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SEZ. U SENT. 01324 DEL 13/02/1997
PRES. Bile F. REL. Baldassarre V.
PM. Leo A. (Conf.)
RIC. Baldazzi (Avv. Scardigli)
RES. Min. Trasporti (Avvocatura dello Stato)
conferma app. Bologna 14 settembre 1994
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 27 gennaio 1979 Otello Baldazzi esponeva che
nel 1962,
quando era ancora minorenne, rappresentato dalla madre, Dorina
Giorgetti,
debitamente autorizzata, impiegando il ricavato della vendita di
immobili
a lui cointestati, aveva acquistato dallo zio Domenico Baldazzi la
quota
di un mezzo del "Bagno Nello" di Cervia.
Precisato che di tanto era venuto a conoscenza solo nel 1978 e che
non erano state compiute le formalità necessarie alla
cointestazione,
conveniva Domenico Baldazzi innanzi al Tribunale di Ravenna domandando
che fosse dichiarato proprietaria della metà dei manufatti
esistenti
nel "Bagno Nello";
che venisse affermato il suo diritto ad essere cointestato nella
concessione
n. 821/60 della Capitaneria di porto di Ravenna, con ordine alla
competente
autorità di compiere le necessarie formalità;
che il convenuto fosse condannato al risarcimento dei danni, da
dimostrare
in corso di causa.
Il convenuto resisteva, sostenendo che il contratto di vendita era
simulato e che il manufatto era stato demolito e sostituito da nuova
costruzione.
Chiedeva dichiararsi - previa chiamata in causa di Dorina Giorgetti -
il
difetto di giurisprudenza dell'Ago a conoscere della domanda di
cointestazione;
la simulazione assoluta dell'atto nella parte relativa all'alienazione
di metà del manufatto; risolto il contratto per
inadempimento; in
subordine, la proprietà esclusiva a suo nome dei manufatti
esistenti.
Chiedeva inoltre la condanna dell'attore al risarcimento dei danni
derivatigli
dalla mancata vendita del bagno a terzo.
Autorizzata ed effettuata dal convenuto la chiamata in causa, si
costituiva
la Giorgetti, che aderiva alla posizione difensiva dell'attore.
Questi provvedeva poi alla integrazione del contraddittorio nei
confronti
dell'Amministrazione del demanio marittimo, in esecuzione di ordinanza
collegiale.
Il Tribunale, con sentenza 18-19 ottobre 1985, respingeva tutte le
domande, condannando Otello Baldazzi e Dorina Giorgetti in solido alle
spese.
Proposto da Otello e Domenico Baldazzi separate impugnazioni e disposta
la riunione dei relativi giudizi, la Corte d'appello di Bologna, con la
sentenza 29 aprile-19 maggio 1994, ha accolto in parte l'appello
proposto
da Otello Baldazzi, che ha dichiarato contitolare del "Bagno Nello", di
cui alla concessione n. 821/60; ha rigettato la domanda di
contitolarità
dei manufatti costruiti sul suolo demaniale nel 1974, proposta Otello
Baldazzi
(erroneamente indicato in dispositivo come Domenico), nonché
le
eccezioni di difetto di giurisdizione, di simulazione e risoluzione del
contrasto per inadempimento, sollevate da Domenico Baldazzi. Ha
disposto
con ordinanza l'ulteriore trattazione della causa sul punto relativo
all'ammontare
dei danni domandati da Otello Baldazzi per il mancato sfruttamento del
bagno Nello. Ha rinviato alla sentenza definitiva la pronuncia sulle
spese.
Sui distinti punti la Corte bolognese ha considerato:
a) All'udienza del 29 maggio 1979 l'attore (che non aveva convenuto
il Ministero della marina mercantile, del quale solo in seguito era
stato
disposto l'intervento "iussu iudicis") ha rinunciato alla domanda
riguardante
l'ordine all'Amministrazione di compiere le formalità
necessarie
per l'intestazione della concessione; mentre la domanda volta ad
ottenere
la proprietà pro quota delle costruzioni erette sul suolo
demaniale
e l'adempimento delle formalità necessarie a conseguire il
subingresso
nella parte della concessione oggetto del trasferimento investe
posizioni
di diritto soggettivo, scaturenti da negozio privatistico, che
appartengono
alla cognizione del giudice ordinario.
b) Le risposte date all'interrogatorio formale da Otello Baldazzi e
da Dorina Giorgetti non costituiscono principio di prova per superare
il
divieto della prova orale della simulazione tra le parti, in quanto il
primo, effettivo contraente, aveva dichiarato di non sapere nulla dei
fatti;
mentre né l'esistenza del provvedimento giudiziale di
autorizzazione,
né il rapporto di parentela potevano avere determinato
l'impossibilità
per Domenico Baldazzi di procurarsi la prova scritta.
c) L'assunto del mancato pagamento del prezzo, posto a base della
subordinata
domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento
trova smentita nella documentazione prodotta (rogiti notarili) e nella
deposizione della teste Tani, non vinta da quella di Alba Cecchi,
moglie
del convenuto.
d) Posto che, in mancanza di specifiche disposizioni nel codice della
navigazione, trovano applicazione le norme degli artt. 952 e segg. cod.
civ., Otello Baldazzi non può vantare alcun diritto sui
manufatti
esistenti, essendo pacifico, in fatto, che gli originali manufatti del
"bagno Nello" non esistono più e che nel 1974 Domenico
Baldazzi,
previa autorizzazione della Capitaneria di porto, costruì
una struttura
completamente nuova e senza alcun legame con la costruzione precedente,
acquistandone la proprietà superficiaria (limitata alla
durata della
concessione) in esclusiva, essendo stato egli soltanto autorizzato
dalla
Capitaneria del porto di Ravenna.
e) Il diritto di superficie in capo all'attore, derivante dalla
comproprietà
del manufatto poi demolito, sussistente a norma dell'art. 954, comma
terzo,
cod. civ., rimane "quiescente (se non meramente teorico), vuoi per
effetto
della costruzione altrui, vuoi in quanto necessariamente collegato al
potere
discrezionale della p.a., titolare del suolo demaniale".
f) Secondo una corretta lettura del rogito del 18 marzo 1962, relativo
alla vendita della comproprietà del "bagno pubblico
denominato Nello",
deve ritenersi che Domenico Baldazzi abbia venduto al nipote Otello la
quota della metà del bene demaniale oggetto della
concessione, "intesa
come unità produttiva", autorizzandolo a domandare la
cointestazione
dell'arenile, non limitatamente alla concessione in atto,
bensì
- tenuto anche conto del prezzo pattuito, "spropositato" in rapporto ai
pochi mesi residui della medesima concessione - nel senso che,
conseguita
la cointestazione, entrambi avrebbero avuto titolo per ottenere,
unitamente,
le concessioni successive, essendo identico il bene concesso nella sua
essenza oggettiva ed economica.
g) L'impossibilità, ritenuta dal Tribunale, di esecuzione
forzata
della sentenza di condanna a compiere le formalità per la
cointestazione,
non esclude la configurabilità, in caso di mancata
esecuzione, del
rimedio del risarcimento del danno, là dove la P.A. non
approvi
il contratto privatistico, ad essa non opponibile, o revochi
addirittura
la concessione, dal momento che, secondo la disciplina dettata dagli
artt.
46 cod. nav. e 30 del regolamento relativo, l'atto di trasferimento del
diritto di godimento su beni demaniali spiega piena efficacia nei
rapporti
tra le parti.
h) La manata accettazione da parte del convenuto della limitazione
della domanda di danni all'"an" rende ammissibile la richiesta,
contenuta
nell'atto d'appello e nelle conclusioni definitive del grado, della
originaria
domanda di liquidazione del danno, che, contrariamente a quanto
eccepito
da controparte, non può considerarsi nuova.
i) Non compete a Domenico Baldazzi risarcimento per l'impedimento
opposto
da Otello alla vendita del bagno, sia perché l'opposizione
di questi
appare legittima, provenendo dal comproprietario, sia perché
il
primo avrebbe potuto vendere il bene a terzi pur senza l'adesione di
Otello,
cui negava ogni diritto sul bene medesimo, sia perché non
risulta
dimostrata l'entità dei pretesi danni.
l) Il Ministero della marina mercantile, costituito solo in appello,
a torto invoca l'art. 49 cod. nav., posto che il rapporto concessorio
con
Domenico Baldazzi è ancora in corso; né ha motivo
di dolersi
della domanda di cointestazione della concessione, non essendo stata
avanzata
quest'ultima richiesta nei confronti dell'Amministrazione e avendovi
l'attore
rinunciato prima che nei confronti della stessa venisse integrato il
contraddittorio.
Per la cassazione della sentenza d'appello ricorrono Domenico Baldazzi
sulla base di otto mezzi e, nel resistere all'avversa impugnazione,
Otello
Baldazzi con un unico motivo di ricorso incidentale, contrastato da
controricorso.
Resiste anche il Ministero dei Trasporti, subentrato a quello della
Marina mercantile.
V'è memoria del ricorrente incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Disposta la riunione dei due ricorsi, a norma dell'art. 335
cod.
proc. civ., vanno prese in esame le eccezioni pregiudiziali sollevate
con
il controricorso al ricorso incidentale.
1.1. Deve essere disattesa la prima, in quanto la procura conferita
da Otello Baldazzi ai difensori con atto esteso a margine di quello
contenente
il controricorso e il ricorso incidentale, che risulta riprodotta nella
copia notificata, è da ritenersi valida ed efficace, non
condividendo
il collegio il superato precedente (sent. 18 agosto 1993 n. 8747)
invocato
a sostegno dell'eccezione.
La procura in esame è, infatti, speciale, ai sensi dell'art.
365 cod. proc. civ., in quanto la redazione a margine rende certa la
riferibilità
all'atto con cui fa corpo; mentre l'anteriorità alla
proposizione
del ricorso si desume dalla certificazione di conformità
della copia
notificata all'originale, certificazione comprensiva del mandato.
1.2. Domenico Baldazzi eccepisce, inoltre, la tardività del
ricorso incidentale, sostenendo che la sentenza con questo impugnata,
per
avere pronunziato in via definitiva sulla domanda di riconoscimento
della
contitolarità dei manufatti costituenti lo stabilimento
balneare
eretto nel 1974, non consentiva la riserva facoltativa di ricorso, di
cui
all'art. 361 cod. proc. civ., e doveva essere impugnata nel termine
breve
(inutilmente esautivo) decorrente dalla notifica della stessa sentenza,
avvenuta il 14 settembre 1994, senza che fosse invocabile - data
l'autonomia
della domanda - un interesse all'impugnazione sopravvenuto per effetto
della notificazione del ricorso principale.
L'eccezione non può essere accolta, non essendo fondata la
premessa
riguardante la definitività della sentenza impugnata, nella
cui
motivazione si rinviene l'espressa qualificazione di "non definitiva" e
la riserva al definitivo della decisione (non risultante nemmeno dal
dispositivo)
sulle spese.
Invero queste Sezioni unite (sent. 1 marzo 1990 n. 1577; conf., di
recente e tra altre, sent. 13 gennaio 1995 n. 372), risolvendo il
preesistente
contrasto, hanno ben chiarito che, nel caso di cumulo di domande fra
gli
stessi soggetti, la sentenza che decida una o più di dette
domande,
con prosecuzione del procedimento per le altre, ha natura non
definitiva
e come tale può essere oggetto di impugnazione differita
(art. 350
e 361 cod. proc. civ.), qualora essa non disponga la separazione, ai
sensi
dell'art. 279, secondo comma, cod. proc. civ., e non provveda sulle
spese
relative alla domanda o alle domande decise, rinviando all'ulteriore
corso
del giudizio; atteso che, anche a fine indicato, la
definitività
della sentenza esige un espresso provvedimento di separazione, ovvero
la
pronuncia sulle spese del giudizio, che chiude la contesa cui si
riferisce
e quindi implica la separazione medesima.
2. Il primo motivo del ricorso principale, con il quale si denunzia
la "violazione delle regole sulla giurisdizione per negazione del
difetto
di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda di
Otello
Baldazzi di cointestazione nella concessione demaniale marittima ovvero
di contitolarità di diritti inerenti tale concessione",
è
inammissibile.
Il ricorrente, allegando che il difetto di giurisdizione del giudice
ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o del giudice
amministrativo
è rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo,
sembra
voler riconoscere, da un lato, di non essere abilitato a sollevare
l'eccezione
e non considera, d'altra parte, che la rilevabilità di
ufficio è
preclusa dal giudicato che - come nel caso in esame - si sia formato
nel
processo in conseguenza dell'omessa impugnazione della pronuncia resa
nelle
pregresse fasi del giudizio in ordine alla giurisdizione; là
dove
del giudicato intorno il giudice deve accertare l'esistenza, traendone
le necessarie conseguenze, anche senza eccezione di parte.
Invero, se siano proposte nel medesimo giudizio più domande
contro parti distinte e la questione relativa alla giurisdizione si
ponga
- e nella specie ciò risulta pacificamente - solo con
riguardo ad
una di esse, l'impugnazione, che impedisce il formarsi del giudicato,
deve
provenire dalla parte interessata, ossia da quella parte che, essendo
soggetto
dello specifico rapporto controverso, sia rimasta soccombente in ordine
alla (o sia comunque destinataria della) pregiudiziale pronuncia sulla
competenza giurisdizionale.
Nel caso in esame la controversia, rispetto alla quale è
insorta
la questione relativa alla giurisdizione, riguarda l'istante e la
pubblica
amministrazione; sicché quest'ultima, virtualmente
soccombente rispetto
alla posizione assunta dall'attore sul punto, era legittimata a
impugnare
la sentenza della Corte d'appello affermativa della giurisdizione del
giudice
ordinario.
Ma al riguardo l'Amministrazione, ricevuta la notifica dei ricorsi
dei privati, non ha proposto impugnazione incidentale, avendo chiesto,
al contrario, con il controricorso la "integrale conferma" della
sentenza
pronunciata in via non definitiva della Corte d'appello di Bologna.
Né, ovviamente, ha impugnato la pronuncia sulla
giurisdizione,
portata da tale sentenza, la controparte dello specifico rapporto,
Otello
Baldazzi.
3.1. Con il secondo motivo del ricorso principale si lamenta l'omessa
pronuncia di inammissibilità di domande nuove e conseguente
nullità;
violazione degli artt. 184, 278 e 345 c.p.c., per avere la Corte
d'appello
deciso dei diritti inerenti la cointestazione della concessione in atto
e alle successive, sebbene l'istante, avendo rinunciato, sin
dall'udienza
del 29 giugno 1979, alla domanda proposta al riguardo contro la P.A.,
avesse
limitato la propria pretesa al riconoscimento della
comproprietà
sui manufatti allora costituenti lo stabilimento balneare;
per avere giudicato inoltre sulla domanda di danni estesa al "quantum",
dopo che l'istante aveva abbandonato con le conclusioni definitive la
richiesta
di liquidazione del danno.
La prima doglianza è ripresa nel settimo mezzo (Violazione e
falsa applicazione delle norme in tema di concessione demaniale
marittima;
nullità conseguente alla pronuncia su domanda non riproposta
in
appello; violazione dell'art. 346 cod. proc. civ.; vizio di
motivazione)
con l'addebito al giudice di secondo grado di avere accolto la domanda
tendente alla condanna del convenuto a compiere le formalità
di
cointestazione della concessione, là dove in grado d'appello
tale
domanda non risultava riproposta da Otello Baldazzi.
Le due doglianze non sono fondate.
3.2. Quanto alla prima, deve escludersi che la Corte d'appello,
decidendo
la domanda di cointestazione delle concessioni demaniali succedutesi
nel
tempo e relativi diritti, con riferimento agli originari manufatti
esistenti
sull'arenile demaniale, abbia violato le norme di cui in rubrica, in
quanto
la decisione presa al riguardo presuppone l'esame delle effettive
richieste
svolte da parte attrice nei due gradi e una interpretazione di esse,
che
- alla stregua della verifica che questa Corte di
legittimità, investita
di censure di ordine procedurale è abilitata a compiere in
via diretta
- risulta corretta.
Posto che Otello Baldazzi con la citazione introduttiva ha convenuto
in giudizio il solo Domenico Baldazzi e nei confronti di questi ha
proposto,
tra le altre, la domanda di accertamento del proprio diritto alla
cointestazione
della concessione rilasciata al convenuto dalla Capitaneria di Porto di
Ravenna, risulta, in primo luogo, corrente l'affermata estensione della
pretesa alle concessioni, annualmente succedutesi e aventi lo stesso
oggetto,
sino all'attualità, atteso che non avrebbe senso una domanda
volta
ad ottenere una pronuncia riguardante il solo e lontano anno iniziale
(1960)
menzionato nel rogito e a questo (datato 18 marzo 1962) finanche
anteriore.
D'altra parte, la rinuncia fatta all'udienza del 29 giugno 1979, con
la formulazione restrittiva riportata in motivazione ("sin da ora
all'infelice
espressione"), bene è stata riferita alla sola richiesta di
"ordine
alla competente autorità", la quale, come si è
visto, all'epoca
non era in causa.
Si tratta, infatti, di interpretazione che, con riguardo a entrambi
i considerati profili, tiene conto della volontà espressa in
concreto
dalla parte istante, senza che siano introdotti temi di decisione da
questa
non proposti o violati i principi del contraddittorio e della difesa.
3.3. In ordine alla seconda censura si osserva che nel giudizio di
risarcimento del danno solo in presenza dell'accordo delle parti o,
quanto
meno, della mancata opposizione del convenuto, il giudice
può scindere
il giudizio medesimo, che è di norma unitario, e limitare la
pronuncia
all'"an debeatur". In mancanza di una delle due condizioni, egli deve
decidere
anche la domanda di quantificazione del danno, per accoglierla,
ricorrendo,
se del caso, alle forme di cui all'art. 279 n. 4 cod. proc. civ. (il
che
nella specie è avvenuto) e, per il merito, al disposto
dell'art.
1226 cod. civ.; oppure per respingerla, quando non sia determinabile
l'entità
del danno; restando sempre esclusa la possibilità di
pronunciare
una condanna generica di risarcimento con rinvio della liquidazione ad
altro giudizio.
Ne deriva che, ove la limitazione della originaria domanda di pronuncia
piena al semplice accertamento del diritto al risarcimento non possa
operare
a causa della opposizione di controparte, riprende vigore l'istanza di
liquidazione del danno secondo la normale struttura del giudizio
risarcitorio;
fermo restando l'onere a carico dell'istante di provare il danno in
tutti
i suoi elementi e salva l'eventuale applicazione dei citati artt. 279
n.
4 e 1226.
Non merita censura, per tanto, la sentenza impugnata per avere compiuto
l'accertamento in ordine all'"an" e rimesso alla pronuncia definitiva
l'eventuale
liquidazione.
4.1. I motivi terzo e quarto del ricorso principale attengono al punto
relativo alla eccepita simulazione e possono essere così
riassunti:
Terzo motivo. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1417 e 2722
e segg. cod. civ., per aver la Corte d'appello ritenuto erroneamente
che
le dichiarazioni rese da Otello Baldazzi e da sua madre in sede di
interrogatorio
formale non costituissero principio di prova scritta; per avere male
interpretato
dette dichiarazioni, motivando contraddittoriamente al riguardo; per
avere
escluso l'impossibilità mortale per Domenico Baldazzi di
procurarsi
una controdichiarazione.
Quarto motivo. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1414, 1417,
2727, 2729, 2730 e 2734 cod. civ., nonché vizio di
motivazione,
per non avere rilevato la Corte del merito che la simulazione risultava
già provata dalle dichiarazioni rese da Otello Baldazzi e da
sua
madre, Dorina Giorgetti, in relazione ad altre pacifiche circostanze,
"quali
l'omessa trascrizione di quella sola parte del rogito relativa ai
manufatti
dello stabilimento balneare", l'omessa rivendicazione di qualsiasi
diritto
per anni (anche dopo il raggiungimento della maggiore età di
Otello),
l'acquiescenza di questi e della madre alla demolizione del vecchio e
alla
costruzione del nuovo stabilimento, l'indifferenza di costei alla
causa,
sebbene risultasse dal rogito usufruttuaria.
I due motivi non sono fondati.
4.2. Va premesso che la Corte d'appello non ha negato che, in astratto,
la risposta data all'interrogatorio formale dalla parte possa
costituire
principio di prova scritta, ma ha negato la sussistenza in concreto di
elementi, sia pure iniziali, di convincimento nelle dichiarazioni rese
da Otello Baldazzi.
Invero, perché un documento possa costituire principio di
prova
per iscritto non è sufficiente che esso contenga un vago
riferimento
al fatto controverso, ma occorre l'esistenza di un nesso logico tra lo
scritto e il fatto stesso, dal quale scaturisca la verosimiglianza del
secondo (conf., per tutte, sent. 21 aprile 1981 n. 2337). Posto che la
verifica di tale condizione implica apprezzamento riservato al giudice
del merito, con il ricorso per cassazione, sul punto, la denunzia del
vizio
di cui all'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. onera il ricorrente della
dimostrazione
dell'insufficienza o contraddittorietà della motivazione
esposta
in sentenza.
Poiché i connessi motivi in esame non contengono una
siffatta
dimostrazione e non si rinviene in essi nemmeno un'approssimativa
indicazione
di quanto dichiarato dalle controparti, deve ritenersi proposta a
questa
Corte di legittimità una inammissibile lettura di atti
processuali
e la loro, altrettanto inammissibile, interpretazione.
In ordine all'asserita impossibilità morale per il
ricorrente
di procurarsi una prova scritta (art. 2724 n. 2 cod. civ.), la Corte
territoriale
ha espresso un motivato apprezzamento, ritenendo che l'esistenza del
provvedimento
di volontaria giurisdizione di autorizzazione a vendere e i rapporti di
parentela non ponessero Otello Baldazzi in una posizione tale da non
potere
pretendere la predetta prova.
4.3. L'insussistenza di una censura adeguata sul punto relativo al
principio di prova scritta comporta il venir meno di uno degli elementi
(indiziari) di cui, con il quarto mezzo, si addebita alla Corte
bolognese
l'omessa valutazione.
Per altro gli invocati elementi, costituendo semplici presunzioni dalle
quali si pretende desumere la dimostrazione della simulazione assoluta,
incontrano le stesse limitazioni previste per la prova per testi (art.
2729, comma secondo, cit.).
5. Con il quinto mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 1463 e segg., 2730 e 2734 cod. civ., oltre che vizio di
motivazione,
per non avere accolto la Corte d'appello la domanda subordinata di
risoluzione
del contratto per inadempimento, nonostante che risultasse provato il
mancato
pagamento dell'intero prezzo della vendita.
Il motivo deve essere respinto, essendo sorretta la decisione da
specifica
e coerente valutazione delle prove orali e documentali; valutazione che
resiste alla concisa critica del ricorrente.
Quanto al pagamento non integrale del corrispettivo, se è
vero
che la sentenza ritiene dimostrato un "pagamento quasi per intero"
(lire
550.000 + 226.000, sulle 900.000 pattuite), manca tuttavia nel ricorso
una doglianza in ordine al se il parziale inadempimento fosse tale da
giustificare
la risoluzione del contratto; là dove la prova della
gravità
- da ritenersi nella specie esclusa dalla Corte del merito - incombe
alla
parte che richiede la risoluzione.
6.1. Il sesto motivo del ricorso principale e l'unico di quello
incidentale
presentano aspetti di connessione, che rendono opportuno il loro
congiunto
esame.
Domenico Baldazzi, denunciando violazione e falsa applicazione degli
artt. 36 e segg. cod. nav. e 5 e segg. del regolamento di esecuzione
per
la navigazione marittima, 161 e segg. e 978 cod. civ. e vizio di
motivazione,
assume contraddittorio il riconoscimento della contitolarità
nei
diritti inerenti la concessione del 1962 e delle successive e la
negazione,
al tempo stesso, di ogni diritto dell'istante sullo stabilimento
balneare
edificato nel 1974.
Addebita poi alla Corte d'appello di avere erroneamente interpretato
la "finta vendita" nel senso di estenderla, con la definizione di
"entità
produttiva", alla gestione dell'impresa, sebbene l'alienazione
riguardasse
i soli manufatti dell'allora "bagno Nello" e l'usufruttuario Dorina
Giorgetti
non avesse mai partecipato alla gestione medesima; di non avere
considerato
che secondo le citate norme del codice della navigazione la concessione
demaniale non abilita all'esercizio di attività
imprenditoriale,
per la quale occorrono altre autorizzazioni (licenza di commercio e di
pubblico esercizio), mentre la cessione ex art. 46 implica soltanto il
diritto di occupare il bene demaniale per l'uso indicato dal
concedente;
che il diritto ceduto viene meno con la scadenza della prima
concessione,
essendo irrilevanti le successive, che creano un nuovo diritto di
godimento
del bene demaniale; che il prezzo pattuito era stato determinato in
base
alla stima dei manufatti, senza valutare le componenti della
cointeressenza
d'impresa e, in particolare, l'avviamento; per avere "inventato" un
trasferimento
d'azienda, escludendo in un momento successivo Otello da ogni diritto
sul
bene principale costituente l'unità produttiva e di avere
ammesso
costui alla distribuzione degli utili ignorando l'usufrutto di Dorina
Giorgetti.
Ribadisce l'assunto del sesto mezzo la seconda parte del settimo,
là
dove si rileva che la contitolarità di Otello Baldazzi
riguardo
ai manufatti era stata esclusa, quanto meno a partire dal 1974, mentre
nulla prevedeva che dovesse essere cointestata la concessione.
Otello Baldazzi, nel denunciare violazione degli artt. 952, 953 e 954
cod. civ. e dei citati art. 46 e 5 e segg., assume contraddittoria la
pronuncia
di cessazione dei diritti corrispondenti alla concessione per la
costruzione
del nuovo stabilimento nell'anno 1974, quando la cessione del 1962 era
relativa anche "a tutti i diritti, azioni, ragioni accessori dipendenze
e pertinenze inerenti... l'oggetto, nulla escluso o riservato";
ciò
implicando, ad avviso del ricorrente incidentale, la proroga dei
diritti
riguardanti l'originaria concessione, posto che l'ampliamento e la
ricostruzione
dello stabilimento non avevano dato vita a un nuovo immobile,
costituendo
esse addizioni e migliorie del vecchio (implicanti il diritto del
comproprietario
al rimborso della metà delle spese sopportate). Soggiunge
che la
demolizione del vecchio fabbricato, ex art. 954, terzo comma, non
comportava
l'estinzione del diritto di superficie gravante sull'intero arenile
oggetto
di concessione, anche a seguito dello spostamento del fabbricato
avvenuto
con l'accordo della P.A.; che Otello Baldazzi era divenuto, quindi,
automaticamente
comproprietario al 50% della costruzione e del diritto di superficie
concesso
a Domenico Baldazzi nel 1974; che quest'ultimo per detta nuova
costruzione
aveva comunque utilizzato i redditi del bagno Nello, mai versati al
nipote,
il quale aveva così pagato, per intero e da tempo,
l'acquisto.
6.2. Nel definire la portata pattizia del contratto dedotto in giudizio
la sentenza impugnata dedica alle contrapposte impugnazioni trattazioni
distinte; sicché appare opportuna la loro coordinata e
riassuntiva
ricostruzione, al fine di stabilire se sussistano, in primo luogo,
quella
contraddittorietà di motivazione, che da opposte posizioni
viene
ascritta alla Corte d'appello, e quindi le lamentate violazioni di
legge.
Ebbene dalla motivazione, nel suo complesso, si desumono i seguenti,
già riferiti in narrativa, accertamenti e passaggi
logico-giuridici:
a) Otello Baldazzi, con la rappresentanza della madre,
acquistò
da Domenico, non solo la metà del manufatto costituente il
"bagno
Nello" e il diritto a divenire contitolare della concessione demaniale
a questo relativa, ma anche la metà dell'azienda, della
quale il
manufatto costituiva l'elemento materiale e che era gestita dallo zio.
b) La concessione demaniale da trasferire (in ragione della
metà)
no nera limitata a quella annuale esistente al momento della
pattuizione
e in via di esaurimento, ma comprendeva anche tutte le successive, che,
con il medesimo oggetto, l'Amministrazione aveva rinnovato di anno in
anno.
c) Il sopravvenire di una diversa concessione - in conseguenza della
demolizione del vecchio manufatto, della costruzione del nuovo con
mutata
ubicazione e della sostanziale variazione, correlata proprio a tali
innovazioni,
sia del bene demaniale concesso sia delle clausole dell'atto
concessorio
- ha determinato una frattura nella sequenza delle concessioni uniformi
e il venir meno della loro sostanziale unitarietà, con
conseguente
quiescenza e, di fatto, estinzione del diritto dell'acquirente alla
cointestazione.
d) La mancata esecuzione delle prestazioni incombenti al venditore
ha fatto sorgere il diritto dell'altro contraente al risarcimento del
danno,
da accertare in prosieguo di causa.
e) Il risarcimento deve essere contenuto nei limiti segnati dal
perdurare
della iniziale concessione.
6.3. Le ragioni poste a sostegno dell'interpretazione dell'atto in
questione sono state già riferite e resistono alle esposte
censure.
In aggiunta va rilevato che la Corte d'appello, nell'affermare che
il senso della trattativa consacrata nel rogito del 18.3.1962 non era
di
concedere la metà del bagno per pochi mesi, ma di associare
Otello
Baldazzi nella gestione con conseguente divisione degli utili e degli
esborsi,
ha fatto espresso riferimento al provvedimento reso dal Tribunale
nell'interesse
del minore; interesse non realizzabile se non considerando la protratta
redditività dell'investimento delle somme ricavate dalle
vendite
immobiliari nella "quota di bene demaniale oggetto della concessione,
intesa
come entità produttiva (bagno Nello)..." e la
volontà contrattuale
"di associare Otello Baldazzi nella cogestione del bagno (con
conseguente
divisione degli utili e degli esborsi) sino a quando la pubblica
amministrazione
avesse continuato a concedere il bene".
Risulta conseguenziale e coerente "che, ottenuta la cointestazione,
per il futuro entrambi avrebbero avuto titolo per ottenere unitamente
le
concessioni successive".
6.4. A quest'ultimo passaggio della motivazione entrambe le parti
ricollegano,
come si è visto, la censura di contraddittorietà,
per avere
la Corte del merito rima ammesso e poi negato il necessario protrarsi
del
diritto a ottenere concessioni in comune.
Fermi i ben motivati accertamenti di fatto circa la effettiva
diversità,
rispetto alle precedenti, della concessione intervenuta nel 1974 e la
costruzione
di un manufatto del tutto nuovo, sia per ubicazione che per
caratteristiche
costruttive, in attuazione delle innovate previsioni concessorie -
esclude
l'asserita frattura nella conseguenzialità logica della
sentenza
la puntualizzazione degli aspetti giuridici della controversia,
ricavabili,
nella loro essenzialità, dalla stessa sentenza.
La Corte d'appello ha rilevato che gli artt. 46 cod. nav. e 30 del
regolamento di esecuzione dello stesso codice prevedono la
possibilità
di un trasferimento, per atto tra vivi o "mortis causa", del diritto di
godimento di beni del demanio marittimo in forza di concessione
amministrativa
e che il trasferimento, che può costituire oggetto di valida
pattuizione
tra i privati (con la configurabilità anche della cessione
parziale
operata nella specie), non è, tuttavia, opponibile alla
pubblica
amministrazione, la quale potrebbe addirittura trarre spunto dalla
cessione
per revocare la concessione.
La revocabilità della concessione e, più in
generale,
la sua temporaneità incidono sulla posizione del privato che
ha
edificato sul suolo demaniale in concessione e, quindi, di coloro che
rispetto
alla costruzione hanno diritti comuni.
Sempre in sentenza si rileva che il codice della navigazione non
contiene
una specifica disciplina in materia di costruzioni (autorizzate) sul
suolo
demaniale e che, operando, in virtù del rinvio di cui
all'art. 1,
le norme del codice civile sul diritto di superficie, colui che
costruisce
acquista la proprietà superficiaria a titolo originario.
Si tratta di diritto di consistenza reale ma temporanea, in quanto
ha la stessa (limitata) durata della concessione del bene demaniale, su
cui insiste il fabbricato, e - come con non recente sentenza (28
febbraio
1969 n. 670) ha rilevato questa Corte - si estingue, a norma dell'art.
953 cod. civ., con la revoca della concessione o per la scadenza del
termine
di durata della stessa; con conseguente incremento per accessione della
proprietà del "dominus soli" (in quel caso un comune).
Nell'ipotesi di comunione del diritto di superficie l'estinzione di
questo opera, necessariamente, in danno di tutti i contitolari.
6.5. Nella specie dal motivato accertamento in fatto circa la
definitiva
scadenza nel 1974 della concessione, sostanzialmente unica (anche se
per
prassi amministrativa oggetto di annuali rinnovi), di cui era titolare
dal 1960 Domenico Baldazzi, è derivata, così come
ha ritenuto
la Corte territoriale, l'estinzione del diritto superficiario, sia in
danno
del concessionario, sia di Otello Baldazzi, al quale tale diritto, in
ragione
della metà, avrebbe dovuto essere trasferito in forza della
convenzione
del 1962, riferita, come si è visto, al manufatto esistente
e all'impresa
operante in funzione della relativa sequenza di concessioni.
La piena autonomia del nuovo rapporto concessorio, che rende coerente
la negazione del diritto di Otello alla contitolarità della
(nuova)
costruzione superficiaria e della relativa (nuova) impresa, esclude
altresì
l'asserita contraddizione tra le affermazioni dell'unitario atteggiarsi
delle (formalmente plurime) concessioni precedenti e dal venir meno
della
stessa unicità rispetto alle concessioni successive al 1974.
Ne deriva il rigetto degli esaminati contrapposti motivi.
7. Con l'ottavo mezzo del ricorso principale Domenico Baldazzi denuncia
la violazione dell'art. 1226 cod. civ. e vizio di motivazione e
sostiene
che, attraverso la confessione giudiziale di Otello Baldazzi, risulta
provato
l'evento (impedimento alla vendita) lesivo del proprio diritto e
costitutivo
del danno e che questo doveva essere valutato equitativamente.
Il motivo è inammissibile, perché non
è riferibile
alle effettive ragioni del decidere.
La Corte d'appello, infatti, nel dare atto dell'ammissione dell'istante
di essersi opposto alla vendita de bagno, non solo ha ritenuto tale
opposizione
legittima (e sulla legittimità o meno nulla eccepisce il
ricorrente),
ma ha anche soggiunto che "in ogni caso Domenico Baldazzi avrebbe
potuto
vendere il bene a terzi pur l'adesione di Otello..."; e neppure questa
considerazione, escludente l'evento lesivo, risulta specificamente
censurata.
8. Per le indicate ragioni debbono essere respinti sia il ricorso
principale
che quello incidentale.
Appare equa l'integrale compensazione tra le parti delle spese del
giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte, a sezioni unite, riuniti i ricorsi, li rigetta; compensa le spese.
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