fra gli obiettivi della strategia comunitaria in materia di trasporti (8) la promozione  di un «uso più razionale e più ecologico dell'autovettura privata» attraverso la modificazione del comportamento e delle abitudini del guidatore (§ 4.3) (9). E, nella tabella 3, relativa ai trasporti, nella stessa Risoluzione, viene previsto il ricorso alle «tasse stradali e forme diverse di pedaggi stradali», mentre, nella successiva tabella 5, relativa agli interventi sul turismo, negli strumenti d'azione relativi al comportamento dei turisti, viene espressamente previsto l'«aumento dei costi marginali per l'uso delle automobili private» (10). Si tratta dell'applicazione ad un caso particolare del principio generale «chi inquina paga», che è stato introdotto nel nostro ordinamento attraverso l'Atto Unico Europeo, recepito in Italia con l. 23 dicembre 1986, n. 906, che ha inserito una specifica previsione in tal senso nel secondo comma dell'art. 130R del Trattato di Roma del 1957 (11). Peraltro, a livello di legislazione statale, l'art. 7 del nuovo codice della strada (d. lgtv. 30 aprile 1992, n. 285), nel testo modificato dall'art. 5 del d. lgtv. 10 settembre 1993, n. 360, prevede la possibilità per i comuni di condizionare l'ingresso o la circolazione dei veicoli a motore, all'interno delle zone  a traffico limitato al pagamento di somme di danaro: ove si assuma legittima quest'ultima previsione normativa statale, sembra ben difficilmente sostenibile la tesi dell'illegittimità di una disposizione regionale, adottata nell'ambito delle competenze normative regionali, di contenuto corrispondente. Conseguentemente, anche l'equivoco in cui la Corte costituzionale pur sembra essere incorsa circa la portata effettiva della normativa regionale sottoposta al suo esame, ritenuta come caratterizzata da una «temporaneità» (12) sembra del tutto irrilevante: il riconoscimento di un carattere di definitività del provvedimento legislativo regionale in questione non avrebbe dovuto implicare la declaratoria della sua illegittimità costituzionale (13).
6. - Aveva invece effettivamente portata temporanea il secondo provvedimento regionale all'esame della Corte costituzionale, che prevedeva una tassazione selettiva dei veicoli commerciali in transito, in quanto applicabile soltanto a veicoli per i quali, in base alla normativa statale vigente, non sarà più possibile, per il futuro, consentire l'omologazione: l'art. 2, comma 3, del provvedimento in questione escludeva espressamente dall'assoggettamento alla tassa «i veicoli per i quali, dall'omologazione ottenuta ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente del 23 marzo 1992 (Nuovi limiti alle emissioni di gas inquinanti prodotti da motori ad accensione spontanea destinati alla propulsione dei veicoli), pubblicato nel supplemento ordinario n. 63 alla Gazzetta ufficiale n. 77 del 1° aprile 1992, risulta che le emissioni di inquinanti gassosi e di particolato prodotte dal motore siano conformi ai valori limiti fissate nella riga B della tabella del punto 8.3.1.1. dell'allegato I al citato decreto». Ma, nonostante tale limite cronologico di efficacia, la Corte costituzionale è addivenuta ad una declaratoria di illegittimità, in quanto la disciplina regionale sarebbe venuta ad incidere sul transito per il traforo del Monte Bianco, ovvero su materia oggetto di accordi internazionali tra l'Italia e la Francia. 
La decisione suscita, tuttavia, qualche perplessità, se si tiene conto che la disciplina regionale aveva carattere anticipatorio di una direttiva comunitaria in corso di adozione, destinata a sostituire la menzionata direttiva 93/89/CEE (14), annullata dalla Corte di giustizia, pur con salvezza provvisoria dei suoi effetti (15). Tale carattere anticipatorio del provvedimento regionale rispetto alla prossima disciplina comunitaria era stato evidenziato con la previsione dell'art. 7, secondo la quale l'introduzione definitiva della direttiva avrebbe comportato l'eliminazione o la riduzione della tassa regionale e che la Francia, come l'Italia, è vincolata agli obblighi derivanti dal Trattato di Roma, ivi compresi i principi in materia ambientale. Ed è del resto noto come non sempre sia stato agevole dare applicazione nei singoli ordinamenti nazionali a tali principi: sembra significativo ricordare come recentemente, proprio la Francia sia stata assoggettata ad una declaratoria della Corte di giustizia per la mancata trasposizione della direttiva 93/89, che ha introdotto il principio dell'eco-tassazione dei veicoli commerciali inquinanti (16).
7.- Non sembra nemmeno convincente che la disciplina introdotta dal provvedimento legislativo regionale in esame incida sul regime dell'utilizzazione del traforo del Monte Bianco, quale risulta dalla Convenzione di Parigi del 14 marzo 1953 e dall'Accordo aggiuntivo di Roma del 25 marzo 1965, o sul regime dell'Accordo di Parigi del 7 febbraio 1967, in materia di questioni doganali e fiscali per la gestione del traforo. In effetti, la Convenzione di Parigi del 14 marzo 1953 (ratificata con legge 1° agosto 1954, n. 846) si limita ad impegnare i Governi di Francia ed Italia ad assicurare (metà per ciascuno) l'esecuzione del traforo, prevedendo le modalità di esecuzione di gestione; in particolare l'art. 12 prevede che le questioni monetarie, fiscali, sociali e doganali derivanti dalla costruzione del traforo sarebbero state oggetto di accordi specifici fra i Governi interessati; l'accordo di Roma del 25 marzo 1965 (approvato e reso esecutivo con l. 14 luglio 1965, n. 921) si limita a prevedere le modalità per la gestione in comune del traforo fra le due società concessionarie; infine, l'Accordo di Parigi del 7 febbraio 1967, relativo alle questioni doganali e fiscali per la gestione del traforo del Monte Bianco (approvato e reso esecutivo con l. 13 ottobre 1979, n. 761) si limita a dettare una disciplina fiscale e doganale relativa all'attività delle società concessionarie del traforo, senza prevedere alcunché circa le imposizioni gravanti sul traffico veicolare che del traforo possa avvalersi; e, a fortiori, senza nulla disporre circa l'imposizione gravante sul traffico veicolare al di fuori del traforo.
8.- Ancorché si tratti di aspetto non considerato espressamente dalla Corte, in quanto rimasto assorbito dalla declaratoria di illegittimità costituzionale sotto i profili fin qui ricordati, sembra doversi esprimere qualche perplessità anche relativamente alla denunzia (contenuta nel ricorso introduttivo dello Stato) di una presunta violazione del divieto di cumulo fra pedaggi e diritti d'utenza per uno stesso tratto stradale, di cui all'art. 7, lett. a) della direttiva 93/89/CEE del Consiglio del 25 ottobre 1993, con riferimento al pedaggio riscosso per il transito attraverso il Traforo del Monte Bianco. In realtà, il provvedimento regionale non riguardava il traforo del Monte Bianco, né intendeva regolare l'utilizzazione del traforo stesso, ma era destinato ad applicarsi al transito sulle strade del territorio della Comunità montana Valdigne-Mont Blanc fuori dal tunnel: d'altra parte, l'ultimo punto della medesima lett. a dell'art. 7 della direttiva 93/89/CEE fa espressa eccezione al divieto del cumulo per quanto concerne il pedaggio connesso all'utilizzazione di ponti, tunnel e valichi di montagna.

Note:

(1) Tale progetto aveva ottenuto un finanziamento nell'ambito del Programma comunitario «Life», ai sensi del Regolamento (CEE) n. 1973/92 del Consiglio, in base alla decisione della Commissione C(94) 2850 finale/060 del 25 novembre 1994. Nell'ambito di tale programma, come evidenziato nell'allegato 1 della menzionata decisione della Commissione del 25 novembre 1994, la prima fase di sviluppo progettata concerne appunto la «programmazione operativa per l'attivazione immediata (stagione estiva 1994) della regolamentazione del traffico veicolare privato delle due valli, con modalità sperimentali».
(2) Per tali profili le due decisioni in esame non hanno mancato di suscitare l'interesse dei cultori del diritto costituzionale: C. cost 19 luglio 1996 n. 264 è stata pubblicata in Giur. cost. 1996, 2347, con nota di PETRANGELI, Nuove problematiche della libertà di circolazione: il pedaggio stradale come misura di protezione dell'ambiente (ivi, 2354), nonché in Regioni 1996, 1185, con nota di NICOTRA, Uso dei beni pubblici, tutela dell'ambiente e libertà di circolazione (ivi, 1190); C. cost. 30 luglio 1997 n. 285 è stata pubblicata in Giur. cost. 1997, 2581, ed in Regioni 1988, 144, con nota di GENNUSA, La Valle d'Aosta istituisce una tassa sul traforo del Monte Bianco: carenza di competenza o mancata ponderazione degli interessi? (ivi, 148). 
(3) Dovendosi assumere, nel dibattito più generale sul diritto alla mobilità, che l'interesse ambientale possa costituire uno dei limiti all'esercizio di tale diritto. Per quanto concerne le implicazioni di rilievo costituzionale del c.d. diritto alla mobilità, v. recentemente RINALDI BACCELLI, Per un inquadramento sistematico del diritto della persona al trasporto pubblico, in Riv. dir. civ. 1991, II, 21 (ivi, richiami a diverse soluzioni sul punto, che resta piuttosto controverso). 
(4) Tale direttiva era stata annullata dalla Corte di giustizia, con la sentenza 5 luglio 1995, in causa C-21/94, in quanto, in violazione degli art. 75 e 99 del Trattato di Roma, il Parlamento europeo non era stato consultato prima dell'approvazione, ancorché il testo adottato dal Consiglio divergesse in maniera sostanziale rispetto alla proposta della Commissione. Tuttavia, la Corte aveva pronunziato l'annullamento della direttiva, con la previsione del mantenimento dei suoi effetti fino all'adozione, da parte del Consiglio, di una nuova direttiva in materia.
(5) Piano di azione per le specifiche iniziative economiche, sociali ed ambientali in vista del XXI secolo, adottato dai partecipanti alla Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro del 3 - 14 giugno 1992. Sulla Conferenza di Rio in generale, v. PINESCHI, La Conferenza di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo, in Riv. giur. amb. 1992, 705 SCOVAZZI, Tutela dell'ambiente e assistenza alo sviluppo: dalla Conferenza di Stoccolma (1972) alla Conferenza di Rio (1992), in Riv. giur. amb. 1994, 493; TREVES, Il diritto dell'ambiente a Rio e dopo Rio, in Riv. giur. amb. 1993, 577. Sull'Agenda 21 (che con la Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo e la Dichiarazione autoritativa, giuridicamente non vincolante, contenente principi sulla gestione, la conservazione e lo sviluppo sostenibile di tutti i tipi di foreste, è uno dei documenti adottati dalla detta Conferenza di Rio, che era stata convocata in base alla risoluzione 44/228 del 29 dicembre 1989 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite), v. in particolare SOAVE, Lo sviluppo sostenibile nella prospettiva dell'Agenda 21 - Il programma d'azione lanciato alla Conferenza di Rio de Janeiro, in Riv. giur. amb. 1993, 761.
(6) COM/92/23 del 12 giugno 1992, cui è seguito il parere del Parlamento europeo, in G.U.C.E. C 337 del 21 dicembre 1992.
(7) Risoluzione 93/C 138/01.
(8) Come definita dalla Comunicazione della Commissione Libro verde sull'impatto dei trasporti sull'ambiente della Comunità per una «mobilità sostenibile» - COM (92) 46 def. del 20 febbraio 1992.
(9) Peraltro, il medesimo principio è ribadito anche nella recente proposta della Commissione per la revisione del programma in questione del 24 gennaio 1996 - COM(95) 647 def. (cfr. art. 2.2, lett. a). 
(10) Il principio specifico era affermato espressamente in più punti del menzionato Libro verde sull'impatto dei trasporti sull'ambiente della Comunità per una «mobilità sostenibile». In particolare nel § 118 (nel testo francese consultato), si auspica «l'utilisation des instruments fiscaux et économiques afin d'orienter le choix de l'usager et de l'exploitant vers le modes les moins polluants et les technologies les plus propres». L'accesso selettivo alle infrastrutture di trasporto è invece menzionato nel successivo § 127 dello stesso documento della Commissione. 
(11) Sembra peraltro opportuno ricordare l'opinione espressa dalla giurisprudenza ordinaria e dalla dottrina circa la possibilità per le Regioni di dare attuazione diretta alla disciplina degli artt. 130R e segg. del Trattato CEE, come modificato dall'A.U.E., con misure volte a dare all'ambiente una tutela anche più incisiva di quelle  statali. Così, ad esempio, la Cassazione ha incidentalmente sottolineato dalla Cassazione (III Sezione penale, 4 febbraio 1993, imp. Marzi, in Riv. pen. economia 1994, 183) la possibilità per le Regioni di attuare normativamente tale principio, introducendo una  disciplina più severa di quella statale (mai più permissiva). Ed in dottrina, con riferimento all'utilizzazione della leva tributaria in funzione di tutela ecologica, si è espressamente affermato (con riferimento agli artt. 117 e 119 Cost.) che «l'attribuzione alle regioni delle funzioni di tutela del patrimonio ambientale consente di riconoscere alle stesse una autonomia finanziaria che, sia pure nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi della Repubblica ... , legittima una potestà impositiva delle regioni anche in materia di tributi ambientali» (PICCIAREDDA - SELICATO, I tributi e l'ambiente, Milano, 1996, 128).
(12) In realtà, la temporaneità della misura adottata non si ricava affatto dal tenore letterale della disciplina in questione (che, anzi, contempla la possibilità di un'adozione di provvedimenti restrittivi per la circolazione statale in via definitiva, come agevolmente si ricava dall'art. 3, comma 2, della stessa legge regionale). Il lapsus della Corte è segnalato da altro annotatore della decisione in esame: PETRANGELI, Nuove problematiche della libertà di circolazione, cit., 2354, 2361.
(13) NICOTRA GUERRERA, Uso dei beni pubblici, cit., 1193.
(14) Cfr. bozza di direttiva del Consiglio COM (96) 331, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti per l'uso di talune infrastrutture, presentata il 13 novembre 1996 (in G.U.C.E. C 59, 26 febbraio 1997). Il 17 luglio 1997, il Parlamento europeo ha approvato la proposta della Commissione con alcuni emendamenti, in parte accolti dalla Commissione: si è in attesa di una proposta modificativa che integri gli emendamenti del Parlamento accolti dalla Commissione. 
(15) C. giust. CE 5 luglio 1995, in causa C-21/94, cit.
(16) C. giust. CE 5 marzo 1998, in causa C-175/97. Come è ricordato al punto 8 di tale decisione, la Repubblica francese aveva dedotto nel procedimento che il recepimento della direttiva non aveva potuto essere effettuato «... a causa delle difficoltà che investono il settore del trasporto su strada delle merci ... che si spiegano, in particolare, con la notevole diminuzione di tale attività, nonché con l'aumento degli oneri sociali delle imprese conseguenti all'adozione di diversi provvedimenti destinati a migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori subordinati». Significativa, peraltro (anche per il possibile riferimento alla politica italiana dei prezzi del gasolio) il successivo rilievo di cui nella menzionata decisione della Corte di giustizia si dà atto al successivo punto 9: «Il governo francese osserva d'altronde che i trasportatori considerano inaccettabili le distorsioni di concorrenza risultanti dai livelli di tassazione fortemente divergenti di cui il gasolio costituisce oggetto nei diversi Stati membri».

MICHELE M. COMENALE PINTO