Giurisprudenza

 
CORTE DI CASSAZIONE 
SEZ. U -  SENT. 11620 DEL 18/11/1998 
 PRES. Favara F.   REL. Paolini G. 
 PM. Dettori P. (Conf.) 
 RIC. Tarros Terminal SpA (avv. Picone)
 RES. Min. Trasporti e Navigaz. (Avv. dello Stato)
cassa app. Genova 30 gennaio 1996


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La "Tarros" s.p.a., con atto del 19 giugno 1992, citò dinanzi al Tribunale di Genova il Ministero della Marina mercantile e la Compagnia lavoratori portuali de La Spezia:
- premesso di essere un'impresa armatrice e di esercitare prevalentemente la propria attività nel porto de La Spezia, in cui era "concessionaria di una banchina funzionalmente inserita in un terminal operativo di proprietà esclusiva", nonché di essere "in grado di eseguire con personale alle proprie dipendenze assunto a tempo indeterminato e con propri mezzi meccanici tutte le operazioni portuali (imbarco e sbarco di merci e containers) inerenti a qualsivoglia tipo di motonave - traghetto";
- facendo presente che, con contratto del 7/17 maggio 1992, si era obbligata nei confronti della "Sud Cargos" di Marsiglia "a svolgere continuativamente e fino al 31 dicembre 1992 le attività di sbarco di merci e contenitori da una pluralità indeterminata di motonavi - traghetto armate e/o noleggiate" dalla summenzionata impresa francese, e che, con nota del 13 maggio 1992, "ai fini dell'ottenimento del correlativo nulla-osta", aveva significato alla Capitaneria di porto che La Spezia che il giorno successivo avrebbe dovuto attraccare" al suo pontile la motonave "Saint Louis", noleggiata dall'anzidetta "Sud Cargos";
- deducendo che la capitaneria di porto, prima, con nota del 14 maggio 1992, le aveva comunicato che "le operazioni attinenti a detta motonave avrebbero potuto essere eseguite", non direttamente da essa istante ma, "dalle maestranze portuali a ciò preposte e autorizzate", e, poi, con successiva nota informativa in pari data n. 11.400, le aveva comunicato "il nulla-osta all'ormeggio della Saint Louis", precisando, però, che le operazioni portuali avrebbero dovuto essere eseguite "con sue maestranze nei limiti di cui al D.M. 61/89, del successivo decreto di attuazione 3/89 e dell'ordinanza n. 63 del 15 maggio 1989", con ciò ribadendo, nella sostanza, che "avrebbe potuto compiere le sole attività non riservate alla Compagnia lavoratori portuali de La Spezia";
- lamentando che, nel contesto illustrato, le operazioni di sbarco della "Saint Louis" erano iniziate ed erano state ultimate con alcune ore di ritardo;
evidenziando che il Pretore de La Spezia, all'esito di un procedimento ex art. 700 cod. proc. cv., con decreto del 15 maggio 1992, poi confermato, nel contraddittorio delle parti, con ordinanza del 3 giugno 1992, in accoglimento di sua richiesta in tal senso, l'aveva "facoltizzata in via provvisoria ad eseguire con mezzi e personale propri le operazioni portuali di sbarco inerenti all'esecuzione del contratto concluso con la "Sud Cargos" sul rilievo della "immediata valenza dei principi di diritto enunciati dalla Corte di giustizia delle Comunità europee con sentenza del 10 dicembre 1991", nella parte in cui questi aveva dichiarato "l'incompatibilità della legislazione interna (artt. 110, 111, 112, 1172, cod. nav., 152, 156, 203 reg. nav. mar., d.m. 6.1.1989 e successiva ordinanza attuativa 3/89) conferente alle compagnie di diritto esclusivo all'esercizio delle operazioni portuali con il combinato disposto degli artt. 90 n. 1, 30, 48 e 86 del Trattato Cee", e della conseguente inapplicabilità così dei provvedimenti della capitaneria di porto "limitativi del (suo) riconosciuto diritto soggettivo perfetto a svolgere in proprio operazioni portuali per conto terzi", come delle disposizioni normative interne prevedenti riserva di dette operazioni a favore delle compagnie dei lavoratori portuali:
1) In via incidentale, e a mente dell'art. 5 l. 2248/1865 all. E, disapplicarsi, perché emessi in carenza assoluto di potere, i provvedimenti della Capitaneria di porto de La Spezia n. 91/92 e 11400/92 del 14 maggio 1992, nella parte in cui impedivano ad essa istante, quale impresa autorizzata ad eseguire operazioni portuali per conto terzi, di svolgere qualsivoglia tipo di operazioni portuali, ivi comprese quelle che, in virtù di disposizioni normative interne in contrasto con il Trattato Cee, sarebbero state riservate a favore della Compagnia lavoratori portuali;
2) condannarsi di conseguenza il Ministero della marina mercantile a risarcirle in giusta misura ogni danno sofferto e conseguente al ritardo dai provvedimenti suddetti causato alle operazioni di sbarco della "Saint Louis" avvenute il 14 maggio 1992;
3) disapplicarsi, in ossequio al dettato delle sentenze n.ri 170/84 e 168/91 della Corte costituzionale gli artt. 110, 111, 112, 1172 cod. nav., 152, 146 e 203 reg. nav. mar., il d.m. 6.1.1989 e la successiva ordinanza di attuazione 3/89, oltre che tutte le ulteriori disposizioni normative e regolamentari che secondo i principi dettati dalla Corte di giustizia della Comunità europea con sentenza 10 dicembre 1991, contrastano con le norme di Trattato Cee;
4) conseguentemente, dichiararsi e riconoscersi essere essa istante titolare di un diritto soggettivo perfetto ad eseguire qualsivoglia operazioni portuale, ancorché questa, secondo l'illegittima e disapplicanda normativa interna, si appalesasse riservata alle compagnie dei lavoratori portuali".
Il tribunale, nella disposta riunione del processo in tal guisa istituito ad altro promosso dal Ministero della marina mercantile per ottenere la revoca del dianzi ricordato provvedimento d'urgenza pretorile e per far dichiarare l'infondatezza delle istanze fatte valere dalla "Tarros" s.p.a. dinanzi al pretore, con sentenza del 4 maggio 1994, resa nel contraddittorio anche della Compagnia lavoratori portuali de La Spezia, rigettò, per difetto di legittimazione della società attrice, le domande di questa intese a ottenere la disapplicazione dei discussi provvedimenti amministrativi e della contestata normativa nazionale; respinse, altresì, la pretesa risarcitoria coltivata dalla società anzidetta e condannò questa nelle spese processuali.
Sul gravame della "Tarros" s.p.a., la Corte d'appello di Genova, con sentenza del 30 gennaio 1996, data nel contraddittorio del Ministero dei trasporti e della navigazione, subentrato a quello della marina mercantile, e della Compagnia lavoratori portuali La Spezia, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda della società appellante relativa alla disapplicazione dei provvedimenti nn. 91/92 e 11400/92 della Capitaneria di porto de La Spezia, sanzionò la reiezione della pretesa della società medesima volta a far dichiarare il proprio diritto perfetto ad eseguire qualsiasi operazione portuale ancorché riservata dalla normativa interna alle compagnie dei lavoratori portuali, confermò nell'"an" la condanna della predetta nelle spese del primo stadio del giudizio e pose a carico della stessa anche le spese del secondo grado.
La corte distrettuale motivò la pronuncia, considerando, in definitiva:
A) dover essere disattesa, per sopravvenuta carenza di interesse, la domanda, di mero accertamento, con la quale la "Tarros" s.p.a. chiedeva accertarsi il proprio incondizionato diritto di eseguire qualsiasi operazione portuale, avendo da l. 28.1.1994 n. 84 abolito ogni riserva riconosciuta al riguardo dalla previgente normativa alle compagnie dei lavoratori portuali;
B) dover, tuttavia, essere delibata nel merito tale domanda onde verificare la sua fondatezza nel momento della relativa proposizione, e ciò ai fini dell'individuazione della soccombenza virtuale e della pronuncia sulle spese processuali;
C) dover, ai fini considerati, essere ritenuta infondata la domanda in discorso, per essere riferibile il principio affermato dalla più sopra citata sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 10 dicembre 1991 in ordine al contrasto della contestata previgente normativa interna italiana accordante alle compagnie portuali una posizione dominante solo alla disciplina delle operazioni portuali svolte nei porti integranti parte sostanziale del mercato comune, cioè nei principali porti italiani, e, quindi, non nel porto de La Spezia;
D) difettare di giurisdizione il giudice ordinario in ordine alla richiesta, comunque infondata, di disapplicazione dei discussi provvedimenti amministrativi adottati dalla capitaneria di porto de La Spezia;
E) risultare destituita di fondamento e, comunque, preclusa dal giudicato - nella mancata specifica impugnazione della decisione del primo giudice nella declaratoria recante affermazione dell'inesistenza della prova del danno lamentato - la domanda risarcitoria coltivata dalla appellante;
F) dover quest'ultima, in quanto soccombente, sopportare l'onere delle spese processuali.
La "Tarros Terminal" s.p.a., già "Tarros" s.p.a., ricorre con sei motivi, per la cassazione della surrichiamata sentenza di secondo grado, notificatale il 29 febbraio 1996.
Il Ministero dei trasporti e della navigazione resiste al ricorso, notificatogli presso l'Avvocatura distrettuale dello stato di Genova, il 27 aprile 1996, con controricorso del 19 ottobre 1996.
La compagnia lavoratori portuali de La Spezia, cui pure il ricorso è stato notificato il 27 aprile 1996, si è astenuta da ogni attività difensiva nella presente sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Il qui deliberato ricorso per cassazione, in violazione del dettato dell'art. 11, comma 1, r.d. 30.X.1993 n. 1611, risulta essere stato notificato all'intimato Ministero dei trasporti e della navigazione, anziché presso l'Avvocatura generale dello Stato, presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, nella cui circoscrizione ha sede la corte territoriale che ha pronunciato la sentenza impugnata.
La conseguente nullità della notificazione dell'atto cennato (cfr., al riguardo, Cass. SS.UU. civ., sent. n. 1275 del 6.11.1998), ad ogni buon conto, deve intendersi sanata, con effetto "ex tunc", dall'intervenuta costituzione della p.a. anzidetta (cfr., "ex aliis", Cass. SS.UU. civ., sent. n. 12029 del 15.XII.1990, e, più recentemente, id. Sez. III civ., sent. n. 3023 del 15.III 1995, id. Sez. lav., sent. n. 10959 del 21.X.1995).
La nullità in argomento, peraltro, ha impedito il decorso dei termini assegnati all'intimato dall'art. 370 cod. proc. civ. per la notifica ed il deposito del controricorso, che, perciò, vanno ravvisati validamente compiuti pur se posti in essere a distanza di circa otto mesi dalla data della notificazione del ricorso (cfr., "in terminis", Cass. Sez. III civ., sent. n. 4755 del 16.V.1994).
2) La "Tarros" s.p.a., impresa "concessionaria di una banchina funzionalmente inserita in un terminal operativo di proprietà esclusiva" nel porto de La Spezia, attualmente operante con ragione sociale "Tarros Terminal", con la prima, in ordine logico, e principale delle domande azionate nel presente giudizio, ha chiesto accertarsi, nei confronti così del Ministero dei trasporti e della navigazione, come della compagnia dei lavoratori portuali operante nello scalo marittimo suindicato, essere essa istante titolare, sulla base della normativa di cui "al combinato disposto degli art. 90, n. 1, 30, 48 e 86 del Trattato Cee", come interpretato dalla Corte di giustizia delle Comunità europee con sentenza resa il 10 dicembre 1991 nella causa n. C: 179/90, "del diritto soggettivo perfetto ad eseguire qualsivoglia operazione portuale, ancorché questa, secondo l'illegittima e disapplicanda normativa interna, risultasse riservata alle compagnie dei lavoratori portuali": per suffragare la pretesa, ha dedotto essere insorte contestazioni sulla sussistenza del suo diritto considerato, perché, avendo essa comunicato alla Capitaneria di porto de La Spezia la propria determinazione di dar corso, nel proprio impianto cennato, ed in esecuzione di obblighi negozialmente assunti con una "Sud Cargos" di Marsiglia, alle operazioni di scarico della motonave "Saint Louis", detto organo periferico del ministero odierno controricorrente, con le note del 14 maggio 1992, di cui in narrativa, le aveva significato che "avrebbe potuto compiere le sole attività non riservate alla Compagnia lavoratori portuali de La Spezia" alla stregua della normativa di cui agli artt. 110, 111, 112, 1172 cod. nav., 152, 156, 203 reg. nav. mar., del d.p. 6.1.1989 e della successiva ordinanza attuativa 3/89, e cioè proprio di quel complesso di disposizioni statuali dalla Corte di giustizia delle comunità europee con la sentenza dianzi ricordata riscontrare contrastanti con il Trattato Cee e, pertanto, inapplicabili.
La Corte d'appello di Genova, con la decisione impugnata ha disatteso la domanda di accertamento di cui trattasi, in buona sostanza, evidenziando non rivelarsi la stessa sorretta, al momento della decisione, da un rilevante interesse ad agire, per essere stata la sussistenza del diritto vantato dall'odierna ricorrente indiscussamente riconosciuto dalla sopravvenuta l. 28.1.1994 n. 84, recante completa e definitiva abrogazione di ogni precedente disposizione contemplante riserva di lavoro portuale a favore delle compagnie portuali".
La corte distrettuale, quindi, sul ritenuto, e qui non contestato, presupposto che l'interesse ad agire della "Tarros" s.p.a. in relazione alla domanda in esame sia sussistito al momento dell'instaurazione del giudizio (19 giugno 1992) "e fino all'entrata in vigore della L. (n.) 84" del 1994, prec. cit., ha svolto un'indagine diretta a verificare "se l'azione fosse stata fondatamente intrapresa, al fine di poter così provvedere in ordine alle spese di lite alla luce del criterio della soccombenza virtuale", a tale indagine ha concluso affermando, in definitiva, che la ripetuta sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 10 dicembre 1991 avrebbe dichiarato la come sopra contestata normazione statuale inapplicabile soltanto nell'ambito dei porti nazionali integranti, per volume di traffico, "parte sostanziale del mercato comune" e cioè nei porti di Genova, Taranto, Venezia, Livorno, Napoli e Ravenna; che, pertanto, sarebbe da escludere che i principi affermati nella sentenza cennata dovessero essere applicati "senz'altro ed automaticamente, per cos dire, nel porto della Spezia"; che, consequenzialmente, andrebbe affermata l'attitudine ad operare in tale porto della contestata normativa nazionale.
La corte anzidetta ha fatto discendere dalle così riassunte affermazioni il corollario che l'azione dichiarativa in argomento sarebbe risultata infondata anche in origine, ed a tale declaratoria ha ancorato, per quanto di ragione, la sanzionata condanna dell'odierna ricorrente nelle spese.
La "Tarros Terminal" s.p.a. critica la pronuncia in tal guisa resa dalla corte ligure sulla fondatezza originaria della sua considerata domanda e, derivatamente, sul regolamento delle spese processuali con censure articolate nei primi cinque mezzi di ricorso, intesi nel loro insieme, a denunciare la ravvisabilità nella sentenza revocata in discussione di "violazione dell'art. 360 n. 3 e 5 in relazione all'art. 163 e 113 del c.p.c., nonché agli artt. 1 L. 287/90, 59 e 30 del Trattato C.E.", di "violazione dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. in relazione agli artt. 5 e 177 del Trattato Ce", e di "violazione dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.": in estrema sintesi, deduce che, in contrasto con quanto infondatamente ritenuto dalla corte anzidetta, la citata sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in data 10 dicembre 1991, come più sopra evidenziato recante declaratoria dell'imcompatibilità con le prescrizioni degli artt. 90, n. 1, 30, 48 e 86 del Trattato Cee degli artt. 110, 111 cod. nav. e 203 del regolamento di esecuzione di tale codice (navigazione marittima), avrebbe comportato una generale inapplicabilità della normativa di cui alle contestate disposizioni dell'ordinamento statuale e l'immediata insorgenza in capo ad essa ricorrente dell'accampato diritto subiettivo perfetto ad eseguire qualsiasi operazione portuale.
Le doglianze, da esaminarsi congiuntamente perché, nella realtà, afferenti tutte alla medesima questione, sono fondate.
In proposito, ai limitati fini che ancora interessano dell'accertamento della soccombenza virtuale e della, conseguenziale, pronuncia sulle spese, è sufficiente rilevare che, giusta quanto subito espressamente riconosciuto dalle autorità governative italiane con l'emanazione della circolare del Ministero della marina mercantile n. 21 del 9 luglio 1992 - basata sul conforme parere n. 598 del 13 maggio 1992 del Consiglio di Stato, Sez. II -, nonché in conformità di quanto ritenuto dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato con provvedimento n. 2879 del 9 marzo 1995, e secondo l'avviso quali unanima della dottrina, dal "dictum" e dalla "ratio" della ripetuta sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee si ricava una inequivocabile dichiarazione della radicale incompatibilità con l'ordinamento comunitario di tutta la normativa statuale nella presente sede contestata dall'attuale ricorrente: ciò posto, in virtù del saldo principio per il quale le sentenze interpretative della Corte predetta, ai sensi dell'art. 177 del Trattato Cee, sono immediatamente operative nel nostro ordinamento e determinano l'immediata disapplicazione della normazione nazionale ravvisata incompatibile con l'ordinamento comunitario, è senz'altro da ritenere che dalla dichiarazione cennata sia conseguita una automatica e generalizzata caducazione dell'efficacia delle discusse disposizioni statuali e la diretta attribuzione ai singoli dei diritti ad essi riconosciuti dalla sovraordinata normativa comunitaria, nonché, corrispettivamente, l'insorgenza del dovere dei giudici e di ogni altra autorità nazionale di tutelare, in ogni sede, tali diritti (cfr., "in terminis", al riguardo, oltre che la Corte di giustizia Cee, sent. 10.XII.1991, prec., cit., il già ricordato Cons. Stato, Sez. II, parere n. 598 del 13.V.1992, per il quale, in particolare ogni autorità amministrativa dotata "di specifica competenza 'in subiecta materia'... ha l'onere di procedere all'attuazione della sentenza in oggetto provvedendo alla non applicazione delle norme (statuali) 'contra ius'").
Sul tema, vale la pena di puntualizzare che questa Corte, con una pronuncia resa sulla problematica considerata dalla propria prima sezione civile, sulla base di una motivazione totalmente condivisibile, ha statuito che la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in data 10 dicembre 1991 sulla riserva, a favore delle compagnie e gruppi portuali, dell'esecuzione delle operazioni portuali ha avuto efficacia diretta ed immediata nel nostro ordinamento, ed ha comportato la subitanea e generalizzata disapplicazione degli artt. 110, ultimo comma, 111, ultimo comma, cod. nav. e di ogni normativa secondaria da tali disposizioni derivata (Cass. Sez. I civ., sent. n. 2787 del 28.III. 1997).
Nel contesto illustrato, ed alla stregua dei dati fin qui posti in risalto dalla declaratoria, risultante dalla impugnata sentenza della Corte d'appello di Genova, secondo la quale alla data dell'istituzione del presente giudizio, se non, addirittura, fino alla data di entrata in vigore della l. 28.1.1994 n. 84, sarebbe da escludere l'esistenza di un diritto subiettivo dell'attuale ricorrente a svolgere direttamente nell'ambito dello scalo marittimo de La Spezia qualsiasi operazione portuale si appalesa del tutto inaccettabile, dovendo, al contrario, opinarsi che siffatto diritto alla medesima senz'altro competesse in virtù del combinato dettato degli artt. 30, 48, 86 e 90 del Trattato Cee, da avere per immediatamente operanti nell'ordinamento nazionale a seguito della ridetta sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 10 dicembre 19991.
La declaratoria cennata, quindi, va cassata.
3) La "Tarros" s.p.a., con una domanda complementare rispetto a quella di cui al paragrafo precedente, ha chiesto accertarsi illegittimi e disapplicarsi, a mente degli artt. 4 e 5 l. 20.III.1865 n. 2248 all. E, i provvedimenti, risultanti dalle note in data 14 maggio 1992, di cui in narrativa, con i quali la Capitaneria di porto de La Spezia, in applicazione della normativa statuale come sopra ravvisata caducata, ha adottato misure comportanti restrizione dell'esercizio, e sostanziale negazione, del diritto da essa deducente accampato di svolgere incondizionatamente nell'ambito del suindicato scalo marittimo qualsiasi operazione portuale.
La Corte d'appello di Genova, con la decisione qui impugnata, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudizio ordinario in ordine alla cognizione della domanda di cui trattasi, osservando, a supporto della così resa pronuncia, che, nella ritenuta persistente vigenza al momento dell'azione dei provvedimenti contestati, almeno con riguardo a porto de La Spezia, delle norme statuali investite dalla declaratoria di incompatibilità con l'ordinamento comunitario di cui alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 10 dicembre 1991, prec. cit., i provvedimenti medesimi dovrebbero essere ritenuti espressione di un potere in virtù del quale la p.a. competente ad emetterli aveva la potestà di incidere sulle posizioni soggettive dei (relativi) destinatari", e che da ciò dovrebbe farsi conseguire "il difetto di giurisdizione dell'Ago a conoscere delle doglianze relative alle due note della capitaneria, eventuali doglianze al riguardo dovendo proporsi davanti agli organi di giustizia amministrativa".
La "tarros Terminal" s.p.a., con censure queste pure enucleabili dal complesso dei surricordati primi cinque mezzi di ricorso, prospetta che, nella da lei accampata, e come sub 2) acclarata, caducazione della normativa statuale in base alla quale i discussi provvedimenti amministrativi risultano essere stati adottati, tali provvedimenti avrebbero dovuto, e dovrebbero essere ritenuti emanati in una situazione di totale carenza di potere e, perciò, lesivi di un suo diritto subiettivo perfetto, tutelabile dinanzi al giudice, non già amministrativo, ma, ordinario.
Anche le censure in discorso sono fondate.
Nella (come nel paragrafo precedente) accertata caducazione delle norme statuali in base alle quali i provvedimenti della Capitaneria di porto da La Spezia in argomento sono stati emanati, e, quindi, nella riscontrata inesistenza del potere della p.a. anzidetta di adottare i provvedimenti medesimi, nonché nella rilevata concreta attitudine di questi ad incidere, pregiudicandole, su posizione soggettiva dell'odierna ricorrente, per quanto detto sub 2), configurantisi come diritto soggettivo, deve ritenersi la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda in discorso in base al principio, pacifico, per cui devono, di massima, considerarsi esperibili davanti al tale giudice tutte quelle azioni proposte nei confronti della p.a. che si ricolleghino ad atti e provvedimenti dalla stessa emessi nella carenza di un potere discrezionale, e che, perciò, finiscono per risolversi in pregiudizio per posizioni subiettive integranti diritti, e non interessi solo indirettamente protetti.
In accoglimento delle qui esaminate censure, pertanto, la sentenza impugnata va sassata anche nella statuizione recante la considerata declinatoria di giurisdizione.
4) La cassazione delle statuizioni della sentenza della corte distrettuale di cui sub 2) e sub 3), a mente dell'art. 336 cod. proc. civ., comporta la cassazione anche del capo della sentenza medesima, da esse manifestamente dipendente, recante il regolamento delle spese processuali, e, quindi, l'assorbimento dell'esame del sesto mezzo di ricorso, con il quale la "Tarros Terminal" s.p.a. denuncia essere inficiato tale capo di pronuncia da "violazione dell'art. 360 con 3 in relazione all'art. 91 c.p.c.", per aver posto a suo totale carico l'onere delle spese predette.
5) Conclusivamente, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere correlativamente cassata, e, previa dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda di cui al paragrafo 3), la causa, per un rinnovato esame, va rinviata dinanzi ad una sezione della Corte d'appello di Genova diversa da quella che ha reso la decisione annullata, demandando al così designato giudice di rinvio la pronuncia sulle spese della presente fase di legittimità.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese della presente fase di legittimità, dinanzi ad una sezione della Corte d'appello di Genova diversa da quella che ha reso la pronuncia cassata.



(pagina a cura di Enzo Fogliani - aggiornata il 3.4.2013) 

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