Giurisprudenza

 
CORTE DI CASSAZIONE
SEZ. 3       SENT.  13341  DEL 29/11/1999 
PRES. Longo G.E.           REL. Favara U. 
PM. Giacalone G.  (Conf.) 
RIC. Rocco Giuseppe S.p.A. 
RES. Diar Maritime S.r.l.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO: 

Con citazione notificata il 30.4.1990 la Soc. Rocco Giuseppe conveniva dinanzi il Tribunale di Napoli la Soc. DI.AR. Maritime (già soc.
Tomasos Shopping), quale raccomandataria della nave Lydi, per sentire condannare il suo armatore-vettore al pagamento della somma di lire 93.201.020, oltre interessi e spese a titolo di risarcimento dei danni -subiti. Assumeva la istante in citazione di avere allo sbarco nel porto di Torre Annunziata denunciato l'ammanco di 259,760 Kg di merce (grano tenero) e l'avaria di 15 tonnellate sulle 17.200 tonnellate dello stesso grano tenero del quale era ricevitrice in forza di due polizze di carico emesse il 24 e 25 aprile 1989 in Rouen (Francia). 
Radicatosi il contraddittorio, la convenuta chiedeva il rigetto della domanda. Il Tribunale con Sentenza del 13.10.1993 rigettava la domanda. 
Proponeva appello la Soc. Rocco Giuseppe nei confronti della DI.AR. quale raccomandataria della nave Lydi, che resisteva al gravame. La Corte d'Appello di Napoli con sentenza del 21.6.1996 rigettava il gravame condannando l'appellante al pagamento delle spese. 
Osservava, tra l'altro, la Corte che, a norma dell'art. 3, punto 3) della convenzione di Bruxelles del 25.8.1924 come successivamente
modificata, "il vettore, il capitano o l'agente del vettore non è tenuto a dichiarare o menzionare in polizza le marche, il numero, la quantità o il peso che egli ha serie ragioni di dubitare non rappresentino esattamente le merci effettivamente da lui ricevute e che egli non ha avuto mezzi ragionevoli di verificare". Riteneva, ancora, la Corte che a norma della predetta Convenzione il vettore aveva l'obbligo di indicare il peso della merce caricata quando richiestone dal caricatore, tuttavia specificandosi che da tale obbligo era esentato qualora avesse avuto valide ragioni per dubitare che il peso indicatogli fosse quello effettivo e che non aveva potuto verificare. 
Nel caso concreto, riportato il peso della merce come indicato dal caricatore, stante la riserva del capitano della nave "peso, misura,
contenuto, qualità e valore della merce sconosciuti" era a carico del ricevitore, che lamentava differenza di peso tra la quantità della merce
consegnata al vettore nel porto di imbarco a quella da lui ricevuta, l'onere dì provare la corrispondenza alla realtà delle indicazioni inserite nella polizza. 
Non trattandosi poi di clausola di esonero di responsabilità, ma di riserva, che agisce ai fini probatori, il ricevitore nel caso di richiesta di
risarcimento per avere avuto in consegna meno merce doveva provare in effetti che la quantità di grano imbarcata corrispondeva a quella
indicata dal caricatore, prova, in concreto, non fornita. Da ultimo, la Corte riteneva, con riferimento all'assunto abbandono a bordo di 15
tonnellate di merce deteriorata, che il comandante aveva contestato l'addebito, deducendo che tutto il carico era stato sbarcato, onde era
priva di supporto probatorio la circostanza che effettivamente fosse stato lasciato a bordo della nave il quantitativo di merce avariata, come
sostenuto dall'appellante Soc. Rocco. 
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Soc. Rocco Giuseppe affidandolo a due motivi sostenuti da memoria. 
Ha resistito con controricorso la Soc. DI.AR. Maritime che ha presentato memoria. 

                                          MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo mezzo di impugnazione la Soc. Rocco Giuseppe e Figli, denunziata la violazione dell'art. 3 della convenzione internazionale di
Bruxelles del 1924 e successivi protocolli, nonché degli artt. 457 e ss. del codice della navigazione con riferimento all'art. 360 n. 3 c.p.c.,
lamenta che la Corte d'Appello abbia erroneamente interpretato le predette disposizioni, in particolare trascurando dì considerare che la
polizza di carico ha natura di titolo di credito caratterizzata dal requisito della letteralità. Erroneamente sarebbe, infatti, stata riconosciuta la
validità delle riserve riportate nella polizza, malgrado la letteralità che contraddistingue il titolo di credito, la preformulazione delle riserve sul
modulo prestampato e la ulteriore sottoscrizione del capitano della nave nella parte immediatamente sottostante alla indicazione vergata a
penna del quantitativo della merce imbarcata. 
Sostiene, ancora, la ricorrente che, vertendosi in tema di trasporto internazionale dalla Francia in Italia, doveva farai riferimento alla
convenzione di Bruxelles e non al codice della navigazione non avendo le rispettive disposizioni identico contenuto, non concedendo la
Convenzione al vettore la facoltà di inserimento delle riserve, ma autorizzando unicamente il Ca-pitano ad omettere nella polizza i dati forniti dal caricatore quando abbia seri motivi per ritenere che i dati forniti non siano esatti o quando non abbia mezzi ragionevoli per verificarne la esattezza così salvandosi il valore indiscusso della polizza come titolo di credito. 
La doglianza non ha fondamento. 
Il Collegio rileva che dalla motivazione della sentenza impugnata si ricava che, nella fattispecie, la Corte territoriale ha affermato che l'art. 3
punto tre della Convenzione di Bruxelles del 1924 e successivi protocolli dispone che il vettore dopo avere preso in custodia la merce, deve, su richiesta del caricatore, consegnare a quest'ultimo una polizza portante, tra l'altro, le indicazioni relative alle marche necessarie per la identificazione delle merci, il numero dei colli o dei pezzi o la qualità o il peso, aggiungendo, però, che lo stesso vettore non sarà tenuto a
dichiarare tali dati quando abbia serie ragioni di dubitare che non rappresentino esattamente le merci ricevute e che non ha avuto mezzi
ragionevoli di verificare. La norma in questione, secondo quanto osservato dalla Corte d'Appello, mentre ribadisce l'obbligo del vettore
richiestone dal caricatore di indicare il peso della merce caricata come in concreto, precisa che egli è esentato da tale obbligo quando ha seria ragione di dubitare che il peso sia quello effettivo delle merci ricevute e che non ha potuto ragionevolmente verificare, onde non può dirsi che è esclusa per il vettore la possibilità dì inserire riserva, ma piuttosto che egli ha la facoltà di non indicare il peso nelle circostanze indicate. 
Ciò non toglie, ha concluso la Corte napoletana, che il vettore abbia la possibilità, riportato il peso come indicatogli dal caricatore, di inserire la riserva "peso, misura. contenuto, qualità e valore sconosciuti", riserva che in sostanza è ispirata alla stessa esigenza considerata dalla richiamata noma della convenzione internazionale di esonero dall'obbligo di indicare il peso. 
In tale modo argomentando, la Corte distrettuale ha fatto proprio il principio già affermato da questa Corte di legittimità con la sentenza
117/1957 e successivamente confermato dalla sentenza 9670/1997, con le quali si è enunciato che "ancorché la convenzione dì Bruxelles
dell'Agosto 1924 applicabile al trasporto marittimo internazionale, non preveda la facoltà del trasportatore della nave di inserire riserve nella polizza di carico ma soltanto di omettere i dati concernenti numero, quantità e peso della merce indicati dal caricatore allorché egli ne sospetti fondatamente la inesattezza o non ha mezzi sufficienti per la verifica di essi, tale facoltà è stata attuata per prassi del traffico internazionale e ricorrendone i predetti presupposti consentendo al vettore la inserzione di clausole di riserva, quale è quella "ignoro peso", espressamente previste dall'art. 462 codice della navigazione e dalla non attuata Convenzione di Amburgo del  1978" (che ugualmente consente l'inserimento delle riserve). 
Può, da quanto precede concludersi che l'art. 462 C.N. sostanzialmente ricalca la disposizione contenuta nella convenzione di Bruxelles, come attuata dalla prassi dei traffici internazionali, per cui essendosi i giudici di appello attenuti ai ricordati principi, non può ritenersi sussistente il vizio denunziato, essendo lecito l'inserimento delle riserve nella polizza di carico a norma della disposizione contenuta nella disciplina di diritto uniforme. 
Resta da affrontare il problema relativo alla validità ed efficacia delle riserve inserite nella polizza di carico, riserve che senza alcun dubbio sono da ritenersi valide allorquando siano ispirate al criterio di ragionevolezza ed, in particolare, allorché siano riferite al peso ed alla qualità della merce imbarcata, che sono dati, in talune circostanze, di non facile verifica ed accertamento. E' quindi necessario esaminare la valutazione operata da parte dei giudici del merito sulla ragionevolezza delle riserve, ragionevolezza che può senz'altro individuarsi nella circostanza che il vettore o chi per esso si sia trovato, come in concreto, nella oggettiva difficoltà dì controllare la esattezza o meno delle indicazioni fornite dal caricatore al momento dell'imbarco sulla nave delle merci. 
E sotto tale profilo la Corte territoriale ha considerato che in modo del tutto legittimo il vettore aveva inserito nella polizza di carico la riserva "ignoro peso" avendo seguito un criterio di ragionevolezza in effetti sussistente nella specie, atteso che si trattava di merce (grano) caricata alla rinfusa, onde appariva impossibile controllare, al momento del carico, i dati forniti dal caricatore con la ulteriore conseguenza che era ed è onere del ricevitore giratario della polizza o anche del caricatore se non vi è girata provare il quantitativo consegnato ed il verificarsi dell'ammanco all'atto della riconsegna della merce o, comunque, in fase successiva a quella di carico, onere, nella specie, non assolto (sul punto Cass. 6218/1981). Tale accertamento in fatto, in quanto sorretto da congrua e logica motivazione, sfugge ad ogni censura in questa sede di legittimità. 
Può, quindi, concludersi che le riserve "ignoro peso, peso sconosciuto" ed altra simili sono da ritenersi legittimamente inserite nella polizza di carico, anche se a stampa, attesa la possibilità di cancellazione, quando vi sia ragionevole sospetto di veridicità o ragionevole impossibilità di controllare i dati forniti dal caricatore. Queste hanno, come è noto, la capacità di neutralizzare, evitando la presunzione di conformità della merce indicata in polizza, la efficacia probatoria delle indicazioni relative alla qualità, quantità e natura della merce caricata e non costituiscono, quindi, clausole dì esonero da responsabilità (per le quali vi é disciplina nell'art. 1229 c.c.) per cui, come si é già accennato, il ricevitore giratario che reclama il risarcimento per avere ricevuto una minore quantità di merce è tenuto a provare che la quantità caricata corrispondeva a quella indicata dal caricatore, il che - si ribadisce - non si è verificato nella ipotesi che ne occupa. 
Con altro profilo di censura la società Rocco Giuseppe deduce che la Corte del merito avrebbe trascurato di considerare che, in concreto,
nella polizza, sotto la indicazione del peso scritta a mano, il capitano aveva apposto il suo timbro e la sua firma, con la qual cosa dovevasi
intendere che il caricatore, per evitare equivoci aveva preteso dal capitano stesso che convalidasse espressamente il peso indicato nella
polizza. 
Tale argomentazione, peraltro non decisiva, è priva di pregio, in quanto del tutto sfornita di prova potendo, tra l'altro, il timbro e la firma del
capitano riferirsi ad altre indicazioni apposte prima della sottoscrizione. 
La Corte d'Appello ritenendo, in conclusione, legittimo l'inserimento delle clausole di riserva, nonché la loro validità, in quanto dettate dalla
esistenza del presupposto della ragionevolezza, si è uniformata ai principi enunciati da questa Corte, di guisa che ogni diversa prospettazione appare non accoglibile e come tale da disattendersi. 
Con il secondo mezzo di annullamento la società Rocco, denunziate la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in riferimento all'art. 360 n. 3
stesso codice, lamenta che i giudici di seconde cure abbiano, erroneamente disatteso la domanda di risarcimento dei danni subiti per effetto
della perdita di 15 tonnellate di grano abbandonate a bordo in quanto totalmente avariate. 
La doglianza non ha fondamento. 
Risulta in modo del tutto chiaro dalla sentenza impugnata che se è vero che ì ricevitori apposero in calce "allo stato dei fatti" una annotazione secondo la quale 15 tonnellate dì merce sarebbero state abbandonate a bordo, altrettanto vero era che il comandante ave-va contestato l'addebito deducendo, a sua volta, che tutto il carico era stato sbarcato. Nel contrasto di tali dichiarazioni non poteva di certo ritenersi provato quanto assunto dalla società Rocco. 
Vertesi in tema di valutazione di merito, insindacabile in questa sede di legittimità essendo la decisione esaurientemente motivata ed immune da vizi logici e giuridici. 
Va, pertanto, disatteso anche il secondo mezzo e con esso l'intero ricorso. 
Le spese processuali sono poste a carico della ricorrente secondo la regola della soccombenza e con liquidazione in dispositivo. 
                                                   P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. 
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in lire 269.000 e degli onorari che liquida in lire 4.000.000.