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CORTE COSTITUZIONALE
SENT. N. 0285 DEL 30/07/97
PRES. GRANATA; REL. SANTOSUOSSO
RIC.: Presidente del consiglio dei ministri (Avv. dello Stato Linguiti)
RES.: Regione Valle D'Aosta (avv. G. Romanelli)
(..omissis..)
CONSIDERATO IN DIRITTO - 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri
chiede a questa Corte di dichiarare l'illegittimità costituzionale,
per contrasto con l'art. 117 Cost. e con l'art. 2 dello statuto speciale
della Valle d'Aosta, della legge regionale (recante «Disposizioni
in merito al transito di autotreni ed autoarticolati attraverso il territorio
del Monte Bianco») riapprovata dal Consiglio della Valle, a maggioranza
assoluta dei componenti, nella seduta del 24 ottobre 1996.
La predetta legge, secondo il ricorrente, si pone in contrasto con
gli indicati parametri per i seguenti motivi:
a) per violazione dei limiti statutari in materia di strade, poiché
il traforo del Monte Bianco non può ritenersi strada di interesse
generale;
b) per violazione della direttiva CEE 25 ottobre 1993, n. 89, perché
la tassa va a gravare su di un tratto di strada già soggetto a pedaggio,
per di più con carattere di durevolezza e continuità (artt.
7, 9 e 10 della direttiva);
c) per violazione del limite del diritto privato, perché la
tassa crea un obbligo di esazione a carico delle società (private)
che gestiscono il traforo.
2. - La questione di legittimità costituzionale posta all'esame
della Corte coinvolge numerosi profili; ma il suo fulcro coinvolge la disciplina
delle strade, sicché è alla stregua della competenza regionale
in materia che occorre anzitutto verificare l'eventuale violazione degli
indicati parametri.
Dal testo complessivo della legge, d'altronde, risulta in modo evidente
il collegamento tra l'esazione della tassa e la circolazione di alcuni
tipi di veicoli su determinati tratti stradali. L'art. 1 della legge, infatti,
prende le mosse dalla competenza della Regione «in materia di strade»,
ed i successivi art. 2 e 3 specificano chiaramente che il pagamento della
tassa si riferisce al traffico di autotreni «provenienti o diretti
all'estero tramite il traforo del Monte Bianco». Che l'attraversamento
di quest'ultimo, nonostante i contrari rilievi della difesa della Regione,
abbia un ruolo fondamentale, è confermato dal comma 2 dell'art.
3, ove si afferma espressamente che il pagamento del tributo è «effettuato
al traforo», e dal comma 3 dello stesso articolo, secondo cui le
modalità di riscossione sono definite «sentite le società
che gestiscono il trafori del Monte Bianco».
3. - Così precisata la parte fondamentale dell'impugnativa,
il ricorso risulta fondato.
L'art. 2, lett. f) dello statuto speciale per la Valle d'Aosta, approvato
con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, afferma che la regione
ha competenza in materia di «strade e lavori pubblici di interesse
regionale», con ciò implicitamente riconoscendo che tale competenza
viene meno ove si tratti di strada di interesse nazionale o internazionale.
È pacifico, d'altra parte, che la potestà normativa regionale,
sia essa primaria, concorrente, o semplicemente attuativa, incontra il
primo ed essenziale limite costruito dal proprio territorio, nel senso
che la Regione chiaramente non può legiferare con effetti che vanno
al di là di tale ambito.
Nel caso specifico appare di immediata evidenza, come già detto,
che la tassa istituita con la legge in questione, pur essendo stata motivata
soprattutto da esigenze ecologiche conseguenti all'attraversamento di una
parte del territorio valdostano, ha un nesso inscindibile con il transito
degli autotreni attraverso il traforo del Monte Bianco, la cui natura non
è ovviamente quella di una strada di interesse regionale. Inoltre,
il traforo, sia per il fatto di costituire un passaggio di confine
tra l'Italia e la Francia, sia per essere stato oggetto di apposite convenzioni
tra i due Paesi, fa parte di una strada che assume una rilevanza oggettivamente
internazionale.
4. - Da questa situazione consegue che il ricorso del Governo si palesa
fondato sotto entrambi i profili ora richiamati. In primo luogo, invero,
la legge in esame oltrepassa i limiti fissati dallo statuto alla competenza
in materia di strade. Tale materia va intesa non solo con riguardo alle
strade nella loro materialità, ma anche in connessione con il problema
più generale del traffico e della viabilità. E la violazione
delle indicate norme-parametro è ravvisabile per l'incidenza della
legge regionale sul regime dell'afflusso dei veicoli verso il passaggio
di interesse italo-francese.
In realtà, essendo il transito e l'amministrazione del traforo
del Monte Bianco materia di accordi tra l'Italia e la Francia, non può
una singola Regione intervenire con una propria legge in un campo riservato
alla competenza statale ed alla particolare disciplina oggetto di convenzione
internazionale. Come rileva la difesa erariale, questa materia è
stata regolata da tre convenzioni tra l'Italia e la Francia: la convenzione
stipulata a Parigi il 14 marzo 1953 e ratificata con legge 1° agosto
1954, n. 846; l'accordo aggiuntivo alla convenzione, concluso a Roma il
25 marzo 1965, ratificato con legge il 14 luglio 1965, n. 921, nonché
l'ulteriore accordo concluso a Parigi il 7 febbraio 1967, ratificato con
legge 13 ottobre 1969, n. 761. In particolare, l'art. 12 della convenzione
14 marzo 1953, prevede espressamente che le questioni monetarie e fiscali
relative alla costruzione ed all'amministrazione (intesa anche come utilizzazione
economica) del tunnel siano oggetto di specifici accordi tra i Governi
dei due Stati.
È palese, dunque, che la legge regionale impugnata si risolve
in un'indebita ingerenza della Regione in un ambito -come quello della
conclusione di un accordo con uno Stato estero -certamente di spettanza
statale senza possibilità di interferenze da parte di altri enti
territoriali.
5. - Alla luce delle esposte considerazioni, il richiamo contenuto
nella difesa della Valle d'Aosta alla sentenza n. 264 del 1996 di questa
Corte deve ritenersi improprio.
La legge regionale della Valle d'Aosta impugnata in quel giudizio fu
ritenuta esente da i lamentati vizi di incostituzionalità perché
riguardava strade di importanza che non supera la competenza regionale,
e per di più con carattere di temporaneità, allo scopo di
decongestionare il traffico in particolari periodi dell'anno, nonché
con destinazione dei proventi in modo finalizzato alla soppressione del
pedaggio stesso.
È chiaro, invece, che analoghe ragioni giustificatrici non si
riscontrano nel presente caso, i cui elementi costitutivi sono del tutto
differenti.
6. - La difesa della Regione sottolinea infine che, specialmente dall'art.
6 della legge impugnata, emergono il concetto e la finalità della
tassa ecologica oggetto del presente esame.
Questa Corte ha già osservato in proposito (v. sentenza n. 183
del 1987) una competenza «costituzionalmente garantita in materia
di protezione ambientale» spetta alle Regioni, nel senso che le stesse
ben possono, unitamente allo Stato o anche in piena autonomia, attivarsi
per la tutela del bene ambiente contro tutte le forme di inquinamento;
anche perché gli interventi regionali sono fondati su quella conoscenza
specifica delle realtà locali che è garanzia di validi risultati.
Ma deve essere nel contempo ribadito che il perseguimento di questi apprezzabili
obiettivi non può avvenire se non nel rispetto delle reciproche
competenze e del contesto normativo vigente, senza alterare l'equilibrio
dei rapporti tra lo Stato e le Regioni senza oltrepassare i limiti nelle
varie materie. Rimane assorbito ogni altro motivo.
(...omissis...)