massime 
Sez.  L, Sentenza n.  23562  del  13 novembre 2007
Presidente: Ciciretti S.  Estensore: Di Nubila V.  Relatore: Di Nubila V.  P.M. Matera M. (Diff.)
Urbinelli (Segnalini ed altro) contro Metro Metropolitana Roma Spa (Di Luccio)
(Sentenza impugnata: App. Roma, 27 Agosto 2003)

 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICIRETTI Stefano - Presidente -
Dott. CUOCO Pietro - Consigliere -
Dott. DI NUBILA Vincenzo - rel. Consigliere -
Dott. DE MATTEIS Aldo - Consigliere -
Dott. BALLETTI Bruno - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

URBINELLI BARBARA in atti generalizzata, rappresentata e difesa dall'avv. Segnalini Massimo per mandato a margine del ricorso, elett. in Roma presso lo studio degli avv. Segnalini Massimo e Carlo, via Ennio Quirino Visconti 103;
- ricorrente -
contro
MET.RO. - METROPOLITANA DI ROMA SPA GIÀ METROFERRO SPA in persona del Presidente Dott. Martinetti Angelo, rappresentata e difesa dall'avv. Di Luccio Marina per mandato in calce al controricorso, elett. in Roma presso lo studio del difensore, via Tiburtina 770;
- intimato controricorrente -
avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 2231.03 in data 1.4.2003 depositata il 27.8.2003;

udita la relazione della causa fatta dal Dott. Vincenzo Di Nubila all'udienza del 25.9.2007;
udito per il ricorrente l'avv. Segnalini Massimo;
udito per il resistente l'avv. Amedeo Besi per delega;
udito il Procuratore Generale in persona del Sostituto Dott. MARCELLO MATERA, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso in via di urgenza e successiva azione di merito, Urbinelli Barbara chiedeva il riconoscimento del proprio diritto ad essere assunta dalla Metroferro spa, poi Metropolitana di Roma. L'attrice deduceva che, dopo avere superato le prove previste, era stata inopinatamente esclusa dal novero degli aspiranti, in quanto di statura inferiore a quella richiesta (m. 1,53 contro 1,55). Previa costituzione ed opposizione della convenuta, il Tribunale respingeva la domanda attrice.

2. Proponeva appello la Urbinelli, insistendo nelle proprie istanze ed argomentazioni. La Corte di Appello confermava la sentenza di primo grado, così motivando:
- l'idoneità psico-fisica dell'aspirante all'assunzione viene accertata mediante un giudizio medico-legale, la cui osservanza è sufficiente ad "integrare un giudizio di correttezza e buona fede sull'operato dell'azienda";
- anche se nel bando non è esplicitato il requisito relativo alla statura, nondimeno sono richiamate le norme regolamentari le quali disciplinano tale requisito e nessuna censura è formulata circa l'esatta applicazione dei parametri richiesti;
- i requisiti fisici richiesti dal D.M. n. 88 del 1999 costituiscono "una garanzia sia per l'incolumità dei lavoratori addetti al servizio sia per la sicurezza degli utenti" e la previsione di una altezza minima per l'adibizione alle mansioni di addetto di stazione non è in contrasto con i precetti costituzionali;
- non sussiste alcuna discriminazione vietata dalla L. n. 125 del 1991, in particolare dall'art. 4, comma 2, ne' una discriminazione diretta, tanto più che il bando di concorso prevede due distinte graduatorie.

3. Ha proposto ricorso per Cassazione Urbinelli Barbara, deducendo due motivi. Resiste con controricorso la Met.Ro. spa. Parte ricorrente ha presentato memoria integrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Col primo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 3, 4, 37 Cost., L. n. 903 del 1977, art. 1, L. n. 125 del 1991, art. 4, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5: la ricorrente deduce che la previsione di una statura minima identica per uomini e donne costituisce di per sè una discriminazione, stante il principio affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 163.1993. Ricorda la ricorrente che in tutti i concorsi pubblici, come ad esempio per le Forze Armate, i corpi di Polizia, Carabinieri, Vigili del Fuoco, Corpo Forestale dello Stato, sono previste stature minime diverse per uomini e donne.

5. Con il secondo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 3, 4, 37, 97 Cost., L. n. 903 del 1977, art. 1, L. n. 125 del 1991, art. 4, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, sotto il profilo della "non essenzialità" del requisito di statura minima (m. 1,55) in relazione alle mansioni di carattere prevalentemente amministrativo cui sono adibiti gli addetti di stazione e gestione. La questione della rilevanza della statura viene risolta dalla Corte di Appello in modo generico ed insufficiente, senza collegare la statura con le mansioni da svolgere. Sottolinea come l'addetto di stazione debba in talune circostanze sostituire il capo stazione ed il coordinatore di stazione, figure per le quali non è prevista alcuna altezza minima. Nè la controparte, sulla quale gravava l'onere della prova al riguardo, ha svolto alcuna attività difensiva sul punto.

6. La Metro spa sostiene che i motivi del ricorso per Cassazione sono infondati. Ricorda che nessun comportamento illegittimo è stato posto in essere, ne' alcuna discriminazione a danno del sesso femminile, posto che il bando ha previsto una riserva di posti del 50% a favore delle donne. Nessuna discriminazione indiretta è stata commessa. Il precedente di cui a Corte Costituzionale n. 163.1993 attiene ad una fattispecie in cui il requisito della statura era di m. 1,65 anziché 1,55. Ricorda che in base alla normativa per il personale delle ferrovie è prevista una altezza minima, in quanto le mansioni prevedono tra l'altro "manovra degli impianti di sicurezza e di segnalamento,segnalazione di guasti e di mancato funzionamento di apparecchiature". Trattasi di norme esterne rispetto all'ente datore di lavoro, ispirate a criteri di discrezionalità tecnica che non possono essere censurati.

7. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi. Essi risultano fondati e vanno accolti.

8. Con la sentenza n. 163 del 1993 la Corte Costituzionale ha affermato il principio che "la previsione di un'altezza minima identica per gli uomini e per le donne - quale requisito fisico - per l'accesso ad un pubblico concorso, viola il principio di eguaglianza, vuoi in quanto presuppone erroneamente l'insussistenza della considerevole diversità di statura mediamente riscontrabile tra gli uomini e le donne, vuoi in quanto comporta una discriminazione indiretta a sfavore di queste ultime, che risultano in concreto svantaggiate in misura proporzionalmente maggiore rispetto agli uomini, in relazione a differenze antropomorfiche statisticamente riscontrabili e obiettivamente dipendenti dal sesso". La Corte ha preso atto che si trattava, nella fattispecie che aveva originato l'ordinanza di rimessone, dell'accesso al servizio antincendi della Provincia di Trento, per il quale era stata individuata una altezza di m. 1,65. Fermo restando che per tali mansioni non è irragionevole richiedere una certa "prestanza fisica", la Corte Costituzionale prosegue affermando: "Ciò che si contesta, invece, è la previsione di una statura minima identica per gli uomini e per le donne", il che costituisce una "irragionevole sottoposizione a un trattamento giuridico uniforme di categorie di persone caratterizzate, in base ai dati desumibili da una media statistica, da stature differenti".

9. Il principio affermato dalla Corte Costituzionale porta dunque a ritenere che la previsione di una statura minima (non importa che si tratti di m. 1,65 o di m. 1,55) identica per uomini e donne comporta in ogni caso e di per sè una violazione dei parametri costituzionali.

10. Va peraltro notato come la fonte normativa, dalla quale discende la previsione del limite di altezza quale requisito fisico per l'assunzione come addetto di stazione, sia costituita da un decreto ministeriale, la cui legittimità può essere incidentalmente apprezzata dal giudice ordinario ai fini dell'eventuale disapplicazione. Orbene, stanti i principi affermati dalla Corte Costituzionale, appare difficile negare che siffatta violazione sussista.

11. Quanto alla "ragionevolezza" del limite di altezza fisica, va ulteriormente rilevato che la sentenza impugnata risolve la questione in modo apodittico ed insufficientemente motivato, limitandosi ad affermare che la previsione di una altezza minima di m. 1,55 risponde a criteri di "sicurezza ed incolumità del personale in servizio e dell'utenza", senza peraltro accertare quali siano le mansioni cui l'attrice poteva essere addetta e se veramente esse non possano essere adeguatamente svolte da una persona alta m. 1,53. Che se, per avventura, la mansione sia esclusivamente o prevalentemente sedentaria, non sarebbe dato vedere in che modo l'altezza incida su un lavoro da svolgersi stando (poniamo) seduti dietro uno sportello o una scrivania; e se la mansione richieda talora un impegno fisico in posizione eretta, occorrerebbe comunque spiegare perché una altezza minima sia richiesta.

12. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata e la causa va rinviata alla Corte di Appello de L'Aquila, la quale, applicati i principi di diritto di cui sopra, valuterà se la candidata aveva diritto all'assunzione nonostante l'altezza fisica inferiore al minimo di cui agli atti amministrativi richiamati nel bando.

P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello de L'Aquila.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 settembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2007


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