SEZ. L  SENT.  00383  DEL 14/01/2000
PRES. Sommella F.  REL. Mammone G.
PM. Cinque A  (Conf.)
RIC. Vernola ed altri (avv. Antonio Mennuni e Andrea Vilardi)
RES. Finnavi Srl (avv. Diego Corapi e Salvatore Parascandola)

 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

   Con ricorso al Pretore di Trani, sezione di Molfetta, Vernola Antonio, Garofoli Mario e De Palma Vincenzo, lavoratori marittimi dipendenti della SOREMAR s.p.a., chiedevano la condanna di detto datore di lavoro al pagamento di varie differenze retributive e, in corso di causa, chiedevano sequestro conservativo su una nave di sua proprieta'. Autorizzato il sequestro ed intervenute in giudizio la FINNAVI s.r.l. e la ACCIAIERIE e FERRIERE s.p.a., terze subacquirenti del natante, il Pretore con sentenza del 2.7.93 accoglieva la domanda ma non convalidava il sequestro, atteso che il provvedimento cautelare aveva colpito soggetti diversi da quello con cui era stato instaurato il rapporto processuale per la causa di merito.

   Proposto appello dai tre marittimi, il Tribunale di Trani con sentenza pronunziata il 28.3.96 e depositata il 2.4.96, rigettava il gravame. Il Tribunale rilevava che le intervenute FINNAVI e ACCIAIERIE e FERRIERE avevano eccepito in primo grado l'avvenuta demolizione del natante prima dell'esecuzione del sequestro e che detta eccezione era stata riproposta in secondo grado dall'appellata FINNAVI. Considerata ritualmente proposta l'eccezione, dato che la soc. FINNAVI in prime cure si era tempestivamente costituita, il Tribunale riteneva che la perenzione della cosa assoggettata rendesse superfluo il provvedimento cautelare, che non era in grado di svolgere la sua funzione di garanzia del soddisfacimento del credito.

   Pertanto, ritenute assorbite tutte le altre questioni, rigettava l'appello.

   Avverso questa sentenza propongono ricorso i tre lavoratori deducendo due motivi, cui risponde con controricorso la FINNAVI s.r.l.

 MOTIVI DELLA DECISIONE 

   Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione dell'art. 346 cod. proc. civ., anche in relazione agli artt. 163, 548, 549, 558 e 559 cod. nav., nonche' carenza di motivazione. Avrebbe errato il Tribunale a ritenere che l'appellata FINNAVI avesse legittimamente riproposto in appello l'eccezione a proposito della demolizione della nave, atteso che in secondo grado si era solo limitata a richiamare le difese del grado precedente, senza alcuna specificazione. Inoltre, in diritto nessun rilievo assumerebbe la demolizione della nave, atteso che il credito dei lavoratori e' assistito da privilegio speciale sul natante e che il sequestro aveva l'unico scopo di consentire la conservazione della detta garanzia, evitandone la decadenza. La convalida era, dunque, richiesta non per la materiale apprensione del bene a garanzia del soddisfacimento del credito, ma per conservare il privilegio.

   Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 420, 681-682, 419, 112 cod. proc. civ. e 1362 cod. civ., rilevando che FINNAVI ed ACCIAIERIE e FERRIERE non erano legittimate a stare in giudizio ed a proporre eccezioni, avendo chiesto l'estromissione, e che, in ogni caso, pur potendo essere considerate litisconsorti necessarie nel giudizio di convalida, avrebbero dovuto costituirsi perentoriamente dieci giorni prima dell'udienza fissata per la convalida stessa, e non ad libitum, come nella specie avvenuto. L'eccezione di fatto relativa alla demolizione del natante, dunque, non avrebbe dovuto essere considerata rituale.

   Il ricorso non e' fondato.

   Per ragioni di conseguenzialita' logica pare opportuno invertire l'ordine di valutazione dei motivi di ricorso, esaminando per. prima la questione attinente la ritualita' della costituzione della soc. FINNAVI nel giudizio di primo grado (secondo motivo) nonche', successivamente, la questione attinente il denunziato abbandono in secondo grado, da parte della stessa soc. FINNAVI, dell'eccezione di fatto circa l'avvenuta demolizione del natante e, infine, la questione attinente la convalida del sequestro (entrambe contenute nel primo motivo).

   Partendo, dunque, dalla prima questione, deve rilevarsi che, emanato il provvedimento cautelare, il Pretore fisso' "per la convalida e l'ulteriore trattazione della causa" l'udienza del 23.6.89, assegnando termine per la notifica del provvedimento stesso alla societa' armatrice ed a quella proprietaria della nave. Ritengono, pertanto, i ricorrenti che le due societa' intervenute, quantunque litisconsorti necessarie quali "subacquirenti delle navi" (secondo l'espressione utilizzata dal giudice di secondo grado), avrebbero dovuto costituirsi, a pena di tardivita', dieci giorni prima dell'udienza, e cioe' entro il 12.6.89. Essendo intervenuta ben oltre, quella data, la costituzione sarebbe tardiva e comporterebbe la tardivita' di tutte le eccezioni di fatto sollevate, ivi compresa quella inerente la demolizione della nave.

   Al riguardo deve rilevarsi che e' legittimato ad intervenire in via principale nella causa di convalida chi si affermi titolare di diritto reale o di altro diritto reale sulla cosa sequestrata (Cass. 26.3.81 n. 1777), il quale, di fronte ad una sentenza contenente statuizioni a lui pregiudizievoli sarebbe legittimato a proporre opposizione ex art. 404 cod. proc civ. (Cass. 18.2.95 n. 1794). Nel caso in esame, in particolare, la sentenza impugnata ritiene che le due intervenute assumano la posizione di litisconsorti necessari, essendo indispensabile la loro partecipazione al giudizio di convalida. Tale qualificazione giuridica (non contestata dai ricorrenti) legittima, in base all'art. 419 cod. proc. civ., ai litisconsorti di intervenire volontariamente anche al di la' dei limiti temporali previsti per le altre forme di intervento, a prescindere, quindi, dall'udienza specificamente fissata per la convalida.
   Al riguardo pare priva di pregio la tesi dei ricorrenti secondo cui gli intervenuti, quantunque litisconsorti necessari, avevano l'onere di costituirsi dieci giorni prima di quella udienza ai sensi non solo dei art. 419, ma anche dell'art. 420 cod. proc. civ., che fa obbligo al chiamato in causa di costituirsi dieci prima dell'udienza fissata.

   Nella situazione in esame risulta, infatti, che il giudice, all'atto dell'emanazione del provvedimento cautelare, ha emesso non una ordinanza di chiamata in causa, ma una semplice disposizione ordinatoria di notifica del provvedimento anche a predetti soggetti originariamente non presenti in causa, allo scopo evidente di notiziarli e di provocare le loro eventuali iniziative processuali.
  La mancanza di un formale provvedimento di chiamata in causa esclude, pertanto, che possa farsi riferimento alla norma dell'art. 420  invocata dai ricorrenti per valutare la tempestivita' dell'intervento delle societa' FINNAVI e della ACCIAIERIE e FERRIERE, atteso che costoro non assumevano la veste di chiamate.

   Pertanto, essendo detto intervento tempestivo ai sensi tanto dell'art. 419 e non rilevando la norma dell'art. 420, c. 10, del cod. proc. civ., deve ritenersi che anche tutte le eccezioni di fatto e diritto proposte dalle intervenute abbiano avuto legittimo ingresso nel processo.
   Passando all'esame della questione della mancata riproposizione in secondo grado da parte della appellata soc. FINNAVI della eccezione in punto di demolizione della nave, deve rilevarsi che l'appellata stessa, nel costituirsi, testualmente dedusse di riportarsi "a tutto quanto gia' dedotto nella comparsa di costituzione e risposta del giudizio di primo grado", da intendere per integralmente trascritta. Tale richiamo, ad avviso del collegio, era idoneo a riproporre anche in grado di appello, con la dovuta dettagliatezza, tutte le questioni gia' dedotte in primo grado. In particolare la tecnica del richiamo all'atto di costituzione del precedente grado di giudizio non confligge con l'art. 436, e. 2, che nel rito speciale (nell'ambito del piu' generale principio fissato dall'art. 346 del codice di rito, secondo cui le domande e le eccezioni si intendono rinunziate se non espressamente riproposte in appello) impone all'appellato di formulare nella memoria difensiva la "dettagliata esposizione di tutte le sue difese". La norma non richiede specificita' ed analitica indicazione delle questioni sottoposte al giudice, come e', invece, previsto per l'appellante, cui e' richiesta la indicazione degli "motivi specifici della impugnazione" (art. 434).

   La questione di fatto della demolizione, pertanto, era da ritenere ritualmente esposta nell'atto di costituzione della appellata, di modo che correttamente il Tribunale l'ha posta a base della sua decisione.

   Quanto alla mancata convalida del sequestro, i ricorrenti sostengono che la richiesta del provvedimento cautelare aveva lo scopo di consentire il mantenimento del privilegio generale sul natante sul quale erano stati imbarcati e non quello di ottenere la garanzia per il soddisfacimento del credito, di modo che nessun rilievo avrebbe assunto per loro la demolizione. Per valutare questo profilo del primo motivo di ricorso deve considerarsi che l'art. 552 cod. nav. concede ai componenti dell'equipaggio privilegio sulla nave per i crediti derivanti dal contratto di arruolamento o di lavoro (n. 2). Per il successivo art. 558 dello stesso codice, detto privilegio si estingue con lo spirare del termine di un anno dal giorno dello sbarco dell'equipaggio nel porto di assunzione. Il termine e' tuttavia sospeso finche' la nave non abbia potuto essere sequestrata o pignorata nelle acque nazionali, fino a non oltre tre anni dal giorno in cui e' sorto il credito.

   In questo quadro normativo, il sequestro svolge appieno la sua  funzione di strumento di garanzia dell'adempimento del credito, atteso che il codice, onde evitare che il privilegio (e, quindi, la precedenza del lavoratore nella realizzazione del credito sul patrimonio del debitore) sia vanificato dallo spirare del termine senza che il creditore abbia potuto porre in essere atti concreti di asservimento del patrimonio del debitore, consente che il termine stesso rimanga sospeso fino a che non sia compiuto o un concreto atto di esecuzione (il pignoramento) o un atto di cautela in attesa dell'accertamento del credito (il sequestro). Ove dell'atto di esecuzione o di cautela si rivelino inesistenti i requisiti di validita', naturalmente, il termine di estinzione del privilegio sarebbe realizzato, dal che deriverebbe la cessazione del titolo prioritario del lavoratore.

   L'accertamento della regolarita' del sequestro e, quindi, la pronunzia sulla convalida (secondo lo schema processuale vigente all'epoca della emanazione del provvedimento cautelare in esame) e', dunque, strettamente strumentale al mantenimento del privilegio, secondo la impostazione assunta proprio dai ricorrenti con il motivo in esame.

   Tanto premesso, deve rilevarsi che ai sensi dell'art. 683 cod. nav. il provvedimento che autorizza il sequestro e' eseguito con la notifica al proprietario ed al capitano della nave, nonche' al proprietario non armatore. L'art. 684, inoltre, prescrive la trascrizione del provvedimento nel registro o nella matricola tenuti dagli uffici della Pubblica Amministrazione.

   Agli atti del giudizio e' pacifico che la nave era stata demolita - secondo le modalita' previste dall'art. 160 cod. nav. - prima dell'esecuzione del provvedimento cautelare del Pretore, avvenuta a mezzo della notifica alle parti interessate ed alla competente Capitaneria di porto perche' procedesse alle trascrizioni previste dal codice della navigazione. Non rileva, invece, la circostanza se alla data di esecuzione del provvedimento cautelare la nave fosse ancora iscritta nella matricola (sul punto e' denunziata dai ricorrenti l'erroneita' della pronunzia), atteso che la (eventuale) cancellazione dalla matricola ha carattere meramente amministrativo ed attiene al diritto del natante alla navigazione, ma non e' in idonea a far ritenere la perdita della nave come bene fisico, potenzialmente idoneo a costituire fonte di garanzia patrimoniale (cfr. Cass. 27.3.70 n. 838 e 5.7.68 n. 2254).

   L'avvenuta demolizione fa cessare l'individualita' del natante, il quale e' ridotto ai meri materiali di risulta, che peraltro mantengono un loro valore economico. Cio' comporta, con riferimento alla controversia in esame e conformemente a quanto ritenuto dal giudice di appello, che la nave non era piu' esistente e non costituiva piu' bene di per se' idoneo a offrire la garanzia. D'altro canto i materiali derivati dalla demolizione non furono a loro volta oggetto di autonomo provvedimento di sequestro ne' in via autonoma (nel qual caso il provvedimento cautelare avrebbe dovuto essere disposto con le forme ordinarie e non con quelle speciali del codice della navigazione), ne' in via residuale (non essendo mai stato eseguito il provvedimento cautelare sulla nave, essendo la stessa gia' demolita).

   Sotto altro punto di vista, quando pure si volesse aderire alla tesi (peraltro superiormente gia' disattesa) di parte ricorrente secondo cui il sequestro aveva lo scopo non di evitare la dispersione del patrimonio del debitore, ma di conservare il privilegio nell'imminenza della sua estinzione, deve osservarsi che per la demolizione il codice della navigazione, a differenza della alienazione (art. 557, c.d. diritto di seguito), della perdita (art. 553) e del deterioramento della nave (art. 549), non prevede l'esercizio del privilegio nei confronti del terzo proprietario dei materiali residuati o su quanto residuato a seguito della perdita o del danneggiamento. Pertanto, pur in questa diversa impostazione, il sequestro non raggiungerebbe nessuno scopo e non soddisferebbe alcun interesse dei creditori.

   In conclusione, dunque, correttamente il giudice di appello non ha convalidato il sequestro. Conseguentemente il ricorso e' infondato e va rigettato.

   Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimita' tra le parti costituite.

 P.Q.M.

   La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimita' tra le parti costituite.

   Cosi' deciso in Roma il 16 giugno 1999

   DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 14 GEN. 2000