Corte di cassazione n. 5357
18 giugno 1987

 
  Corte di cassazione, sez. I, 18 giugno 1987 n. 5357
pres. Zucconi Galli Fonseca - est. Maltese
S.p.a. Navigazione Alga (avv. Punzi, La China) c. S.a.s. Rhin et Moselle (avv. Capotorti, Farina, Carbone).

Trasporto di cose - trasporto marittimo internazionale - convenzione di Bruxelles 25 agosto 1924 sulla polizza di carico - termine per l'esercizio dell'azione - atti interruttivi del termine - azione proposta innanzi a giudice carente di giurisdizione.

RIASSUNTO DEI FATTI.
    Nel 1976 gli aventi diritto ad un carico di tubi imbarcata a Livorno e mai giunto a destinazione, convennero in giudizio a Marsiglia il vettore e l'assicuratore del carico per ottenere il risarcimento dei danni. Il tribunale francese accoglieva la domanda del ricevitore, ma respingeva la domanda dell'assicuratrice Rhin et Moselle in rivalsa contro il vettore Navigazione Alga, affermando la propria carenza di giurisdizione.
    Nel 1978 l'assicuratrice conveniva quindi in giudizio innanzi al giudice italiano competente il vettore, che eccepiva il decorso del termine per l'esercizio dell'azione. Il Tribunale di Genova accoglieva l'eccezione e respingeva la domanda.
    Ricorreva in appello la Rhin et Moselle, e nel 1983 la Corte d'appello di Genova riformava la sentenza impugnata, dichiarando la citazione innanzi al giudice carente di giurisdizione atto idoneo ad interrompere il termine per l'azione sulla base della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale.

MASSIME:
    Il termine di cui all'art. 3, n. 6, 4^ comma della Convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924 sulla polizza di carico ha natura di decadenza.
    Il decorso del termine di cui all'art. 3, n. 6, 4^ comma della Convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924 sulla polizza di carico e' impedito anche dalla citazione in giudizio del vettore innanzi a giudice estero carente di giurisdizione.
 
 


SENTENZA:

(omissis)
 MOTIVI DELLA DECISIONE. - Col primo mezzo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 8 della Convenzione di Bruxelles 25 agosto 1924, resa esecutiva in Italia con r.d.l. 6 gennaio 1928, n. 1958, convertito in 1. 19 luglio 1929, nonché la violazione degli artt. 2964, 2966, 2967, e il vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia.

Osserva che la Convenzione del 1924 ha unificato le regole sulla polizza di carico, non le norme processuali dei diversi ordinamenti interni degli Stati aderentí, in particolare le norme sull'efficacia dell'atto gíudiziale impeditivo della decadenza.

Secondo l'ordinamento italiano - prosegue la ricorrente - «la citazione deve essere portata di fronte a giudice avente giurisdizione e deve essere portata al giudice competente (vedi art. 99 c.p.c.)».

 Se non viene osservata la prima norma, si incorre nella perdita, ad esempio, della possibilità della delibazione (art. 797, n. 1, c.p.c.); se non viene osservata la seconda, la legge stessa può, a certe condizioni, salvare l'effetto sostanziale della citazione, come accade per la prescrizione (art. 2943, 3° comma c.c.), mentre nessuna disposizione di questo genere è dettata per la decadenza, che non può essere, quindi, impedita dalla citazione davanti a un giudice incompetente.

Ne consegue, secondo la ricorrente, che la citazione davanti a un giudice straniero privo di giurisdizione non è idonea a far considerare evitata per il nostro ordinamento una decadenza stabilita in favore del vettore italiano.

Col secondo mezzo la società ricorrente denuncia la violazione della Convenzione di Bruxelles sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale 27 settembre 1968 (artt. 19-23), e degli artt. 2943, 2945 c.c., 2964 e 2967 c.c., 50 c.p.c., 115 d.a. c.p.c., nonché il vizio della motivazione su un punto decisivo della controversia.

Sostiene che la Corte d'appello di Genova avrebbe errato nel riconoscere la possibilità alla traslatio iudicii nel sistema della citata Convenzione di Bruxelles del 1968, ove manca qualsiasi disposizione al riguardo e si rinvengono soltanto norme concernenti la dichiarazione di incompetenza senza l'indicazione di altro giudice, (art. 19, 29, l' comma, e 23), o norme che disciplinano le pronunce declinatorie della competenza a favore soltanto del giudice preventivamente adìto.

Si tratterebbe, in realtà, secondo la ricorrente, in una questione di diritto processuale interno sulla continuazione del processo, iniziato a Marsiglia, davanti al giudice di Genova.

Proprio perché il diritto interno, la risoluzione del problema non dovrebbe essere rimessa alla Corte di Lussemburgo, competente ad esprimersi solo nell'interpretazione delle norme convenzionali, e per il cui intervento mancherebbe, comunque, il giudizio di rilevanza, essendo scaduto il termine semestrale di prescrizione - previsto dal diritto italiano per trasporti nel bacino del Mediterraneo - nel periodo intercorrente fra l'inizio del processo francese (4-5 maggio 1976) e la notificazione della citazione a comparire davanti al giudice italiano (20 giugno 1978): non potrebbe, infatti, trovare applicazione l'art. 2945 C.C., italiano, in relazione ad un processo straniero.

Messe fuori causa entrambe le Convenzioni - prosegue la ricorrente - l'unica legge applicabile si dovrebbe considerare quella italiana.

Ma la legge italiana potrebbe operare a favore della controparte solo alla triplice condizione dell'esistenza di un atto interruttivo della prescrizione, mentre in questo giudizio si discute di decadenza; dello svolgimento del rapporto processuale fra i giudici dell'ordinamento italiano, mentre nella specie i due processi sono stati iniziati davanti a giudici di Stati diversi. e della proposizione di un atto di riassunzione, mentre nel secondo processo è stato notificato al convenuto un normale atto di citazione.

In mancanza di queste tre fondamentali condizioni - conclude la ricorrente - la vertenza avrebbe dovuto e dovrebbe avere una soluzione opposta a quella adottata dalla Corte d'appello.

Ritiene il Collegio di non poter condividere tali argomentazioni.

Bisogna premettere che nel nostro ordinamento giuridico il r.d.l. 6 gennaio 1928, n. 1958, convertito in 1. 19 luglio 1929, esecutivo della Convenzione di Bruxelles 25 agosto 1924 sulla polizza di carico concernente il trasporto marittimo internazionale - decreto sicuramente applicabile al caso in esame - costituisce lex specialis rispetto alle norme vigenti.

Tra queste ultime, una disposizione ad hoc in materia di prescrizione regola gli effetti sostanziali della citazione in giudizio, stabilendo che «la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio» (art. 2943, 1° comma, c.c.), e precisando che l'interruzione si verifica anche se il giudice adito è incompetente» (art. 2943, 3° comma c.c.).

Il legislatore ha voluto con ciò porre in evidenza che la domanda giudiziale produce comunque l'effetto giuridico sostanziale, interruttivo della prescrizione, della messa in mora del debitore, come ogni altro atto privato considerato dalla legge idoneo al conseguimento del medesimo scopo (art. 2943, ultimo comma, c.c.).

 Pertanto, a questi limitati effetti, la vocatio in . jus della controparte non presuppone necessariamente la competenza del giudice. Il fine di diritto sostanziale della messa in mora del debitore è raggiunto anche se, da un punto di vista processuale, la imploratio iudicis offìcii non sia stata correttamente rivolta al giudice abilitato a conoscere e a giudicare della domanda.

In tema di decadenza, invece, non esiste una disposizione siffatta.

La regola generale, contenuta nella prima parte dell'art. 2966 C.C., dispone soltanto che «la decadenza non è impedita se non dal compimento dell'atto che rappresenta il concreto esercizio del diritto nella sua forma tipica, secondo un precostituito modello, normativo e negoziale.

Ora, citare in giudizio il debitore significa, certamente, compiere l'atto tipico previsto dalla legge, consistente nell'esercizio del diritto potestativo di azione.

Ma tale atto si realizza positivamente sol quando il debitore sia convenuto davanti al giudice competente o sia citato in riassunzione, nei termini di legge (art. 50 c.p.c.), davanti al giudice competente dopo una pronuncia di incompetenza emessa dal primo giudice, erroneamente adito (Cass. 27 maggio 1961, n. 1261; 13 maggio 1960, n. 1148; 12 gennaio 1971, n. 39).

Nel caso di mancata riassunzione e di conseguente estinzione del processo. cessa l'effetto impeditivo della decadenza, inizialmente provocato con la notificazione dell'atto di citazione davanti al giudice incompetente (Cass. 12 aprile 1982, n. 2407).

Si può dire. pertanto, che l'effetto impeditivo della decadenza conseguente alla domanda giudiziale rivolta al giudice incompetente è condizionato dalla tempestiva riassunzione del processo davanti al giudice competente (traslatio iudicii).

Ciò premesso in relazione all'ordinamento giuridico italiano, è necessario ora esaminare la disposizione, interessante la controversia, dell'art. 3, n. 6, 4° comma della Convenzione di Bruxelles del 1924 sulla polizza di carico concernente i trasporti internazionali, convenzione che, come si è già accennato, fa parte dell'ordinamento stesso, quale lex specialis rispetto al sistema codificato del trasporto marittimo e rispetto alle regole vigenti di diritto interno sulla decadenza e la prescrizione.

Dispone l'art. 3, n. 6, 4: "En tout cas le transporteur et le navire seront déchargés de toute responsabilité pour pertes ou dommages à moins qu'une action ne soit intentée dans l'année de la delivrance des marchandises ou de la date à laquelle elles eussent dú étre délivrées".

Secondo la ricorrente, la Convenzione di Bruxelles, mirando esclusivamente alla unificazione di alcune regole di diritto sostanziale in materia di polizza di carico nei trasporti marittimi internazionali, presuppone e lascia inalterati gli orientamenti processuali interni dei singoli Paesi aderenti. Non contiene, dunque, norme di raccordo fra gli
 ordinamenti stessi, in virtù delle quali sia possibile far valere davanti al giudice competente di un Paese determinato pretesi effetti impeditivi della decadenza, ottenuti citando il debitore davanti al giudice non competente di un Paese diverso.

La Convenzione, secondo la ricorrente, non contempla tale possibilità e sarebbe vano cercarne una traccia nella disposizione sopra citata dell'art. 3, n. 6 e nel successivo Protocollo di Bruxelles del 23 febbraio 1968, reso esecutivo in Italia con l. 12 giugno 1984, n. 244.

E Collegio non può seguire fino in fondo tale argomentazione e farne proprie le conclusioni.

 E' ben vero, infatti, che la Convenzione di Bruxelles del 1924 ed il Protocollo di Bruxelles del 1968 non contengono disposizioni uniformi per il coordinamento degli ordinamenti interni dei singoli Stati ai fini della traslatio iudicii ma è anche vero che la norma sopra riportata dell'art. 3 n. 6, 40 comma della Convenzione stessa regola gli effetti impeditivi della decadenza provocati dalla domanda giudiziale - effetti che si pongono al limite fra il diritto sostanziale e il diritto processuale - nel senso che l'evento impeditivo mi ogni caso consegue alla proposizione della domanda, a prescindere dalla competenza giurisdizionale del giudice adito.

La resistente ha particolarmente insistito su questo punto, affermando, anche alla discussione orale, che il riconoscimento della competenza giursdizionale del giudice adito è presupposto necessario soltanto ai fini della pronuncia del merito, mentre il semplice fatto della instaurazione dell'azione è presupposto sufficiente per impedire che il vettore sia esonerato dalla sua responsabilità ai sensi del citato art. 3, n. 6, della Convenzione sulla polizza di carico. Perciò, secondo la resistente, l'effetto impeditivo della decadenza stabilito dall'art. 3, n. 6, può essere invocato davanti al giudice italiano adito al di là del termine annuale fissato dalla norma stessa, allorquando - come nella specie - la medesima azione sia stata introdotta entro quel termine davanti al giudice di un altro Stato, dichiaratosi poi privo di competenza giurisdizionale al riguardo.

 Ritiene il Collegio, con le riserve e le precisazioni che saranno tosto formulate, che, in effetti, la soluzione proposta dalla resistente  risponda alla lettera della norma e alla ratio del sistema convenzionale.

Nella sua letterale formulazione, invero, la disposizione dell'art. 3, 6, 4° comma della Convenzione di Bruxelles del 1924 (sostituito poi dall'art. 1 (2) del Protocollo di Bruxelles del 1968) stabilisce, come si è già accennato riportandone il testo in originale, che il vettore e la nave saranno in ogni caso liberati da qualsiasi responsabilità relativamente alle merci, a meno che venga promossa un'azione - une action - entro un anno dalla loro consegna o dalla data in cui avrebbero dovuto essere consegnate.

La ratio della norma consiste nell'esigenza di certezza, per il vettore, che la controparte interessata - si tratti del caricatore o del ricevitore della merce - manifesti la precisa intenzione di far valere la propria pretesa, di modo che il vettore medesimo sia messo in grado di procurarsi le prove necessarie a resistere contro di essa e a dimostrare l'eventuale infondatezza.

Per raggiungere tale scopo, è sufficiente. come lascia intendere l'ampia formula legislativa, l'esercizio, da parte dell'interessato, del diritto di azione, che inequivocabilmente palesa il suo intendimento attuale di costringere il vettore ad adempiere, mentre non è necessario, allo stesso effetto, il riconoscimento della competenza giurisdizionale del giudice adìto,, competenza spesso controverribile e di non facile determinazione per la molteplicità dei soggetti interessati al trasporto marittimo internazionale.

D'altronde la scelta del giudice non sarà, in tal modo, rimessa al mero arbitrio dell'attore, essendo sempre nell'interesse di questi citare la controparte davanti al giudice ritenuto competente a pronunciarsi nel merito della domanda proposta; domanda che potrebbe essere anche decisa dal giudice inizialmente privo di competenza giurisdizionale, se la ,giurisdizione venisse accettata dal convenuto, nell'esercizio delle facoltà conferitegli della legge (art. 18, Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, resa esecutiva in Italia con l. 21 giugno 1971, n. 804).

Non appare decisivo mi senso contrario l'argomento addotto dalla ricorrente, la quale ha ricordato che in altre convenzioni internazionali si è provveduto con apposite norme a stabilire che la decadenza può essere impedita solo proponendo l'azione davanti al giudice competente dello Stato cui il vettore appartiene (art. 44. Convenzione di Berna del 7 febbraio 1979 concernente il trasporto di merci per ferrovia e art. 40 della coeva Convenzione per il trasporto ferroviario di viaggiatori e bagagli).

Proprio la diversa locuzione normativa della Convenzione mi esame depone nel senso che le parti contraenti non hanno voluto liberare il vettore marittimo dalle sue responsabilità in presenza di un'azione giudiziaria contro di lui comunque intentata.

Osserva ancora il ricorrente che, secondo i principi, chi vuol far valere un diritto in giudizio deve proporre la domanda al giudice competente (art. 99 c.p.c.) e che solo per esplicita disposizione di legge, come quella dell'art. 2943 c.c. riguardante non la decadenza ma la prescrizione, un determinato effetto giuridico sostanziale può essere collegato alla notificazione di una domanda rivolta al giudice incompetente.

Il Collegio non dubita dell'esattezza di questi principi.

Ritiene, tuttavia, che, per le considerazioni svolte, la citata disposizione dell'art. 3, n. 6, 40 comma della Convenzione rappresenti una regola particolare, lex specialis nell'ordinamento giuridico interno italiano, che, nel campo del trasporto marittimo internazionale, attribuisce efficacia impeditiva della decadenza al semplice esercizio del diritto potestatívo di azione.

Sussiste, pertanto, il primo dei tre requisiti illustrati dalla ricorrente per poter legittimamente escludere la liberazione del vettore da ogni responsabilità contrattuale: l'atto impeditivo della decadenza.

Bisogna, peraltro, osservare - e in ciò il Collegio concorda con l'opinione espressa dalla ricorrente - che tale effetto impeditivo provocato dalla domanda rivolta a un giudice straniero, poi dichiarato privo di giurisdizione, non può perdurare illimitatamente nel tempo.

Si pone, pertanto, un problema di diritto interno per l'esigenza di coordinare con le norme codificate vigenti la disposizione speciale sui trasporti marittimi internazionali del più volte citato art. 3, n. 6, 4° comma della Convenzione di Bruxelles del 1924, resa esecutiva in Italia con r.d.l. n. 1958 del 1928.

Essendo fuori causa l'art. 2967 c.c., poiché si tratta di un termine unico di decadenza, il problema è risolubile, secondo il Collegio, tenendo presente che nel settore del trasporto marittimo internazionale, da un lato, la norma convenzionale introduce nell'ordinamento interno, con il regime della decadenza annuale, la regola particolare dell'effetto impeditivo della decadenza stessa, conseguente a domanda  proposta davanti a un giudice poi dichiaratosi privo di giurisdizione, dall'altro le disposizioni contermini di diritto processuale interno assicurano la riproposizione del giudizio davanti al giudice nazionale competente, entro prestabiliti limiti temporali.

A questo proposito va ricordato che la giurisprudenza, compiendo un primo passo mi tal senso, ha già esteso la regola della conservazione degli effetti impeditivi della decadenza, mediante la tempestiva riproposizione della domanda, dall'ipotesi della pronuncia di incompetenza, testualmente prevista dall'art. 50 c.p.c., all'ipotesi non prevista della pronuncia declinatoria della giurisdizione nei rapporti fra giudice ordinario e giudice speciale (Cass. 24 gennaio 1950, n. 213).

Ma anche nel caso in esame - regolato dalla suddetta norma speciale convenzionale - dell'interruzione della decadenza provocata dalla citazione davanti al giudice straniero privo di competenza giurisdizionale, deve operare, alle stesse condizioni stabilite dall ordinamento interno. il principio di conservazione degli effetti sostanziali della domanda che abbia instaurato un valido rapporto processuale, sebbene inidonea, per ragioni non attinenti alla validità del rapporto medesimo, a conseguire una pronuncia di merito.

Tale principio (enunciato, in relazione ad una fattispecie diversa, da Cass. 14 febbraio 1977, n. 646) trova concreta attuazione, con riferimento ai caso in esame, in esito al coordinamento e all'integrazione, in un unico contesto normativo, della legge speciale esecutiva della Convenzione. che prevede l'effetto impeditivo della decadenza, con le disposizioni finitime di diritto interno, che di tale effetto assicurano la conservazione.

Nella specie, l'effetto impeditivo previsto dalla norma convenzionale si è avuto con la citazione del vettore davanti al tribunale di commercio di Marsiglia e, rispettivamente, l'effetto conservativo è stato conseguito con la citazione 20 giugno 1978 della stessa impresa «Navigazione Alga» davanti al Tribunale di Genova entro il termine di sei mesi dalla pronuncia declinatoria della giurisdizione emessa il lì gennaio 1978 dal Tribunale di Marsiglia, termine previsto dalle disposizioni processuali dell'ordinamento interno italiano, già ínterpretate dalla giurisprudenza nel senso estensivo suggerito dall'esigenza di osservare ed applicare il suddetto fondamentale principio.

Sussiste. pertanto, l'ulteriore condizione della correlazione giuridica necessaria fra la pronuncia declinatoria della giurisdizione e la domanda con cui si ripropone il giudizio davanti al giudice fornito di competenza giurisdizionale, non essendo circoscrivibile tale correlazione al solo binomio giudice ordinario-giudice speciale nell'ordinamento interno, in quanto essa si realizza, per effetto della lex specialis di origine convenzionale, e della integrazione di questa con le regole modificate in diritto interno, anche fra giudici appartenenti a ordinamenti giuridici diversi.

Non si può ritenere, pertanto, venuto meno l'effetto impeditivo della decadenza provocato dalla prima domanda giudiziale, seguita dalla sentenza dichiarativa di incompetenza giurisdizionale del Tribunale di Marsiglia e dalla tempestiva proposizione della nuova domanda davanti al Tribunale di Genova.

Per altra via e con diversa motivazione, basata sulle norme delle Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804, la Corte d'appello di Genova è pervenuta alla stessa conclusione. Trattasi, peraltro di argomentazioni superate e assorbite dalle considerazioni che precedono.

In definitiva, la sentenza impugnata non merita censura, e il ricorso, per conseguenza, deve essere disatteso.
 

(omissis).
 

Diritto dei trasporti
1987 II 231
 
  Enzo Fogliani
SUL TERMINE PER L'AZIONE CONTRO IL VETTORE SECONDO LA CONVENZIONE DI BRUXELLES DEL 1924.

 La presente sentenza (1) viene autorevolmente a far luce su alcuni aspetti della disciplina del termine per l'esperimento dell'azione contro il vettore posto dalla convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924 sulla polizza di carico, argomento da sempre fonte di contrasti dottrinali e giurisprudenziali.

 Nonostante il tema principale su cui era chiamata a decidere fosse relativo agli atti idonei ad interrompere il termine, la cassazione si e' in concreto anche pronunciata sulla sua natura giuridica.

 La convenzione di Bruxelles, infatti, non contiene alcuna specificazione circa la natura da attribuirsi al termine di un anno previsto dall'art. 3, punto 6, IV comma, lasciando in pratica a giurisprudenza e dottrina dei paesi aderenti alla convenzione l'onere di classificarlo e completarne la disciplina alla luce dei principi vigenti in ciascun ordinamento.

 In quello italiano, il piu' spontaneo collegamento e' sempre stato quello con la decadenza o con la prescrizione, nelle quali, sulla scorta della teoria soggettivistica d'interpretazione dei trattati internazionali (2), si e' finora inquadrato tale termine.

 La giurisprudenza di gran lunga prevalente si e' gia' peraltro da tempo orientata nel qualificare il termine in esame quale decadenza (3), ponendosi in contrasto con autorevole dottrina che considerava il termine come prescrizione (4). Sotto questo profilo, quindi, la odierna sentenza si colloca nella scia del tradizionale orientamento della suprema corte; orientamento che peraltro, in futuro, potrebbe essere rivisto in seguito alla recente entrata in vigore delle regole di Visby, che in concreto hanno sotto taluni aspetti modificato il regime del termine dell'azione sancito dalla convenzione di Bruxelles (5).

 Per quanto attiene invece agli aspetti relativi all'atto interruttivo del termine, la cassazione ha preferito alla interpretazione della convenzione tradizionalmente orientato ai classici canoni in tema di decadenza una lettura della norma che ha il pregio di una maggiore aderenza alla lettera del dato normativo ed alla ratio ispiratrice del termine.

 La rigida applicazione al termine della convenzione delle norme civilistiche nazionali in tema di decadenza, che prevedono che le sole cause impeditive siano la proposizione della domanda di risarcimento innanzi alla competente autorita' giudiziaria ed il riconoscimento del diritto da parte del debitore (6) aveva infatti portato la giurisprudenza di merito o ad escludere l'idoneita' ad interrompere il termine della citazione in giudizio innanzi all'autorita' straniera incompetente, non sussistendo per tale ipotesi norma analoga a quella dell'art. 50 c.p.c. (7), oppure ad accoglierla (8) ove l'autorita' giudiziaria adita fosse appartenente ad un paese aderente alla convenzione di Bruxelles del 1968 sulla giurisdizione (9).

 In ogni caso, sotto l'aspetto dei requisiti essenziali dell'atto valido ad interrompere il termine, la sentenza annotata appare pienamente condivisibile, se non altro perche' ha il pregio di assecondare pienamente il dato letterale della norma (10).

 La convenzione di Bruxelles afferma infatti che in tutti i casi il vettore e la nave saranno liberati da ogni responsabilita' per perdite o danni, a meno che UNA azione non sia intentata entro un anno dalla consegna delle merci o dalla data in cui esse dovevano essere consegnate.

 L'articolo indeterminativo ha in questo caso un'enorme importanza, e non a caso si trova nel testo normativo. Gli operatori marittimi ben sanno come spesso, da una polizza di carico incompleta od imprecisa, non sia per nulla facile risalire all'effettivo vettore e determinare quindi per tempo la competenza del giudice.

 Simili casi, assai frequenti, sono stati per lungo tempo disciplinati da una lettura della norma non consona alla lettera della convenzione e non rispondente agli scopi per cui essa e' stata redatta.

 L'odierna interpretazione della cassazione appare quindi, oltre che esatta, assai meritoria, in quanto potra' contribuire da un lato ad eliminare zone d'ombra interpretative, dall'altro alla riconciliazione con le tesi dottrinali orientate verso la prescrizione, in quanto in concreto viene a neutralizzare le dichiarate motivazioni di fondo che inducevano la migliore dottrina a propendere per la prescrizione.
 
 La impossibilita' della riassunzione del giudizio con salvezza del termine qualora il giudizio fosse stato intentato innanzi a giudice estero incompetente era infatti uno dei principali motivi di perplessita' che inducevano la dottrina a respingere l'ipotesi della decadenza.
 
 

                                    Enzo Fogliani
 
 NOTE:

(1) - Su questa stessa sentenza si vedano anche le note di Michele COMENALE PINTO, Intorno agli atti impeditivi del decorso del termine ex art. 3, n. 6, comma 4, della IV Convenzione di Bruxelles del 1924 sulla polizza di carico, in Giustizia civile, 1987, pag. 2214, e di Filippo DONATI, in Foro Italiano, 1988, parte prima, pag. 1204.

(2) - Sugli sviluppi dei criteri interpretativi delle norme convenzionali e sul superamento del criterio della lex fori a favore di quello oggettivo previsto anche dalla convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati, si veda Carlo GALANTINI, Il termine estintivo dell'art. 3 n. 6 della Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico, in Riv. di dir. internaz. priv. e proc. 1985, pag. 298, 307 e segg.

(3) - Per il termine come decadenza si sono pronunciati: cass. 9 novembre 1957, n. 4324, in Dir. mar. 1959, pag. 512; cass. 13 ottobre 1958, n. 3325, in Dir. mar. 1958, pag. 349, ed in Riv. Dir. Nav. 1959, II, pag. 30; trib. Napoli 9 febbraio 1959, in Dir. mar. 1962, pag. 51; cass. 9 settembre 1959, in Dir. mar. 1960, pag. 36; trib. Venezia 26 marzo 1965, in Dir. mar. 1965, pag. 215; cass. 24 luglio 1969, n. 2798, in Giur. it. 1970, I, 1, pag. 26, ed in Dir. mar. 1969, pag. 294; trib. Ravenna 9 febbraio 1971, in Dir. mar. 1972, pag. 632; trib. Genova 1 marzo 1971, in Dir. mar. 1971, pag. 92; cass. 30 maggio 1979, n. 3140, in Dir. mar. 1980, pag. 467; trib. Genova, 30 settembre 1981, in Dir. mar. 1982, pag. 463; trib. Napoli 20 maggio 1982, Dir Mar. 1983, pag. 551; trib. Venezia 27 settembre 1983, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1983, pag. 882; app. Genova 5 febbraio 1983, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1983, pag. 875; cass. 5 marzo 1984 n. 1536, in Dir. mar. 1985, pag. 312.
 A favore della prescrizione vedasi invece: cass. 16 luglio 1954, n. 2539, in Dir. mar. 1955, pag. 195; in Riv. Dir. Nav. 1954, II, pag. 141; trib. Genova 28 dicembre 1966, in Dir. mar. 1967, pag. 228 (estensore: Righetti); trib. Venezia 24 gennaio 1975, in Dir. mar. 1975, pag. 381.

(4) - Ritengono si trattasse di prescrizione: Filippo CAGETTI, (Prescrizione e decadenza nella convenzione di Bruxelles 25 agosto 1924 sulla Polizza di carico, in Riv. dir. nav. 1960, I, 203), Francesco BERLINGIERI (in Novissimo digesto italiano, Torino, 1966, vol. XIII voce prescrizione marittima ed aeronautica, pag. 666, nota 1; Prescrizione e decadenza nel trasporto marittimo di merci, cit., pag. 160 e segg.; La disciplina della responsabilita' del vettore, Milano, 1978, pag. 131), Giorgio RIGHETTI (Sulla natura del termine estintivo... , cit., pag. 140; Modifica al regime della prescrizione, in Dir. mar. 1986, pag. 635, intervento al convegno sulle regole di Visby, Genova, 1986).
 Singolare e' stata invece la posizione di Enzio VOLLI, che inizialmente si e' espresso a favore dell'inquadramento del termine come decadenza, (cfr. Osservazioni in tema di parziale inesecuzione del trasporto e di decadenza ex art. III, n. 6 della convenzione di Bruxelles, in Riv. dir. nav. 1956, I, pag. 52), mentre in seguito ha mutato opinione, dapprima ritenendo che il termine vada considerato decadenza se considerato nell'ambito del diritto internazionale e prescrizione se considerato nell'ambito del diritto interno italiano (cfr. Convenzione di Bruxelles e prescrizione dell'azione per danni, in Riv. dir. nav. 1959, II, 30).

(5) - Le regole di Visby, contenute nel Protocollo di modifica del 23 febbraio 1968 alla convenzione di Bruxelles, sono entrate in vigore in sede internazionale il 23 giugno 1977. Per l'Italia, l'autorizzazione alla ratifica e' stata data con legge 12 giugno 1984, n. 243, a seguito della quale il protocollo e' entrato in vigore nel nostro ordinamento il 22 novembre 1985.
 Il testo della convenzione e delle modifiche attualmente in vigore in Italia puo' essere reperito in Dir. mar. 1986, pag. 648, con traduzione italiana del testo francese.
 Sulle modifiche apportate in tema di termine per l'azione dalle regole di Visby si vedano: Leopoldo TULLIO, Vigenza internazionale (ed adozione interna) delle "Regole di Visby", in Trasporti, 1978, pag. 91; Sergio M. CARBONE, Le regole di responsabilita' del vettore marittimo, Milano, 1984, pag. 131; Enzio VOLLI, Modifica al regime della prescrizione, in Dir. mar. 1986, pag. 632 - relazione al convegno sulle regole di Visby, Genova, 1986; Giorgio  RIGHETTI (Modifica al regime della prescrizione, in Dir. mar. 1986, pag. 635 - intervento al convegno sulle regole di Visby, Genova, 1986).

(6) - Tribunale di Venezia 27 ottobre 1983, cit., con nota critica di Enzo MORELLI, Sull'interruzione del termine di cui all'art. 3 n. 6 Convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924 nell'ambito della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968.

(7) - Corte d'appello di Genova 5 febbraio 1983, cit..

(8) - Convenzione di Bruxelles sulla giurisdizione e l'esecuzione delle sentenze del 27 settembre 1968, resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804.

(9) - Si tratta in effetti dell'elemento normativo utilizzato dalla Corte per giustificare la deroga al proprio citato prevalente orientamento, secondo il quale la decadenza poteva essere evitata soltanto dall'istaurazione (o la riassunzione nei termini) del giudizio innanzi al giudice competente.

(10) - Parte della giurisprudenza e della dottrina piu' risalente peraltro riteneva, sulla base di argomentaizoni a tutt'oggi condivisibili, che l'impedimento della decadenza fosse effetto autonomo immediato della proposizione della domanda giudiziale, tale da rimanere fermo anche in caso di perenzione del processo (cfr., ad esempio, cass. 19 gennaio 1948, n. 65, in Foro it. rep. 1948, voce Decadenza, n. 2; in dottrina, Carlo FURNO, Estinzione del processo e decadenza, in Riv. di diritto processuale 1952, II, 101; Paolo D'ONOFRIO, in Riv. trim. di dir. processuale civile 1952, pag. 793).
 Successivamente, peraltro, e' stato affermato il principio secondo cui soltanto il giudizio iniziato innanzi al giudice competente - o, essendo stato introdotto presso giudice incompetente, riassunto entro i termini innanzi a quello competente - valga ad impedire la decadenza (cfr., ad esempio, cass. 27 maggio 1961 n. 1261, in Giust. civ. 1961, I, pag. 1836; cass. 5 dicembre 1970 n. 2561, in Giust. civ. 1971, I, pag. 14; cass. 19 aprile 1982, in Giust. civ. 1982, I, pag. 2358)
 Secondo il tribunale di Venezia (sentenza 24 gennaio 1975, cit., pag. 386) non vale ad interrompere il termine la mera domanda di accertamento tecnico preventivo, in quanto con esso non si faccia valere in giudizio alcun diritto sostanziale.

Enzo Fogliani