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massima

CORTE DI CASSAZIONE
SEZ. 3       SENT.  01994  DEL 06/03/1997
PRES. Grossi M.                   REL. Vittoria P.
PM. Amirante F.  (Conf.)
RIC. Gondrand S.N.T. S.p.A. in amm. straord. (Avv. Barbantini)
RES. Gastaldi ed C. S.p.A. (Avv. Sperati)
cassa app. Genova 29 dicembre 1993

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1) La Società nazionale di trasporti Fratelli Gondrand S.p.A. conveniva in giudizio la società Gastaldi & C. S.p.A.
La Gondrand - con la citazione a comparire davanti al tribunale di Genova, notificata il 7.4.1978 - proponeva una domanda di condanna al risarcimento dei danni da inadempimento e chiedeva che la Gastaldi fosse condannata a risarcire i danni derivati dal mancato tempestivo trasporto di una partita di olio minerale lubrificante da Ravenna a Dubai.
L'attrice esponeva che, agendo quale spedizioniere, e quindi per conto della S.p.A. Esso Italiana, aveva affidato alla Gastaldi il trasporto marittimo a Dubai di un'ingente quantità di olio minerale lubrificante, che avrebbe dovuto essere imbarcato nel porto di Ravenna su nave che era stata a tale scopo prescelta dalla Gastaldi.
L'attrice deduceva che la Gastaldi doveva rispondere dei danni sia per aver assunto la qualità di vettore sia, comunque, per le colpe commesse nella scelta della nave.
2) La Gastaldi & C. S.p.A. si costituiva in giudizio, resisteva all'accoglimento della domanda e, con la comparsa di risposta depositata il 6.6.1978, proponeva dal canto suo una domanda riconvenzionale.
La convenuta - riferito del modo in cui quello e altri precedenti trasporti erano stati da lei organizzati su istruzioni della Gondrand ed indicate le circostanze che avevano determinato l'interruzione del viaggio - eccepiva d'aver concluso il contratto di trasporto, su istruzioni della Gondrand, con la società United Arab Line Shipping S.A., noleggiatore della nave, di tal che nessuna responsabilità poteva esserle imputata, non avendo assunto l'obbligazione di trasportare la merce ed essendosi attenuta alle istruzioni della Gondrand nella scelta del vettore.
La convenuta chiedeva dal canto suo che la Gondrand fosse condannata a pagarle la somma di L. 13.833.828, rivalutate, dovute a saldo di noli ed altre prestazioni effettuate d'ordine e conto della Gondrand.
3) La Gondrand, resistendo alla domanda riconvenzionale, obiettava che il credito della Gastaldi, ammontante a L. 7.470.992, era stato fatto valere dalla convenuta anche in altro giudizio.
La società attrice, nel corso del giudizio, veniva assoggettata alla procedura di amministrazione straordinaria.
Il commissario si costituiva in giudizio per la società e faceva proprie le difese che questa aveva svolto.
4) Il tribunale di Genova, con sentenza 19.7.1991, accoglieva la domanda principale ed in parte quella riconvenzionale.
Il tribunale riteneva che il rapporto intercorso tra la Gondrand e la Gastaldi fosse in concreto da ricondursi alla fattispecie disciplinata dall'art. 1741 cod. civ., sicché la Gastaldi doveva rispondere in confronto della Gondrand come vettore; liquidava il danno subito da questa e dichiarava il suo credito compensato sino a L. 7.470.992 con il credito della Gastaldi.
5) La decisione era impugnata dalla Gastaldi.
La Gondrand, resistendo all'accoglimento dell'appello, per la parte relativa alla domanda riconvenzionale osservava che la Gastaldi avrebbe dovuto far valere il suo credito in sede di riparto concorsuale e però, ammessa al passivo dell'amministrazione straordinaria per L. 5.751.347, non aveva sollevato al riguardo alcuna opposizione; concludeva per il rigetto dell'appello.
6) La decisione di primo grado veniva riformata dalla corte d'appello di Genova, con sentenza 29.12.1993, che rigettava la domanda principale ed accoglieva integralmente quella riconvenzionale.
7) La Gondrand S.N.T. S.p.a. in amministrazione straordinaria ha proposto ricorso per cassazione.
La Gastaldi & C. SpA ha resistito con controricorso ed ha sostenuto che la Gondrand aveva prestato acquiescenza alla sentenza: a dimostrazione di tale difesa ha depositato un documento che era stato indicato nel controricorso.
La Gondrand ha dal canto suo depositato documenti a sostegno della confutazione opposta alla deduzione dell'inammissibilità del ricorso.
Le parti hanno ambedue depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Il ricorso è ammissibile.
L'art. 329, comma 1, cod. proc. civ. dispone che l'acquiescenza risultante da accettazione espressa o da atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge ne esclude la proponibilità.
La lettera datata 19.4.1994 - che il commissario ha inviato alla Gastaldi prima di proporre ricorso per cassazione - non contiene una dichiarazione di accettazione espressa della sentenza da parte della Gondrand in amministrazione straordinaria, ma, in applicazione dell'art. 207 l. fall., la comunicazione dei crediti che, sulla base della sentenza, risultano a favore della Gastaldi.
La comunicazione, secondo quanto dispone il primo comma dell'art. 207, s'intende fatta con riserva delle eventuali contestazioni e quindi non può essere considerata esprimere una volontà incompatibile con quella di impugnare la sentenza.
2) Il ricorso contiene tre motivi.
I primi due riguardano il capo della sentenza con cui è stata rigettata la domanda principale, il terzo quello con cui è stata accolta la domanda riconvenzionale.
3) Il primo motivo denunzia vizi di violazione di norme sul procedimento e di difetto di motivazione (art. 360 nn. 4 e 5 cod. proc. civ., in relazione all'art. 112 dello stesso codice).
La ricorrente Gondrand osserva che la Gastaldi, nel corso del primo grado del giudizio, s'era limitata a sostenere d'aver svolto il ruolo di agente e, nelle conclusioni, aveva chiesto fosse accertato che il trasporto dedotto in causa era stato assunto da altro soggetto; solo con l'appello aveva chiesto che il contratto intercorso tra lei e la Gondrand fosse qualificato come spedizione, al che essa ricorrente aveva obiettato che tale difesa costituiva una domanda nuova, come tale non ammessa in appello.
Lamenta che la propria difesa non sia stata affatto esaminata e considera che ciò vale a configurare uno dei vizi alternativamente indicati nel motivo: omissione di pronuncia su domanda o eccezione; difetto di motivazione.
Il motivo non è fondato.
Il vizio di difetto di motivazione attiene al giudizio di accertamento del fatto: dunque non è configurabile quando si discuta del se la sentenza sia contraria a diritto, ed in particolare se siano state violate norme che, regolando il procedimento e disciplinando i poteri del giudice, gli impongono di pronunciare su tutta la domanda (art. 112, comma 1, cod. proc. civ.) e su tutte le eccezioni (art. 277, comma 1, cod. proc. civ.).
Se non che la difesa opposta dall'attuale ricorrente all'appello della Gastaldi non aveva natura di eccezione né tanto meno di domanda, vertendo su questione che, fosse stata fondata in diritto, avrebbe dovuto essere esaminata dal giudice di appello di ufficio, giacché in appello non possono essere proposte nuove domande e se lo sono debbono essere dichiarate inammissibili di ufficio (l'art. 345, comma 1, cod. proc. civ., nel testo vigente all'epoca, diceva che le domande nuove andavano rigettate, ma l'interpretazione della norma era già allora nel senso che ora risulta dal testo della disposizione, modificata dall'art. 52 della L. 26 novembre l990, n. 353).
La nullità procedimentale in cui la sentenza potrebbe se mai essere incorsa sarebbe dunque quella di violazione dell'art. 345, comma 1, cod. proc. civ.
Questo vizio però non sussiste.
Invero, la questione che l'attuale ricorrente afferma sollevata per la prima volta dalla Gastaldi in appello non aveva natura di domanda, giacché la difesa della Gastaldi era volta ad ottenere che la domanda della Gondrand fosse rigettata (né aveva natura di eccezione, giacché verteva sulla qualificazione giuridica dei(fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio, e neppure era nuova, giacché su di essa appunto si era incentrata la decisione di primo grado).
Il giudice di secondo grado aveva dunque il dovere di esaminarla, perché era oggetto di uno dei motivi di appello proposti dalla Gastaldi, e perciò il non aver specificamente esaminato e confutato la difesa ora riproposta con il motivo di ricorso non dà luogo ad alcun vizio della decisione.
4.1. Il secondo motivo denunzia vizi di violazione di norme di diritto e di norme sul procedimento, nonché vizi di difetto di motivazione (art. 360 nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 1741, 1737, 1740, 1678 e 1693 cod. civ. ed all'art. 99 cod. proc. civ.).
4.2. La ricorrente osserva, in primo luogo, che la sentenza impugnata ha impostato in termini di legittimazione passiva alla causa, quella che era una questione di merito, consistente nello stabilire se la Gastaldi avesse assunto le obbligazioni del vettore e dovesse rispondere del loro inadempimento.
E' questa una censura priva affatto di rilevanza, giacché qualificare una questione come attinente alla legittimazione passiva alla causa, anziché alla titolarità passiva della situazione giuridica dedotta in giudizio, non costituisce per sé violazione di norma, ma solo un errore concettuale, che può assumere rilievo se ed in quanto si traduca in violazione di norma sul procedimento: per il che è necessario che il giudice faccia uso di poteri consentiti nel primo caso e non nel secondo, il che non si è però verificato.
4.3.1. Prima di esporre le residue censure del motivo conviene riassumere le ragioni che nella sentenza impugnata sostengono la decisione.
La corte d'appello ha accertato che il contratto intervenuto tra la Gondrand - che era pacifico avesse agito quale spedizioniere per conto della Esso - e la Gastaldi - che era parimenti pacifico avesse concluso un contratto di trasporto con la United Arab Line Shipping - era stato un contratto di subspedizione e non, come aveva ritenuto il tribunale, un contratto di spedizione-trasporto, rispetto al quale il contratto concluso dalla Gastaldi con il vettore marittimo avrebbe dovuto essere qualificato come subtrasporto.
La corte d'appello è pervenuta a tale accertamento considerando:
- che la polizza di carico, sottoscritta dal comandante della nave, senza specificare di star agendo in nome e per conto di persona diversa dall'armatore, valeva ad individuare nella United Arab Line Shipping il vettore;
- che non v'erano specifiche, probanti indicazioni, documentali o fattuali, per attribuire alla Gastaldi, che aveva concluso il contratto di trasporto, oltre alla posizione di spedizioniere, quella di vettore.
A questo riguardo la corte d'appello ha svolto le seguenti considerazioni: la mancanza di istruzioni dalla Gondrand alla Gastaldi circa la scelta della nave e dell'itinerario di viaggio non sarebbe stata rilevante, perché rientra nelle tipiche obbligazioni dello spedizioniere operare in tal caso lui la scelta secondo il migliore interesse del mandante; peraltro, le istruzioni non erano affatto mancate, come si desumeva dal non smentito tenore della lettera Gastaldi del 17.10.1977 e dalla dichiarazione del testimone Vignoli; la pattuizione di un compenso globale per l'operazione è un elemento indicativo, ma non sufficiente a dimostrare che lo spedizioniere abbia assunto anche il trasporto, essendo necessario che vi siano altri elementi, quali una specifica pattuizione o l'esecuzione di una frazione del trasporto da parte dello stesso spedizioniere; del resto, nella fattura presentata dalla Gastaldi alla Gondrand, il nolo mare e le spese di imbarco erano state distintamente indicate; infine, v'era una spiegazione del fatto che nella polizza apparisse come caricatore la Esso, ed era che la Esso l'aveva richiesto per poter negoziare la polizza.
4.3.2. La ricorrente, criticando tali argomenti, considera che la corte d'appello ha posto a base della decisione la circostanza che la polizza di carico fosse stata rilasciata dal vettore marittimo, mentre si trattava di circostanza ininfluente, perché, quante volte lo spedizioniere assume l'esecuzione del trasporto con mezzi altrui, non è necessario che egli emetta e consegni al mittente una sua polizza di carico, potendo limitarsi a consegnargli quella emessa dal vettore con cui è concluso il contratto di subtrasporto.
La ricorrente sostiene poi che la corte d'appello da un lato ha supposto, contrariamente al vero, che nella fattura 31.1.1977 emessa dalla Gastaldi fosse stato indicato un compenso diverso da quello del nolo mare, dall'altro ha mancato di soffermarsi sul punto - pur risultante dalla sentenza del tribunale - che il nolo esposto nella fattura fosse superiore a quello pattuito dalla Gastaldi con il vettore marittimo.
Altri punti della decisione investiti dalle critiche della ricorrente sono la mancata valutazione del dato - che si indica come risultante dalla prova testimoniale - per cui la Gondrand non aveva discusso altro aspetto del contratto che non fosse il costo del nolo e le considerazioni svolte a proposito delle ragioni per cui la polizza emessa dal vettore marittimo avevano indicato come caricatore la Esso anziché la Gastaldi.
4.3.3. Il motivo, per le considerazioni di séguito esposte, non è fondato.
La domanda su cui si è pronunciata la sentenza impugnata è stata una domanda di risarcimento dei danni da inadempimento di contratto di trasporto.
I fatti prospettati dalle parti e riassunti dalla sentenza impugnata mostrano che la controversia si è incentrata sulla qualificazione del contratto intervenuto tra la Gondrand e la Gastaldi: se cioè si fosse trattato di un contratto con il quale la Gastaldi s'era impegnata al risultato finale del trasferimento della merce da Ravenna a Dubai, sia pure con mezzo altrui, assumendo su di sé il rischio inerente all'esecuzione, o se, per contro, si fosse trattato di un contratto con il quale la Gastaldi s'era impegnata a concludere, in vece della Gondrand e per conto della Esso, un contratto di trasporto.
Non appare essere stato per contro affermato che alla Gastaldi fosse stato affidato il mandato di concludere un contratto di trasporto per conto della Esso e che la Gastaldi si sia poi assunta l'esecuzione del trasporto: di tal che il problema che si presentava ai giudici di merito non era quello di applicare l'art. 1741 cod. civ., ma quello di stabilire la natura del contratto originariamente intervenuto, se di trasporto di cose (art. 1678 cod. civ.) o di spedizione (art. 1737 cod. civ.).
Se le parti controvertono sulla natura del contratto da loro concluso, decidere di tale natura implica che, fissati in diritto i tratti differenziali tra i tipi contrattuali in discussione, si compia un accertamento sugli elementi di fatto rilevanti, sì da pervenire a ricondurre il contratto concluso all'uno o all'altro tipo contrattuale.
Gli errori che la ricorrente attribuisce alla sentenza impugnata non riguardano la distinzione tra trasporto e spedizione: investono bensì la logicità del ragionamento condotto dai giudici di merito su gli elementi della fattispecie concreta, considerati rilevanti per stabilire se la volontà delle parti si fosse indirizzata alla conclusione di un contratto di trasporto o di subspedizione.
La critica svolta dalla ricorrente è dunque riconducibile al motivo di difetto di motivazione su punti decisivi della controversia (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) e si tratta di stabilire se il ragionamento della corte d'appello presenti errori logico-giuridici e se essi siano tali che, non vi fossero stati, la decisione avrebbe potuto essere diversa.
Questa Corte - con la sentenza 9 novembre 1982 n. 5881, cui parti e giudici di merito si sono richiamati nel corso del giudizio - ebbe ad esaminare un caso in cui il committente aveva avuto necessità di un trasporto combinato, marittimo e terrestre, da compiersi con più mezzi e per più tratte, il committente aveva espressamente attribuito allo spedizioniere cui s'era rivolto un ampio potere di scelta di vie, mezzi e modalità di trasporto, il compenso era stato convenuto in modo forfettario.
La Corte giudicò non censurabile, sul piano metodologico, la motivazione della sentenza d'appello che, di fronte ad una clausola di retribuzione a forfait, aveva ritenuto di poter considerare e qualificare la forma del corrispettivo come il primo basilare elemento per la ricostruzione della volontà delle parti. Osservò che, se nell'interpretazione dell'art. 1740, comma 2, cod. civ., che ammette la predeterminazione in una somma globale unitaria di rimborso delle spese e di compensi, alla parola compensi si deve attribuire una portata comprensiva della retribuzione dello spedizioniere, in presenza di una clausola siffatta si pone tuttavia un problema di interpretazione della volontà contrattuale, per ricostruirne l'autentico oggetto. Disse la Corte che la forma del corrispettivo, nell'ipotesi di un compenso globale, costituisce un importante elemento di fatto da tener presente nella valutazione dei dati esterni per risalire all'intento negoziale, sicché, integrato da elementi ulteriori, può contribuire a convincere l'interprete che non di spedizione si tratti, ma di trasporto.
Tale impostazione non ha trovato sempre consenziente la dottrina e però è stata ancora di recente riaffermata dalla Corte (nella sentenza 28 marzo 1995 n. 3614).
La sezione, nel richiamarvisi, ritiene peraltro che essa è da intendere nel senso che, quante volte il soggetto cui il committente si rivolge conclude a sua volta il contratto di trasporto con terzi, la predeterminazione di un compenso unitario nel contratto di cui è parte il committente pone il problema di stabilire se la volontà delle parti si sia indirizzata alla conclusione di un contratto di trasporto anziché di spedizione, ma la questione non può essere risolta sulla sola base di tale dato - perché ciò contrasterebbe con il dettato dell'art. 1740, comma 2, cod. civ., sicché il giudizio consistente nello stabilire la natura del contratto deve essere condotto valorizzando una pluralità di dati concorrenti.
La corte d'appello, nella sentenza impugnata, si è attenuta a questo criterio: essa ha preso in considerazione una pluralità di elementi, il compenso, la presenza o assenza di istruzioni da parte della Gondrand (che agiva come spedizioniere per conto della Esso), le indicazioni contenute nella polizza di carico.
L'affermazione contenuta nella sentenza, che nella fattura presentata dalla Gastaldi alla Gondrand nolo mare e spese di imbarco si presentavano distinte, non appare centrare il punto consistente nello stabilire se fosse stato convenuto un compenso forfettario, giacché - come risulta da tale fattura - per nolo mare era stata richiesta la somma di L. 11.477.819 (al cambio di L. 882 a dollaro per 13.013,40 dollari statunitensi) ed a questa somma era stata aggiunta quella di L. 17.216 per "Commissione U.I.C.", che non potrebbe né è stata considerata dalla corte d'appello corrispondere alla retribuzione dello spedizioniere, distinta dal rimborso delle spese di nolo.
E' vero altresì che la sentenza impugnata ha trascurato di prendere in considerazione un elemento su cui si era soffermata la sentenza di primo grado, essere il nolo esposto nella fattura superiore a quello convenuto dalla Gastaldi con il vettore marittimo.
Questi vizi della motivazione non possono però considerarsi decisivi.
Invero, la corte d'appello ha espresso una compiuta valutazione delle risultanze probatorie sul punto relativo al contenuto del contratto di trasporto concluso dalla Gastaldi, indicando che la scelta del vettore era avvenuta con il consenso della Gondrand e della Esso e che, anche nel caso di precedenti trasporti organizzati dalla Gastaldi per la Gondrand e la Esso, la scelta del vettore e del mezzo di trasporto era stata perfezionata dopo che la Gondrand e la Esso erano state informate del costo del nolo, della nave, del porto di carico e della data di arrivo ed avevano dato la loro approvazione.
Sicché viene a mancare nel caso uno degli altri elementi che possono assumere concreta rilevanza al fine di stabilire a quale risultato si sia indirizzata la volontà delle parti e che, ove ne fosse stata accertata la sussistenza in uno al modo di determinazione del compenso, avrebbe potuto condurre a qualificare il contratto in discussione piuttosto come trasporto che come spedizione.
Né è conducente la critica che la ricorrente muove al ragionamento svolto dalla corte d'appello a proposito della polizza di carico.
E' bensì vero che, con la qualificazione del contratto come trasporto, non sarebbe stato incompatibile il fatto che la Gastaldi non avesse rilasciato lei una ricevuta di carico e si fosse limitata a consegnare alla Gondrand la polizza emessa dal vettore marittimo: una cosa è però ritenere - come la Corte ha considerato nella sentenza 9 novembre 1982 n. 5881 - che tra i due fatti non vi sia incompatibilità, altra cosa è affermare che dal fatto che il supposto vettore non abbia rilasciato una ricevuta di carico sia illogico trarre argomento a favore di una sua qualificazione come spedizioniere.
Ed ancora, che sulla polizza di carico emessa dal vettore marittimo figurasse come caricatore la Esso è un fatto: di questo fatto la corte d'appello ha fornito una spiegazione, dicendo che la Esso l'aveva richiesto per poter negoziare la polizza; la ricorrente osserva che tale negoziazione sarebbe stata possibile anche se sulla polizza fosse stata indicata come caricatrice la Gastaldi in qualità di spedizioniere.
Si deve però obiettare che la polizza di carico poteva valere a documentare il contratto concluso con la United Arab Line Shipping e non quello intervenuto tra la Gondrand e la Gastaldi e che dal fatto che sulla polizza non figurasse come caricatore la Gastaldi non poteva trarsi alcun argomento a favore della conclusione che essa avesse stipulato il contratto di trasporto marittimo in qualità di vettore anziché di subspedizioniere: al contrario, fosse stato concluso tra la Gondrand e la Gastaldi un contratto di trasporto, la Gastaldi avrebbe dovuto logicamente apparire sulla polizza come caricatore, mentre la indicazione della Esso come caricatore era compatibile con la ricostruzione dei rapporto Gondrand-Gastaldi nel senso che quest'ultima avesse ricevuto dalla prima l'incarico di concludere per lei il contratto di trasporto, indicando però nella polizza come caricatore non la Gondrand, ma la Esso.
5) Il terzo motivo denunzia vizi di violazione di norme di diritto e sul procedimento, nonché di vizi di difetto di motivazione (art. 360 nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2710 cod. civ., 1 l. 3 aprile 1979, n. 95 e 201, 52, 97 e 98 R.D. 16 marzo 1942, n. 267).
Il motivo, come si è già detto, riguarda il capo della sentenza che ha deciso sulla domanda riconvenzionale.
La corte d'appello ha osservato che la dimensione quantitativa per cui tale domanda doveva essere accolta andava determinata, anziché in quella di L. 7.470.992 ammessa dalla Gondrand, nella somma di L. 13.833.828, che risultava dall'estratto autentico delle scritture contabili della Gastaldi, estratto cui andava riconosciuta piena ed esauriente efficacia probatoria.
La ricorrente, criticando la decisione, osserva che - secondo l'art. 2710 cod. civ. - nei rapporti tra imprenditori i libri dell'uno possono far prova contro l'altro, ma si tratta di prova non assoluta, bensì soggetta a valutazione da parte del giudice e la corte d'appello avrebbe omesso di tener conto del contrasto tra le scritture contabili delle due società.
La ricorrente considera, ancora, che la sentenza impugnata avrebbe violato le più elementari regole delle procedure concorsuali, avendo ammesso crediti non fatti valere in via concorsuale e senza tenere conto che in via concorsuale tali crediti erano stati già soddisfatti.
Il motivo, per le ragioni di séguito esposte, è in parte fondato.
Giova premettere che la domanda riconvenzionale era stata proposta dalla Gastaldi con la comparsa di risposta depositata il 6.6.1978, prima dell'emanazione del D.-L. 30 gennaio 1979, n. 26 sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi: amministrazione straordinaria che per la Gondrand sarebbe stata disposta con decreto dell'8.2.1984; che la sentenza di primo grado, pronunciata il 19.7.1991, che aveva accolto la domanda della Gondrand, accoglieva anche la domanda della Gastaldi, sia pure per una parte e dichiarava compensato in parte il primo credito con il secondo; che l'impugnazione della Gastaldi aveva investito integralmente il primo capo della sentenza e solo in parte il secondo, essendo indirizzato a domandare il riconoscimento dell'intero credito.
E' necessario ancora considerare che la Gondrand non impugnava dal canto suo la sentenza di primo grado, di cui chiedeva invece la conferma, sebbene, resistendo all'appello, quanto alla domanda riconvenzionale, osservasse che, se davvero la Gastaldi avesse potuto vantare altri crediti (si intende oltre quello ammesso dalla stessa Gondrand), avrebbe dovuto farli valere in sede di riparto concorsuale, ed aveva aggiunto che la Gastaldi era stata ammessa al passivo per L. 5.751.347 senza proporre opposizione.
Orbene, la sentenza resa dal giudice di primo grado deve intendersi passata in giudicato per la parte in cui, pronunciando sulla domanda riconvenzionale, l'ha accolta per l'ammontare di L. 7.470.992 e suoi accessori: sicché coperte da giudicato sono anche tutte le questioni pregiudiziali, in particolare quella relativa alla proseguibilità del processo sulla domanda di condanna anteriormente proposta, una volta che l'imprenditore sia sottoposto ad amministrazione straordinaria.
Per questa parte, dunque, il motivo non è fondato.
Il motivo non è fondato neppure per la parte in cui lamenta che la corte d'appello non abbia considerato che dal documento depositato in secondo grado risultava che i crediti della Gastaldi erano stati ammessi al passivo per somma inferiore senza dar luogo ad opposizione: il documento, come risulta dal suo testo, è in realtà la comunicazione che il commissario è tenuto a indirizzare ai creditori a norma dell'art. 207 l. fall., è cioè la comunicazione dei crediti risultanti a credito dalle scritture contabili dell'imprenditore, non la comunicazione dei crediti ammessi o esclusi dallo stato passivo.
La sentenza impugnata presenta invece il vizio di violazione dell'art. 2710 cod. civ.
La corte d'appello ha detto che all'estratto autentico delle scritture contabili della parte creditrice andava riconosciuta piena ed esauriente efficacia probatoria: con ciò ha sostanzialmente attribuito a tali scritture il valore di una prova piena, mentre, non trattandosi di scritture private (Cass. 16.12.1993 n. 12423), esse possono solo fare prova, ma, essendo a tal fine soggette, come ogni altra prova, alla valutazione del giudice (art. 116, comma 1, cod. proc. civ.), è necessario che il giudice indichi le ragioni per cui considera le risultanze di tali scritture, pur contestate dall'altra parte, idonee nel caso concreto a somministrare la prova dei fatti allegati dalla parte che ha esibito quelle scritture: l'esposizione di queste ragioni, se priva di vizi logico giuridici, si sottrarrà, come ogni giudizio di apprezzamento delle prove, al sindacato di legittimità, la mancata esposizione di tali ragioni dà luogo a difetto di motivazione su punto decisivo.
6) Il ricorso è in conclusione in parte rigettato e in parte - nei limiti appena indicati - accolto.
La sentenza è cassata, quanto al capo relativo alla domanda riconvenzionale, per la parte in cui ha affermato sussistere la prova del credito per la somma capitale eccedente L. 7.470.992.
La causa è rimessa al giudice di rinvio, che si indica in altra sezione della corte d'appello di Genova, ed il giudice di rinvio si uniformerà al seguente principio di diritto: - "Le Scritture contabili dell'imprenditore costituiscono prova nei rapporti tra imprenditori, ma la prova deve costituire oggetto di valutazione da parte del giudice, il quale deve esplicitare le ragioni per cui, in presenza di contestazioni da parte dell'altro imprenditore o di difformità tra le rispettive scritture contabili, ritiene dimostrati i fatti che ne risultano".
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese di questo grado del giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie per quanto di ragione il terzo motivo e rigetta gli altri, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese ad altra sezione della Corte d'appello di Genova.


(pagina a cura di Enzo Fogliani - aggiornata il 22.3.2013) 

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