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SEZ. 3 SENT. 04634 DEL 24/05/1997
PRES. Sciolla Lagrange Pusterla AREL. Lo Piano M
PM. Nardi D (Conf.)
RIC. Lloyd Triestino S.p.A. di Navigazione (Avv. Marazza)
RES. Ilsa International S.r.l. (Avv. Colesanti)
cassa app. Trieste 21 marzo 1994
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, notificato l'8 maggio 1986, la S.r.l.
Ilsa International
convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Trieste, la S.p.A. Lloyd
Triestino, della quale chiese la condanna al pagamento della somma di $
U.S. 65.000 a titolo di risarcimento del danno.
A sostegno della domanda espose:
- che nell'aprile del 1985 aveva venduto alla ditta Kemel Jammal di
Conakry (Guinea) una partita di mobili per il prezzo di $ U.S. 65.000;
- che il trasporto era stato affidato alla Compagnia di navigazione
Lloyd Triestino S.p.A.;
- che, giunta la nave al porto di destinazione, il comandante aveva
consegnato la merce senza farsi riconsegnare la polizza di carico dal
ricevitore;
- che, a causa di ciò, essa non aveva potuto riscuotere il
prezzo
della merce.
Costituitasi in giudizio, la società convenuta chiese il
rigetto
della domanda attrice, deducendo:
- che, in forza delle disposizioni vigenti nel paese di destinazione,
il comandante della nave aveva dovuto consegnare la merce non al
destinatario
ma all'impresa di sbarco, alla quale andava addebitata la
responsabilità
del mancato ritiro della polizza;
- che la polizza prevedeva la cessazione della
responsabilità
del vettore nel caso di affidamento coattivo della merce all'impresa di
sbarco.
Con sentenza del 26 aprile l 991, il Tribunale accolse la domanda;
affermato il principio secondo cui il vettore che abbia consegnato la
merce,
senza pretendere dal destinatario la restituzione della polizza di
carico,
è responsabile nei confronti del caricatore per il mancato
pagamento
della merce stessa e per ogni altro danno, il Tribunale ritenne che,
nell'ipotesi
di affidamento obbligatorio delle merci ad un'impresa di sbarco, cessa
la responsabilità del vettore in ordine alla custodia delle
merci,
ma non quella in ordine alla consegna, che si affianca a quella
dell'impresa
depositaria, con la conseguenza che il vettore deve ritenersi
responsabile
per il danno derivato al caricatore dal fatto che la merce sia stata
consegnata
al destinatario senza che questi abbia restituito la polizza di carico.
Rilevò, infine, il Tribunale che la clausola di esonero
della responsabilità,
contenuta nella polizza di carico, non era efficace perché
non approvata
esplicitamente per iscritto, ai sensi dell'art. 1341, secondo comma,
del
codice civile.
La suddetta decisione, impugnata dal Lloyd Triestino di Navigazione
S.p.A., fu confermata dalla Corte di appello di Trieste, con sentenza
del
21 marzo 1994.
Ribadita la inefficacia della clausola di esonero della
responsabilità,
la Corte ritenne che nella specie non poteva essere invocato il factum
principis, atteso che l'esonero da responsabilità del
vettore, per
effetto di un provvedimento dell'autorità, può
aversi soltanto
quando tale fatto abbia caratteristiche tali da non poter essere
superato
attraverso l'ordinaria diligenza e sia, inoltre, imprevedibile; secondo
la Corte di merito, il vettore non aveva dimostrato di essersi trovato
improvvisamente di fronte ad un ordine delle autorità
portuali di
consegna coattiva delle merce alla società di sbarco.
Per la cassazione della suddetta sentenza ha proposto ricorso il Lloyd
Triestino di Navigazione S.p.A., sulla base di sei motivi di censura.
Ha resistito con controricorso la S.r.l. Ilsa International.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo - denunciando errata applicazione
dell'art. 115
c.p.c. e mancata applicazione degli artt. 187, quarto comma, e 345,
secondo
comma, dello stesso codice - la ricorrente censura la sentenza
impugnata
per avere omesso di pronunciarsi e di motivare in ordine alla richiesta
di ammissione della prova testimoniale - dedotta sia in primo, sia in
secondo
grado - con la quale si intendeva dimostrare la situazione esistente
nel
porto di Conakry ed in particolare la circostanza relativa al fatto che
le merci da sbarcare dovevano essere obbligatoriamente consegnate ad
un'impresa
statale che agiva in regime di monopolio.
Con il secondo motivo - denunciando violazione e falsa applicazione
dell'art. IV, n. 2, lett. g), della Convenzione di Bruxelles del 25
agosto
1924, resa esecutiva in Italia con legge 19 luglio 1929, n. 1638,
nonché
degli artt. 422, secondo comma, e 424 del codice della navigazione - la
ricorrente censura la sentenza impugnata per aver escluso la
ravvisabilità
del factum principis, senza considerare che, tenuto conto della
situazione
esistente nel porto di destinazione, essa non aveva altra alternativa
che
affidare la merce all'impresa di sbarco che agiva in regime di
monopolio,
fatto questo che integrava una delle ipotesi di esonero di
responsabilità,
previste nella citata Convenzione di Bruxelles. Né il
comandante
della nave avrebbe potuto rifiutare la consegna della merce,
perché
in difetto avrebbe rischiato di rimanere bloccato nel porto di
destinazione
a tempo indeterminato o di vedersi sequestrare la merce.
Con il terzo motivo - denunciando violazione e falsa applicazione
dell'art.
IV, n. 2, lett. q), della Convezione di Bruxelles, nonché
dell'art.
422, primo comma, del codice della navigazione e dell'art. 1693 del
codice
civile - la ricorrente, premesso che il concetto di "indebita
riconsegna"
è equiparabile a quello di "perdita della merce", censura la
sentenza
impugnata per non aver considerato come, nella specie, nessuna colpa
era
addebitabile al vettore, dovendosi ravvisare nell'obbligo di consegna
all'impresa
di sbarco una ipotesi di evento imprevedibile al quale il vettore sia
nella
impossibilità di opporsi, con la conseguenza che, in
applicazione
delle norme richiamate, avrebbe dovuto essere dichiarata la
irresponsabilità
del vettore medesimo, non potendosi pretendere che questi, nella
impossibilità
di consegnare la merce direttamente al destinatario, avrebbe dovuto
rifiutarsi
di consegnare la stessa all'impresa di sbarco e riportarla al porto di
imbarco.
Con il quarto motivo - denunciando violazione e falsa applicazione
dell'art. 1341 del codice civile in relazione all'art. VII della
Convenzione
di Bruxelles, nonché degli artt. 1 e 424 del codice della
navigazione
- la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere inesattamente
affermato
che le clausole richiamate in calce alla polizza di carico non erano
state
approvate specificamente e per non aver considerato che dette clausole
non potevano essere definite come clausole di esonero da
responsabilità
avendo invece lo scopo, in conformità alla richiamata norma
della
Convenzione di Bruxelles, di liberare il vettore dagli obblighi
attinenti
alla custodia ed alla conservazione della merce dal momento della
consegna
della merce alla impresa di sbarco; secondo la ricorrente, infine,
ricorreva
nella specie una ipotesi di cesser clause o London clause, le quali non
esigono una specifica approvazione per iscritto.
Con il quinto motivo - denunciando violazione e falsa applicazione
degli artt. 424 e 454 del codice della navigazione, nonché
degli
artt. 1228 e 2049 del codice civile - la ricorrente censura la tesi
sostenuta
dal Tribunale e fatta implicitamente propria dalla Corte di appello,
secondo
cui nel caso di sbarco di amministrazione cessa la
responsabilità
del vettore in ordine alla custodia della merce, ma non quella in
ordine
alla consegna al destinatario. Deduce la ricorrente che il richiamo
alla
sbarco di amministrazione è inesatto atteso che nell'ipotesi
di
sbarco con obbligo di consegna, come nella specie, ad una impresa
statale
che agisce in regime di monopolio, questa non agisce quale mandataria
del
vettore, né è legata a quest'ultimo da alcun
vincolo di subordinazione;
inoltre, anche a volere ritenere applicabili nella specie le norme
sullo
sbarco di amministrazione, il vettore sarebbe comunque liberato
perché
la perdita della merce si era verificata dopo che la stessa era stata
affidata
all'impresa di sbarco.
Con il sesto motivo - denunciando violazione e falsa applicazione
dell'art.
1227 del codice civile, nonché vizio di omessa pronuncia e
di omessa
o insufficiente motivazione - la ricorrente censura la sentenza
impugnata
per aver respinto, senza adeguata motivazione, la tesi prospettata con
i motivi di appello, secondo cui la causa, o almeno la concausa, del
mancato
pagamento del prezzo da parte della ditta Kemel Jammal era da
attribuire
al comportamento della Ilsa International.
Prima di passare all'esame specifico dei singoli motivi appare
necessario
alla Corte precisare alcuni concetti, al fine di una corretta
impostazione
dei problemi posti dalla causa e dal ricorso.
Occorre in primo luogo procedere ad una distinzione tra la polizza
di carico ed il contratto di trasporto.
La polizza di carico rientra nell'ampia categoria dei titoli di credito
(art. 1992 c.c.), e particolarmente appartiene alla specie dei titoli
rappresentativi
di merci (art. 1996 c.c.).
Il possessore dell'originale della polizza è legittimato a
chiedere
la consegna della merce al vettore che l'ha sottoscritta.
Il vettore che consegni la merce a chi non è in possesso
dell'originale
della polizza di carico è responsabile nei confronti del
legittimo
portatore della polizza.
La responsabilità del vettore, quale emittente della polizza
di carico, per consegna della merce a soggetto che non è
portatore
della medesima polizza si configura come responsabilità nei
confronti
del legittimo possessore della polizza e non nei confronti del mittente
o caricatore o venditore delle merci trasportate e rappresentate dal
titolo,
a meno che non sia lo stesso caricatore, o suo rappresentante, che
richieda
la consegna delle merci in forza del possesso della polizza.
Il contratto di trasporto può anche essere incorporato nella
polizza di carico, ma comunque da questa rimane distinto.
Nella specie, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, oggetto
del contratto di trasporto era il trasferimento di una partita di
mobili
da Livorno a Conakry, da consegnarsi alla ditta Kemel Jammal. I mobili,
in esecuzione del contratto, furono trasportati al porto di
destinazione
ed ivi consegnati, tramite l'impresa di sbarco statale
Socièté
Navale Guinéénne, proprio alla ditta Kemel
Jammal.
Fatta questa premessa, occorre considerare che, da quanto risulta dalla
lettura degli atti esaminabili in questa sede, la Ilsa ha agito in
giudizio
non quale portatrice della polizza di carico, che pretende di ottenere
la consegna della merce rappresentata dal titolo e dal suo equivalente
in denaro a titolo di risarcimento del danno; essa ha agito, invece,
quale
parte del contratto di trasporto, lamentando che l'omesso ritiro della
polizza di carico da parte del vettore, e per esso da parte del
comandante
della nave, le aveva impedito di conseguire il prezzo della vendita
della
merce (v. controricorso, laddove si afferma che il mancato ritiro della
polizza di carico le aveva impedito di "chiedere alla banca interessata
- la Banque Nationale des Services Exterieur di Conakry - il pagamento
della fattura").
Nonostante ciò, il Tribunale, prima, e la Corte di appello,
poi, hanno affrontato la causa sotto il profilo della
responsabilità
del vettore per consegna della merce a soggetto non in possesso della
polizza
di carico, come se si trovassero di fronte ad una richiesta di
adempimento
o di risarcimento del danno da parte di altro soggetto in possesso
della
polizza e non di fronte al mittente che agiva lamentando
l'inadempimento
del contratto di trasporto.
Questo errato approccio alla vicenda processuale risulta abbastanza
evidente dalle citazioni giurisprudenziali contenute nella sentenza di
primo grado, poiché la sentenza del Tribunale di Genova (20
maggio
1981), da quella decisione richiamata, riguardava un'ipotesi di
responsabilità
del vettore, nei confronti del possessore della polizza di carico, per
consegna della merce ad altro soggetto, mentre la sentenza del
Tribunale
di Livorno (10 dicembre 1986), anche essa ivi richiamata, affermava la
legittimazione del caricatore, in possesso della polizza di carico, ad
agire nei confronti del vettore, il quale aveva consegnato la merce a
soggetto
non in possesso della detta polizza.
Questa errata visione della vicenda processuale ha inoltre portato
il giudice di merito a sottovalutare le argomentazioni svolte dal
vettore
(attuale ricorrente), per sostenere di aver adempiuto la propria
obbligazione
o, quanto meno, la non ascrivibilità alla propria condotta
del mancato
conseguimento del prezzo della vendita da parte della Ilsa.
Passando adesso all'esame dei motivi del ricorso è subito da
dire che solo il terzo ed il sesto appaiono avere rilievo con
riferimento
alla corretta impostazione della causa come sopra precisata, mentre gli
altri motivi, pur pertinenti, in relazione agli argomenti svolti dalla
sentenza impugnata a sostegno della decisione adottata, non incidono su
quella che è la reale materia del contendere e sono peraltro
infondati.
In relazione a detti motivi sono sufficienti le seguenti brevi
considerazioni.
Primo motivo. La Corte di merito ha dato per scontato che nel porto
di Conakry vigesse un regime di sbarco che imponeva la consegna della
merce
alla Société Navale Guinéenne, per cui
non aveva alcun
onere di motivare in ordine alla mancata ammissione della prova con la
quale la ricorrente mirava a dimostrare proprio quel fatto.
Secondo motivo. L'esame della prospettazione di diritto formulata dalla
ricorrente presuppone l'accertamento delle circostanze di fatto che la
sostengono, le quali, sempre secondo la ricorrente, sarebbero quelle
secondo
cui il comandante della nave si sarebbe trovato di fronte ad un ordine
della Socièté Navale Guinéenne di
sbarcare la merce
e di consegnarla al responsabile pubblico, per cui egli aveva dovuto
necessariamente
ottemperare al detainment, giacché in difetto avrebbe corso
il rischio
di restare bloccato nel porto o di vedersi sequestrare la merce.
La sussistenza di questa circostanza di fatto è stata
motivatamente
esclusa dalla Corte di appello, con apprezzamento incensurabile in
questa
sede, né le prove articolate dalla ricorrente, e delle quali
si
è detto in occasione dell'esame del primo motivo, erano
dirette
a dimostrare, almeno nella loro formulazione risultante dalla epigrafe
della sentenza impugnata, che lo sbarco della merce fosse stato
conseguenza
di un ordine degli organi preposti allo sbarco nel porto di Conakry.
Corretta appare quindi la decisione della Corte di merito laddove ha
escluso che, in mancanza di prova di un fatto che avesse reso
obbligatorio
lo sbarco, potesse configurarsi l'esonero da responsabilità
per
factum principis, poiché rimaneva nella libera scelta del
comandante
della nave sbarcare o meno la merce.
Quarto motivo. Premesso che tutte le clausole richiamate della
ricorrente
configurano clausole di esonero della responsabilità, in
quanto
dirette a limitare la responsabilità del vettore, rispetto
alla
corrente disciplina in tema di trasporto marittimo, la Corte rileva
che,
in quanto tali, le dette clausole sono soggette alla disciplina
dell'art.
1341 c.c. e, quindi, avrebbero dovuto essere approvate per iscritto.
L'art. VII della Convenzione di Bruxelles che consente alle parti di
inserire nel contratto di trasporto clausole di esonero e limitazione
della
responsabilità e l'art. 424 del codice della navigazione,
che prevede
la derogabilità delle norme contenute negli artt. 422 e 423
dello
stesso codice, anche a favore del vettore, per quanto concerne il tempo
anteriore alla caricazione e quello posteriore alla scaricazione, si
limitano
soltanto a concedere una facoltà alle parti, ma non
importano che
l'esercizio della detta facoltà si svolga in modo non
conforme alla
legislazione nazionale, della quale non costituiscono deroga, ed in
violazione
di una nonna, quale l'art. 1341 c.c., che nell'ordinamento interno ha
natura
cogente.
Ribadita, quindi, l'esattezza della decisione della Corte di appello,
la quale ha ritenuto che le clausole invocate dalla ricorrente
avrebbero
dovuto essere espressamente approvate, non può non rilevarsi
che
l'accertata mancata approvazione costituisce apprezzamento di fatto non
censurabile in sede di ricorso ordinario per cassazione, potendo semmai
essere proposto ricorso per revocazione ove il giudice di merito avesse
supposto l'inesistenza di un fatto la cui verità era
positivamente
stabilita.
E' da rilevare, infine, che il richiamo fatto dalla ricorrente alla
cesser clause o London clause appare non pertinente. Invero, detta
clausola
si riferisce alle ipotesi in cui il destinatario non si presenti per
ritirare
la merce; in tale caso è consentito al vettore di depositare
la
merce nel luogo di sbarco rimanendo esonerato da ogni
responsabilità.
Trattasi di ipotesi disciplinata anche dal codice della navigazione
italiana
con l'art. 454 (c.d. sbarco di ufficio). Nella specie, pacificamente,
non
ricorre mia ipotesi di sbarco d'ufficio.
Quinto motivo. La questione sollevata con il motivo appare priva di
rilievo perché, nella specie, la merce è
pervenuta nelle
mani del destinatario in base al contratto di trasporto.
Tetto e sesto motivo. Venendo ora all'esame del terzo e del sesto
motivo
del ricorso occorre subito rilevare che il primo di essi appare
condizionato,
nella sua formulazione, dalla impostazione che alla causa hanno dato i
giudici di merito.
Tuttavia, nel detto motivo viene chiaramente censurata la sentenza
impugnata laddove questa ha ritenuto la responsabilità del
vettore
nei confronti del mittente, con riferimento al contratto di trasporto,
sotto il profilo che il detto vettore avrebbe dovuto consegnare la
merce
soltanto al soggetto portatore della polizza e previa restituzione
della
stessa, con la conseguenza che non avendo trovato al porto di sbarco il
ricevitore in possesso della polizza avrebbe dovuto non sbarcare la
merce
e riportarla indietro al porto di imbarco (v. pagina 20 del ricorso).
Detta censura appare fondata.
Occorre ribadire qui, quanto detto nella premessa all'esame dei motivi
del ricorso e cioè che la consegna della merce a persona
diversa
dal legittimo possessore della polizza può comportare una
responsabilità
del vettore nei confronti di quest'ultimo ma non nei confronti del
mittente
che potrebbe essere indifferente rispetto alla sorte delle merci.
Occorre altresì ribadire che nelle specie era stato dedotto
l'inadempimento del contratto di trasporto.
Tenuto conto di ciò il giudice di merito non avrebbe potuto,
come in effetti ha fatto, limitarsi ad affermare che la consegna della
merce a soggetto non nel possesso della polizza di carico costituiva
inadempimento
del contratto di trasporto, ma avrebbe dovuto valutare, con riferimento
agli interessi dedotti in giudizio, se potesse considerarsi colpevole
il
comportamento del vettore (e per esso del comandante della nave), il
quale
giunto a destinazione, non aveva altro mezzo, per portare a completa
esecuzione
il contratto, che affidare la merce alla impresa di sbarco statale;
avrebbe
dovuto poi valutare, quale influenza, sull'adempimento del contratto e
tenuto conto degli interessi in gioco, avesse il fatto non contestato,
dedotto dal ricorrente sia nel giudizio di appello sia col ricorso, che
la merce era pervenuta all'effettivo destinatario indicato nella
polizza
(notify Kemel Jammal), il quale non solo aveva riconosciuto di averla
ricevuta,
ma aveva anche rilasciato una lettera di garanzia oltre a prendere
contatto
direttamente con il mittente venditore per il regolamento del prezzo
della
vendita; e, ancora, se di fronte a questa situazione fosse esigibile
dal
vettore, in assenza di diverse disposizioni da parte del mittente, il
comportamento
di riportare indietro la merce; avrebbe dovuto, infine - e qui viene in
rilievo il sesto motivo del ricorso - valutare quanto nella vicenda
avesse
influito il comportamento della Ilsa, secondo quanto dedotto dal
ricorrente
sia in appello, sia nell'indicato motivo.
Tali aspetti della vicenda sono stati del tutto ignorati, o quanto
meno sottovalutati, dalla Corte di appello, la quale, fuorviata dalla
non
corretta impostazione della vicenda sottoposta al suo giudizio, ha di
fatto
liquidato tutte le questioni, delle quali si è appena
sottolineata
la rilevanza, con l'affermazione, sicuramente insufficientemente
motivata,
secondo cui "ogni altro rilievo dell'appellante appare senza concreto
fondamento,
così come l'appunto secondo cui la Ilsa, negligentemente,
non avrebbe
provveduto a richiedere adeguata garanzia bancaria".
Per le esposte considerazioni e nei limiti come sopra definiti devono
essere accolti il terzo ed il sesto motivo del ricorso, con conseguente
cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro
giudice
il quale procederà a nuovo esame secondo le linee sopra
indicate.
Devono essere invece rigettati gli altri motivi del ricorso.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte di Cassazione, sezione terza civile, accoglie il
terzo ed il
sesto motivo del ricorso; rigetta gli altri; cassa la sentenza
impugnata
in relazione alle censure accolte e rinvia anche per le spese ad altra
sezione della Corte di appello di Trieste.
Così deciso, nella camera di consiglio della terza sezione
civile
della Corte di Cassazione, il 15 ottobre 1996.
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