Enzo Fogliani
 massima

CORTE DI CASSAZIONE
 SEZ. 2 SENT. 07612 DEL 14/08/1997
 PRES. Girone G   REL. Elefante A 
 PM. Carnevali A (Conf.)
 RIC. F.lli Martini S.p.A. (Avv. Romanelli)
 RES. Italia di Navigazione S.p.A. (Avv. Raimondi)
conferma app. Genova 15 giugno 1994

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione 6.3.1989, la S.p.A. F.Ili Martini & C. (in seguito Martini) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova la S.p.A Italia di Navigazione (in seguito Italia) al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito dei seguenti fatti.
ll 22.6.1988 la Martini, tramite il mediatore francese Dalsace Freres, acquistava dalla ditta americana E. E. Burlingham & Sons (in seguito Burlingham), rappresentata dal mediatore John Zuelzen & Sons, una partita di semi di trifoglio incarnato. ll contratto (n. 009530-9860 del 22.6.1988) prevedeva il pagamento contro documenti e l'imbarco ("shipment") della merce sulla m/n "Cielo di Amalfi" (viaggio V/10E) diretta a Livorno, con partenza da Seattle (o altro porto vicino) il 22.7.1988.
ll 5.8.1988 la Martini rivendeva la partita di semi di trifoglio alla ditta Cerealmangimi di Marzano & Petrera (in seguito Cerealmangimi) con un contratto che indicava la consegna della merce "in derivazione dalla m/n Cielo di Amalfi prevista partire dall'origine il 22.7.1988".
ll 16.8.1988 la venditrice Burlingham presentava alla banca (Credito Romagnolo di Cesena) incaricata (dalla Martini) del pagamento del prezzo la documentazione relativa alla partita di semi, tra cui le (tre) polizze di carico rilasciate il 21.7.1988 dal raccomandatario in Portland del vettore Italia indicanti l'avvenuto imbarco ("Loaded on board") della merce sulla m/n Cielo di Amalfi in data 21.7.1988, viaggio V/10E. In base a tali documenti, su istruzione dell'acquirente Martini, la banca provvedeva al pagamento del prezzo della merce in favore della Burlingham.
ll 2.9.1988 la m/n Cielo di Amalfi giungeva a Livorno senza la predetta merce, che risultava imbarcata sulla m/n Pancaldo, partita da Portland il 29.7.1988 e giunta a Livorno il 16.9.1988.
A seguito di ciò, la Martini non riusciva a consegnare la merce nel termine pattuito alla Cerealmangimi, la quale il 6.9.1988 risolveva il contratto per inadempimento. La Martini era allora costretta a vendere la merce tramite un pubblico mediatore a un prezzo inferiore a quello pattuito con la Cerealmangimi, subendo così un grave pregiudizio, da qui la richiesta di risarcimento danni.
L'Italia contestava la domanda, facendo presente che la conferma di vendita 7.7.1988 (come il "contract memorandum" del 24.6.1988) non conteneva alcun termine essenziale per l'imbarco e/o per la consegna della merce, essendo ivi stabilito che l'imbarco doveva avvenire nel "Luglio 88", mentre la data del 22.7.1988 era contenuta unicamente nella proposta anteriore alla conferma di vendita. Per cui, essendo stata la merce imbarcata sulla m/n Pancaldo (che aveva sostituito la m/n Cielo di Amalfi della stessa linea) entro il mese di luglio (come previsto nella suddetta conferma di vendita 7.7.1988), il fatto che l'agente americano della vettrice Italia aveva erroneamente emesso polizze di carico indicante quale data di imbarco il 21.7.1988 anziché il 29.7.1988 era del tutto irrilevante, atteso che, se le polizze di carico avessero riportato l'effettiva data d'imbarco (29.7.1988), la Martini non avrebbe comunque potuto rifiutare il pagamento del prezzo di vendita alla Burlingham, avendo quest'ultima rispettato il termine pattuito per l'imbarco della merce (mese di luglio 1988). D'altronde la Martini fin da 27.7.1988, prima che rivendesse la partita di semi alla Cerealmangimi, era stata informata dalla venditrice Burlingham (mediante telex) che la merce era prevista in partenza per il 29.7.1988 e nulla aveva eccepito al riguardo. Pertanto il 5.8.1988, quando aveva rivenduto la merce alla Cerealmangimi, la Martini sapeva che la nave non era partita il 22.7.1988 e, del resto, nel contratto concluso con la Cerealmangimi non era stata indicata alcuna data per l'arrivo della merce, ma solo quella prevista di partenza; per cui se la Martini avesse indicato quella reale, la Cerealmangimi non avrebbe potuto dolersi del ritardo.
ll Tribunale rigettava la domanda della Martini.
La Corte di Appello di Genova, con sentenza 7.4-15.6.1994, confermava tale decisione, tranne che in tema di liquidazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, che riduceva perché eccessivi.
A fondamento della propria decisione, la Corte genovese, dopo aver qualificato come danno emergente quello lamentato dalla Martini a titolo di differenza tra il prezzo versato alla ditta Burlingham e il prezzo ricavato dalla vendita fatta a mezzo di pubblico mediatore, e come lucro cessante la differenza tra il prezzo pattuito con la stessa Burlingham e quello che avrebbe potuto riscuotere dalla Cerealmangimi, escludeva la risarcibilità dei summenzionati due tipi di danno per la mancanza, quanto al primo, di qualsiasi nesso eziologico tra questo e il lamentato illecito addebitato all'Italia (emissione di una polizza ideologicamente falsa) e, quanto al secondo, per essere stato tale nesso interrotto dal comportamento della Martini stessa.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la Martini in base a due motivi di impugnazione, ognuno suddiviso rispettivamente in nove e cinque punti.
L'Italia resiste con controricorso, illustrato con memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I. Con il primo motivo la ricorrente Martini deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 459 e 460 cod. nav. ex art. 360 n. 3 c.p.c.; omessa e/o insufficiente motivazione circa punti decisivi della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c.; e censura l'impugnata sentenza laddove ha escluso il "nesso causale" fra la "falsità" della "polizza di carico" e il "danno emergente" come conseguenza necessaria del "fatto" del pagamento del prezzo della merce da parte del compratore.
Al riguardo aggiunge:
 1. La Corte genovese è giunta a tale conclusione in base all'impossibilita di qualificare tale pagamento altrimenti che come un rinuncia da parte della compratrice ad avvalersi del diritto di "risolvere" il contratto di vendita o come un riconoscimento da parte di essa compratrice della tempestività della spedizione della merce rispetto al termine dedotto in contratto. Sennonché la riduzione a tali due uniche alternative deve considerarsi la conseguenza di un evidente errore di diritto, per non aver tenuto conto la Corte di merito del disposto dell'art. 459 cod. nav., secondo il quale la polizza di carico fa prova dell'avvenuta caricazione, e dell'art. 460 cod. nav., in base al quale la polizza di carico deve indicare la data di caricazione. Se avesse applicato tali norme di legge, la Corte di merito avrebbe dovuto ipotizzare - in alternativa alla rinuncia al diritto o al riconoscimento della tempestività della spedizione da parte della Martini - anche una terza possibile motivazione giuridicamente rilevante dell'avvenuto pagamento, ossia la erronea convinzione da parte del suo autore di essere giuridicamente obbligato ad effettuare tale pagamento in realtà non dovuto secondo l'ordinamento e come tale, pertanto, rimesso alla sua discrezionalità.
 2. Erroneamente la Corte genovese, incorrendo in vizio di omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa punti decisivi della Controversia, ha affermato la tempestività della spedizione della merce, ritenendo che il rapporto contrattuale era disciplinato dal "contract memorandum" e "confirmation / amended contract" del 7.7.1988, che prevedeva la spedizione per "luglio 1988", e non anche dal "merchandise contract" del 24.6.1988, che prevedeva, invece, la spedizione per il 22.6.1988 mediante la m/n Cielo di Amalfi.
.2 bis. La Corte non ha dato alcuna giustificazione della disapplicazione o mancata considerazione di tale documento del 24.6.1998 che stabiliva i termini e le modalità di spedizione della merce.
 2 ter. Poiché in base al combinato disposto degli artt. 1321, 1322, 1230, 1231 e 1372 c.c. (di cui si denuncia la violazione ex art. 360 n. 3 c.p.c.) le parti di un contratto possono liberamente e in qualsiasi momento modificare - con effetto vincolante per esse - le proprie obbligazioni o il contenuto di queste così come assunte, per cui la nuova regolamentazione del rapporto contrattuale posta in essere succede - annullandola - a quella precedente, la Corte di Appello non avrebbe dovuto neppure considerare - ai fini dell'accertamento del termine dedotto in contratto dalle parti per la spedizione della merce - quanto al riguardo risultante dagli "scritti" intercorsi (peraltro tra i mediatori) anteriormente alla formazione del contratto del 24.6.1988.
 2 quater. Inoltre la Corte genovese ha ravvisato nella "rinnovazione" in data 7.7.1988 della "confirmation" n. 806357 la manifestazione di volontà della Martini di modificare il preciso "termine" per la "spedizione" della merce quale risultante dal "merchandise contract" del 24 giugno 1988, attraverso il ripristino del generico "termine" al riguardo originariamente concordato fra i "mediatori" (July 1988) e recepito nei rispettivi "contract memorandum" e "confirmation" entrambi datati 23 giugno 1988 (e, pertanto, anteriori al citato "merchandise contract"). Così facendo, i giudici dell'appello hanno palesemente violato e/o falsamente applicato il disposto degli artt. 1230 e/o 1231 c.c., in quanto non avrebbero dovuto riconoscere a detta rinnovata "confermation" alcuna efficacia innovativa o modificativa del rapporto, né quanto al termine quale fissato nel - cronologicamente anteriore - "merchandise contract", né con riferimento a qualsivoglia altro aspetto contrattuale.
 2 quinquies. La Corte di Appello ha violato gli artt. 459 e 460 cod. nav. allorché ha ritenuto il pagamento "senza riserve" del prezzo da parte della Martini argomento decisivo al fine della tempestività della spedizione, considerando come termine ultimo per la spedizione il 31.7.1988 anziché il 22.7.1988, completamente dimenticando che la "polizza di carico" ha la funzione di attestare, non solo l'avvenuta stipulazione del contratto di trasporto marittimo, ma anche la data dell'avvenuta spedizione della merce. Senza alcuna motivazione ed illogicamente ha elevato a rango di argomento decisivo il comportamento della Martini quanto al pagamento del prezzo, mentre in realtà tale pagamento è fatto non solo privo di qualsiasi valenza ermeneutica ai fini della prospettazione ex art. 1362 c.c. del termine di spedizione come quello effettivamente concordato dalle parti, ma anche assolutamente inidoneo ad assurgere ad elemento motivo.
 2 sexties. Erroneamente la Corte di appello ha cercato di motivare ex art. 1362 c.c. il proprio assunto secondo cui il termine per la spedizione della merce sarebbe stato "luglio 1988", in base alla possibile natura involontaria e, quindi, semplicemente colposa della formazione della polizza di carico falsa, senza considerare che - mentre la vettrice Italia è terza rispetto al contratto di compravendita stipulato tra la Burlingham e la Martini - il comportamento che rileva, ai sensi dell'art. 1362 c.c., è quello delle parti contraenti e non quello del terzo.
 2 septies. Al fine di determinare la effettiva comune volontà dei contraenti circa il termine entro il quale la merce venduta avrebbe dovuto essere spedita, la Corte di Appello ha considerato solo il comportamento della compratrice Martini, trascurando completamente il comportamento della venditrice Burlingham, violando così il disposto dell'art. 1362, secondo comma, c.c. che fa riferimento al comportamento "complessivo" delle parti. Se avesse tenuto conto del comportamento della Burlingham, la Corte di Appello sarebbe giunta a ben altra conclusione circa l'effettivo termine per la spedizione della merce.
 2 octies. L'impugnata sentenza, sempre in sede di interpretazione del contratto al fine di accertare il termine entro il quale la merce avrebbe dovuto essere spedita, ha omesso di considerare che il contratto era governato dalle "Regole Fis", e quindi dall'art. 39 (che stabilisce la spedizione, in caso di via mare, entro 28 giorni dalla data di stipulazione del contratto). Se avesse considerato ciò e applicato l'art. 1363 c.c., in base al quale le clausole contrattuali vanno interpretate le une per mezzo delle altre, avrebbe dovuto necessariamente concludere che l'intenzione delle parti era quella di fissare (indirettamente) il 21 o 22 luglio come termine entro il quale la spedizione della merce avrebbe dovuto avvenire.
 2 novies. L'impugnata sentenza, allorché ha ritenuto che il contratto di compravendita tra la Burlingham e la Martini fu concluso in data 7.7.1988 (anziché il 24.6.1988), è incorsa in violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1321 c.c., il quale nega effetto novativo dell'obbligazione - e quindi del negozio fonte delle medesima - alle modificazione accessorie apportate ad essa obbligazione, nonché in violazione dell'art. 1326 c.c., in tema di conclusione del contratto.
II. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia omessa e/o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c., e censura l'impugnata sentenza laddove ha ritenuto che il nesso causale tra il danno da lucro cessante lamentato e la risoluzione contrattuale da parte della Cerealmangimi, sarebbe stato interrotto dal comportamento della Martini.
La ricorrente sostiene:
 1. La motivazione della sentenza è contraddittoria ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. in quanto afferma in una parte che detta risoluzione è stata determinata dal ritardo nell'arrivo della merce, mentre in altra parte sostiene che è stata determinata dal mancato rispetto delle condizioni di consegna della merce e segnatamente dalla mancata derivazione dalla m/n Cielo di Amalfi.
 2. Inoltre la motivazione, nella parte in cui afferma che non esisteva un "interesse" meritevole di tutela ad una consegna della merce in derivazione della m/n Cielo di Amalfi, è incorsa in errore di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.), sia per violazione dell'art. 451 cod. nav. in relazione all'art. 1381 c.c., dato che chi ha promesso l'obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto ad indennizzare l'altro contraente, se il terzo rifiuta o non compie il fatto premesso, sia per violazione dell'art. 1456 c.c. in relazione all'art. 63 delle "Regole Fis", atteso che tale ultimo articolo si configura come una clausola risolutiva espressa che attribuisce alla parte la facoltà di risolvere il contratto indipendentemente dalla natura dell'obbligazione non adempiuta e della modalità non rispettata.
 3. Contraddittoriamente i giudici di appello hanno ricondotto la "risoluzione" del contratto da parte della Cerealmangimi in un primo momento al "ritardo accumulato" e in un secondo momento all'impossibilita per questa di vendere la merce ai produttori che si erano riforniti altrove, senza considerare che la "prestazione", la cui sopravvenuta impossibilità comporta ex art. 1463 c.c. la risoluzione del contratto, deve essere prevista in contratto, e non in eventuali altri contratti, e che l'impossibilità deve essere la conseguenza di un impedimento oggettivo ed assoluto di carattere definitivo.
 4. L'impugnata sentenza ha, altresì, violato gli artt. 1362, 1363, 1369 e 1324 c.c., in quanto: a) non ha tenuto conto del fatto che il contratto stipulato tra la Martini e la Cerealmangimi era disciplinato dalle "Regole Fis"; b) non ha indagato la comune effettiva intenzione delle parti quanto al concordato termine per la consegna ovvero spedizione della merce; c) non ha attribuito alle espressioni contenute nella dichiarazione 6.9.1988 della Cerealmangimi il senso più conveniente alla natura ed oggetto di tale atto.
 5. Infine la sentenza impugnata, nell'escludere il nesso di causalità tra la ritardata esecuzione del trasporto della merce e il danno subito dalla Martini, ha pure violato gli artt. 1223 e 2056 c.c., in quanto il lamentato danno da "lucro cessante" è stato la conseguenza diretta ed immediata dell'illecito comportamento della Italia, che aveva fornito una polizza ideologicamente falsa in relazione alla quale la Marni si obbligò verso la Cerealmangimi a consegnare la merce in derivazione dalla m/n Cielo di Amalfi.
III. Il primo motivo è infondato sotto tutti i profili, che, stante la loro stretta connessione, vengono trattati unitariamente.
L'impugnata sentenza ha ampiamente spiegato, con motivazione esente da vizi logici e giuridici (onde sono da escludere i dedotti vizi di motivazione e violazione di legge), perché la domanda risarcitoria della ricorrente Italia andava rigettata, dato che, sulla base del carteggio versato in atti, era risultato insussistente il "nesso causale" tra la "falsità" della polizza di carico e il lamentato "danno emergente".
Hanno, infatti, osservato i giudici d'appello come il pagamento del prezzo da parte della Martini, senza riserve, alla venditrice americana Burlingham, dopo che aveva ricevuto sia la polizza di carico "falsa" indicante quale data di imbarco della merce il 21.7.1988 (sulla m/n Cielo di Amalfi V/10E), sia la fattura 7225 del 1.8.1988 indicante quale data di imbarco della merce ("shipped") il 29.7.1988 (sulla m/n Pancaldo), costituisse circostanza decisiva nell'interpretazione di documenti tra loro in parte confliggenti e della stessa volontà negoziale delle parti. Invero, tale pagamento stava a significare: a) o che la Martini aveva preferito rinunciare ad avvalersi della facoltà di "estinguere il contratto" (risoluzione), secondo la regola Fis n. 63, per cui non poteva più parlare di un esborso non dovuto da imputarsi alla redazione di una polizza di carico "falsa"; b) oppure, come già fermato dal Tribunale, quale criterio indicativo dell'effettiva volontà dei contraenti (art. 1362 c.c.), la caricazione non era stata tardiva, onde anche in tal caso non vi era nesso eziologico tra la polizza "falsa" e il danno. In effetti, il pagamento senza riserve da parte della Martini stava a significare che la Burlingham non era inadempiente e che la dedotta "falsità" della polizza di carico era irrilevante.
Al riguardo, al fine di accertare quale fosse stata la data di caricazione effettivamente convenuta tra le parti, la Corte genovese ha proceduto alla ricostruzione della volontà dei contraenti, in base all'esame dei documenti, allo scambio di corrispondenza, alle trattative intercorse tra i mediatori, e ha ritenuto che da tutto il carteggio contrattuale emergeva che il termine previsto per la spedizione era il mese di luglio, dovendosi considerare come documento conclusivo (non il "merchandise contract" del 24.6.1988, che prevedeva quale termine per la spedizione della merce il 22.7.1988, come sostenuto dalla Martini, ma) il contratto ("amended contract") del 7.7.1988, atteso che in questo erano contenute le condizioni contrattuali definitive, cui erano pervenute le parti a conclusione (art. 1326 c.c.) delle loro trattative.
L'estrapolazione da parte della ricorrente di alcuni passi da tale contesto unitario (omettendone altri e, comunque, non riportando nella sua interezza il ragionamento seguito dalla Corte di Appello), per inferirne pretesi vizi motivazionali o violazioni di legge, è operazione che non serve allo scopo, anche perché l'interpretazione del contenuto contrattuale costituisce apprezzamento di fatto affidato al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per insufficienza o contraddittorietà della motivazione, tale da non consentire la ricostruzione dell'iter logico seguito per giungere alla decisione, ovvero per violazione delle norme ermeneutiche, la quale però deve essere dedotta precisandosi in qual modo il ragionamento del giudice di merito abbia deviato da esse, perché in caso diverso, le critiche dell'apprezzamento operato dal suddetto giudice e la prospettazione di una diversa interpretazione costituiscono una censura inammissibile in sede di legittimità, onde la sentenza impugnata non è suscettibile di cassazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. per il solo fatto che gli elementi considerati dal giudice di merito siano, secondo l'opinione del ricorrente, tali da consentire una diversa valutazione, conforme alla tesi da lui sostenuta (Cass. 18.6.1992 n. 1740; 21.5.1990 n. 4577; 11.2.1989 n. 1356).
Poiché la sentenza impugnata, dopo aver esaminato tutti i documenti in atti e il comportamento tenuto dalle parti, ha spiegato, con motivazione scevra da vizi logici e giuridici, perché le trattative intercorse tra le parti dovevano ritenersi concluse non con il "merchandise contract" del 24.6.1988 ma con l'"amended contract" del 7.7.1988, la dedotta violazione degli artt. 1321, 1322, 1230, 1231 e 1372 è del tutto insussistente.
Correttamente l'impugnata sentenza, una volta accertato che in base all'accordo contrattuale conclusivo ("amended contract" 7.7.1988) era previsto, quale termine per la spedizione-caricazione della merce, il mese di luglio 1988, ha ritenuto che la falsità della polizza 21.7.1988 era irrilevante (donde l'inconferenza della dedotta violazione degli artt. 459 e 460 cod. nav.), dato che il venditore, purché avesse rispettato il termine del 31.7.1988, avrebbe avuto comunque diritto al corrispettivo, come appunto era avvenuto con il pagamento del prezzo alla Burlingham senza riserve da parte della Martini, ed ha di conseguenza escluso che tra l'emissione della polizza falsa e il danno emergente lamentato dalla ricorrente potesse sussistere nesso di causalità.
Invero, in tema di trasporto marittimo, l'emissione della polizza di carico con falsa indicazione della data di caricazione della merce a bordo della nave, ove il titolo rappresentativo non debba essere emesso entro una data determinata, assume rilievo, quale evento produttivo di responsabilità extracontrattuale (solidale del vettore e del caricatore), solo nel caso in cui sia derivato un danno ingiusto a terzi (normalmente al destinatario della merce) (Cass. 25.2.1979 n. 1218; 12.9.1962 n. 2586).
IV. Anche il secondo motivo è infondato, in tutti i suoi aspetti.
La sentenza impugnata motivatamente ha escluso l'esistenza di un collegamento eziologico tra il lucro cessante (derivante dalla risoluzione del contratto da parte della Cerealmangimi) e l'emissione di polizza falsa.
Ha, infatti, osservato che, sebbene il contratto 5.8.1988 tra la Cerealmangimi e la Martini prevedeva fra l'altro la consegna "in derivazione della m/n Cielo di Amalfi, prevista partire dall'origine il 22.7.1988" e che nella nota 6.9.1988 la Cerealmangimi lamentava che non erano state rispettate le condizioni di consegna della merce previste contrattualmente e cioè in derivazione della m/n Cielo di Amalfi, in realtà il recesso della Cerealmangimi si fondava sulla constatata impossibilità di ricevere la merce entro il 9.9.1988 e non sulla mera sostituzione della nave, non esistendo al riguardo, in considerazione anche dell'art. 451 cod. nav., un interesse meritevole di tutela. In effetti la questione sostanziale non era la diversità di nave, ma quella chiaramente indicata relativa al trasporto nei tempi previsti, e quindi il ritardo accumulato che aveva reso la merce di fatto invendibile nella zona.
Sennonché la conoscenza da parte della Martini fin dal 27.7.1988 (come da telex inviatole dalla Burlingham) della effettiva data di imbarco della merce e partenza della nave il 29.7.1988, imponeva alla stessa, in conformità ai doveri di correttezza e buona fede contrattuale (art. 1337 c.c.), di indicare alla Cerealmangimi tale data, e non quella del 22.7.1988 (quale "prevista data di partenza" della nave) che ormai sapeva non essere più rispondente al vero. Per cui, se la Marta avesse menzionato nel contratto 5.8.1988 l'effettiva data di partenza della nave, la Cerealmangimi, in relazione ad un carico che sarebbe dovuto arrivare il 9.9.1988, con termine fino al 16.9.1988 per la spedizione, non avrebbe potuto il 6.9.1988 far riferimento a ritardo accumulato e risolvere il contratto.
La dedotta violazione dell'art. 451 cod. nav. è da escludere perché, nel trasporto marittimo, il vettore può sostituire la nave designata con altra nave della medesima classe e idonea a compiere il trasporto senza ritardo, salva espresso divieto che, nel specifico, non risulta che ci sia stato; mentre la prospettata risoluzione del contratto per mancata prestazione del fatto del terzo (artt. 1381 e 1456 c.c.) introduce una questione nuova, come tale inammissibile in sede di legittimità.
Pertanto coerentemente l'impugnata sentenza, rilevato che il lamentato danno era stata causato da ritardo e non da mancato della merce sub m/n Cielo di Amalfi, e che tale ritardo era configurabile in relazione alla data di partenza (e correlate di arrivo) inesattamente indicata dalla Martini (la quale, pur essendo a conoscenza che la merce era stata imbarcata il 29.7.1988 e non il 22.7.1988, aveva invece in contratto menzionato tale ultima data), ha affermato che il comportamento della Martini aveva interrotto il nesso causale così come dalla stessa prospettato, dato che il lamentato danno era stato donato non dall'emissione della polizza antidatata (falsa), ma dalla consapevole e colpevole indicazione da parte della stessa Martini di una data di partenza della nave, diversa ed antecedente a quella effettiva.
Ed è appena il caso di ricordare che l'accertamento della sussistenza del nesso di causalità si risolve in un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto, come nel caso specifico, da motivazione congrua e immune da vizi (cfr. fra le tante: Cass. 29.4.1996 n. 3939; 26.2.1988 n. 2051; 11.2.1988 1473).
V. In conclusione il ricorso va rigettato.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.


(pagina a cura di Enzo Fogliani - aggiornata il 27.3.2013) 

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