SEZ. L, SENT. 27926 DEL 19/12/2005
Presidente: Ciciretti S.  Estensore: Monaci S.  Relatore: Monaci S.  P.M. Abbritti P. (Conf.) 
Fiorentino (Tanzarella) contro Jonica Concessionaria di Fanelli & C. (avv. Palmi e Zema)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 16 maggio 1994 alla sezione lavoro della Pretura di Taranto il signor Fiorentino Vittorio, titolare dell'omonima ditta di trasporti, conveniva in giudizio la Jonica Concessionaria di Fanelli e C, chiedendone la condanna al pagamento della somma complessiva di L. 255.112.116, oltre accessori. A sostegno della propria pretesa il Fiorentino sosteneva di avere convenuto con la ditta di Fanelli Giovanni, denominata all'epoca "La Jonica Fanelli" e successivamente "Jonica Concessionaria di Fanelli e C. s.r.l.", il trasporto di acque minerali dalla valle del Pasubio a Taranto e di avere regolarmente effettuato i trasporti previsti, ma di non percepito i compensi dovuti.
In particolare non erano stati applicati i compensi dovutigli in base alla cosiddetta "tariffa a forcella", che aveva carattere imperativo ed inderogabile.
Costituitosi il contraddittorio, la ditta convenuta formulava le proprie difese, tra l'altro - per quanto qui interessa - eccependo la prescrizione ultraannuale.
Istruita la causa, il primo giudice rigettava la domanda, ritenendo, per un verso, che erano prescritti i diritti di credito maturati prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 82 del 1993, convertito nella L. 27 maggio 1993 n. 162, e, per altro verso, che, per quanto concerne i maggiori corrispettivi previsti in base alle tariffe a forcella, era nullo il contratto di autotrasporto, stipulato dopo l'entrata in vigore del D.L. n. 82 del 1993, sulla base del quale essi erano fatti valere.
Questa pronunzia veniva confermata, sostanzialmente anche nella motivazione, dalla Corte d'Appello di Lecce, Sezione distaccata di Tarante, con sentenza n. 78, in data 14 maggio/5 giugno 2003. Avverso questa sentenza, che non risulta notificata, il signor Fiorentino ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 23 settembre 2003, con un motivo.
Resisteva l'intimata società Jonica Concessionaria di Fanelli e C. s.r.l. in liquidazione, con controricorso notificato il 29 ottobre 2003, e proponeva contestualmente ricorso incidentale con un motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo di impugnazione il signor Fiorentino lamenta la violazione dell'art. 99 c.p.c. e la falsa applicazione del D.L. n. 82 del 1999 con difetto ed erroneità della motivazione, nonché la mancata applicazione della L. 6 giugno 1974 e di quelle successive. Ricorda di aver già ridimensionato le proprie pretese agli importi risultanti dalle fatture che andavano dal 28 aprile 1992 al 16 aprile 1994, e sottolinea che anche se ricorresse un caso di nullità del contratto per mancanza di prova scritta, ciò avrebbe potuto comportare il rigetto della sua domanda soltanto per quanto atteneva alle fatture del 30 aprile 1993, e per quelle successive, ma non per quelle precedenti.
Sostiene che comunque i minimi tariffari erano stati fissati inderogabilmente dalla L. 6 giugno 1974, n. 298, e da quelle successive.
Quelle che fissavano le tariffe costituivano norme imperative, come tali non derogabili, e che comportavano come tali, l'automatica sostituzione delle clausole negoziali difformi.
Il ricorrente argomenta, infatti, che il D.L. 3 luglio 2001 n. 256, art. 3, convertito in L. 20 agosto 2001, n. 334, avrebbe natura di norma di interpretazione autentica della L. 6 giugno 1974, n. 298, art. 26 (introdotto dal D.L. 29 marzo 1993 n. 82, art. 1, convertito dalla L. 27 maggio 1993 n. 162), non ha reso obbligatorio il ricorso alla forma scritta per la stipulazione dei contratti di autotrasporto di cose per conto di terzi, e che la nullità non sussisteva nemmeno in caso di omessa annotazione.
Inoltre con la sentenza n. 26/2003 la Corte Costituzionale aveva sancito che non era fondata la questione di legittimità costituzionale della norma stessa nel senso che la forma scritta non era essenziale ai fini della validità del contratto di autotrasporto di cose per conto di terzi.
Proprio perché aveva natura interpretativa, la stessa norma aveva efficacia retroattiva.
2. Nel controricorso la società Fanelli sottolinea, innanzi tutto, che non si poneva ulteriormente la questione della prescrizione, di tutte le pretese non prescritte ala data del 21 aprile 1994 avanzate con ricorso introduttivo originario, in quanto la controparte aveva riconosciuta fondata l'eccezione di prescrizione. Questo comportava la necessità di esaminare soltanto i trasporti eseguiti dopo l'entrata in vigore del D.L. n. 82 del 1993, vale a dire dopo il 29 marzo 1993, in quanto i precedenti trasporti rimanevano travolti dalla prescrizione annuale.
Soltanto lo stesso Decreto n. 82 del 1993, infatti, aveva previsto espressamente che la prescrizione quinquennale si applicasse soltanto ai contratti stipulati successivamente.
Sostiene che le fatture successive erano documenti disconosciuti, e privi quindi di valore probatorio.
Su questo punto, di fatto, la sentenza non era censurabile in Cassazione.
I contratti, inoltre, erano nulli perché tutti orali. Anche l'interpretazione autentica del legislatore poteva essere ritenuta valida soltanto quando non avesse compromesso il diritto di difesa.
In ogni caso anche l'interpretazione autentica non poteva impedire il decorso della prescrizione.
Anche l'eccezione di retroattività della nuova norma non sarebbe infondata, e comunque troverebbe un ostacolo; insuperabile nella prescrizione dei diritti.
3. Con l'unico motivo del ricorso incidentale la ditta contesta il capo della sentenza di merito che aveva disposto la compensazione delle spese e contesta la motivazione addotta relativa alla novità delle questioni esaminate, sottolineando che queste ultime erano state già esaminate dal giudice di primo grado.
4. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
La L. 6 giugno 1974 n. 298, art. 26 (che ha ad oggetto la istituzione dell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose e la istituzione di un sistema di tariffe a forcella per i trasporti di merci su strada), reca la rubrica "esercizio abusivo dell'autotrasporto", era formato inizialmente da due soli commi, di cui il primo prevedeva la punizione a norma dell'art. 348 c.p. (ora sostituita dall'applicazione di una sanzione amministrativa dal D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, art. 18) di "chiunque esercita l'attività di cui all'art. 1" (e cioè l'autotrasporto di cose per conto di terzi) "senza essere iscritto nell'albo, ovvero continua ad esercitare l'attività durante il periodo di sospensione o dopo la radiazione o la cancellazione dall'albo" e il secondo (ora abrogato dallo stesso D.Lgs. n. 507 del 1999, l art. 18) che "in caso di flagranza si procede al sequestro del veicolo".
Il D.L. 29 marzo 1993 n. 82, art. 1 (convertito dalla L. 27 maggio 1993 n. 162, con modificazioni non riguardanti l'articolo citato) ha aggiunto due commi.
Con il primo di essi è sanzionata la condotta di "chiunque affida l'effettuazione di un autotrasporto di cose per conto di terzi a chi esercita abusivamente l'attività di cui all'art. 1 o ai soggetti di cui all'art. 46 della presente legge" (articolo, quest'ultimo, che contempla l'esecuzione di trasporto di cose con autoveicoli o con motoveicoli, senza licenza o senza autorizzazione oppure violando le condizioni o i limiti stabiliti nella licenza o nell'autorizzazione), e si prevede che si proceda altresì al sequestro della merce, e che ne possa essere disposta la confisca con la sentenza di condanna. L'ultimo comma dispone che "ai fini di cui al presente articolo, al momento della conclusione del contratto di autotrasporto di cose per conto di terzi, a cura di chi effettua il trasporto, sono annotati nella copia del contratto di trasporto da consegnare al committente, pena la nullità del contratto stesso, i dati relativi agli estremi dell'attestazione di iscrizione all'Albo e dell'autorizzazione al trasporto di cose per conto di terzi rilasciati dai competenti comitati provinciali dell'Albo nazionale degli autotrasportatori di cui alla presente legge, da cui risulti il possesso dei prescritti requisiti di legge.
Quest'ultima norma è stata presa espressamente in considerazione dall'art. 3 del D.L. 3 luglio 2001 n. 256, convertito dalla L. 20 agosto 2001 n. 334, che stabiliva che doveva interpretarsi "nel senso che la prevista annotazione sulla copia del contratto di trasporto dei dati relativi agli estremi dell'iscrizione all'albo e dell'autorizzazione al trasporto di cose per conto di terzi possedute dal vettore, nonché la conseguente nullità del contratto privo di tali annotazioni, non comportano l'obbligatorietà della forma scritta del contratto di trasporto previsto dall'art. 1678 del codice civile, ma rilevano soltanto nel caso in cui per la stipula di tale contratto le parti abbiano scelto la forma scritta". Partendo da questa norma interpretativa, questa Corte ha ritenuto, decidendo fattispecie analoghe, che "ai sensi del D.L. 256 del 2001 art. 3, convertito dalla L. n. 334 del 2001, che interpreta autenticamente L. n. 298 del 1974, art. 26, deve escludersi la nullità dei contratti di trasporto conclusi in forma orale, in quanto la nullità - prevista per il caso di mancata annotazione sulla copia del contratto stesso dei dati relativi alla iscrizione all'albo e all'autorizzazione al trasporto di cose per conto terzi, possedute dal vettore - interviene soltanto qualora le parti per la stipula del suddetto contratto, abbiano scelto la forma scritta. Tale disciplina, avendo natura interpretativa, possiede efficacia retroattiva, ne' sussistono al riguardo dubbi di illegittimità costituzionale, in relazione ai principi di ragionevolezza costituzionalmente garantiti, nonché agli altri principi di cui agli artt. 24, 101, 102 e 104 Cost., posto che tale retroattività da un lato trova giustificazione nell'esistenza di effettivi dubbi ermeneutici della disciplina interpretata, e dall'altro non compromette il diritto di difesa, ne' comporta un conflitto tra potere legislativo e potere giurisdizionale." (Cass. civ., 6 giugno 2002, n. 8256; nello stesso senso, 2 settembre 2004, n. 17778). Ora, però, la norma interpretativa non può più essere applicata, perché abrogata dalla L. 1 marzo 2005 n. 32, art. 3.
5. Ciò non toglie che si debba giungere alla stessa conclusione della non obbligatorietà della conclusione per iscritto dei contratti di trasporto.
È facile rilevare, innanzi tutto, che il testo della norma sostanziale, vale a dire del dall'art. 1 del D.L. n. 82 del 1993 u.c., aggiunto alla L. n. 298 del 1974, art. 26, non prevede in realtà l'obbligo di stipulare per iscritto i contratto di trasporto di cose, e la nullità dei contratti stipulati oralmente, e neppure l'inapplicabilità a questa ipotesi delle tariffe obbligatorie, quelle cosiddette "a forcella".
Inoltre, con una recente pronunzia la Corte Costituzionale ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale della L. 6 giugno 1974, n. 298, art. 26, u.c., (Istituzione dell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, disciplina degli autotrasportatori di cose e istituzione di un sistema di tariffe a forcella per i trasporti di merci su strada), come modificato dal D.L. 29 marzo 1993, 1 n. 82, art. 1 (Misure urgenti per il settore dell'autotrasporto di cose per conto di terzi), convertito, con modificazioni, dalla L. 27 maggio 1993, n, 162, in combinato disposto con il D.L. 3 luglio 2001, n. 256, art. 3 (Misure urgenti nel settore dei trasporti), convertito, con modificazioni, dalla L. 20 agosto 2001, n. 334, nella parte in cui prevede, ove le parti abbiano scelto per la stipula la forma scritta, la nullità del contratto di autotrasporto per la mancata annotazione sulla copia del contratto dei dati relativi agli estremi dell'iscrizione all'albo e dell'autorizzazione al trasporto di cose per conto di terzi possedute dal vettore" (Corte Cost. 11-14 gennaio 2005, n. 7).
La Corte Costituzionale sottolinea, tra l'altro, che "la sanzione della nullità è certamente adeguata quando di tratta di colpire il contratto concluso con un autotrasportatore non iscritto all'albo e privo della prevista autorizzazione, ma essa è priva di qualsiasi ragionevole presupposto se applicata al contratto stipulato con l'autotrasportatore in regola (con la certa esclusione delle tariffe obbligatorie e il dubbio addirittura sull'applicabilità dell'art. 2033 cod. civ.) solo perché una copia del contratto è carente di talune indicazioni".
Inoltre - prosegue la Corte Costituzionale - "l'intrinseca manifesta irragionevolezza della norma determina, come ovvia conseguenza, l'irragionevolezza della disparità di trattamento tra autotrasportatore che stipuli oralmente ed autotrasportatore che adotti la forma scritta, pur essendo entrambi in possesso dei requisiti abilitanti all'esercizio dell'attività di trasporto di cose per conto di terzi".
Questa argomentazione è reversibile: se era irragionevole un sistema, come quello che si era venuto a creare per effetto del combinato disposto della L. del 1974, delle modifiche del 1993 e della norma interpretativa del 2001, in cui chi avesse già stipulato un contratto scritto subiva un trattamento deteriore, per ragioni esclusivamente formali, e non sostanziali, rispetto a chi non l'avesse fatto, non sarebbe neppure ragionevole, e perciò conforme ai principi costituzionali, una interpretazione del u.c. della L. n. 298 del 1974 art. 26, come aggiunto dal D.L. n. 82 del 1993, art. 1) che comportasse, sempre per motivi esclusivamente formali e non sostanziali, un trattamento deteriore dell'autotrasportatore in regola, soltanto perché non aveva stipulato il contratto per iscritto.
Non è più valido, infatti, quell'argomento, dell'impossibilità, in mancanza di un contratto scritto, di annotare su di esso - come obbligatorio - gli estremi dell'attestazione di iscrizione all'albo e dell'autorizzazione al trasporto al trasporto di cose per conto di terzi, che costituiva la ragione che aveva indotto una parte degli interpreti a ritenere appunto che fosse necessaria la redazione di un atto scritto.
Del resto, come si è detto, il testo della norma non prevede espressamente la nullità del contratto stipulato in forma orale (tanto è vero che la giurisprudenza era giunta alla conclusione che gli obblighi di annotazione sussistessero solo per i contratti stipulati per iscritto), e perciò, a tutto concedere, era suscettibile di una duplice interpretazione, nel senso dell'esistenza di un obbligo di redazione per iscritto, o invece della sua inesistenza.
È questa, del resto, la conclusione cui era giunta in precedenza la Corte Costituzionale esaminando la stessa problematica sotto un diverso profilo.
Quest'ultima, con la sentenza n. 26/2003, in data 16 gennaio/4 febbraio 2003, interpretativa di rigetto, ha dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata con riferimento agli artt. 3, 24, 101, 102 e 104 Cost., del D.L. n. 256 del 2001, argomentando, tra l'altro, che non era condivisibile la premessa, da cui si erano mossi i giudici che avevano rimesso la questione, dell'assoluta univocità di interpretazione consentita dalla lettera della L. n. 298 del 1974, art. 26 (come modificato dal D.L. n. 82 del 1993 art. 1) e che invece erano ammissibili, e del resto presenti nella giurisprudenza anche di legittimità, due interpretazioni contrastanti.
6. Se dunque - a tutto concedere - sono ammissibili due interpretazioni contrastanti, quella che ritiene che la norma comporti la nullità dei contratti non stipulati in forma scritta e quella che invece lo nega, e la prima comporti conseguenze irrazionali, consistenti in un trattamento deteriore, non giustificato, degli autotrasportatori, che, pur trovandosi nelle medesime condizioni sostanziali, ugualmente in regola, non abbiano stipulato un contratto scritto rispetto a quelli che invece lo hanno fatto, non può che essere preferita la seconda interpretazione, quella più liberale che non richiede la forma scritta, proprio perché è l'unica compatibile con quei principi.
7. Il ricorso principale perciò è fondato e deve essere accolto, mentre l'impugnazione incidentale sulla compensazione delle spese rimane assorbita.
La causa va rimessa alla Corte d'Appello di Bari, che provvedere a riesaminare il caso in base ai principi di diritto, affermati ed alle soluzioni accolte in questa motivazione, ed inoltre alla liquidazione delle spese di questa fase di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Bari.
Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2005.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2005 
 

Motore di ricerca:


Studio legale Fogliani            Studio legale De Marzi