massima
    Sez. 3, Sentenza n. 16090 del 27/10/2003
Presidente: Giuliano A.  Estensore: Perconte Licatese R.  P.M. Cafiero D. (Diff.)
Pinzuti (Passalacqua ed altro) contro Casavecchi (Fanfani)
(Sentanza impugnata: App. Firenze, 16 novembre 1998).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Annunziati Paolo e Pinzuti M. Grazia, in proprio e quali genitori del minore Iacopo, convenivano in giudizio l'Associazione Nazionale Ricreativa, Culturale e Assistenziale dei dipendenti dell'Enel (Arca) e Casavecchi Lorenzo, assumendo che il 3 gennaio 1993, nel corso di un soggiorno invernale organizzato dalla prima e nel quale il secondo fungeva da accompagnatore, il ragazzo aveva subito un grave incidente sciistico, con rovinose conseguenze, e chiedendo pertanto la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni, indicati in L. 950.000.000. Si costituiva l'Arca, negando ogni responsabilità, per avere sola organizzato il viaggio e il soggiorno e ricadendo in ogni modo ogni colpa sullo stesso ragazzo che, contravvenendo al divieto di accesso, aveva imboccato una pista segnalata come "chiusa". Chiamava in causa le tre compagnie presso le quali era assicurata per la responsabilità civile, l'Unipol, l'Assimoco e la Levante. Queste ultime protestavano tutte l'estraneità dell'Arca al fatto e comunque osservavano che il sinistro esulava dal rischio assicurato. A sua volta il Casavecchi sosteneva di non aver assunto alcun obbligo di custodia del minore, peraltro esclusivo responsabile del danno procuratosi.
L'adito Tribunale di Firenze, con sentenza del 15 settembre 1997, escludeva la responsabilità contrattuale dell'Arca, poiché ne' per iscritto, come da modulo, ne' per fatti concludenti aveva assunto impegni di custodia del minore; escludeva altresì la responsabilità del Casavecchi, sia contrattuale, per mancanza di ogni impegno in tal senso, sia extra contrattuale, per difetto di un qualsiasi suo comportamento colposo, sia infine per colpa presunta, non applicandosi l'art. 2048 c.c.
Con sentenza del 16 novembre 1998, la Corte d'Appello di Firenze ha rigettato il gravame proposto da Annunziati Paolo, dalla Pinzuti e da Annunziati Iacopo in proprio.
Per la cassazione di tale sentenza ricorrono i soccombenti, articolando due mezzi di annullamento. Resistono con separati controricorsi l'Arca e il Casavecchi.
Il 12 giugno 2002 la Corte ha ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti delle tre società di assicurazioni, le quali si sono costituite con separati controricorsi. I ricorrenti hanno depositato una memoria.
Motivi della decisione
Rilevasi preliminarmente l'inammissibilità del controricorso dell'Arca, in quanto depositato in virtù di mandato in calce alla copia notificata del ricorso, la qual cosa non garantisce che detta procura sia stata rilasciata in data anteriore o coeva alla notificazione dell'atto.
Col primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 1, 2, 3, 12, 13 e 31 della legge 27 dicembre 1977 n. 1084 nonché degli artt. 1374, 1176, 1218, 1228, 1321 e 1372 c.c., e altresì omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5).
Osservano che, col contratto di viaggio di cui è causa, l'Arca, per il prezzo di L. 760.000, garantiva ai minori di età compresi tra i 14 e i 17 anni un soggiorno in montagna caratterizzato prevalentemente, se non esclusivamente, dall'attività sciistica. Dopo aver trascritto il contenuto del contratto di viaggio e le pagine 28 e 33 dell'allegato opuscolo illustrativo, i ricorrenti rilevano che la Corte, pur qualificando il contratto in questione come contratto di viaggio, ha deciso la causa senza applicare la legge n. 1084 del 1977, che disciplina compiutamente quella figura negoziale e, in particolare, non ha verificato quali fossero i doveri "ex lege" incombenti all'Arca.
Poiché, a norma dell'art. 3 della L. cit., "nell'adempimento degli obblighi derivanti dai contratti definiti dall'art. 1, l'organizzatore di viaggi e l'intermediario di viaggi proteggono i diritti e gli interessi dei viaggiatori secondo i principi generali del diritto ed i buoni usi in questo campo", e tenendo conto che, nel caso concreto, tutti i viaggiatori erano minorenni, l'organizzatore del viaggio avrebbe dovuto predisporre un servizio di sorveglianza dei ragazzi, affidandolo ad un numero di accompagnatori congruo rispetto a quello dei partecipanti, segnatamente sulle piste di sci, dove la vigilanza necessitava di persone di spiccata esperienza. Soltanto così l'Arca avrebbe potuto proteggere i diritti e gli interessi dei minori, in conformità del disposto di legge. Dopo aver ricordato che, in base ai principi del nostro ordinamento, i minori devono essere sempre sottoposti a sorveglianza, più o meno intensa in relazione all'età, i ricorrenti censurano l'opinione espressa dalla Corte che, nell'affermare il diritto dell'Arca di organizzare la settimana bianca per i minori senza assumersi un obbligo di sorveglianza e custodia neppure nell'ambito dell'attività sciistica, ha dimenticato la sanzione di nullità comminata dall'art. 31 della legge per le pattuizioni in deroga alle disposizioni della Convenzione in senso sfavorevole al viaggiatore; e altresì, escludendo l'inadempimento dell'Arca solo in base alle disposizioni pattizie, ha omesso il doveroso processo di integrazione delle clausole contrattuali con le disposizioni di legge e i principi generali dell'ordinamento in tema di tutela dei minori, secondo il disposto dell'art. 1374 c.c.
Quanto poi alla posizione del Casavecchi, erronea è l'opinione della Corte, che gli attribuisce la qualità di accompagnatore presente solo "per uso e consuetudine", giacché in un contratto di viaggio riservato a minori la presenza di un accompagnatore con funzioni di controllo non poteva che essere "in re ipsa".
I genitori dei ragazzi, del resto, affidarono i loro figli all'organizzazione, confidando che questa avesse predisposto un irrinunciabile sistema di vigilanza, specialmente sulle piste di sci, sicché va tutelata la loro legittima aspettativa che il Casavecchi, quale accompagnatore, avrebbe svolto il proprio compito con la diligenza adeguata alle circostanze, quindi vigilando i ragazzi sulle piste e dando loro direttive ed istruzioni precise.
Col secondo mezzo i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 2043, 2048 e 2049 c.c. e dei principi fondamentali dell'ordinamento, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5), criticando la mancata applicazione dell'art. 2048 c.c., basata sul rilievo che la norma concerne il caso di minori che cagionino danni a terzi, ma non a se stessi, e che gli accompagnatori di una "settimana bianca" non rientrano tra le categorie di destinatari ivi elencate (genitori, tutori, precettori e maestri d'arte). Questa soluzione non considera, da un lato, l'autorevole giurisprudenza di segno opposto;
dall'altro che l'elencazione va interpretata estensivamente, come comprensiva, "lato sensu", di tutti coloro i quali svolgano il ruolo di sorvegliante del minore, in circostanze tali da far ritenere loro trasferito il potere dovere di controllo proprio dei genitori. Non è esatto quindi concludere che il Casavecchi non si fosse assunto alcun obbligo il insegnamento, perché, quando i ragazzi vengono affidati a terzi per un lungo periodo, anche per motivi ricreativi o di svago, non per questo si deve affievolire la tutela giuridica, a favore dei minori, insita nel sistema.
Nè basta, ad escludere la colpa del Casavecchi, argomentare che l'aver imboccato una pista interdetta costituisca "comportamento assolutamente imprudente e sconsiderato", perché il minore avrebbe dovuto essere sorvegliato tanto da evitare pure che imboccasse piste sbagliate.
Altrettanto criticabile è l'esclusione della colpa del Casavecchi anche sotto il profilo dell'art. 2043 c.c., deliberata sulla base di presupposti di fatto che non consentono di qualificare il comportamento del ragazzo come "imprudente" o "sconsiderato", e quindi come interruttivo del nesso causale tra l'omessa sorveglianza del Casavecchi e l'evento dannoso.
Queste censure, da esaminare congiuntamente per le loro connessioni, sono fondate, nei sensi e limiti che saranno appresso precisati. La sentenza impugnata ricorda che il Tribunale ha escluso, "con accurata disamina in fatto pienamente condivisibile", la dedotta responsabilità contrattuale dell'Arca e del Casavecchi, avendo accertato che non fu pattuito a loro carico un obbligo di custodia o sorveglianza dei minori partecipanti al soggiorno invernale. Il programma predisposto dall'Arca prevedeva infatti soltanto il viaggio, la pensione, l'assicurazione, ma non la scuola di sci ne' eventuali controlli nell'ambito dell'esercizio dell'attività sportiva, non soggetta perciò ad una qualsiasi ingerenza da parte degli accompagnatori. Esistevano solo, per prassi e consuetudine, degli adulti che fungevano da "accompagnatori" dei ragazzi, "e cioè da punti di riferimento per le loro necessità ed esigenze alberghiere o di svago e per le loro eventuali difficoltà materiali e fisiche".
Deve pertanto escludersi, sottolinea la Corte, che contrattualmente, sia espressamente che implicitamente, a carico dell'Arca o del Casavecchi, sia prospettabile un obbligo specifico di controllo e vigilanza di alcun tipo.
Nemmeno sotto il profilo dell'art. 2043 c.c., prosegue la sentenza, può imputarsi alcuna responsabilità al Casavecchi e cioè all'accompagnatore che nella mattina dell'incidente aveva sciato col giovane Annunziati. Va infatti rilevato che, al momento del sinistro, il giovane Annunziati aveva 17 anni, già sapeva sciare e aveva già partecipato ad altre settimane bianche. Durante la mattinata egli con altri ragazzi ed accompagnatori aveva sciato sulle piste, ma poi "scelse di sciare ancora, laddove altri ritornavano in albergo, e in tale situazione imboccò una pista chiusa e vietata, cadendo rovinosamente e fratturandosi il cranio". Ora, avendo precedentemente sciato tutti assieme sulla stessa pista e risultando la chiusura della pista pericolosa non solo da apposita segnaletica ma anche, probabilmente, da reti, e certamente da paletti incrociati, è palese, argomentano i giudici di appello, "che solo al comportamento assolutamente imprudente e sconsiderato del ragazzo, che ignorò totalmente la segnalazione, deve imputarsi l'incidente, con interruzione di qualsiasi nesso causale, evidentemente non potendosi porre a carico del Casavecchi l'eventuale insufficienza delle modalità della proibizione come segnalata dai gestori delle piste". Quanto poi ad un'eventuale responsabilità presunta del Casavecchi ai sensi dell'art. 2048 c.c., anche a voler ammettere che tale responsabilità si estenda alle conseguenze dei fatti illeciti compiuti dai minori contro se stessi, i giudici di appello spiegano che l'accompagnatore Casavecchi non potrebbe mai essere assimilato ad un "precettore" o a un "maestro d'arte", non avendo assunto alcun obbligo di insegnamento teorico o pratico nei confronti dei ragazzi. Del resto, in assoluto, continua e conclude la sentenza, non è dato vedere come un qualsiasi soggetto, che non sia un maestro di sci tenuto ad accompagnare pedissequamente un allievo, "possa efficacemente controllare i movimenti di uno sciatore esperto sulle piste di una stazione sciistica", non essendo nemmeno provato, nel nostro caso, "che esistessero elementi oggettivi dai quali l'accompagnatore potesse ragionevolmente presumere che il giovane non avesse visto il divieto o avesse comunque intenzione di avventurarsi spericolatamente sulla pista chiusa".
Tanto premesso, si osserva che la vacanza del minore infortunato venne organizzata dall'Arca in forza di un contratto di viaggio, riprodotto nel ricorso, il quale, a proposito della responsabilità civile, recita testualmente: "I contratti di viaggio si intendono regolati dalla legge 27 dicembre 1977 n. 1084 a ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale di Viaggio (C.C.V.) firmata a Bruxelles il 23 aprile 197C. La responsabilità dell'organizzazione non può in nessun caso eccedere i limiti della legge citata. L'Arca declina ogni responsabilità per danni a persone e cose che dovessero verificarsi durante il viaggio per cause ad essa non direttamente imputabili".
Orbene, ai sensi dell'art. 1 della cit. Convenzione, per "contratto di viaggio" (o "di organizzazione di viaggio") s'intende qualunque contratto tramite il quale una persona si impegna a suo nome a procurare ad un'altra, mediante un prezzo globale, un insieme di prestazioni comprendenti il trasporto, il soggiorno separato dal trasporto o qualunque altro servizio che ad esso si riferisce. Di detta Convenzione, ai fini che interessano la presente controversia, vengono in considerazione gli artt. 3, 12, 13, 1^ comma e 15, 1^ comma.
Per l'art. 3, nell'adempimento degli obblighi contrattuali, l'organizzatore di viaggi tutela i diritti e gli interessi del viaggiatore secondo i principi generali del diritto e i buoni usi in questo campo. L'art. 12 fissa, in analogia all'art. 1228 c.c., il principio per cui l'organizzatore di viaggi risponde, come di propri atti ed omissioni, degli atti ed omissioni dei suoi preposti e agenti nell'esercizio delle loro mansioni. A norma poi dell'art. 13, 1^ comma, l'organizzatore del viaggio risponde di ogni pregiudizio causato al viaggiatore a causa dell'inadempimento, totale o parziale, degli obblighi di organizzazione risultanti dal contratto o dalla presente Convenzione, salvo che non provi di essersi comportato da organizzatore di viaggi diligente.
Ed infine, a norma dell'art. 15, 1^ comma, l'organizzatore di viaggi che fa eseguire ed terzi prestazioni di trasporto, di alloggio o ogni altra prestazione relativa all'esecuzione del viaggio o del soggiorno, risponde di ogni pregiudizio causato al viaggiatore a causa dell'inadempimento totale o parziale di queste prestazioni, conformemente alle disposizioni che le regolano. Lo stesso dicasi per ogni pregiudizio causato al viaggiatore in occasione dell'esecuzione (di queste prestazioni, salvo che l'organizzatore di viaggi non provi di essersi comportato da organizzatore di viaggio diligente nella scelta della persona che esegue la prestazione.
Alla stregua di tali disposizioni, e specialmente degli artt. 3 e 13, 1^ comma, non v'è dubbio alcuno che l'Arca, quale organizzatrice del viaggio, fosse tenuta a tutelare con ogni possibile mezzo "i diritti e gli interessi" dei viaggiatori ad essa affidati, in quest'ampia e indifferenziata nozione dovendo includersi, come è naturale, il primo e più rilevante di tali diritti, quello alla salute e all'integrità fisica, tanto più che, nella fattispecie, il viaggio era riservato ad "adolescenti dai 14 ai 17 anni", ossia a minori non sempre in grado di valutare appieno i pericoli e quindi bisognosi di una vigilanza particolarmente assidua e adeguata alle più varie circostanze. E, una volta provato che il minore Annunziati ebbe a patire il grave danno alla persona nel corso del viaggio, e più precisamente durante il soggiorno in montagna, rientrante, al pari del trasporto, nelle prestazioni cui l'Arca si era obbligata, toccava a quest'ultima dimostrare di essersi, nella concreta evenienza, comportata "da organizzatore di viaggi diligente"; e cioè di aver adottato tutte le ordinarie misure suggerite dalla comune prudenza ma diligenza come idonee ad impedire il danno, fermo restando che, a norma dell'art. 12, il fatto colposo dell'ausiliare risale direttamente alla preponente ed è considerato come fatto colposo suo proprio.
Ora l'essenziale vizio logico giuridico della sentenza risiede nell'aver valutato unicamente la condotta del minore (che, come e pacifico, non aveva ancora compiuto 15 anni, essendo nato il 23 gennaio 1978), sommariamente connotandola di una colpa talmente grave da porsi come causa esclusiva dell'evento, senza prendere in esame, in alcun modo, la condotta dell'organizzatrice del viaggio, al fine di stabilire se l'obbligo di prestare l'ordinaria diligenza fosse stato, in occasione del sinistro, compiutamente osservato, e se dunque l'Arca avesse vinto la presunzione a suo carico. Ed invero, in primo luogo, la Corte d'appello non si è preoccupata di definire adeguatamente la figura degli "accompagnatori" dei ragazzi, relegandoli ad un'insignificante ed equivoca funzione di "punti di riferimento", contrattualmente esenti da obblighi "di controllo e vigilanza di alcun tipo", così pervenendo all'inammissibile conclusione che una comitiva di minorenni, anche solo quattordicenni, in soggiorno all'estero, fosse, dal punto di vista dell'incolumità personale, tenuta a badare da sola a se stessa e quindi, in pratica, abbandonata a se stessa, senza alcuna ingerenza dell'organizzatrice del viaggio; senza considerare che, se davvero così fosse, non potrebbe certo l'Arca essere tenuta per un "organizzatore di viaggi diligente", essendo difficile pensare che i genitori abbiano affidato ad essa i loro figli rinunciando a qualsiasi sorveglianza sugli stessi. La verità è che, essendo tutti i viaggiatori minorenni e taluni addirittura quattordicenni, l'Arca, per ottemperare al dovere di diligenza, avrebbe dovuto predisporre un adeguato servizio di sorveglianza, affidandolo ad un numero di accompagnatori congruo rispetto a quello dei partecipanti, perché solo così avrebbe davvero posto le premesse di un'efficace tutela "dei diritti e degli interessi" dei ragazzi, in conformità del disposto di legge, indipendentemente da un'espressa obbligazione contrattuale in tal senso, stante la previsione dell'art. 3, peraltro non derogabile a sfavore del viaggiatore (art. 31, 1^ comma). Per la natura stessa delle cose, in altri termini, l'affidamento di fatto dei ragazzi agli accompagnatori o al singolo accompagnatore, a lume di logica, non poteva scindersi da un'inevitabile funzione di controllo e vigilanza sulle loro attività, che era perciò, come giustamente notano i ricorrenti, "in re ipsa".
Ed allora, passando dal generale al particolare, il giudice di merito, per adempiere pienamente al suo compito, avrebbe dovuto anzitutto verificare se l'Arca si fosse comportata da organizzatrice di viaggio diligente nella specifica evenienza dell'incidente per cui è causa e se avesse operato in modo efficace per prevenirlo, disponendo, per esempio, un preciso programma di rientro nell'albergo, dopo la conclusione delle esercitazioni sciistiche mattutine, con un nucleo adeguato di accompagnatori, atto a scongiurare, per quanto possibile, iniziative estemporanee o azioni rischiose dell'uno o dell'altro partecipante, sempre prevedibili, data l'età giovanile e la situazione ambientale, obiettivamente pericolosa; per poi spostare ulteriormente l'indagine sulla condotta osservata in quel frangente dall'accompagnatore convenuto, il Casavecchi, rilevante sotto un duplice profilo, vuoi come colpa dell'ausiliare, da ricondurre contrattualmente all'Arca (art. 12 della legge), vuoi come colpa extracontrattuale dello stesso Casavecchi, di un soggetto terzo, cioè estraneo al rapporto contrattuale, ma personalmente responsabile, in ogni caso, per un titolo diverso, ossia per illecito aquiliano (art. 2043 c.c.). E pertanto, accanto alla condotta del ragazzo, incautamente paragonato dai giudici di appello, solo per aver partecipato ad altre "settimane bianche", ad uno "sciatore esperto", occorreva vagliare tutte le altre circostanze rilevanti, onde appurare con quali modalità si sia svolta l'operazione di rientro in albergo e segnatamente se la "scelta" dell'Annunziati di "sciare ancora, laddove altri ritornavano in albergo", sia stata presa col consenso del Casavecchi o a sua insaputa, e, in quest'ultimo caso, come sia stata possibile quella deviazione dal percorso seguito dal gruppo;
se, insomma, quella condotta del minore sia stata tale da sovrastare invincibilmente l'attenzione dell'accompagnatore. Non si è nemmeno chiesto il giudice di appello se una più attenta sorveglianza avrebbe evitato che il minore, per sconsideratezza o per un fatale errore, imboccasse una pista vietata.
È bene sottolineare che l'eventuale responsabilità personale del Casavecchi potrà configurarsi solo con un accertamento di colpa in concreto, ai sensi del cit. art. 2043 c.c., giacché la prospettazione di una sua responsabilità presunta ai sensi dell'art. 2048 c.c., 2^ comma a parte ogni altra considerazione sull'assimilabilità o meno del Casavecchi a un precettore o maestro d'arte, non è più sostenibile alla luce della più recente giurisprudenza di questa Corte Suprema, secondo cui la presunzione di responsabilità posta dalla norma da ultimo citata a carico dei precettori (o maestri d'arte) trova applicazione limitatamente al danno cagionato ad un terzo dal fatto illecito dell'allievo, sicché non è invocabile al fine di ottenere il risarcimento del danno che l'allievo abbia, con la sua condotta, procurato a se stesso (Cass. S.U. 27 giugno 2002 n. 9346).
Concludendo, il ricorso, se è infondato sotto quest'ultimo profilo, è fondato e da accogliere per tutto il resto, con la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, a un giudice di pari grado, designato nel dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questa giudizio, ad altra Sezione della Corte d'Appello di Firenze.
Così deciso a Roma, il 19 marzo 2003.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2003


Motore di ricerca:


Studio legale Fogliani            Studio legale De Marzi