massima
  Sezz. U, Sentenza n. 5556 del 18/04/2002
Presidente: Marvulli N.  Estensore: Lupo E.  P.M. Martone A. (Conf.)
Moretti (Gigli ed altri) contro AXA Assicurazioni SpA (Mastrorilli ed altro)
(Sentenza Impugnata: Trib. Acqui Terme, 19 aprile 1997).

Svolgimento del processo.
Con atto di citazione notificato il 3 aprile 1986 Carlo Moretti conveniva davanti al Pretore di Acqui Terme le Compagnie riunite di assicurazione s.p.a., esponendo che, dopo avere stipulato con la società convenuta, a copertura della propria attività di autotrasportatore, un contratto di assicurazione per le merci trasportate a mezzo di autocarro, aveva effettuato dallo stabilimento della società produttrice Valbormida s.p.a. alla richiedente società Montenegro s.p.a. il trasporto di ingenti quantitativi di bottiglie, pervenute a destinazione bagnate o sporche, e pertanto inutilizzabili, secondo quanto comunicato dalla società Valbormida, a cui la società Montenegro aveva addebitato l'importo di L.3.027.375, pari al costo di 13.445 bottiglie; ancor prima che la società Valbormida, a sua volta, gli addebitasse tale somma, aveva chiesto la liquidazione del danno alla società assicuratrice; non avendolo ottenuto, il Morettì chiedeva che quest'ultima fosse condannata all'integrale risarcimento del danno da lui subito, nella misura di L.3.027.375, oltre gli accessori.
La società convenuta, costituitasi in giudizio, eccepiva che, trattandosi di assicurazione per conto di chi spetta, l'attore, stipulante, non era legittimato a fare valere i diritti derivanti dal contratto, che spettavano invece all'assicurato.
La domanda era rigettata dal Pretore adito, con la sentenza depositata il 10 maggio 1991. A seguito di appello del Moretti, la pronunzia è stata confermata dal Tribunale di Acqui Terme con la sentenza depositata il 19 aprile 1997.
Il Tribunale ha affermato che, nell'assicurazione per conto di chi spetta stipulata dal vettore contro il rischio che le cose consegnategli per il trasporto subiscano avarie, lo stipulante, a norma dell'art.1891, secondo comma, c.c., può agire contro l'assicuratore per il pagamento dell'indennità solo se ha il consenso dell'assicurato. Questi, nel trasporto di cose oggetto di un contratto di compravendita, è il compratore, a cui la proprietà delle cose passa al momento della consegna dal venditore mittente al vettore. Nella specie, non avendo la società Montenegro tenuto nei confronti del vettore alcun comportamento, non può ritenersi che abbia espresso il consenso a che quest'ultimo facesse valere il diritto all'indennità. Nè è applicabile il disposto di cui all'art. 1411 c.c., il quale, per il contratto a favore di terzo, stabilisce che la prestazione rimane a beneficio dello stipulante ove il terzo rifiuti di profittarne, perché tale norma fa salva l'ipotesi che diversamente risulti dalla natura del contratto, come è disposto per l'assicurazione per conto di chi spetta (art.1891, secondo comma, c.c.). Neppure è applicabile, secondo il Tribunale, l'invocata disciplina relativa alla surroga ex lege prevista dall'art.1203 n.3 c.c., in quanto, non sussistendo corresponsabilità tra mittente e vettore, detta surrogazione non si verifica nell'ipotesi in cui il mittente indennizzi il destinatario dei danni sofferti dalla merce dopo che questa sia stata consegnata per il trasporto.
Avverso la sentenza di appello del Tribunale Carlo Moretti ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi, a cui ha resistito, con controricorso, la società Axa Assicurazioni s.p.a., denominazione assunta dalla società Compagnie riunite di assicurazione. Ambedue le parti hanno presentato memoria. La sezione terza di questa Corte, discussa la causa nell'udienza del 2 giugno 1999, ha rilevato la sussistenza di un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte sull'applicabilità dell'art. 1411, terzo comma, c.c. nel caso di assicurazione per conto di chi spetta conclusa dal vettore ed ha perciò rimesso il ricorso al primo Presidente della Corte per la sua assegnazione alle Sezioni unite, poi effettivamente disposta.
Le parti hanno presentato altra memoria a queste Sezioni unite. Motivi della decisione.
1. - Nel controricorso sì eccepisce, in via pregiudiziale, l'inammissibilità del ricorso per cassazione "perché sottoscritto da difensore privo della procura speciale richiesta, a pena di inammissibilità, dall'art.365 c.p.c.", rilevandosi che la procura apposta a margine del detto ricorso contiene espressioni riferibili esclusivamente al giudizio di merito.
L'eccezione è infondata.
La specialità della procura al difensore, prescritta per l'ammissibilità del ricorso per cassazione dall'art.365 c.p.c., risulta dal fatto che essa è stata rilasciata dal Moretti a margine del ricorso, onde va presumibilmente riferita alla sentenza impugnata con il detto atto, rendendo perciò irrilevante qualche espressione sovrabbondante in essa contenuta. Come, con la sentenza 10 marzo 1998 n.2642, hanno affermato le Sezioni unite di questa Corte, le quali hanno tratto argomento interpretativo anche dalla modifica che la legge 27 maggio 1997 n.141 ha apportato all'art.83 c.p.c. (onde va ritenuta superata la precedente contraria giurisprudenza richiamata nel controricorso), la menzionata posizione topografica della procura dà luogo alla presunzione di sua riferibilità al giudizio a cui l'atto attiene, indipendentemente dalle espressioni usate nella procura stessa, alcune delle quali, se sono non pertinenti al giudizio di cassazione, non fanno venire meno il conferimento al difensore del potere di redigere specificamente l'atto di impugnazione su cui la procura stessa è stata rilasciata. Il ricorso per cassazione, quindi, va ritenuto ammissibile, onde se ne può esaminare il merito.
2. - Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art.1891 c.c. e vizi di motivazione, sostiene che il consenso dell'assicurato, richiesto dal citato art. 1891 perché il contraente eserciti i diritti derivanti dal contratto di assicurazione, può essere anche implicito, purché riconoscibile, e quindi percepibile o interpretabile come tale. Non è dunque prescritta una dichiarazione di volontà che venga manifestata in maniera formale, ma è sufficiente un qualsiasi comportamento ulteriore e diverso che palesi il consenso dell'assicurato a che il contraente eserciti il diritto all'indennizzo, come è l'attività dell'assicurato diretta a conseguire il ristoro del danno attraverso l'esercizio di un diritto diverso da quello che gli deriva dal contratto di assicurazione: nella specie, il diritto che ha la sua fonte nei contratti di compravendita e di trasporto. Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione dell'art.1411 c.c. nonché vizi di motivazione, censura la affermata inapplicabilità del terzo comma del citato art. 1411, osservando che l'assicurazione per conto di chi spetta, per la sua natura, può essere compresa tra i contratti a favore di terzo, con la conseguente applicabilità del detto terzo comma quando l'assicurato - terzo a favore del quale il contratto è stato stipulato - rifiuti di profittare della prestazione dell'assicuratore, e ciò non sia escluso dalla volontà delle parti stipulanti e quindi dalle condizioni contemplate dalla polizza. Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art.1203 c.c. e vizi di motivazione, sostiene che, se il vettore, responsabile per l'avaria delle cose trasportate, risarcisce l'assicurato del danno subito, ricorrono le condizioni stabilite dal n.3 del citato art.1203 per la surrogazione legale del vettore nel credito del proprietario verso l'assicuratore, il quale non può opporgli la mancanza di legittimazione, ex art. 1891 c.c.. Ed invero, se l'assicurazione per conto altrui non copre la responsabilità civile del contraente, onde l'assicuratore non è direttamente obbligato verso quest'ultimo, egli è però obbligato insieme con il contraente a risarcire all'assicurato il medesimo danno e tra loro sussiste un vincolo di solidarietà, per il cui realizzarsi non occorre la eadem causa obligandi.
3. - La sezione terza di questa Corte, a cui il ricorso è stato inizialmente assegnato, ha rilevato, nell'ordinanza emessa in esito all'udienza del 2 giugno 1999, che esso pone il problema della disciplina dei rapporti tra destinatario, vettore ed assicuratore, nel caso in cui il vettore si assicuri contro il rischio che le merci consegnategli per il trasporto subiscano un'avaria, questo contratto si atteggi come assicurazione per conto di chi spetta ed il destinatario, acquirente delle merci consegnate al vettore per il trasporto, preferisca valersi, anziché della copertura assicurativa, della responsabilità del vettore o del venditore delle mercì trasportate.
Premesso che i tre motivi del presente ricorso prospettano tutto l'ambito delle soluzioni sin qui sperimentate dalla difesa dei vettori per ottenere che l'assicuratore paghi a loro favore l'indennità che avrebbe dovuto pagare all'assicurato, la detta sezione ha osservato che va "rimeditata la soluzione che esclude l'applicabilità della disciplina del contratto a favore di terzo al tipo dell'assicurazione per conto di chi spetta stipulata dal vettore sulle merci da lui trasportate". Al riguardo ha considerato che sull'applicabilità a detta assicurazione della regola posta dal terzo comma dell'art. 1411 (secondo cui, in caso di rifiuto del terzo di profittare della stipulazione, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante) esiste, nella giurisprudenza di questa Corte, un contrasto, perché l'indirizzo prevalente esclude tale applicabilità ritenendo che l'art.1891, secondo comma, c.c. (secondo cui il contraente non può fare valere i diritti derivanti dal contratto di assicurazione senza l'espresso consenso dell'assicurato) deroga alla menzionata regola dell'art. 1411, mentre una posizione contraria è stata assunta dalla sentenza 25 maggio 1995 n.9584, sia pure con riferimento ad un rapporto di base diverso da quello di trasporto. Per la soluzione del rilevato contrasto il ricorso è stato rimesso a queste Sezioni unite.
4. - È vero che la giurisprudenza nettamente prevalente di questa Corte ha affermato che il terzo comma dell'art.1411 c.c. non è applicabile all'assicurazione per conto di chi spetta. Per limitarsi alle sentenze che recentemente hanno approfondito il problema, emanate in relazione proprio all'assicurazione stipulata dal vettore sulle merci trasportate, si è affermato che, nell'assicurazione per conto di chi spetta, diretta a garantire un bene determinato da qualsiasi danno che possa incidere sul suo valore economico, la persona dell'assicurato, avente diritto all'indennità in caso di danno, va individuata in colui che, al momento dell'evento dannoso, risulti proprietario del bene (o titolare di un diritto reale limitato o di un diritto di garanzia su di esso costituito), mentre è da escludere, in mancanza di apposita pattuizione, che il vettore, lo spedizioniere o, in genere, chi ha una relazione di custodia con il bene, possa essere riconosciuto titolare di quell'interesse in conseguenza della responsabilità per la perdita o il deterioramento delle cose in custodia, che può trovare la sua copertura solo nell'altra forma dell'assicurazione della responsabilità civile. Pertanto, nel caso in cui il contratto sia stato stipulato dal vettore in favore del proprietario delle cose trasportate, il primo, anche se l'assicurato non abbia profittato dell'assicurazione, avendo preferito chiedere il risarcimento del danno al vettore, non può agire contro l'assicuratore senza il consenso dell'assicurato, neppure invocando il principio del terzo comma dell'art.1411 c.c., perché tale norma di carattere generale fa salva l'ipotesi in cui diversamente risulti dalla natura del contratto e l'art. 1891 c.c. espressamente esclude, per i contratti di assicurazione per conto di chi spetta, che i diritti derivanti dal contratto possano essere fatti valere dal contraente se non vi sia l'espresso consenso dell'assicurato (Sez. 3^, 11 gennaio 1993 n.187;Sez. 1^, 15 novembre 1994 n.9584).
L'orientamento interpretativo si riconduce all'affermazione secondo cui la copertura assicurativa del vettore, con riguardo al pregiudizio derivante al proprio patrimonio dalla responsabilità per la perdita od il deterioramento della cosa trasportata, non può scaturire, in mancanza di apposita pattuizione, dalla polizza di assicurazione contro i danni subiti dalla stessa cosa per conto di chi spetta; tale copertura postula, appunto, una diversa ed autonoma previsione del contratto assicurativo, avente ad oggetto la responsabilità civile del vettore (Sez. 1^, 20 giugno 1983 n.4227). Nello stesso senso la Cassazione si è espressa numerose volte e, in particolare, la Sez. 3^, con la sentenza 1 dicembre 1993 n. 11890, e la Sez. 1^, con le sentenze 5 dicembre 1994 n. 10718, 3 febbraio 1995 n. 1333, 25 febbraio 1995 n.2140, 14 marzo 1996 n.2120, 3 luglio 1996 n.6086.
Alcune delle citate sentenze hanno precisato che la copertura assicurativa del vettore non si ha nemmeno nel caso in cui la polizza di assicurazione contro i danni delle merci trasportate contempli la rinunzia dell'assicuratore alla facoltà di agire in surrogazione nel confronti del detto vettore responsabile del danno, atteso che una clausola siffatta, se consente a quest'ultimo di resistere in via di eccezione alla pretesa dell'assicuratore, non lo abilita ad agire nei confronti dell'assicuratore medesimo in ordine ai danni (sentenze n.4227/83, 11890/93).
La citata sentenza n. 2120/96, a tutela del vettore che abbia pagato al proprietario il valore delle merci assicurate per conto di chi spetta, ha ritenuto. però, astrattamente ammissibile il diritto di surroga del vettore nei diritti dell'assicurato verso l'assicuratore, a norma dell'art. 1203 n.3
5. - Isolata, in senso specificamente contrario alla giurisprudenza richiamata, è la sentenza della Sez. 3^, 13 ottobre 1976 n.3425, secondo cui l'assicurazione contro i danni stipulata per conto di chi spetta tutela l'interesse non solo del proprietario o di chi ha un diritto reale sulle cose assicurate, ma anche di chi ha temporaneamente il possesso o la detenzione delle stesse (come il vettore), e quindi copre anche la responsabilità per il caso di perdita o di danneggiamento incombente sui quest'ultimo. Va, però, osservato che la detta sentenza, da un lato, non fa applicazione dell'art.1411 c.c., che neanche richiama, ne' distingue tra le due figure del contraente e dell'assicurato su cui si impernia la disciplina dell'art.1891; dall'altro, sembra accomunare, nel caso di specie, le diverse forme dell'assicurazione contro i danni e dell'assicurazione della responsabilità civile, che i contraenti possono anche cumulare in una singola polizza assicurativa. Il problema posto a queste Sezioni unite concerne, invece, l'ipotesi di una polizza che si limiti a prevedere un'assicurazione contro i danni per conto di chi spetta, e non contenga anche un'assicurazione del vettore contro la responsabilità civile.
In senso contrario alla giurisprudenza di questa Corte l'ordinanza della sezione terza che ha rilevato il contrasto ha indicato la sentenza della Sez. lavoro 25 maggio 1995 n.5747, la quale ha affermato, in linea generale, che l'assicurazione per conto di chi spetta integra un contratto a favore del terzo, con la conseguenza che il rifiuto dell'assicurato di avvalersi dei diritti che la stipulazione gli assicura nei confronti del promittente assicuratore - rifiuto espressamente consentito dall'art.1411 c.c. - comporta, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 1411 citato, e salvo che non risulti diversamente dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto, l'acquisizione in favore dello stipulante della prestazione rifiutata dal beneficiario.
Come ha osservato la stessa ordinanza che ne ha segnalato la posizione contrastante, la citata sentenza n.5747/95 si riferisce ad una fattispecie diversa dal contratto di assicurazione delle merci trasportate stipulato dal vettore, perché essa concerne l'assicurazione contro gli infortuni stipulata dal datore di lavoro in forza di una disposizione del contratto collettivo di lavoro. Poiché il dipendente aveva rifiutato la prestazione dell'assicuratore ritenendola parziale rispetto al trattamento dovuto ed aveva citato il datore di lavoro, la sentenza n.5747/95 si occupa, non della legittimazione di quest'ultimo nel confronti dell'assicuratore (il quale neppure era parte nel giudizio di legittimità), ma della misura del suo onere risarcitorio nei confronti del dipendente, a seguito del detto rifiuto del dipendente. In ordine alla menzionata sentenza, va osservato, da un lato, che la fattispecie da essa giudicata è stata altra volta inquadrata da questa Corte (Sez. 1^, 22 novembre 1984 n.6013) non
nell'assicurazione per conto di chi spetta (art. 1891 c.c.), ma nell'assicurazione a favore di un terzo (soggetta al "combinato disposto degli artt.1411 e 1920 c.c.") e, dall'altro e su un piano generale, che l'affermazione - contenuta nella sentenza - di applicabilità all'assicurazione per conto di chi spetta dell'art. 1411, terzo comma, c.c., pur menzionando la salvezza, ivi prevista, che diversamente risulti dalla natura del contratto, non si fa carico dell'obiezione, mossa dalla giurisprudenza opposta - che l'applicabilità di detto comma sia esclusa proprio per la natura dell'assicurazione per conto di chi spetta, e in particolare per l'interesse tutelato da detta forma di assicurazione. 6. - Le Sezioni unite ritengono che debba essere ribadito l'orientamento nettamente prevalente della Cassazione in ordine alla non applicabilità dell'art. 1411, terzo comma, c.c. alla assicurazione per conto di chi spetta disciplinata dall'art. 1891 c.c..
7. - Gli artt.1890, 1891 e 1894 c.c. contemplano le ipotesi in cui il soggetto che contrae con l'assicuratore non coincide con la persona dell'assicurato, perché egli stipula in nome altrui (come rappresentante) ovvero in nome proprio e per conto altrui o, quando l'interessato non sia determinato al momento del contratto, per conto di chi spetta. La disciplina della prima ipotesi, limitata alla situazione del rappresentante senza potere (art. 1890), è dettata dalla necessità di apportare alcune deroghe alla normativa generale degli artt.1398-1399 c.c.. Anche la disciplina della seconda ipotesi (contratto stipulato in nome proprio, ma nell'interesse di altri, determinato o meno) trova la propria ragione nella diversità delle regole elaborate in materia assicurativa rispetto alla normativa generale valevole per l'agire per conto altrui, e cioè per il mandato senza rappresentanza.
Tali regole (dettate negli artt. 1891 e 1894) sono così diverse da quelle degli artt.1705 e seguenti che hanno indotto molti interpreti ad inquadrare l'assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta nella figura generale del contratto a favore di terzi (può prescindersi qui da coloro che operano una distinzione tra i due tipi di contratto previsti dall'art. 1891, poiché la disciplina contenuta nei citati articoli è uguale per ambedue). In particolare, l'immediato acquisto, in capo all'assicurato, dei diritti derivanti dal contratto (secondo comma dell'art. 1891) si riconduce alla previsione contenuta nell'art. 1411, secondo comma, prima parte, mentre l'art. 1705, primo comma, in tema di mandato, prevede che l'acquisto del diritto derivante dal contratto avviene in capo al mandatario (salva l'eccezione prevista nel secondo comma dello stesso articolo).
Si ha, quindi, in ordine all'inquadramento generale del contratto previsto dall'art.1891 c.c., una divaricazione tra due orientamentì di fondo: la tesi che lo configura come contratto a favore di terzo e la tesi che vi ravvisa un atto di sostituzione non rappresentativa. Questa divaricazione si è prodotta nella dottrina e si è in parte riflessa anche nella giurisprudenza di questa Corte, che, in ampia prevalenza, ha seguito la prima tesi, ma, qualche volta, ha affermato che l'assicurazione per conto di chi spetta configura un'ipotesi di sostituzione che può trovare titolo in uno specifico mandato ovvero anche in un altro contratto (Cass. 14 aprile 1988 n.2961). Ed in realtà sembrano non poche le diversità tra l'assicurazione per conto di altro soggetto (determinato o indeterminato al momento del contratto) ed il contratto a favore del terzo: nella prima figura non è richiesto l'interesse dello stipulante previsto dall'art. 1411, primo comma; manca la possibilità di revoca della stipulazione a favore del terzo (art. 1411, secondo comma); è previsto il rimborso a favore del contraente dei premi da lui pagati all'assicuratore e delle spese del contratto, con il privilegio del contraente sull'indennità pagata dall'assicuratore all'assicurato (ultimo comma dell'art.1891), il che rende quest'ultimo non un mero beneficiario dell'assicurazione (come nell'ipotesi prevista dall'art.1920 c.c. ed espressamente qualificata dal legislatore come "assicurazione a favore di un terzo", con termine che immediatamente rinvia all'istituto generale del contratto a favore di terzi). Occorre riconoscere che le due figure contrattuali disciplinate dall'art. 1891 presentano caratteri di ambiguità che le rendono non pienamente inquadrabili in alcun altro tipo generale. Conferma si ha proprio in relazione alla questione specifica posta a queste Sezioni unite, in ordine alla quale anche la dottrina che sostiene la tesi del contratto a favore del terzo è concorde nel ritenere che, in caso di rifiuto dell'assicurato di profittare della stipulazione, questa non va a beneficio del contraente.
La ragione giustificativa della non applicabilità dell'art. 1411, ultimo comma, all'assicurazione contro i danni per conto di chi spetta viene correttamente ravvisata nel principio indennitario proprio dell'assicurazione contro i danni (art. 1905 c.c.), il quale esclude che la prestazione dell'indennità possa essere effettuata a favore del contraente che, per definizione, non è il titolare dell'interesse esposto al rischio, essendo egli diverso, come si è detto, dall'assicurato.
Per questa ragione sono da condividersi le sentenze di questa Corte (citate retro, nel p. 4) che, anche considerando l'assicurazione ex art. 1891 c.c. un contratto a favore di terzo, ravvisano un ostacolo all'applicazione dell'art. 1411, terzo comma, c.c. nella "natura" dell'assicurazione contro i danni, che non consente il pagamento dell'indennità ad un soggetto diverso dall'assicurato. Va escluso, quindi, che della prestazione assicurativa possa beneficiare il contraente vettore, anche in caso di rifiuto della stessa da parte dell'assicurato.
La legittimazione del contraente a fare valere i diritti nascenti dal contratto di assicurazione deriva soltanto dal consenso espresso dell'assicurato, che è un fatto diverso dal contratto ed idoneo a trasferire i diritti da esso costituiti.
Occorre, ovviamente, che, nell'interpretazione della polizza, si individui il rischio assicurato dalle parti soltanto nei danni della cosa trasportata e si escluda che esse abbiano assicurato anche la responsabilià civile del vettore, e quindi il suo patrimonio. Non può escludersi, invero, che con la stessa polizza i contraenti abbiano voluto porre in essere due diversi rapporti assicurativi a garanzia di due diversi interessi e di due diversi beni: la cosa trasportata ed il patrimonio del vettore (Cass. n.4227/83 e, per una ipotesi in cui si è ravvisata un'assicurazione della responsabilità civile nell'assicurazione per perdite o avarie della merce trasportata stipulata dal vettore, Cass. n.2322/90). 8. - Alla luce delle considerazioni che procedono, possono esaminarsi i tre motivi del ricorso (riassunti retro, nel p. 2), che si rivelano tutti infondati.
8.1. - In ordine all'esistenza del consenso espresso dell'assicurato, che l'art.1891, secondo comma, esige perché sussista la legittimazione del contraente ad esercitare i diritti derivanti dal contratto, esso è stato correttamente escluso dalla sentenza impugnata, la quale ha accertato che la società assicurata Montenegro (destinataria delle merci trasportate dal vettore Moretti) provvide "a riaddebitare il costo relativo al carico pervenuto asseritamente danneggiato al mittente Valmorbida s.p.a., la quale a sua volta emise nota di addebito per la corrispondente somma nei confronti del vettore Moretti". Da tale accertamento di fatto il Tribunale ha coerentemente desunto che "nessun consenso fu manifestato da parte della Montenegro s.p.a. nei confronti del vettore Moretti in relazione alla richiesta di risarcimento danni da avanzare all'assicuratore per i danni asseritamente occorsi alle merci nel corso del trasporto".
Ed in effetti non può condividersi la tesì del ricorrente secondo cui il consenso espresso dall'assicurato è rivelato dal fatto che questi consegua il ristoro del danno subito attraverso l'esercizio di un diritto diverso da quello derivantegli dal contratto di assicurazione stipulato per suo conto. Tale comportamento dell'assicurato palesa soltanto il rifiuto dell'assicurato di avvalersi dell'assicurazione, ma nulla esprime in ordine all'esercizio, da parte di altri, dei diritti derivanti dall'assicurazione medesima, onde non può essere in esso ravvisato un consenso espresso a tale esercizio.
8.2. - Il secondo motivo, con cui il ricorrente invoca l'applicazione dell'art. 1411, terzo comma, c.c., trova specifica confutazione nelle considerazioni espresse retro, nel p. 7.
8.3. - Con il terzo motivo il ricorrente sostiene che si è avuta la sua surrogazione legale nei diritti dell'assicurato (a norma dell'art.1203 n.3 c.c.), invocando il già menzionato orientamento sostenuto dalla citata Cass. 14 marzo 1996 n.2120 (v, retro, p. 4). Al riguardo va osservato che tale surrogazione, non è comunque applicabile nel caso di specie, perché, come è stato accertato dal giudice del merito (v. retro, p. 8.1), il pagamento a favore dell'assicurato (società Montenegro) non è avvenuto ad opera del vettore Moretti, ma del mittente della merce deteriorata (società Valbormida), il quale a sua volta si è rivalso nei confronti del vettore. Non si è, quindi, avuto un pagamento del Moretti a favore dell'assicurato, e non è perciò configurabile una surrogazione del primo nei diritti del secondo verso l'assicuratore. 9. - In conclusione, il ricorso, essendo infondato, va rigettato. Le ragioni che hanno indotto la sezione terza a proporre la rimessione del ricorso alle Sezioni unite costituiscono un giusto motivo di compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2002.
Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2002




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