Diritto di Internet e dell'informatica
  TRIBUNALE DI MODENA

  Poste Italiane s.p.a. (avv. prof. V. Tavormina, A. Molè e R Pini) c. Daniele Malavasi, titolare dell'impresa individuale Discovogue di Daniele Malavasi (avv. G. Borelli e L. Gazzetti) - Got. it. s.r.1. (avv. G. Capelli, M. Consonni e M. Nobili) Registration Authority Italiana, Naming Authority Italiana e Consiglio Nazionale delle Ricerche


Il collegio,

a scioglimento della riserva assunta alla udienza camerale del giorno 23.8.2000 osserva quanto segue.
Si procede al sensi dell'art. 669 terdecies su reclamo della società "Poste italiane" spa avverso l'ordinanza 28.7.2000 del g. des. presso questo Tribunale, di reiezione della domanda presentata dal reclamante ai sensi dell'art. 700 c.p.c. e volta alla adozione di "tutti gli opportuni provvedimenti idonei a tutelare i diritti della ricorrente assicurando provvisoriamente, onde evitare il pregiudizio grave ed irreparabile alla sua immagine ed all'esercizio della attività, gli effetti della decisione sul merito dal giudizio che verrà promosso al fine di ottenere . accertamento e dichiarazione:
1) che l'assegnatario sig. Daniele Malavasi: a) non ha diritto all'uso dei domain names "bancoposta.it", "vaglia.it",  "raccomandata.it;; b) che è incorso nella usurpazione e contraffazione di segni distintivi e di marchio della società ricorrente; c) che ha compiuto atti di concorrenza sleale  ai termini dell'art 2598 nn. 1, 2, 3 c.c.; d) che è responsabile anche ai termini dell'art. 2043 c.c.; e) con tutte le conseguenti pronunce, anche risarcitorie;
2) che Got.it  srl, Registration Authority ítaliana, Consiglio nazionale delle ricerche, Naming Authority italiana, ciascuno per le rispettive competenze: a) siano conpartecipi degli illeciti del sig. Malavasi sopra descritti, nonché responsabili dei danni subiti da Poste italiane spa; b) in ogni caso sono obbligate ad assumere tutti i provvedimenti necessari per l'eliminazione dell'illecito,  l'eliminazione dei danni stessi a consentire a Poste italiane spa l'utilizzo del domain name "bancoposta.it", "vaglia.it", "raccomandata.it".
In particolare la società ricorrente  spiegava istanza al fine di ottenere in via cautelare:
a) che sia inibito al sig. Daniele  Malavasi, anche attraverso la sua impresa individuale "Discovogue", l'uso dei nomi "bancoposta", "vaglia", "raccomandata" ed in generale di qualsivoglia termine distintivo la attività, i prodotti ed i servizi di Poste italiane  spa, con estensione di tale inibizione all'utilizzo di tali termini quali domain names sul sistema Internet e comunque con riferimento al top level domain ".it";
b) che sia inibito agli altri resistenti di agevolare in qualsivoglia maniera la condotta tenuta dal sig. Malavasi, ordinando agli stessi di disconnettersi ed impedire l'uso di tali domain names con riferimento al top level domain ".it";
oltre a domande accessorie.
Il provvedimento  oggetto di gravame, pronunciato all'esito della audizione delle parti con costituzione dei resistenti Malavasi Daniele in proprio e quale titolare della impresa individuale "Discovogue" e "Got.it srl" si fonda sulle seguenti osservazioni:
a) alla fattispecie andrà applicata la normativa  vigente in materia di marchi di impresa, atteso come i termini  in oggetto - specificamente il termine "bancoposta" identificativo l'unico sito attivo  su Internet al momento della pronuncia del decreto di cui il reclamante si duole - siano suscettibili di essere qualificati come segni distintivi del servizio fornito dalla impresa;
b) i termini "vaglia", "raccomandata", "banco posta" "sono espressioni generiche che indicano servizi ed attività, neppure tutte di pertinenza delle poste italiane (come nel caso del vaglia che può essere non solo postale, ma anche cambiario e bancario) , che, proprio perché generiche ed ormai acquisite nel lessico e nella parola, sono di uso corrente nella lingua italiana e per questa ragione i dizionari le hanno registrate. E proprio questa ultima circostanza è significativo sintomo e riprova che non si tratti di sostantivi specificativi di un servizio o di un prodotto su cui alcun soggetto posso vantare un diritto di privativa esclusiva, in quanto si tratta, piuttosto, di espressioni generiche, di uso ormai corrente, indicative di servizi o prestazioni di per sé privi di capacità individualizzante e distintiva del fornitore di essi:
c) l'assunto dei ricorrente si pone quindi in contrasto con la disciplina contenuta nell'art. 18 L. marchi che vieta di rendere oggetto di marchio di impresa i segni distintivi costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di servizi o di prodotti o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, riuscendo in tali casi il preteso marchio sprovvisto di attitudine distintive;
d) non si ravvisa con riferimento alle espressioni indicate, quantomeno con riferimento al termine "bancoposta", il conseguimento di una notorietà non puramente locale tale da consentire la applicabilità della tutela offerta dagli artt. 9 e 17 lett b) L. marchi;
e) difettano i requisiti per ritenere lo svolgimento ad opera del Malavasi di una attività concorrenziale confusoria atteso come, nel difetto di esistenza di segni distintivi muniti di capacità identificativa specifica e confondibili con quelli adottati da altro imprenditore, venga meno la stessa possibilità di confusione tra i prodotti.
 Il reclamo proposto a questo collegio assume:
  1) la identificazione tra i termini impiegati nel domain names di cui ci si occupa ed i servizi corrispondenti offerti dalle Poste italiane spa;
2) la esclusività dell'espletamento di tali servizi in capo a parte ricorrente, alla quale è data facoltà di darli in concessione, ai sensi del DPR 29 marzo 1973 n.156;
3)  la natura assolutamente non generica dei termini in oggetto, i quali sia nella struttura individuale (vaglia e raccomandata) che composita (bancoposta) richiamano specifiche attività svolte da un soggetto ben determinato, appunto Poste italiane spa;
4) la rinomanza assoluta, trascendente  limiti locali, dei termini per cui si procede;
5)  la applicabilità alla fattispecie anche della tutela offerta dall'art. 2598 n.1 c.c.,  atteso come l'impiego dei domain names in oggetto e la struttura dei siti siano atti a generare nella generalità degli utenti confusione tra i servizi offerti dalle parti del presente giudizio, con lesione della identità del servizio reso da parte ricorrente.
Sentite le parti ritiene questo collegio, nel merito, non condivisibili i presupposti dai quali muovono le argomentazioni svolte con rigore dal g.d. nella  ordinanza di cui ci si duole.
Preliminarmente si condivide l'assunto del g. des. della applicabilità al caso di specie della disciplina prevista in materia di marchio di impresa. Ritenuto come  corretta appaia la impostazione illustrata nel provvedimento oggetto di reclamo alla stregua della quale la applicazione della disciplina normativa propria dei marchi  di impresa in materia di domain names subordinata alla verifica della attribuibilità ad essi nel caso concreto dei caratteri di elemento distintivo di merci  o servizi, ovvero  del carattere dì mero indirizzo telematico o codice di accesso, si ravvisa nella fattispecie la attribuibilità ai termini "bancoposta" (del quale le Poste italiane spa chiesero all'ufficio italiano brevetti e marchi la protezione quale marchio nel luglio 1998, doc. n. 11 di parte ricorrente), "vaglia", '"raccomandata", del carattere di termini: a) certamente appartenenti al lessico comune, ma associati dalla generalità dei consociati a servizi svolti ed a prodotti delle  posta italiane; b) normativamente disciplinanti servizi svolti e prodotti offerti dalle poste italiane; giustifichi il ricorso alla disciplina propria del marchi di impresa.
 Si richiama con riferimento al punto da ultimo indicato quale b) la disciplina introdotta dal DPR 29 marzo 1973 n. 158 (non mutato ai fini che rilevano dal D.L.vo 261/99) - approvazione del testo unico della disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni - il quale individua come attività propria delle posta italiane e suscettibile di costituire oggetto di concessione a terzi la raccolta ed il recapito di missive "raccomandate" (artt. 4 e 29), la attuazione di servizi bancari gestiti dalle poste denominata "bancoposta" (artt. 100 e segg.), ed articola la disciplina dei "vaglia" quale una della articolazioni in cui si svolge il servizio di bancoposta (artt 100, 104 e segg.). 
E' certamente vero quanto affermato dal giudice all'interno della ordinanza oggetto di gravame, cioè che si tratta di termini lessicalmente appartenenti al patrimonio semantico comune, nondimeno appare opportuno radicare il giudizio sulla base di una valutazione complessiva, dunque non limitandosi ad una valutazione analitica dei termini considerati da sé soli (in questo senso Trib. Napoli. 8 maggio 1996), bensì muovendo dalla considerazione che: 1) tali termini sono stati impiegati all'interno della rete internet al fine di costituire nomi di dominio; 2) il sito "bancoposta.it" (apparentemente unico in funzione al momento dei radicamento del procedimento cautelare) illustra ed offre prodotti e servizi di consulenza attinenti al servizio bancoposta svolto istituzionalmente dalle poste  italiane, ed ospita illustrazioni pubblicitarie estranee al servizio di gestione del risparmio offerto dalle poste. Tali evidenze inducono a ritenere come anche da parte del resistente utilizzatore del sito tali termini siano stati intesi ed impiegati in quanto percepiti della generalità degli utenti come identificativi di prodotti e servizi forniti dalle poste italiane e di uso comune, e come tali muniti di certa ed elevata attitudine ad attirare coloro che navighino all'interno della rete Internet. Tali considerazioni - nella consapevolezza del principio illustrato da Cass. pen. sez. I, 12.1.1984 n.241, secondo la quale "l'uso di una parola nel suo corrente e normale significato linguistico non può costituire violazione di un diritto di esclusiva, costituendo la normale utilizzazione del comune patrimonio linguistico un fatto naturale che non può essere espropriato a vantaggio di situazioni esclusive" - inducono a ritenere che la attribuzione ai termini "bancoposta", "raccomandata" e "vaglia", impiegati quali domain names, del carattere di segno distintivo di un servizio, non si ponga in contrasto con la disciplina di cui all'art. 18 n. 2 L marchi, finalizzata ad impedire che termini di uso comune siano monopolizzati da un unico operatore economico, non costituendo tali termini denominazione generica di un prodotto suscettibile di essere fornito alla generalità del consociati da parte di un qualunque imprenditore.
Le considerazioni sinora svolte illustrano come nel caso concreto al domain names in oggetto non possa essere attribuita natura di meri indirizzi sulla rete, atteso come gli stessi riguardino siti espressione di prodotti o servizi, e non riproducano la denominazione di persone fisiche o giuridiche o di enti riuscendo denominatori di siti che costituiscano recapito telematico o mera vetrina di tali soggetti.
Appare quindi come l'impiego da parte del resistente Malavasi Daniele e della impresa individuale Discovogue dei termini in oggetto sia strumentale a "catturare" nei propri siti gli utenti che intendano viceversa mettersi in contatto con siti delle poste italiane; ulteriormente si rileva come la pagina "www.bancoposta.it" rechi illustrazioni circa la natura dal servizio offerto dalle poste italiane, così da non rendere immediatamente evidente la estraneità del sito alla amministrazione postale, ed inviti gli utenti interessati a chiarimenti ad inviare una e-mail ad un indirizzo estraneo alle poste italiane (sul punto si richiama il principio illustrato in Cass. civ. sez. I, 13.4.1989 n.1779, secondo il quale "al fine dell'accertamento della confondibilità o meno di due marchi, l'esame del giudice di merito va compiuto non tanto in via analitica attraverso una particolareggiata disamina ed una separata valutazione di ogni singolo elemento, quanto soprattutto in via unitaria e sintetica, mediante un apprezzamento che tenga conto di tutte le caratteristiche salienti, compresi gli effetti visivi o grafici ed acustici o fonetici delle espressioni usate, in relazione al normale grado di percezione delle persone alle quali il prodotto è destinato"). Certamente l'utente, una volta avvedutosi dell'errore, ha facoltà di disconnettersi dal sito e rivolgersi altrove, nondimeno parte resistente avrà fruito di una massa di contratti nel proprio sito della quale altrimenti non avrebbe potuto giovarsi.
Si ritiene quindi che l'impiego dei termini "bancoposta", "vaglia" e "raccomandata" effettuato da parte resistente si risolva nell'utilizzo di marchi privi del requisito di novità richiesto e definito dall'art. 17 L. marchi, ed importi la violazione della disciplina definita dall'art 11 L. marchi, laddove si fa divieto di usare marchi in modo da generare confusione sul mercato con altri marchi conosciuti come distintivi di prodotti e merci altrui.
 Non si attribuisce pregio all'assunto di parte resistente, la quale nega la esistenza di pericolo dì sviamento o quantomeno confusione nella clientela o comunque nella generalità dei consociati, attesa la differente attività svolta tra le imprese contendenti (la impresa Discovogue di Daniele Malavasi svolge attività di "fornitura di software e consulenza di informatica, elaborazione elettronica dei dati, ecc." le quali dunque si rivolgono a differente clientele. Si ritiene al riguardo come la astratta attitudine e generare confusione vada ricercata con riferimento al bacino di utenza cui il marchio in concreto si rivolge, e sussista allorché tale bacino si identifichi o possa identificarsi nella medesima categoria di consumatori. Invero il sito denominato "bancoposta.it" costituirà oggetto di interesse non già per colui che voglia acquistare un computer od il relativo software, bensì per colui che voglia conoscere le modalità di esercizio dei prodotto bancoposta; né tale considerazione è sconosciuta al resistente, atteso come egli all'interno del sito abbia inserito un indirizzo telematico cui invitava gli utenti a rivolgersi al fine di ottenere chiarimenti "prima di aprire il tuo conto". Appare dunque come, pure in presenza di una asserita differente attività di impresa, la attività in concreto svolta mediante il sito denominato "bancoposta.it" si risolva in una attività attinente quella svolta dalle poste italiane mediante il servizio bancoposta; ciò posto, si disattende l'assunto difensivo in oggetto anche con riferimento all'impiego dei marchi "vaglia" e "raccomandata" nei siti non ancora operativi. Si ravvisa dunque ad opera del Malavasi e della impresa Discovogue una attività diretta a violare i diritti delle poste Italiane, traendo i resistenti il vantaggio in via immediata di ricollegare la propria attività a quella svolta dal ricorrente con i prodotti ed i servizi indicati, così sfruttandone la notorietà e traendone quindi il vantaggio indebito di catalizzare la attenzione di soggetti interessati ad attività svolte da un terzo, appunto parte ricorrente.
Né le ragioni del ricorrente appaiono  vulnerate dalla circostanza che la Naming authority abbia autorizzato la registrazione dei domini, atteso come essa sia priva di potere alcuno di compressione dei diritti dei terzi.
Il riconoscimento ai termini lessicali in oggetto del carattere proprio di segno distintivo con capacità identificativa specifica del prodotto, e la ritenuta confusione generata nella generalità dei consociati, inducono a dissentire in ordine alle argomentazioni svolte sul punto dal giudice della prima cautela, ed a ritenere altresì la ricorrenza della ipotesi di concorrenza sleale di cui all'art 2598 n.1 c.c. Appare a questo collegio come la confusione generata negli utenti dello rete Internet importi un pericolo di danno a carico della società ricorrente, atteso come una non chiara percezione da parte degli utenti stessi sia delle modalità di esercizio del servizio bancopostale  che della identità del gestore, e la astratta percepibilità dello stesso servizio come distaccato dalle attività complessivamente esercitate dalla poste italiane, le quali sono titolari di altri siti all'interno della rete ed offrono comunque una immagine di solidità e capillarità, possano generare in potenziali utenti la determinazione a non ricorrere a tale servizio siccome percepito come privo delle necessarie garanzie di serietà ed attendibilità.
Ritenuta nei limiti indicati la  ricorrenza del fumus boni iuris del diritto accampato da parte ricorrente, si ritiene la sussistenza del periculum in mora sotto la specie del permanere di una valutazione di confusione in capo agli utenti di tali prodotti e servizi circa la titolarità dello svolgimento degli stessi ed i relativi caratteri distintivi, situazione la quale appare prodromica ad un ulteriore aggravamento di un  pregiudizio patrimoniale di difficile quantificazione anche all'esito dei giudizio di merito, e conseguentemente di indole irreparabile.
Non si attribuisce pregio alla eccezione spiegata da parte resistente circa la assenza, nell'atto di reclamo, della esposizione delle argomentazioni relativa alla sussistenza del periculum in mora, con conseguente presunta insufficienza di un richiamo per relationem e decadenza di parte ricorrente dalla possibilità di svolgerle in sede di gravame. Si osserva al riguardo come il giudice di prime cure abbia ritenuto preliminare all'esame della ricorrenza del periculum in mora  ed assorbente, lo svolgimento delle argomentazioni affrontate, né quindi sul punto si sia pronunciato; conseguentemente non vi è, in capo a parte reclamante, un dictum del  giudice nei confronti del quale articolare un atto di impugnazione; conseguente il richiamo per relationem insito nel reclamo alle argomentazioni articolate in sede di ricorso ex art 700 c.p.c. appare esaustivo.
Si respingono le ulteriori domande articolate da parte ricorrente attesa la loro natura non cautelare.
Per tali ragioni il collegio revoca l'ordinanza 28.7.2000 del g.d. presso questo Tribunale, di reiezione della domanda presentata dal reclamante ai sensi dell'art. 700 c.p.c. come sopra riportata;
vieta al resistente Malavasi Daniele in proprio e quale titolare della impresa individuale Discovogue l'impiego dei termini "bancoposta", "vaglia" e "raccomandata" quali domain names dei propri siti Internet, con immediata chiusura dei siti identificati dai domain names riportanti tali termini; fissa termine di giorni trenta decorrenti dal 15.9.2000 per l'inizio del giudizio di merito.
Modena,            agosto 2000