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commento massima
Corte di Cassazione
Sez. 3, Sentenza n. 902 del 16/01/2013
Presidente: Petti GB.  Estensore: Travaglino G.  Relatore: Travaglino G.  P.M. Basile T. (Conf.)
Coeclerici Spa (Siccardi F., Bassi R. e Fogliani E.) contro Min. Ambiente Tutela Territorio Mare, Ministero delle Infrastrutture, Ministero dei trasporti (avv. Stato),  Euronav s.a.s. (Berlingieri A., Berlingieri G., Sperati R.)
(Rigetta, App. L'Aquila, 06/10/2006)



REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 Dott. PETTI Giovanni Battista - Presidente -
 Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere -
 Dott. TRAVAGLINO Giacomo - rel. Consigliere -
 Dott. ARMANO Uliana - Consigliere -
 Dott. CARLUCCIO Giuseppa - Consigliere -
 ha pronunciato la seguente:

 SENTENZA
 sul ricorso 18272-2007 proposto da:
 COECLERICI S.P.A. 12307890157 già COECLERICI LOGISTICS S.P.A. in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione ed Amministratore Delegato e legale rappresentante pro-tempore Dott. CLERICI Paolo, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PRISCIANO 42, presso lo studio dell'avvocato FOGLIANI ENZO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati SICCARDI FRANCESCO, BASSI ROBERTO giusta delega in atti;
 - ricorrente -
 contro
 MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE, MINISTERO DEI TRASPORTI in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono difesi per legge;
 - controricorrenti -
 e contro
 SOMERELF SA, INTERNATIONAL MARINE INVESTORS, ELF ITALIANA S.P.A.;
 - intimati -
 sul ricorso 25094-2007 proposto da:

 EURONAV S.A.S. 0860402767 già SOMARELF S.A. in persona del suo Direttore Generale e legale rappresentante pro-tempore Sig. MOIZAN JACQUES JOSEPH MARIE, elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell'avvocato SPERATI RAFFAELE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati BERLINGIERI ANDREA, BERLINGIERI GIORGIO giusta delega in atti;
 - ricorrente -
 contro
 MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE, MINISTERO DEI TRASPORTI, MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono difesi per legge;
 - controricorrenti -
 e contro
 INTERNATIONAL MARINE INVESTORS, COECLERICI S.P.A., ELF ITALIANA S.P.A.;
 - intimati -
 avverso la sentenza n. 714/2006 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 06/10/2006, R.G.N. 963/2003 e 1045/2003;

 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/07/2012 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;
 udito l'Avvocato ROBERTO BASSI;
 udito l'Avvocato RAFFAELE SPERATI;
 udito l'Avvocato GIORGIO BERLINGIERI;
 udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 1) I fatti di causa.

 Con contratto di noleggio a tempo (Tanker time charter party) redatto su formulario Texaco e datato (New York) 28 marzo 1988, la Marine Star Shipping Ltd., società maltese proprietaria della nave "Marine Star", noleggiò il natante alla Bulkitalia S.p.A.. A sua volta la Bulkitalia - in seguito, Coeclerici s.p.a. -, con contratto di trasporto (Tanker voyage charter party) redatto su formulario ASBA 2 e datato (Parigi) 21 dicembre: 1988, si obbligò nei confronti della Somarel S.A. - in seguito Euronav S.a.s., odierna ricorrente - al trasporto di un quantitativo minimo di 50.000 tonnellate di petrolio grezzo, che quest'ultima società avrebbe caricato sulla Marine Star in un porto del mare Adriatico tra il 3 e il 5 gennaio 1989.

 Per effetto di tale contratto, la Bulkitalia avrebbe curato il trasporto del carico della Somarelf oltre Atlantico, per poi scaricarlo in uno o più porti ubicati, alternativamente, nel Golfo del Messico, ovvero sulla Costa Atlantica degli Stati Uniti o dei Carabi, come riportato nella clausola speciale n. 1 della convenzione negoziale stipulata inter partes, giusta le istruzioni ricevute dalla Somarelf in conformità con quanto previsto dalla successiva clausola n. 4.

 La Somarelf preciserà in seguito che il quantitativo di petrolio doveva essere caricato sulla Marine Star mediante trasbordo dalla Alba Marine, alla fonda in prossimità della piattaforma petrolifera gestita dalla Elf Italiana S.p.A. a Marina di Vasto - tale ultima nave costituendo, difatti, la c.d. stazione di stoccaggio e deposito del grezzo estratto dalla suddetta piattaforma. Con sentenza 7 dicembre 1989, il Pretore di Vasto, pronunciandosi nel procedimento penale instauratosi a carico del comandante della Marine Star - imputato del reato previsto e punito dalla L. 31 dicembre 1982, n. 979, art. 16, commi 1 e 2, e art. 20, commi 1 e 2 (recante Disposizioni per la difesa del mare) -, accertò che la Marine Star, mentre effettuava la caricazione del grezzo tramite allibo dalla Alba Marine, aveva scaricato in mare il contenuto delle cisterne di bordo (nelle quali avrebbe dovuto trovarsi esclusivamente acqua di zavorra pulita), versando in mare, nel corso di tale operazione, anche un considerevole quantitativo di idrocarburi. Successivi accertamenti evidenziarono che tali sostanze (di sicuro effetto inquinante) erano fuoriuscite da una delle cisterne della Marine Star - cisterna normalmente adibita ad essere riempita con zavorra pulita, e contenente invece gasolio.

 Il giudice penale, nella motivazione della sua pronuncia, ritenne l'imputato colpevole della contravvenzione ascrittagli, in particolare accertando che la cd. "pollution" si era prodotta per la fuoriuscita di olio combustibile pesante. Dalla stessa sentenza sarebbe risultato, inoltre, che, per il disinquinamento nelle acque, erano stati impiegati mezzi della Società Castalia (convenzionata con l'allora Ministero della Marina Mercantile) e della Elf Italiana S.p.A., a seguito dell'ordine impartito in proposito dalla competente Autorità Marittima.

 Il Pretore non ritenne possibile, allo stato degli atti, quantificare, seppur in via equitativa, i danni da inquinamento così cagionati., condannando, pertanto, il comandante della nave al solo pagamento di una provvisionale - pari a L. 150 milioni, in favore del Ministero dell'Ambiente, per danni alla flora e alla fauna marina, ed a L. 100 milioni, in favore del Ministero della Marina Mercantile, per il costo delle opere di disinquinamento.

 La sentenza del pretore penale di Vasto venne appellata dal comandante della Marine Star, ma il gravame fu ritenuto inammissibile dalla Corte di appello de L'Aquila con sentenza del 16 marzo 1992.

 1) Il giudizio di primo grado.

 Con atto di citazione notificato alla Somarelf il 20 novembre 1990, il Ministero della Marina Mercantile e il Ministero dell'Ambiente convennero in giudizio la Marine Star Shipping Ltd. di Malta - qualificata proprietaria della nave -, l'International Marine Investors qualificata armatore della medesima nave -, la Bulkitalia qualificata armatore disponente pro-tempore della stessa -, nonché la Somarelf - qualificata noleggiatore vettore - davanti al Tribunale Civile de L'Aquila, chiedendone la condanna in solido al risarcimento del danno in relazione tanto agli interventi di bonifica disposti dal Ministero della Marina Mercantile (e dallo stesso finanziati), quanto al danno ambientale accertato. La citazione venne notificata anche alla Elf Italiana S.p.A. e alla Castalia S.p.A.

 Alla prima udienza (tenutasi il 18 novembre 1991) si costituirono in giudizio la Somarelf e la Bulkitalia, mentre interveniva in causa la Elf Italiana. La Somarelf, nell'atto di costituzione, precisò che, in base alla Convenzione di Bruxelles sulla responsabilità civile per danni da inquinamento da idrocarburi del 29 novembre 1969 (ratificata e resa esecutiva in Italia con L. 6 aprile 1977, n. 185), la responsabilità doveva ritenersi canalizzata sul proprietario della nave, mentre, in base alla L. n. 979 del 1982 sulla difesa del mare, la responsabilità per i danni da sversamento di idrocarburi era da ascriversi in via esclusiva al comandante, all'armatore e al proprietario della nave. Osservò ancora che la qualifica ad essa attribuita nell'atto di citazione - quella di "noleggiatore-vettore" doveva ritenersi totalmente errata, avendo essa stipulato con la Bulkitalia un contratto di trasporto per effetto del quale la stessa Bulkitalia, assumendone la relativa obbligazione, doveva considerarsi il vettore, mentre la Somarelf, procurando il grezzo che doveva essere trasportato, aveva agito soltanto quale caricatore. Nè per contratto, ne' per legge uniforme o interna, poteva, pertanto, ritenersi ipotizzabile - a detta della società convenuta - una qualche responsabilità a suo carico.

 L'International Marine Investors, nel costituirsi a sua volta (all'udienza del 9 giugno 1992), contestò di essere l'armatore della nave - mentre, a seguito della dichiarazione di astensione del G.I., veniva nominato un nuovo istruttore, con rinvio della causa all'udienza del 1 ottobre 1992.

 I Ministeri istanti, dal loro canto, chiesero che il procedimento venisse ulteriormente rinviato al 4 marzo 1993, per consentirgli di rintracciare l'originale dell'atto di citazione notificato alla Marine Star Shipping Ltd.

 Con ordinanza del 6 aprile 1993, .il G.I., rilevato che la notifica dell'atto di citazione nei confronti della Marine Star Shipping Ltd. era stata effettuata senza l'osservanza del termine concesso con ordinanza 18 novembre 1991, dichiarò la nullità del detto atto, fissando per la prosecuzione della causa l'udienza del 10 giugno 1993.

 In tale data, tutte le convenute rinnovarono l'istanza di fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni per accertare in via preliminare l'esistenza o meno delle rispettive legittimazioni passive e delle eventuali, rispettive responsabilità. L'Avvocatura dello Stato rilevò, dal suo canto, che, a seguito della pronuncia di nullità della notifica della citazione nei confronti della Marine Star Shipping Ltd., si era provveduto alla notifica di un'altra citazione per l'udienza del 18 novembre 1993, chiedendo quindi rinvio al fine di poter presentare istanza di riunione delle cause.

 Il G.I., in accoglimento di tale ultima istanza, rinviò nuovamente la causa, senza provvedere sulla istanza delle convenute, al 18 novembre 1993.

 Successivi ostacoli procedurali cagionarono ulteriori rinvii - prima all'udienza del 5 maggio 1994, poi a quella del 22 settembre 1994 -, ritenendo il GI. che le questioni preliminari sollevate dalla società convenute potessero venir decise unitamente al merito. All'udienza del 22 settembre, queste ultime rinnovarono le predette istanze, mentre l'Avvocatura dello Stato chiedeva ulteriore congruo termine per verificare l'esito della notifica effettuata alla Marine Star Shipping Ltd.

 Il G.I. rinviò la causa al 12 gennaio 1995.

 In tale udienza, l'Avvocatura dello Stato chiese termine per articolare mezzi istruttori, mentre le convenute rinnovavano la richiesta di precisazione delle conclusioni.

 Il G.I. rinviò la causa, puramente e semplicemente, al 21 dicembre 1995.

 In tale data, nonostante i Ministeri avessero osservato di non essere stati in grado di effettuare una notifica a Malta, la causa venne alfine rinviata all'udienza del 30 maggio 1996 per la precisazione delle conclusioni.

 In tale udienza la Somarelf, prodotta copia della sentenza del 16 marzo 1992 della Corte di Appello penale de L'Aquila con la quale era stato dichiarato inammissibile l'appello proposto dal comandante della nave avverso la sentenza del 2 dicembre 1989 del Pretore di Vasto, rassegnò le proprie conclusioni, volte al rigetto della domanda dei Ministeri agenti.

 La causa venne così rimessa all'udienza collegiale del 15 dicembre 1999, ma, prima di tale udienza, essa fu trasmessa alla sezione stralcio del Tribunale, ai sensi della L. n. 276 del 1997. Con provvedimento ordinatorio del 7 settembre 2000, il giudice designato convocò le parti per un (vano) tentativo di conciliazione. Nel giugno 2001, in sede di (nuova) precisazione delle conclusioni, la Somarelf si riportò a quelle già in precedenza rassegnate, mentre i Ministeri attori richiamavano quelle svolte assunte in atto di citazione. La causa fu riservata per la decisione.

 Il 10 marzo 2003 il Tribunale civile di L'Aquila, con la sentenza n. 338/2003, dichiarò obbligati in solido al pagamento dei danni tutti, sia a titolo di costi sostenuti per la bonifica che a titolo di danno all'ambiente, quali armatori-noleggiatori, la International Marine Investors di New York, la Bulkitalia Sp.a. di Genova e la Somarelf International Tour-Elf di Parigi, e di conseguenza li condannò in solido al pagamento in favore degli istanti attori della somma di Euro 250.000,00 per il Ministero della Marina ed Euro 150.000,00 per il Ministero dell'Ambiente oltre la rivalutazione ed interessi legali sulle somme anno per anno rivalutate secondo gli indici ISTAT;  dichiarò altresì il Ministero della Marina (ora Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) obbligato al rimborso in favore della ELF Italiana S.p.a. delle spese da questa sostenute per le operazioni di bonifica e di conseguenza lo condanna al pagamento in favore della ELF della somma di Euro 210.000,00 tenuto conto della riduzione operata nella misura di un terzo circa sulle somme domandate a titolo di costi dagli attori e dalla intervenuta ELF, oltre rivalutazione ed interessi legali sulle somme anno per anno rivalutate secondo gli indici ISTAT,

 Nella motivazione, il Tribunale, sulla premessa secondo la quale la L. n. 979 del 1982, art. 21 prevedeva, nella specie, la responsabilità solidale del comandante della nave, del proprietario, ovvero dell'armatore della stessa, ritenne che, dagli atti di causa, risultassero rispettivamente proprietario la Marine Star Shipping Limited di bandiera maltese, armatori la Bulkitalia S.p.A. come pure la Somarelf International Tour-Elf SA e la International Marine Investors, come tali qualificate nel contratto di noleggio Bulkitalia/Somarelf - .

 Dette società armatrici, a giudizio del tribunale, non potevano sottrarsi a tale qualifica con la mera indicazione dei ruoli svolti nella vicenda senza provare in concreto la mancanza di disponibilità in capo ad esse della nave Marine Star Shipping Ltd. D'altra parte, nessuna contestazione era sorta tra le parti in ordine alla responsabilità del comandante così come riportata in sentenza penale, ma ne' il comandante, ne' il proprietario della nave in questione risultavano citati nel presente giudizio, sia pure per ragioni diverse.

 In tale contesto processuale, pertanto, i convenuti, con il vincolo di solidarietà, dovevano rispondere dei danni provocati con il versamento in mare del liquido inquinante per 22 quintali, come riferito dal consulente in sede penale. La stessa quantificazione del risarcimento venne anch'essa ricavata dalla consulenza svolta in sede penale, legittimamente posta a base della liquidazione equitativa del danno (così, in motivazione, la sentenza di prime cure).

3. Il giudizio di secondo grado.

 Il 28 luglio 2003 i Ministeri dell'Ambiente, quello delle Infrastrutture e dei Trasporti notificarono alla Somarelf atto di appello avverso la sentenza, citando la società davanti alla Corte de L'Aquila per l'udienza del 16 gennaio 2 004 insieme alla Bulkitalia S.p.a., alla International Marine Investors e alla Elf Italiana S.p.a., chiedendo che, in riforma dell'impugnata sentenza, previa declaratoria della legittimazione attiva e passiva esclusiva di tutte le domande proposte dal Ministero dell'Ambiente (succeduto ex art. 111 c.p.c., ex L. n. 537 del 1993 al Ministero della Marina Mercantile poi assorbito nel Ministero delle Infrastrutture), ne venisse pronunciata condanna in solido al pagamento delle somme integralmente richieste nell'originario atto di citazione senza alcuna riduzione, assolvendo il Ministero dell'Ambiente da ogni domanda contro di esso formulata, oppure riconoscendosi alla Elf - a titolo di rimborso -la somma non riconosciuta, a seguito di riduzione, al Ministero della Marina Mercantile, e che sarebbe spettata al medesimo Ministero in caso di integrale accoglimento della domanda in citazione.

Il 5 settembre 2003 la Coeclerici Armatori S.p.A. (già Bulkitalia) notificò alla Somarelf un ulteriore atto di appello, citandola dinanzi alla medesima Corte abruzzese per l'udienza del 19 gennaio 2004 - ove convenne altresì i Ministeri dell'Ambiente e quello delle Infrastrutture e Trasporti, la International Marine Investors e la Elf Italiana S.p.a. - per sentir accogliere le seguenti conclusioni:  premesso che: 1) il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (già Ministero della Marine Mercantile) e il Ministero dell'Ambiente hanno svolto costituzione di parte civile nel procedimento penale a carico di Musa Fakir Ansari, comandante della nave; 2) il predetto imputato è stato condannato con sentenza del Pretore di Vasto del 7.12.1989, confermata con sentenza d'Appello de L'Aquila 16.3.1992 per sversamento di idrocarburi in mare, con liquidazione di provvisionale a favore dei predetti Ministeri; 3) Elf Italiana ha svolto in primo grado domanda di intervento nella presente causa nei confronti di Ministero della Marina Mercantile, International Marine Investors e Marine Star Shipping; piaccia alla Corte, in totale riforma della sentenza resa dal Tribunale, dichiarare la nullità della sentenza emessa per essere stata pronunziata contro un soggetto giuridico inesistente/dichiarare la nullità della sentenza per omessa statuizione circa l'estensione del contraddittorio a Marine Star Shipping Ltd. in presenza di litisconsorzio necessario (salvo in subordine rimessione della causa al primo Giudice per l'integrazione del contraddittorio) dichiarare comunque inammissibile la domanda svolta dai Ministeri attori, dichiarare il difetto di legittimazione passiva di Coeclerici Armatori S.p.A. (già Bulkitalia S.p.A.), comunque assolvere Coeclerici Armatori S.p.A. dalle domande formulate per insussistenza di un'obbligazione di risarcimento, o, in ogni caso, per insussistenza di qualsivoglia sua responsabilità e comunque per assenza di prova di qualsiasi nesso fra il lamentato danno e qualsiasi sua non provata condotta colposa (attiva o omissiva); respingere in ogni caso le domande perché inammissibili in virtù della normativa internazionale applicabile, e comunque per difetto di qualsiasi nesso fra i lamentati danni e il lamentato evento, e per difetto totale di qualsiasi prova circa l'entità dei reclamati danni; dichiarare International Marine Investors e/o (previa integrazione del contraddittorio) Marine Star Shipping Ltd. comunque tenute a manlevarla per qualsiasi somma cui fosse tenuta a pagare a qualsivoglia titolo in qualsivoglia parte per l'inquinamento di cui è causa.

 A sua volta, con pressoché identiche comparse di risposta ed atti di appello incidentali del 26 dicembre 2004, la Somarelf si costituì in entrambi i giudizi, chiedendo che la Corte di Appello de L'Aquila, volesse: dichiarare nulla la sentenza per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della Marine Star Shipping Ltd. ed eventualmente rimettere la causa al giudice di prime grado per l'integrazione del contraddittorio; in subordine, dichiarare il difetto di legittimazione passiva della Somarelf, respingendo per l'effetto tutte le domande formulate dai Ministeri nei suoi confronti; in ulteriore subordine, respingere tutte le domande formulate dai Ministeri nei confronti della Somarelf S.A. per insussistenza di un'obbligazione di risarcimento in capo ad essa e in ogni caso, per insussistenza di qualsiasi responsabilità di essa appellata e per assenza di prova di qualsiasi nesso tra il danno lamentato; in ulteriore subordine, dichiarare inammissibili e quindi respingere le domande dei Ministeri nei confronti della Somarelf per carenza di qualsivoglla prova circa l'entità dei danni reclamati; in ulteriore subordine dichiarare la International Marine Investors e/o la Marine Star Shipping Ltd. (quest'ultima previa integrazione del contraddittorio), tenute a manlevare e tenerla indenne nella ipotesi di condanna al pagamento a favore dei Ministeri di qualsiasi somma per qualsiasi motivo o causale e a fronte di qualsiasi danno o spesa.

 Si costituirono infine, depositando a loro volta comparsa di costituzione e risposta ed atto di appello incidentale, la International Marine Investors e la Elf Italiana S.p.A..

Con decreto del 7 febbraio 2004, il G.I., rilevata la connessione tra l'appello proposto dai Ministeri e quello introdotto dalla Coeclerici Armatori S.p.A, dispose la riunione dei procedimenti. All'esito della discussione collegiale del 15 febbraio 2005, con sentenza depositata il 6 ottobre 2006, non notificata, la Corto d'appello de L'Aquila così decise:

 Accoglie l'appello proposto dal Ministero dell'Ambiente e dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, nonché gli appelli incidentali di International Marine Investors e di Elf Italiana s.p.a., rigettando gli altri gravami, e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza:
  •  1) condanna Coeclerici Logistics s.p.a. e Somarelf s.a. in solido ed in persona dei rispettivi legali rappresentanti, al pagamento, in favore del Ministero delle Infrastrutture, della somma di Euro 373.713,00 maggiorata degli interessi legali dalla domanda al soddisfo;
  •  2) condanna Coeclerici Logistics s.p.a. e Somarfelf s.a. in solido ed in persona dei rispettivi legali rappresentanti, al pagamento, in favore del ministero dell'ambiente, della somma di Euro 361.520, rivalutata in base agli indici Istat e maggiorata degli interessi al tasso legale sugli importi di anno in anno rivalutati, dal di del fatto illecito al soddisfo, oltre alle spese di giudizio;
  •  3) condanna il ministero delle infrastrutture e dei trasporti al pagamento, in favore della Elf, della somma di Euro 175.556, oltre interessi e spese di giudizio;
  •  4) rigetta le domande proposte dal ministero delle infrastrutture e dal Ministero dell'Ambiente nei confronti di International Marine Investors;
  •  5) conferma nel resto l'impugnata sentenza.
 Questo l'iter motivazionale seguito, nella sostanza, dalla corte territoriale:
  • quanto all'appello proposto dai Ministeri, la fondatezza della censura volta a contestare l'operata riduzione del quantum risarcitorio riconosciuto in prime cure emergeva ictu oculi da una più corretta ed attenta lettura della CTU disposta in quel grado di giudizio - mentre altrettanto fondata risultava la doglianza volta a contestare la liquidazione ultra petita della somma richiesta dalla Elf italiana (come da essa stessa riconosciuto in comparsa di risposta con appello incidentale);
  •  quanto all'appello della Coeclerici (già Bulk Italia, ad essa succeduta nella titolarità dei rapporti attivi e passivi di quest'ultima, onde la legittimità della pronuncia resa nei confronti del successore a titolo universale dell'ente estinto), rigettata in limine la questione processuale sollevata sul tema del litisconsorzio asseritamente necessario (vertendosi piuttosto in tema di obbligazioni solidali), questo andava respinto poiché documentalmente provato che, nel contratto di noleggio, la società si era esplicitamente qualificata come armatore della nave Marine Star. Per altro verso, l'eventuale qualifica di noleggiatrice della nave stessa, giusta contratto datato (New York) 28.3.1988, non poteva dirsi punto idonea a modificare l'assetto delle responsabilità per il contestato illecito, per i motivi destinati ad essere meglio esposti trattando del successivo appello Somarelf;
  •  quanto all'appello della Somarelf, vera la circostanza per la quale la società non aveva mai assunto l'esercizio della nave (onde l'impredicabilità della sua qualità di armatore), essa era pur tuttavia da considerarsi noleggiatore del natante, e conseguentemente responsabile dei danni lamentati dai ministeri appellanti, non potendosi utilmente invocare, da parte della stessa Somarelf, le norme di cui alla Convenzione di Bruxelles del 29.11.1969, ratificata in Italia con L. n. 185 del 1977: le norme di una convenzione internazionale, difatti, potevano legittimamente prevalere su quelle dell'ordinamento interno se ed in quanto con esse incompatibili, e non anche se (come nella specie) funzionali soltanto a rafforzare la tutela già apprestata dalle norme generali agli interessi lesi dall'illecita condotta del danneggiante (dovendo in tal caso trovare convergente applicazione entrambe le discipline) - Di talché la normativa convenzionale, nel canalizzare la responsabilità sul "proprietario", non ne faceva in realtà un responsabile esclusivo, onde la legittima predicabilità di una (cor)responsabilità di altri soggetti se prevista da norme diverse (nella specie, l'art. 2050 c.c.), responsabilità non esclusa proprio dalla non incompatibilità della norma generale con i dicta della Convenzione.
 Avverso la suddetta sentenza è stato proposto ricorso ex art. 360 c.p.c. da parte della Coeclerici S.p.A. e della Somarelf - oggi Euronav S.a.s..

 Resistono ad entrambe le impugnazioni i Ministeri dell'Ambiente e quello delle Infrastrutture e dei trasporti.
 Entrambe le società ricorrenti hanno presentato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE
 IL RICORSO CQECLERICI.

 Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o errata applicazione degli artt. 1, 2, 3 della Convenzione in materia di inquinamento da idrocarburi adottata a Bruxelles il 29 novembre 1969 e ratificata dall'Italia con L. 6 aprile 1911, n. 185; violazione degli artt. 265, 268, 269, 270, 271, 272, 273 e 274 cod. nav.; violazione o falsa applicazione degli artt. 376-383 cod. nav. e degli artt. 384-395 cod. nav. nonché degli artt. 1362, 1363, 1364, 1369 cod. civ.;
 omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

 La censura viene sintetizzata nel seguente quesito di diritto:
  •  1-A. Dica la Corte Suprema se sia qualificabile come armatore un soggetto che disponga della nave in virtù di un contratto di noleggio a tempo e in difetto di dichiarazione di armatore a suo nome nonché di qualsiasi forma di pubblicità.
  •  1-B. Dica altresì la corte suprema se la responsabilità oggettiva prevista dalla Convenzione CLC 69 (L. 6 aprile 1977, n. 185) per il proprietario della nave fonte dell'inquinamento possa essere ritenuta applicabile, eventualmente anche per via analogica, all'armatore non proprietario della stessa nave o pur anche al noleggiatore a tempo della medesima.
  •  1-C. Nel denegato caso di risposta affermativa al punto 1-B, se l'armatore o il noleggiatore a tempo abbiano titolo a beneficiare della limitazione di responsabilità prevista dalla Convenzione CLC del 69 alla stessa stregua del proprietario della nave.
  • 1-D. In caso di denegata risposta al punto 1-C, se l'esclusione dell'armatore o del noleggiatore a tempo dal beneficio della limitazione della responsabilità unito all'applicazione nei loro confronti del regime di responsabilità oggetti va previsto per il proprietario della nave costituisca violazione dell'art. 3 e 24 Cost..
 Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o errata applicazione degli artt. 1, 2, 3 della Convenzione in materia di inquinamento da idrocarburi adottata a Bruxelles il 29 novembre 1969 e ratificata dall'Italia con L. 6 aprile 1977, n. 185, in ragione della prevalenza della suddetta Convenzione (in quanto lex specialis internazionale) sulle norme nazionali in tema di responsabilità per inquinamento marino da idrocarburi (L. 31 dicembre 1982, n. 979 - L. 8 luglio 1986, n. 349) e violazione della L. n. 979 del 1982, artt. 15, 16, 17 e 20 e della L. n. 349 del 1986, art. 18 in ragione della prevalenza della suddetta normativa (in quanto lex specialis interna) su quella codicistica in materia di responsabilità extracontrattuale (art. 2050 c.c.). Il quesito di diritto formulato a conclusione del motivo è il seguente:
  •  2-A. Dica la Suprema Corte se sia legittimo, in materia disciplinata dalla normativa di diritto internazionale uniforme contenuta nella Convenzione CLC (L. n. 185 del 1977), da riguardarsi come lex specialis, attribuire la responsabilità per l'inquinamento occorso a soggetti diversi dal proprietario della nave fonte dell'inquinamento ove tale responsabilità sia, in astratto, prevista da norme nazionali del giudice adito, quand'anche alcune di queste si pongano a loro volta come norme speciali interne rispetto alle norme del codice civile dettate in tema di responsabilità aquiliana.
  •  2-B. Dica la Suprema Corte, in caso di risposta affermativa al punto che precede, se nel concorso di norme nazionali, speciali e comuni, le prime, segnatamente quelle contenute nella L. n. 979 del 1982, art. 20 o, in subordine, della L. n. 349 del 1986, art. 18 debbano comunque prevalere sulle seconde, in particolare sull'art. 2050 c.c., rendendole inapplicabili.
 Con il terzo motivo, si denuncia violazione o errata applicazione degli artt. 2043, 2049, 2050 e 2697 c.c., nonché dell'art. 274 cod. nav. Motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria in ordine all'applicazione dell'art. 2050 c.c. alle circostanze della fattispecie.

 Il quesito di diritto formulato a conclusione dell'esposizione del terzo motivo è il seguente:
  •  3-A. Dica la Corte se sia legittimo ritenere applicabile l'art. 2050 cod. civ. a fattispecie nella quale l'attività ritenuta pericolosa dal giudice di merito risulti - in esito a CTU condivisa dal medesimo giudice - non avere avuto alcuna efficacia causale sul danno verificatosi.
  •  3-B. Dica la Corte se sia legittimo attribuire la responsabilità ex art. 2050 c.c. a soggetto estraneo all'esercizio dell'attività ritenuta pericolosa, per essere stata quest'ultima posta in essere con mezzi di proprietà altrui (le navi impegnate nell'operazione di allibo) dei quali il soggetto de quo (la ricorrente Coeclerici) non aveva ne' il possesso ne' la detenzione, neppure in via mediata, essendo tali mezzi affidati ai preposti (gli equipaggi) di terzi (gli armatori delle navi interessate) del fatto dei quali preposti il soggetto del quo (la ricorrente) non è responsabile per difetto di rapporto di preposizione/subordinazione.
 I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati attesane la intrinseca connessione, devono ritenersi pur volendo prescindere, in rito, dai non lievi profili di ammissibilità che essi pongono in conseguenza della formulazione di quesiti multipli, ipoteticamente subordinati e tra essi talvolta addirittura disomogenei - privi di pregio nel merito.

Per un duplice, concorrente ordine di ragioni.

 Da un canto, essi nel loro complesso, si infrangono, a giudizio della Corte, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d'appello nella parte in cui ha ritenuto, con apprezzamento di fatto scevro da vizi logico-giuridici, che, nel contratto di noleggio per viaggio di petroliera del 21 dicembre 1988, la stessa ricorrente si era qualificata come armatore della Marine Star.

 La lettura del testo negoziale operata dalla corte territoriale, difatti (pur contrastata con efficacia argomentativa nel corpo del motivo in esame dalla difesa oggi ricorrente), non può dirsi compiuta - come preteso dalla difesa stessa - "in aperta violazione degli artt. 1, 2, 3 della Convenzione di Bruxelles", volta che il giudice territoriale, adottando un criterio interpretativo strettamente letterale, in ossequio ai progressivi criteri "scalari" dettati, in tema di interpretazione negoziale, dal codice civile, ha ritenuto tale dizione sufficiente a conferire la qualità di armatore alla società oggi ricorrente.

 Le censure, nel loro complesso, pur lamentando formalmente una plurima e reiterata violazione di legge (e, implicitamente, un decisivo difetto di motivazione), si risolvono, nella sostanza, in una (ormai del tutto inammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di merito. La ricorrente, difatti, invoca oggi una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertare e ricostruite dalla corte territoriale, muovendo all'impugnata sentenza non più accoglibili censure, perché la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle - fra esse - ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. È principio di diritto ormai consolidato quello per cui l'art. 360 del codice di rito non conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto alla corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di converso, il solo controllo - sotto il profilo logico-formale e della conformità a diritto - delle valutazioni compiute dal giudice d'appello, al quale soltanto, va ripetuto, spetta l'individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione (salvo i casi di prove c.d. legali, tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile). Il ricorrente, nella specie, pur denunciando, apparentemente, un decisivo vizio della sentenza di secondo grado, inammissibilmente (perché in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) sollecita a questa Corte una nuova valutazione di risultanze di fatto (ormai cristallizzate quoad effectum) si come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto l'attendibilità maggiore o minore di questa o di quella ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello - non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata -, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità.

 In particolare, poi, quanto all'interpretazione adottata dai giudici di merito con riferimento al contenuto della convenzione negoziale per la quale è processo, alla luce di una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice va nuovamente riaffermato che, in tema di ermeneutica contrattuale, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all'ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma esclusivamente il rispetto dei canoni normativi di interpretazione (sì come dettati dal legislatore all'art. 1362 c.c. e segg.) e la coerenza e logicità della motivazione addotta (così, tra le tante, funditus, Cass. n. 2074/2002): l'indagine ermeneutica, è, in fatto, riservata esclusivamente al giudice di merito, e può essere censurata in sede di legittimità solo per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle relative regole di interpretazione (vizi entrambi impredicabili, con riguardo alla sentenza oggi impugnata), con la conseguenza che deve essere ritenuta inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella sola prospettazione di una diversa (anche se astrattamente più convincente) valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto da quegli esaminati.

Dall'altro - e in tali considerazioni, di carattere più generale, devono ritenersi assorbite le ulteriori doglianze oggi (pur suggestivamente ed argomentatamente) rappresentate dalla difesa Coeclerici a questa corte poiché tra le parti del contratto di noleggio a tempo della Marine Star era stata convenuta la clausola n. 39, che prevedeva il diritto della Bulk Italia (oggi Coeclerici) ad essere mari-Levata dai danni per inquinamento provocati dalla utilizzazione della nave "agente inquinante". Ebbene, l'assunzione di un obbligo di manleva non avrebbe avuto alcun significato se, come oggi assunto dalla ricorrente, la responsabilità (di tipo oggettivo, come correttamente predicato dalla corte territoriale) per l'inquinamento del mare fosse stata destinata a ricadere soltanto sul proprietario o sull'armatore della nave, e non anche su chi, di quella stessa nave, avesse avuto in concreto la disponibilità.

Come correttamente opinato dalla corte di appello de L'Aquila, difatti, la fonte della responsabilità da inquinamento marino non può ritenersi limitata al mero titolo formale di proprietà del natante, ma va estesa a tutti i soggetti cui possa ricondursi, a vario titolo, l'attività di esercizio della nave stessa a fini economici.

 La stessa, pretesa limitazione della responsabilità in parola al solo proprietario, così come disposto dalla norma Convenzionale, trova una espressa e significativa eccezione del disposto della L. n. 979 del 1982, art. 20 che estende al comandante e all'armatore, oltre che al proprietario, la responsabilità da inquinamento marino.

 La norma, peraltro, è muta circa l'individuazione e l'estensione dell'area dei responsabili del danno risarcibile in sede civile, trattandosi di disposizione di natura penale, che si limita a prevedere, per gli individuati responsabili, la sanzione alternativa dell'arresto o dell'ammenda sulla premessa che la relativa condotta integri gli estremi del reato penale - impregiudicata dunque la questione, quoad personae, del danneggiamento civilistico.

 Idonea, pertanto, a confermare la bontà dell'interpretazione che nega l'esclusività della responsabilità del solo proprietario in subiecta materia, la norma appare di converso priva di significato dimostrativo/limitativo (sia pur implicito) sul piano ricostruttivo del possibile novero dei soggetti destinatari di una (tuttaffatto diversa, per presupposti soggettivi ed oggettivi) responsabilità risarcitoria.

 Esclusa, pertanto, la bontà della tesi della canalizzazione della responsabilità, e confermata di converso quella della sua estensione a tutti i soggetti implicati non soltanto in un rapporto proprietario o nella concreta esecuzione dell'attività materiale, ma anche di quelli a vario titolo coinvolti nella gestione dell'attività di navigazione così come esercitata nella specie, non può seriamente dubitarsi che l'inquinamento del mare, causato dal deposito degli idrocarburi nel fondo della nave in viaggio da Piombino a Vasto, sia nella specie riconducibile a tutti i soggetti che hanno consentito ovvero eseguito tale viaggio a vario titolo, tutti i soggetti, cioè, cui appaia legittimamente riconducibile l'attività di "messa in mare" di una nave pericolosa per il carico di idrocarburi custoditi nella cisterna poi incautamente svuotata in mare.

 È pertanto evidente come le norme speciali non incompatibili con quelle di carattere generale - norme volte, oltretutto, a tutelare, nella specie, beni a copertura costituzionale quali l'ambiente -, si pongano non in un rapporto verticale di incompatibilità, bensì in una relazione orizzontale di complementarietà con la disciplina di diritto comune: onde la legittima predicabilità di una responsabilità estesa, oltre che al proprietario ed all'armatore, anche al noleggiatore della nave, a sua volta destinatario, pertanto, dell'obbligo di vigilare ed attivarsi affinché e operazioni relative alla navigazione (nella specie, l'allibo) avvengano nel rispetto non soltanto delle norme specificamente applicabili nel sottosettore normativo di competenza, ma anche delle specifiche regole di diligenza, prudenza e perizia imposte dalla pericolosità delle relativa attività, se configurabile (come nella specie) un'attività pericolosa collegata all'esercizio della navigazione.

Con il quarto motivo, si denuncia omessa o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia. Mancanza di motivazione circa l'ammissibilità della domanda risarcitoria avanzata dai ministeri. Violazione o falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della Convenzione in materia di inquinamento da idrocarburi e/o della L. n. 349 del 1986. Errata attribuzione di risarcimento per danno ambientale ulteriore rispetto a quello derivante dall'inquinamento. Violazione degli artt. 2056 c.c. e degli artt. 100, 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4.

 Il quesito di diritto formulato a conclusione della censura contenuta nel quarto motivo di ricorso è il seguente:
  •  Dica la corte se sia legittimo determinare e liquidare il danno all'ambiente marino dovuto a sversamento di idrocarburi in assenza di qualunque riscontro tecnico-proba torio relativamente al costo effettivo di ripristino dell'ambiente secondo il parametro previsto dall'art. 1 della Convenzione CLC del 1969.
  •  In caso di risposta affermativa, dica la Corte de la determinazione e la liquidazione operate come sopra siano legittime alla luce del disposto della L. n. 394 del 1986, art. 18 e dei criteri di determinazione e liquidazione del danno ambientale ivi stabiliti. Dica infine la Corte se il giudice di merito sia tenuto ad esplicitare in motivazione il procedimento liquidatorio adottato per la quantificazione del risarcimento dovuto per danno ambientale, anche al fine di consentirne la verifica alla luce dei criteri liquidatori sanciti dalle norme di legge citate ai precedenti due capoversi.
 La doglianza - prima ancora che infondata nel merito, avendo il giudice territoriale fatto buongoverno dei principi di diritto posti a presidio del disposto risarcimento del danno - è inammissibile in rito. Con orientamento ormai costante e consolidato, difatti, questa corte regolatrice ha specificato come la congiunta denuncia, in seno al medesimo motivo, di un vizio motivazionale e di un (morfologicamente diverso) vizio di violazione di legge non possa essere ritenuto ammissibile, dovendo i suddetti vizi formare oggetto di due distinte e separate censure, la seconda delle quali (quella avente ad oggetto il denunciato vizio motivazionale) destinata, poi, a concludersi con una sintesi espositiva del fatto controverso che, nella specie, manca del tutto.

 IL RICORSO EURONAV.

 Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o errata applicazione degli artt. 1, 2, 3 della Convenzione in materia di inquinamento da idrocarburi adottata a Bruxelles il 29 novembre 1969 e ratificata dall'Italia con L. 6 aprile 1977, n. 185.

 Il motivo è privo di pregio, per le medesime ragioni esposte nel corso dell'esame dei primi tre motivi del ricorso Coeclerici.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o errata applicazione del titolo 4 (artt. 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21) della L. n. 979 del 1982 - Disposizioni per la difesa del mare.

 Il motivo è anch'esso infondato, anch'esso per le ragioni esposte in sede di esame delle analoghe censure rappresentate a questa Corte dalla difesa Coeclerici con il secondo motivo di quel ricorso.

Con il terzo motivo, si denuncia: art. 360 c.p.c.: violazione e/o errata applicazione dell'art. 2050 c.c. - art. 360 c.p.c. - omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

 Il motivo - al di là della sua infondatezza nel merito, avendo il giudice territoriale fatto buongoverno dei principi di diritto posti a presidio del disposto risarcimento del danno per effetto di una corretta applicazione (anche sotto il profilo del riparto degli oneri probatori) della disposizione di cui all'art. 2050 c.c. anche nei confronti del noleggiatore a viaggio, come si è avuto modo di osservare in sede dia analisi del ricorso Coeclerici - è inammissibile in rito.

Va infatti ribadito che, con orientamento ormai costante e consolidato, difatti, questa corte regolatrice ha specificato come la congiunta denuncia, in seno al medesimo motivo, di un vizio motivazionale e di un (morfologicamente diverso) vizio di violazione di legge non possa essere ritenuto ammissibile, dovendo i suddetti vizi formare oggetto di due distinte e separate censure, la seconda delle quali (quella avente ad oggetto il denunciato vizio motivazionale) destinata a concludersi con una sintesi espositiva del fatto controverso (sintesi che, nella specie, manca del tutto).

Con il quarto motivo, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia relativo all'esistenza e all'ammontare del danno.

La doglianza è inammissibile.

 Il vizio di motivazione, difatti, presuppone, a conclusione della esposizione del motivo che lo denunci, una "chiara indicazione del fatto controverso" (art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis) consistente nella enucleazione e rappresentazione di una sintesi espositiva che mostri alla corte di legittimità non soltanto il fatto controverso, ma anche il vizio motivazionale in cui sarebbe in ipotesi incorso la corte di merito in relazione ad un punto decisivo della controversia.

 Esso non può, pertanto, essere sostituito con il (tuttaffatto diverso) quesito di diritto (erroneamente formulato nella specie al folio 34 del ricorso), funzionale, di converso, a lamentare i diversi vizi di violazione di legge o di nullità della sentenza.

Entrambi i ricorsi sono, pertanto, rigettati. La disciplina delle spese - che possono, per la complessità e novità delle materie trattate, essere in questa sede compensate - segue come da dispositivo.

 P.Q.M.

 La corte, decidendo sui ricorsi riuniti, li rigetta entrambi, e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

 Così deciso in Roma, il 5 luglio 2012.

 Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2013


(pagina a cura di Enzo Fogliani - aggiornata il 29.3.2013) 

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