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SEZ. 3 SENT. 05801 DEL 28/06/1997
PRES. Sciolla Lagrange Pusterla AREL. Marletta G
PM. Maccarone V (Conf.)
RIC. Agenzia marittima Catmar (Avv. Tricerri)
RES. Barbagallo (avv. Alessi)
conferma app. Genova 18 luglio 1994
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 18 gennaio 1990 Barbagallo
Giorgio,
esponendo che il 18 novembre 1988 tre marittimi di
nazionalità russa,
imbarcati sul mercantile "Kurz", battente bandiera russa, si erano
portati
nell'esercizio di elettrodomestici da lui gestito, insieme al fratello,
in La Spezia e, impegnata una colluttazione col titolare, avevano
tentato
di appropriarsi di merce esposta; che il deducente, spinto e
strattonato,
aveva riportato lesioni; che i tre marittimi erano stati fermati dalla
Polizia di Stato e denunciati per resistenza a pubblico ufficiale ed
altro;
che il rappresentante della Agenzia Marittima "Catmar", intervenuto
nell'immediatezza
del fatto, aveva garantito il risarcimento dei danni cagionati dai tre
facinorosi, senza che peraltro tale obbligazione venisse poi adempiuta.
Tutto ciò premesso, il Barbagallo conveniva in giudizio
davanti
al Tribunale di La Spezia l'Agenzia Marittima "Catmar", chiedendone la
condanna all'adempimento dell'obbligazione assunta.
Si costituiva in giudizio il "titolare" dell'Agenzia convenuta,
deducendo
che l'obbligazione fatta valere in giudizio era stata da lui assunta
nella
veste di raccomandatario dell'armatore della nave russa "Fishing
Company
Atlantica" con sede in Sebastopoli, sicché in tale veste
avrebbe
dovuto essere evocato in giudizio.
L'adito Tribunale, in esito all'istruttoria espletata, con sentenza
del 18 giugno 1992 condannava la convenuta a pagare all'attore la
complessiva
somma di L. 27.960.855 oltre interessi legali.
Avverso tale sentenza l'Agenzia Marittima "Catmar" proponeva appello,
che veniva rigettato dalla Corte d'Appello di Genova con sentenza del
18
luglio 1994.
Osservava la Corte territoriale, per quanto in questa sede rileva,
che correttamente i primi giudici avevano ricondotto l'assunzione, da
parte
della Agenzia Marittima "Catmar", dell'obbligazione risarcitoria verso
il Barbagallo negli schemi dell'accollo, escludendo che il Lazzeri,
titolare
dell'Agenzia, si fosse obbligato quale rappresentante dell'armatore.
Ciò
era dato riscontrare dalle risultanze della prova testimoniale. Non
aveva
rilievo l'obiezione dell'appellante secondo la quale l'agenzia
raccomandataria
non avrebbe avuto interesse alcuno ad assumere in proprio
l'obbligazione
risarcitoria. Costituendo, infatti, l'accollo un negozio dotato di
finalità
autonoma e di causa a sé stante, distinta da quella del
rapporto
fondamentale, è irrilevante il titolo o la ragione per la
quale
il terzo si è obbligato verso il creditore, e quest'ultimo
abbia
reso irrevocabile la relativa dichiarazione con l'aderire ad essa,
così
liberando il debitore originario.
Non poteva comunque essere negato l'interesse proprio dell'Agenzia
raccomandataria dell'armatore a rimuovere prontamente ogni ostacolo
alla
partenza della nave, "alla luce dei rapporti economici esistenti fra le
parti".
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l'Agenzia
Marittima
"Catmar" s.a.s., svolgendo un unico complesso motivo.
Resiste il Barbagallo con controricorso, illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo, la ricorrente svolge diverse censure.
Deduce anzitutto che la decisione impugnata, valutando in modo illogico
e con inadeguata motivazione la deposizione del teste Ratti, avrebbe
ritenuto
che, secondo le dichiarazioni del predetto teste, il Lazzeri
nell'assumere
l'impegno di risarcire il danno al Barbagallo, avrebbe agito quale
titolare
dell'Agenzia marittima "Catmar" e non in nome dell'armatore. Invero,
l'avere
egli suggerito al Barbagallo di documentare il danno perché
l'agenzia
lo potesse contabilizzare e l'essersi egli presentato quale "titolare"
dell'agenzia marittima "Catmar" non consentivano sotto il profilo
logico
le conclusioni cui la Corte era pervenuta.
Deduce poi che la valutazione delle prove testimoniali non aveva tenuto
conto del principio, espresso dall'art. 287 cod. nav., per cui l'agente
raccomandatario marittimo "in quanto tale" rappresenta l'armatore.
Priva
di rilievo sarebbe la circostanza della mancata spendita, da parte
dell'agente,
del nome dell'armatore, anche in considerazione della
facoltà attribuita
al terzo dall'art. 1393 c.c. di esigere la giustificazione dei poteri
del
rappresentante; peraltro il Barbagallo non aveva lamentato l'esercizio
di una rappresentanza senza potere.
Del pari irrilevante sarebbe la questione della
responsabilità
o meno dell'armatore per i fatti dolosi dell'equipaggio a terra.
Ciò
che invece rilevava era che il Lazzeri era intervenuto come agente
marittimo,
cioè come raccomandatario dell'armatore - circostanza
pacifica che
lo stesso Barbagallo aveva esposto nell'atto introduttivo -.
Conseguentemente,
l'agente dell'armatore non poteva essere intervenuto che in
rappresentanza
di quest'ultimo. Se poi l'armatore non fosse da considerare
responsabile
del fatto doloso dell'equipaggio a terra, a fortiori non avrebbe potuto
risponderne l'agente raccomandatario.
Tali censure sono infondate.
La sentenza impugnata ha, con motivazione adeguata e del tutto esente
da vizi logici, e facendo propria la motivazione dei primi giudici,
ritenuto,
sulla base delle deposizioni testimoniali e in particolare della
deposizione
del teste Ratti, che il Lazzeri, intervenuto qualche giorno dopo la
commissione
dell'illecito, in presenza del Barbagallo e del Console russo, per
risolvere
la controversia in modo che non vi fosse ostacolo alla partenza della
nave,
si era dichiarato disponibile a risarcire i danni sofferti dal
Barbagallo,
in tal senso assumendo uno specifico obbligo, e suggerendo al
danneggiato
di documentare il danno in modo che egli lo potesse riportare nella
contabilità
dell'Agenzia.
La conclusione tratta dalla Corte di merito circa la volontà
del Lazzeri di riferire l'obbligazione risarcitoria da lui assunta
all'Agenzia
di cui era rappresentante e non all'armatore, appare del tutto logica
sulla
base delle deposizioni testimoniali utilizzate.
La questione, sollevata dalla ricorrente, in ordine alla
necessità
e, quasi, all'automaticità del riferimento dell'obbligazione
dell'agente
raccomandataria "Catmar" all'armatore quale soggetto da essa
rappresentato
è mal posta e comunque non consente di pervenire a diverse
conclusioni.
La riferibilità degli atti posti in essere dall'agente
raccomandatario
all'armatore - o al vettore o al noleggiatore - indipendentemente dal
conferimento
al primo di uno specifico potere di rappresentanza presuppone che
trattasi
di atti inerenti agli specifici compiti del raccomandatario, in
relazione
ai quali quest'ultimo è dotato del potere rappresentativo.
L'agente raccomandatario, in quanto mandatario con rappresentanza
dell'armatore
(artt. 287, 288 cod. nav.) o del vettore o del noleggiatore,
è abilitato
ad operare in nome e per conto del "dominus" per tutte le prestazioni
concernenti
le operazioni di appoggio alla nave in arrivo o in partenza. In
particolare,
a norma degli artt. 2, 3 e 4 della legge n. 135 del 1977, la
rappresentanza
sostanziale del raccomandatario si estende ad una serie di
attività
giuridiche, negoziali e non negoziali, e materiali attinenti ai suoi
compiti
(assistenza al comandante nei confronti delle autorità
locali o
di terzi, ricezione e consegna delle merci, operazioni di imbarco e
sbarco
dei passeggeri, acquisizione di noli, conclusione di contratti di
trasporto,
ecc.) che ineriscono alla normale "gestione" della nave (cfr. Cass.
4935/91;
Cass. 4616/91, ecc.).
Tale potere di rappresentanza, quindi, ancorché generale,
non
è configurabile con riguardo ai fatti illeciti
extracontrattuali
commessi dall'armatore - o dal vettore o noleggiatore - ovvero da
componenti
dell'equipaggio dei quali quest'ultimo debba rispondere, del tutto
avulsi
dai compiti del raccomandatario.
Nella specie, una "contemplatio domini" con riguardo all'armatore non
è configurabile in relazione alla assunzione di
un'obbligazione
risarcitoria da fatto illecito extracontrattuale da parte del
raccomandatario
che non sia munito di procura ad hoc, non riferendosi il rapporto
obbligatorio
a situazioni inerenti alla "gestione" della nave. Non vi è,
infatti,
alcuna connessione tra i fatti illeciti commessi a terra
dall'equipaggio
della nave e il complesso delle attività delle quali consta
la gestione
rappresentativa diretta affidata al raccomandatario, che sono le
attività
tipiche della raccomandazione marittima (prestazioni di appoggio,
imbarco
e sbarco, arrivo e permanenza della nave) e quelle di natura
eminentemente
commerciale coordinate con le prestazioni proprie dell'incarico
raccomandatoriale.
Correttamente, quindi, la sentenza di primo grado, con argomentazioni
recepite da quella di appello, aveva escluso che il potere di
rappresentanza
del raccomandatario potesse estendersi alla sfera extracontrattuale,
salvo
un mandato ad hoc, che nella specie non risultava esistere: quanto meno
con riguardo a fatti illeciti che, come quello in esame, non erano in
alcun
modo ricollegabili ad attività e situazioni di fatto
nell'ambito
delle quali il potere rappresentativo operava.
E', quindi, del tutto infondata la tesi per cui tutti gli atti posti
in essere dalla Catmar quale raccomandataria marittima fossero in
quanto
tali riferibili all'armatore della nave, indipendentemente dalla loro
connessione
con le incombenze affidate ad essa Catmar, dovendo il potere di
rappresentanza
ritenersi, come s'è detto, limitato a quegli atti ed
operazioni
riconducibili (non genericamente alla nave e/o all'equipaggio ma) agli
specifici compiti affidati alla Catmar come raccomandataria riguardo
alla
nave in questione.
Conseguentemente, in difetto di mandato speciale e della stessa
spendita
del nome dell'armatore, la Corte territoriale, nell'escludere che la
Catmar,
in persona del Lazzeri suo socio accomandatario e rappresentante
legale,
avesse assunto l'obbligazione risarcitoria dei componenti
dell'equipaggio
responsabili del fatto illecito nei confronti del Barbagallo in nome e
per conto dell'armatore della nave, ha pienamente osservato le norme e
i principi che disciplinano il potere di rappresentanza dell'agente
raccomandatario.
Ciò indipendentemente dalla configurabilità di
una responsabilità
dell'armatore per i fatti illeciti commessi dall'equipaggio della nave
a terra. E' del tutto privo di fondamento l'assunto della ricorrente al
riguardo, atteso che l'obbligazione della Catmar dedotta in giudizio ha
origine da un'assunzione di debito da essa posta in essere, in persona
del suo legale rappresentante, nei confronti del Barbagallo e non si
coglie,
quindi, il significato dell'argomento per cui un eventuale assenza di
responsabilità
dell'armatore debba ripercuotersi sulla Catmar nel senso di una
corrispondente
esclusione di un rapporto obbligatorio ad essa facente carico in
proprio.
Si duole ancora la ricorrente che la sentenza impugnata abbia escluso
esser rilevante l'accertamento circa l'interesse dell'agente
raccomandataria
di assumere in proprio l'obbligazione risarcitoria. Se, invero, non
è
rilevante il titolo o la ragione per cui il terzo si sia obbligato
verso
il creditore, in relazione alla causa del negozio di "accollo",
l'interesse
dell'accollante ben dovrebbe essere verificato nel contrasto
sull'effettività
o meno di un accollo e sul soggetto cui esso sia riferibile.
Esclude comunque che l'Agente avesse alcun interesse ad assumere
l'obbligazione
de qua: l'interesse a rimuovere gli ostacoli alla partenza della nave,
individuato dalla Corte di merito, sarebbe stato dell'armatore e non
dell'Agente
in proprio.
Assume poi la ricorrente che non di accollo, ma di espromissione si
sarebbe eventualmente trattato, non risultando alcuna "delegazione" del
debitore - non individuato nel marittimo o nell'armatore - all'Agente
Lazzeri
per l'assunzione del debito.
Assume infine che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto della
configurazione attribuita dal Barbagallo all'obbligazione della Catmar
("garanzia" risarcitoria).
La censura che investe la qualificazione giuridica del negozio col
quale è stata realizzata l'assunzione del debito altrui e
del corrispondente
rapporto è fondata. Invero, risulta accertato che
l'assunzione del
debito altrui (dei marittimi autori dell'illecito o eventualmente
dell'armatore),
da parte del Lazzeri in nome della Catmar, era spontanea, non essendo
emersa
alcuna delegazione del debitore, e che ad essa ha aderito il
Barbagallo,
come si evince ampiamente dai fatti accertati nei due giudizi di
merito.
Il Tribunale, quindi, senza seguire la prospettazione del Barbagallo
circa
l'esistenza di un accollo, qualificato dall'intervento del Console
sovietico
in nome dell'armatore della nave, correttamente ha inquadrato il
negozio
negli schemi dell'espromissione (art. 1272 c.c.).
Non è, per contro, corretta la qualificazione di tale
negozio
come accollo, operata dalla Corte di merito sulla base di una
situazione
di fatto la quale evidenziava un accordo tra terzo e creditore in
assenza
del debitore.
Senonché, tale errore non incide sulla rispondenza al
diritto
della decisione impugnata, che si caratterizza solo per l'erroneo nomen
iuris dato al contratto e al rapporto dedotto in giudizio, ferma
restando
peraltro l'assoluta correlazione degli effetti del negozio che formano
oggetto delle decisioni di merito con la corretta qualificazione di
esso.
L'accoglimento della censura in esame determina, quindi, solo la
correzione
della motivazione della sentenza di appello, a norma dell'art. 384
c.p.v.
c.p.c.
Corretta è, poi, sul piano della configurazione del negozio
come espromissione, l'argomentazione incentrata sulla irrilevanza dei
motivi
che hanno determinato l'assunzione dell'obbligo da parte del terzo. In
tal senso la giurisprudenza di questa Corte è costante (cfr.
Cass.
2997/88; Cass. 2525/76, ecc.).
Donde la corretta affermazione circa l'irrilevanza di una precisa
configurazione
dell'interesse della Catmar all'assunzione del debito altrui.
Al riguardo, è utile precisare che, pur ove si configuri la
causa del negozio di espromissione come variabile e di volta in volta
da
individuare sulla base dei rapporti e degli accordi tra espromittente e
debitore principale - in tal senso una autorevole dottrina - non
può
non convenirsi che l'espromissione è disciplinata dalla
legge come
un negozio astratto e che a tutela del creditore è disposta
(cfr.
art. 2272, 2º comma c.c.) l'inopponibilità ad esso
delle eccezioni
inerenti ai rapporti tra terzo e debitore.
Donde l'irrilevanza dell'indagine sull'interesse dell'espromittente,
che comunque non risulta essere stato manifestato al creditore. Fermo
restando
peraltro che, a voler ricondurre le difese della Catmar ad una pretesa
mancanza di causa dell'espromissione, alla stessa sarebbe spettato
l'onere
della relativa prova, dovendosi in ogni caso riconoscere che il
creditore
non ha l'onere di dimostrare la causa dell'espromissione.
Né la ricorrente ha rivolto alcuna censura all'omesso esame,
da parte del giudice di appello, di circostanze decisive al riguardo.
La
sentenza impugnata ha peraltro avuto cura di individuare un
prospettabile
interesse della Catmar all'assunzione dell'obbligazione verso il
Barbagallo,
e precisamente quello di rimuovere ogni ostacolo alla partenza della
nave,
alla luce dei rapporti economici esistenti tra le parti.
Siffatta individuazione si sottrae alla censura di
illogicità
mossa dalla ricorrente. Invero, che l'interesse alla rimozione degli
ostacoli
che impedissero la partenza della nave fosse "istituzionalmente"
dell'armatore
non esclude che analogo interesse potesse in proprio avere la Catmar
sulla
base dei rapporti in concreto instaurati con lo stesso armatore, che da
eventuali ritardi nella partenza della nave potevano essere influenzati
in funzione di particolari intese o di situazioni concrete
prospettabili
tra le parti. Non v'è spazio, quindi, per la censura di
illogicità,
sul piano della logica formale o delle nozioni di comune esperienza che
in sede di legittimità si presta a supportare il controllo
sulla
motivazione.
Per il resto, le censure mosse dalla ricorrente attengono alla
ricostruzione
dei fatti e dei possibili motivi dell'agire della Catmar e sotto tale
profilo
sono inammissibili.
Non ha pregio, infine, il rilievo per cui la sentenza impugnata non
avrebbe tenuto conto di quanto da essa Catmar sottolineato nel giudizio
di appello in ordine alla qualificazione data dal Barbagallo
all'obbligazione
dedotta in giudizio.
Premesso che le deduzioni della Catmar svolte nella comparsa
conclusionale
del giudizio di appello non potevano assurgere al rango di motivi
dell'impugnazione,
si osserva che la qualificazione come obbligazione di "garanzia" data
dal
Barbagallo a quella assunta dalla Catmar non costituisce un vincolo al
potere del giudice di dare, sulla base dei fatti dedotti ed accertati,
la qualificazione più appropriata al rapporto dedotto in
giudizio.
Peraltro lo stesso Barbagallo aveva pure prospettato una qualificazione
imperniata su un accordo intervenuto tra la Catmar, il Console
sovietico
in rappresentanza dell'armatore e il Barbagallo, che riproduceva gli
schemi
dell'accollo stipulato con l'intervento del creditore.
D'altra parte, l'espromissione, a differenza della fideiussione,
realizza
un semplice mutamento del rapporto obbligatorio dal lato passivo -
ancorché
non necessariamente accompagnato dal venir meno del debitore
originario,
che si verifica solo nell'ipotesi di espromissione privativa - e
nell'ambito
di essa rimane irrilevante l'eventuale proposito dell'espromittente di
garantire il debito altrui, laddove nell'ipotesi della fideiussione
viene
a sorgere un nuovo rapporto obbligatorio - tra creditore e fideiussore
- in posizione accessoria rispetto a quello originario e caratterizzato
dalla finalità di garantire il debito altrui, quale causa
negoziale
giustificativa della costituzione del nuovo rapporto (cfr. Cass.
1715/79).
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese del presente giudizio vanno poste a carico della ricorrente
in virtù del principio generale di soccombenza (art. 91
c.p.c.).
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del
presente
giudizio, che liquida in L. 200.100 oltre lire duemilioni per onorari.
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