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massima

CORTE DI CASSAZIONE 
SEZ. L       SENT.  10621  DEL 28/10/1997
PRES. Pontrandolfi P.             REL. D'Angelo B.
PM. Leo A.  (Conf.)
RIC. Istituto previdenza settore marittimo - IPSEMA (Avv. Formica)
RES. Kisel e Vella
Conferma trib. Siracusa 14/09/94

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 24 giugno 1994, il tribunale di Siracusa, in riforma del la sentenza di primo grado, ha accolto la domanda proposta da Kisel Elda, ved. Vella, Vella Maria, Vella Agata e Vella Antonino contro la Cassa marittima meridionale, allo scopo di sentir riconoscere che l'incidente stradale mortale, di cui era rimasto vittima il rispettivo marito e padre, mentre nottetempo si recava con un ciclomotore dalla propria abitazione al posto di imbarco sul motopeschereccio presso il quale lavorava come motorista, costituiva infortunio in itinere.
Il tribunale, a seguito dell'accoglimento della domanda, dichiarava il diritto dei ricorrenti alla percezione del la rendita fino alle scadenze e nella misura di legge.
Avverso la sentenza l'Istituto di previdenza per il settore marittimo - Ipsema - succeduto alla Cassa Marittima, ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi di annullamento.
Gli intimati non si sono costituiti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo profilo del primo motivo di annullamento, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 6 e dell'art. 2 del T.U n. 1124 del 1965, deducendo che non poteva parlarsi nella specie di infortunio in itinere in quanto è precluso al marittimo, senza il permesso del comandante, scendere a terra ed assentarsi dalla nave, dalla quale, in definitiva, si era arbitrariamente allontanato per recarsi a casa, e da cui, al momento dell'incidente tornava.
La doglianza è infondata.
La censura riguarda la sentenza del tribunale laddove essa, esaminando le caratteristiche dell'imbarco e della permanenza a bordo in piccoli natanti, ha maturato il convincimento che sia logico e corretto ritenere che i marittimi ivi imbarcati si rechino a casa per pernottare, salvo ad imbarcarsi di nuovo al momento in cui il battello salpa per la pesca, non essendo equiparabile questa situazione a quella propria delle navi che compiono lunghi viaggi.
Sostiene la ricorrente che questa interpretazione è arbitraria, non tenendo essa conto del fatto che l'art. 188 del Codice della navigazione subordina lo sbarco alla autorizzazione del comandante.
In contrario deve osservarsi che non solo la tesi del tribunale non appare arbitraria, per quanto deve ritenersi che in una fatti specie come quella in esame il permesso del comandante ai marittimi per recarsi a dormire nella propria abitazione sia tacito, ma non per questo meno esplicito. Il Codice del la navigazione, infatti, non subordina l'autorizzazione a fatti formali, per cui è notorio che è consuetudine che i marittimi imbarcati su queste piccole navi- che non offrono alloggio - rimangano a bordo solo per il tempo in cui il peschereccio è in mare, mentre quando rientra in porto essi soggiornano a casa, salvo ad imbarcarsi al momento della nuova uscita.
Riduttiva e non condivisibile è poi la tesi dell'Istituto ricorrente, secondo la quale l'infortunio in itinere dei marittimi è disciplinato esclusivamente dall'art. 6 del T.U. de quo, per il quale "le persone indicate nell'ultimo comma dell'art. 4 hanno diritto alle prestazioni stabilita dall'art. 66 anche se l'infortunio avviene durante il viaggio compiuto per andare a prendere imbarco sulle navi a servizio delle quali sono arruolate o per essere rimpatriate nel caso in cui la dimissione dal ruolo abbia avuto luogo per qualsiasi motivo in località diversa da quella di arruolamento o da quella in cui esse trovansi al momento della chiamata per l'imbarco, sempreché nel viaggio di andata e ritorno esse non mutino senza ragione l'itinerario prestabilito".
E' noto che l'istituto dell'infortunio in itinere in via generale è una consolidata creazione giurisprudenza, e che l'art. 6 citato concerne l'unico caso in cui esso è previsto testualmente dalla legge.
Questo, tuttavia, non autorizza affatto a ritenere che ai marittimi non si applichino i principi generali in materia, tenendo presente che ciò non è escluso dalla norma in esame, che con la congiunzione "anche" aggiunge una ipotesi specifica a quelle previste in via generale.
D'altra parte il fatto si spiega con la considerazione che l'art. 6 copre ipotesi antecedenti all'inizio del lavoro e seguenti alla sua cessazione, per cui occorreva evidentemente una previsione specifica data la insussistenza di un rapporto di lavoro in atto.
La norme cui bisogna far riferimento sono invece gli Art. 2 e 4 del T. U. , applicabili a tutti i lavoratori che sino deceduti o abbiano subito la riduzione della capacità lavorativa per causa violenta in occasione di lavoro, in relazione all'art. 127 stesso testo, per il quale l'assicurazione dei marittimi avviene non con l'Inail ma con le apposite Casse.
Ne segue che il profilo del primo motivo ora esaminato è infondato.
Con un secondo profilo del motivo il ricorrente sostiene che non ricorrerebbero comunque le condizioni dell'infortunio in itinere, ma la allegazione è del tutto generica e di stile, in quanto non è argomentata, mentre la sentenza del tribunale ha in punto di fatto ravvisato nella fatti specie l'esistenza del rischio specifico, negato solo apoditticamente dalla ricorrente, anche in relazione al mezzo di trasporto usato.
Quindi il tribunale, facendo applicazione dei principi elaborati da questa Corte in materia, secondo i quali l'infortunio in itinere è fondato su un concetto estensivo dell'occasione di lavoro, ha motivatamente ritenuto che ri corressero le condizioni di un tale infortunio.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 85 del T.U. citato, oltre che vizi della motivazione, per il fatto che il tribunale ha riconosciuto la rendita anche in favore di Vella Agata, che aveva superato il ventiseiesimo anno di età, e di Vella Maria, maggiorenne, la quale non aveva dimostrato di seguire un corso universitario, come richiesto dalla legge.
Anche questo motivo è infondato.
Il tribunale ha positivamente accertato che Vella Marie e Vella Agata, figlie del marittimo deceduto, hanno diritto alla rendita fino al compimento del ventiseiesimo anno di età , avendo anche provato che erano iscritte all'Università di Catania fin dal 1991, e questo è un accertamento di fatto incensurabile in questa sede.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Nulla va liquidato a titolo di spese processuali non essendosi gli intimati costituiti.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.


(pagina a cura di Enzo Fogliani - aggiornata il 27.3.2013) 

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