2 | novembre | 1990 |
1992 | II | 993 |
IN TEMA DI APPALTO DI SERVIZI A BORDO E INTERPOSIZIONE ILLEGITTIMA DI MANO D'OPERA
A) Premessa. - B) Le motivazioni della sentenza. - C) Il divieto di intermediazione di mano d'opera. - D) Indici della illiceità dell'appalto: l'utilizzo dei mezzi altrui. - E) Indici della illiceità dell'appalto: il rischio d'impresa. - F) Indici dell'illiceità dell'appalto: l'organizzazione d'impresa.- G) Appalto di servizi e gerarchia di bordo. -
A) Premessa.
La sentenza che si annota presenta aspetti di notevole interesse sia sotto il profilo lavoristico che navigazionistico. Si tratta infatti, a quel che risulta, della prima sentenza edita applicativa della legge 1369/1960 al settore marittimo, che se sotto l'aspetto lavoristico costituisce una nuova fattispecie fra le tante e variegate che si registrano in applicazione di detta legge, sotto l'aspetto navigazionistico appare di importanza fondamentale.
Per la prima volta infatti i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di illecita intermediazione della forza lavoro sono stati confrontati con i principi peculiari di diritto speciale in tema di lavoro nautico.
La sentenza in esame rappresenta - per ora - il momentaneo epilogo di una lunga e complessa vicenda iniziatasi allorché alcuni dipendenti di una cooperativa cui le Ferrovie dello Stato avevano affidato i servizi di camera sui propri traghetti, hanno adito il Pretore di Roma per sentir dichiarare la simulazione del rapporto di lavoro intercorrente fra loro e la cooperativa, e l'esistenza in suo luogo di un rapporto di lavoro dipendente diretto con l'Ente Ferrovie dello Stato.
Dopo un intermezzo costituito da un regolamento preventivo di giurisdizione, che aveva confermato la competenza dl giudice ordinario (1), il Pretore di Roma, con dispositivo pronunciato in udienza il 5 maggio 1989 e sentenza depositata il 2 novembre 1990, ha dichiarato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fra i ricorrenti e l'Ente Ferrovie dello Stato.
La sentenza si presenta ampiamente e dettagliatamente motivata sulla base delle pattuizioni delle parti, alle quali il Pretore ha diligentemente applicato alcuni principi ormai sufficientemente consolidati in tema di illecita intermediazione di forza lavoro.
Peraltro, la pronuncia desta più di una perplessità in quanto il giudicante non sembra aver tenuto nel debito conto - e conciliato adeguatamente con detti principi lavoristici - non soltanto i diversi principi specialistici del diritto marittimo, ma anche e soprattutto - sotto il profilo pratico - le particolarità dell'ambiente lavorativo nautico in cui le prestazioni venivano svolte (2).
Ne consegue una pronuncia che, se pur allineata per alcuni aspetti ad alcuni precedenti lavoristici, nel settore marittimo si presenta di portata rivoluzionaria, statuendo principi che in sostanza conducono alla illegittimità della maggior parte dei rapporti di lavoro posti in essere da imprese appaltatrici dell'armatore per alcuni servizi a bordo.
B) Le motivazioni della sentenza.
La sentenza che si annota, contrariamente al solito in queste ipotesi, ha avuto una base essenzialmente documentale. Il pretore ha posto infatti a fondamento della propria decisione il contratto di appalto intercorrente fra l'Ente Ferrovie dello Stato e la Cooperativa Garibaldi, nonché i contratti d'arruolamento intercorsi fra i ricorrenti e l'Ente Ferrovie dello Stato, armatore dei traghetti.
Con tale contratto d'appalto (integrato da due capitolati speciali) l'Ente Ferrovie dello Stato, ad esito di regolare gara a trattativa privata plurima, aveva conferito alla Cooperativa Garibaldi i cosiddetti servizi di camera (pulizia, cambio biancheria, ecc.) nonché la gestione dei bar e del servizio mensa sui propri traghetti.
Le clausole del contratto e dei relativi capitolati prevedevano in maniera estremamente dettagliata le modalità di espletamento del servizio; e proprio fra esse il Pretore ha rilevato gli elementi di illiceità del rapporto fra ricorrenti e la Cooperativa Garibaldi, individuandone alcune ritenute indicative di una ingerenza della committente nella sfera dell'appaltatrice tale da indurre a ritenere al prima effettiva datrice di lavoro dei dipendenti della Cooperativa (3).
L'analitica deduzione in contratto dei modi e dei tempi di svolgimento delle varie attività, dell'indicazione del numero di persone da impiegare su ciascuna nave e della loro posizione gerarchica nell'ambito dell'equipaggio, dell'obbligo di pagento dei contributi armatoriali a carico dell'Ente Ferrovie, della fornitura da parte di quest'ultimo di locali e di utenze di bordo, e via dicendo, sono stati ritenuti prova della fornitura non tanto di un servizio, quanto della mano d'opera occorrente a compierlo. Ad abundantiam, il Pretore ha rilevato che l'esistenza di un contratto di arruolamento diretto fra i ricorrenti e le FF.SS. aveva confermato anche formalmente la fondatezza della domanda dei ricorrenti.
Peraltro, le motivazioni della sentenza succintamente sopra riassunte lasciano adito ad alcune perplessità, in quanto il Pretore non sembra aver sufficientemente considerato la questione in relazione allo specifico ambiente della navigazione in cui si svolgeva sia il rapporto di lavoro dei ricorrenti, sia quello fra FF.SS. e la Cooperativa Garibaldi (4).
Sotto l'aspetto fattuale, è evidente che un normale appalto d'opera o di servizi a terra (nel quale l'appaltatore ha più libertà di organizzazione e decisione circa le modalità di esecuzione) è diverso rispetto ad un appalto di servizi sulla nave, nel quale il numero del personale imbarcato, facente parte dell'equipaggio, è fisso e predeterminato in relazione alle esigenze ed alle attrezzature della nave.
Sotto l'aspetto normativo, la disciplina pubblicistica (dettata anche ai fini della sicurezza della navigazione) impone un certo tipo di organizzazione e soprattutto un rapporto gerarchico dell'equipaggio a bordo da cui non si può prescindere nel regolamentare i servizi che debbono essere resi a bordo della nave (5).
Tutto ciò non sembra incompatibile con la disciplina posta dalla legge 1369/1960, che del resto prevede alcuni significativi distinguo al suo interno. Il Pretore peraltro non sembra aver tenuto conto di ciò, orientandosi su una interpretazione della norma lavoristica piuttosto rigida e poco condivisibile anche volendo applicare alla fattispecie i soli principi di diritto del lavoro.
C) Il divieto di intermediazione di mano d'opera.
La l. 1369/1960 sancisce il divieto di affidare in appalto l'esecuzione di "mere prestazioni di lavoro mediante impiego di manodopera assunta e retribuita dall'appaltatore" (6). Viene poi specificato che è considerato appalto di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto in cui l'appaltatore impieghi capitali, macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante (7).
Tale rigida disciplina non è peraltro applicabile per gli appalti di opere e servizi (fra cui la norma indica esplicitamente quelli di pulizia) da eseguirsi all'interno delle aziende, con organizzazione e gestione propria dell'appaltatore, per i quali sono previsti invece il diritto dei dipendenti dell'appaltatore allo stesso trattamento di quelli dell'appaltante, nonché la loro azione diretta nei confronti di quest'ultimo per l'inadempimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali a carico dell'appaltatore (8).
La disciplina legislativa prevede quindi due ipotesi distinte, che differiscono sia per quanto attiene ai presupposti di fatto, sia per quanto riguarda quelli di diritto: mentre infatti nel caso di appalto proibito ex art. 1 la legge considera a tutti gli effetti i dipendenti dell'appaltatore come dipendenti dell'appaltante, nell'ipotesi di prestazione di servizi all'interno di aziende l'appalto è lecito, e la norma si limita a garantire ai dipendenti dell'appaltatore il medesimo trattamento spettante ai dipendenti dell'appaltante (9).
Nel caso in esame, punto focale per determinare la liceità o meno dell'appalto era quindi la verifica della esistenza della organizzazione e gestione propria dell'appaltatore. Al riguardo, la sentenza ha ritenuto che la deduzione in contratto del numero di persone da impiegare nel servizio, nonché la definizione minuziosa del medesimo fosse da ritenersi in concreto una gestione ed organizzazione da parte dell'appaltante. Tale conclusione appare peraltro insoddisfacente, in quanto appare confondere la organizzazione e la gestione del servizio con le modalità ed i tempi di resa del servizio stesso.
La minuziosa definizione del servizio da rendere, con specifica indicazione degli orari e delle modalità convenute per le necessità operative della nave, non sembra ostativo a che l'appaltatore organizzi come meglio crede la propria forza lavoro, affidando, nell'ambito delle stesse mansioni, questo o quel servizio a chi meglio crede dei suoi dipendenti imbarcati. La circostanza poi che egli dovesse fornire il materiale di consumo e le ulteriori opere da eseguirsi a terra (10), seppur negletta dal Pretore, appare indicativa del fatto che gli appaltati servizi di pulizia non potevano che essere organizzati esclusivamente dall'appaltatore, non potendo in altro modo egli coordinare le forniture e le prestazioni da eseguirsi a terra con quelle da eseguirsi a bordo.
La sentenza pretorile avrebbe quindi dovuto più esattamente ritenere applicabile l'art. 3 della legge 1369/1960, che esclude esplicitamente per i servizi di pulizia l'applicabilità dell'art. 1, limitandosi a verificare l'identità di trattamento retributivo fra dipendenti delle Ferrovie dello Stato e quelli della Cooperativa.
D) Indici della illiceità dell'appalto: l'utilizzo dei mezzi altrui.
Ritenuta invece, con dubbio fondamento, l'inapplicabilità dell'art. 3 della legge, l'iter logico della sentenza ha estrapolato dal contesto contrattuale alcune pattuizione, dalle quale rilevare gli indici di illeceità dell'appalto stabiliti dalla norma.
Anche in questo caso, i risultati raggiunti non sembrano del tutto condivisibili, in quanto nell'analisi dei dati di fatto acquisiti sembra mancare qualsiasi considerazione relativa al peculiare ambiente in cui il servizio è stato reso.
Elemento di spicco nella decisione pretorile è stato il rilievo che la Cooperativa Garibaldi, nell'espletamento del proprio servizio a bordo, utilizzava macchinari ed attrezzature fornite dall'appaltante; elemento questo esplicitamente considerato dall'art. 1 della l. 1369/1960.
La sentenza in esame opera una rigida applicazione letterale del testo normativo, e non tiene in alcun conto il fatto che, nel caso di servizi da rendersi a bordo delle navi, gli stessi non possono prescindere, per il loro svolgimento, dall'utilizzo di energia, locali od attrezzature dell'azienda dell'appaltante; azienda che è appunto costituita dalla nave stessa.
Al riguardo, l'orientamento della suprema Corte, sulla base di una interpretazione sistematica che tiene conto delle disposizioni di cui all'art. 3 della stessa legge, è assai più attento alla realtà dei fatti ed alle esigenze esecutive dei singoli servizi. Infatti, qualora l'utilizzazione dei locali e delle attrezzature fornite dall'appaltante sia giustificato dal luogo in cui si esplica il servizio e dal tipo di servizio appaltato, la Corte di cassazione ritiene che la circostanza non possa essere di per se stessa considerata come elemento integrante una interposizione vietata di forze lavorative, ma debbano a tal fine essere valutati invece gli elementi dati dalla organizzazione e dal rischio di impresa gravante sull'appaltatore (11)
E) Indici della illiceità dell'appalto: il rischio d'impresa.
Ridotta quindi assai la valenza dell'elemento dell'utilizzo di mezzi altrui, gli altri aspetti esaminati dalla sentenza per dimostrare la inesistenza sull'appaltatore di un rischio d'impresa appaiono poco convincenti.
La predeterminazione del numero di persone da imbarcare appare infatti, più che un'intromissione dell'appaltante nella organizzazione del servizio, un elemento di rischio per l'appaltatore. Questi infatti è tenuto a fornire la stessa quantità di personale indipendentemente dalla fruizione da parte di quest'ultimo di ferie o permessi per malattie; restando quindi a suo totale carico il rischio inerente ad ogni assenza - lecita o non - dei propri dipendenti.
Parimenti elemento di rischio a carico dell'appaltatore appare la previsione di una remunerazione fissa per alcune delle forniture dell'appaltatore, come per esempio i pasti. Tale pattuizione anzi appare aumentare l'alea dell'appaltatore, su cui incombono gli eventuali aumenti per le materie prime necessarie.
Neppure decisiva a favore della decisione pretorile appare la facoltà di adeguamento del prezzo al variare del costo orario unitario della mano d'opera. Quest'ultimo infatti è solo uno dei fattori di costo del servizio reso dall'appaltatore, e l'adeguamento non è neppure rapportato ai costi effettivi da questi subiti a tale titolo, ma soltanto ad un parametro teorico unitario. Sembrerebbe più esatto quindi ritenerla una lecita clausola di adeguamento del corrispettivo, che peraltro di per sè non annulla il rischio d'impresa dell'appaltatore, ma adegua i parametri del corrispettivo all'originario sinallagma contrattuale (12).
F) Indici dell'illiceità dell'appalto: l'organizzazione d'impresa.
Neppure gli elementi evidenziati dalla sentenza come indicativi della mancanza di potestà organizzativa appaiono inattaccabili. L'affermazione secondo cui la minuziosa previsione nel contratto del tipo di servizio da fornire annullerebbe le possibilità organizzative dell'appaltatore costituisce una inesattezza concettuale, in quanto viene confusa la descrizione del servizio appaltato con la sua organizzazione.
In realtà si tratta di due situazioni del tutto diverse, necessarie e complementari in un rapporto d'appalto. L'organizzazione imprenditoriale del servizio può infatti concepirsi soltanto nell'ambito delle modalità previste per il servizio stesso, nel rispetto delle esigenze produttive dell'azienda dell'appaltante (in questo caso, la nave su cui il servizio viene prestato).
D'altra parte, anche volendo seguire l'interpretazione pretorile e considerare unitariamente due concetti di per sè diversi, non potrebbe non tenersi nel debito conto il tipo di luogo e di servizio svolto. Nel caso di specie, appare ovvio che i servizi dell'appaltatore devono tenere conto dei ritmi della vita di bordo (imbarco e sbarco, orari per i pranzi, e via dicendo; talché l'organizzazione imprenditoriale trova i suoi limiti nei tempi e nei modi in cui il servizio - per avere l'utilità desiderata dal committente - deve essere reso.
Neppure indicativa della mancanza di potestà organizzatoria appare la cosiddetta clausola di gradimento, mediante la quale l'appaltatore si impegna a sbarcare il lavoratore non gradito all'appaltante. Tale facoltà, riflesso della facoltà di licenziamento ad nutum spettante in passato all'armatore (13), al contrario di quanto ritenuto dal pretore si presenta come elemento di rischio per l'appaltatore, in quanto il lavoratore non gradito a bordo (che non può essere sol per questo licenziato) deve essere impiegato in altra attività a terra, nell'ambito della organizzazione dell'appaltatore (14).
Parimenti poco indicativo al riguardo appare l'inserimento del personale di bordo dell'appaltatore nella gerarchia dell'equipaggio, e quindi la sottoposizione a personale dell'appaltante. A prescindere dal fatto che tale situazione è stata riconosciuta pienamente legittima in diverse situazioni dai giudici del lavoro (15), nel caso di specie essa trova ampia giustificazione nelle norme pubblicistiche di diritto della navigazione, e come tale non sembra poter essere considerata indice in interposizione fittizia.
In realtà, nel caso di specie la sentenza in esame non sembra aver tenuto nel debito conto la necessità - recepita sia a livello normativo che giurisprudenziale - di contemperare i diritti dei lavoratori con le preminenti esigenze pubblicistiche della navigazione, di cui a bordo, è garante il comandate della nave. L'investitura del comandante delle funzioni di rilievo pubblicistico di capo della spedizione e della relativa comunità viaggiante comportano un potere gerarchico sul personale imbarcato che va al di la di quello di un qualsiasi preposto dell'imprenditore nei confronti dei dipendenti; ed infrazioni ai suoi ordini da parte del personale a qualsiasi titolo imbarcato (le stesse che per un qualsiasi dipendente terrestre nei confronti di un suo sovraordinato costituirebbero mere infrazioni disciplinari) nell'ambito marittimo acquistano la valenza di veri e propri reati (16).
Tale inquadramento appare essenziale per una corretta interpretazione delle clausole contrattuali sottoposte all'esame del Pretore, il quale invece ha ritenuto indicative di un'interposizione nel rapporto di lavoro clausole che invece stabiliscono la necessaria e doverosa collaborazione fra armatore ed appaltatore dei servizi di bordo; clausole che anzi, di fronte alle caratteristiche di natura pubblicistica dell'organizzazione della navigazione sono indefettibili e necessarie in un rapporto di appalto che ha per oggetto un servizio da prestare sulla nave (17).
G) Appalto di servizi e gerarchia di bordo.
In sostanza, nel proprio ragionamento la sentenza che si annota sembrerebbe non aver valutato l'esistenza, nel campo dei servizi a bordo, di due tipi di gerarchia ben distinte, anche se coesistenti ed affiancate: quella di tipo privatistico, con a base il rapporto di lavoro; e quella di carattere pubblicistico, sancita dalla legge (18). Il fatto che i poteri inerenti alla gerarchia di tipo pubblicistico siano esercitati dal comandante, preposto dell'armatore, anche nei confronti di dipendenti di altri imprenditori, non può ovviamente portare a confondere i due piani; anche se in concreto, l'esercizio dei poteri pubblicistici ha riflesso anche sulla prestazione lavorativa dei dipendenti dell'appaltatore (19).
Per ogni nave è previsto dalla tabella di armamento un determinato numero di persone quale equipaggio, ciascuna delle quali ha la propria specifica funzione; ed il servizio reso dall'appaltante deve necessariamente essere svolto da quel numero di persone previste, per il quale del resto la nave è predisposta sia come servizi che come attrezzature (20). E' quindi consequenziale che spetti al comandante - e così prevedesse il contratto d'appalto - il beneplacito sulle richieste di permessi, sbarchi e ferie del personale dell'appaltatore (21); così come egli possa legalmente richiedere
anche a membri dell'equipaggio non dipendenti dall'armatore di svolgere, per la sicurezza della nave, servizi non di loro istituzionale competenza (22).
Proprio sul punto relativo all'inserimento dei dipendenti dell'appaltatore sul ruolo dell'equipaggio la sentenza in esame ha ritenuto trarre conforto dalla considerazione che l'arruolamento del personale dell'appaltatore era stato effettuato dalle Ferrovie dello Stato e non dalla Cooperativa. La circostanza è senz'altro vera in punto di fatto; ma non sembra portare con tanta certezza alle conclusioni raggiunte dal Pretore.
Anche nell'arruolamento, infatti, si verifica spesso la coesistenza di posizioni di tipo privatistico e di tipo pubblicistico, che frequentemente vengono a coincidere. Di per sè, arruolamento significa letteralmente e semplicemente l'iscrizione sul ruolo dell'equipaggio; in quest'ultimo devono essere annotati quasi tutti gli avvenimenti di rilievo pubblicistico per la nave, e fra questi "l'elenco delle persone dell'equipaggio con l'indicazione del contratto individuale di arruolamento" (23).
Dalla dizione della norma sembrerebbe potersi dedurre che, in concreto, la iscrizione di una persona nel ruolo dell'equipaggio possa essere conseguenza diretta soltanto di un contratto di arruolamento, da identificarsi quindi nel contratto di lavoro nautico come definito e disciplinato dagli artt. 323 e segg. cod. nav. (24); e se ciò fosse vero, la sentenza in esame sarebbe condivisibile.
E' stato peraltro osservato che per l'interpretazione del sistema relativo alla gerarchia di bordo è necessario far riferimento primario, più che al contratto di arruolamento, alla nozione di equipaggio, in quanto il relativo ruolo ha quale principale funzione l'identificazione delle persone che lo compongono (25). Al riguardo appare quindi essenziale far riferimento alla definizione di equipaggio prevista dall'art. 316 cod. nav., che al riferisce, per quel che qui rileva, "a tutte le persone arruolate per il servizio della nave" (26).
Ciò, unito al fatto che non tutti i membri dell'equipaggio sono dipendenti dell'armatore (27) e correlato alla necessità di coordinamento con la funzione pubblicistica svolta dal ruolo dell'equipaggio, porta alla necessaria conclusione che l'arruolamento (inteso come iscrizione sul ruolo dell'equipaggio) sia un atto posto in essere fra due soggetti che non necessariamente sono le parti del rapporto di lavoro subordinato in base a quale l'arruolato presta servizio a bordo della nave (28).
La fattispecie è stata in passato già studiata in situazioni analoghe alla presente. In dottrina, ad esempio, è stato sottolineato come sussista un rapporto di arruolamento anche quando l'armatore non sia titolare del rapporto di lavoro e si applichi, per le condizioni di lavoro convenzionali, un contratto collettivo di lavoro per le attività d'impresa esercitate a bordo (29).
Ciò ha portato a distinguere in via concettuale fra un contratto di arruolamento, stipulato fra lavoratore ed armatore, ed atto di arruolamento, posto in essere invece dall'autorità marittima o consolare (30). La più recente dottrina giunge quindi, sulla base dell'art. 316 cod. nav., ad una tripartizione dell'equipaggio in: a) dipendenti dell'armatore, arruolati con contratto di lavoro subordinato; b) lavoratori a bordo, che sono riportati sul ruolo equipaggio, ma non soggetti di un contratto di arruolamento con l'armatore, bensì di un contratto di lavoro ordinario; c) il pilota (31).
Tale inquadramento è del tutto in linea con l'insegnamento da tempo sostenuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, esaminando fattispecie analoghe alla presente ha avuto modo di pronunciarsi al riguardo con due importanti sentenze (32). In particolare, con la pronuncia più recente essa ha autorevolmente distinto il contratto di arruolamento, istitutivo del rapporto di lavoro sotto il profilo privatistico, dall'atto di arruolamento, che "serve ad introdurre formalmente il soggetto imbarcato nella disciplina e nella struttura del mezzo di navigazione." (33). Nell'occasione, è stato sottolineato inoltre come le due fattispecie, anche se in genere coincidenti e formalizzate in un unico atto, siano concettualmente e sostanzialmente distinte e come tali, in particolari situazioni concrete, possano presentarsi separate e coinvolgere soggetti distinti (34).
Tale distinzione, peraltro concettualmente assai chiara e limpidamente esposta dalla Cassazione, non sembra essere stata recepita dal Pretore, che pure nella sua sentenza ha esaminato tali pronunce. Egli infatti appare ritenere che, se effettivamente il rapporto fosse intercorso fra i ricorrenti e la cooperativa, sarebbe stata quest'ultima a sottoscrivere i contratti di arruolamento, e non le Ferrovie dello Stato. Tale ragionamento, peraltro, non tiene conto del fatto che la Cooperativa non è armatrice di alcuna nave, e non potrebbe arruolare membri dell'equipaggio.
D'altra parte, esistendo un solo ruolo equipaggio per ogni nave, non è certo ipotizzabile che l'appaltatore di servizi a bordo ne tenga uno proprio separato, né che - di converso - personale alle sue dipendenze imbarcato a bordo non risulti sul ruolo equipaggio dell'armatore. Quindi gli atti di arruolamento - seppur redatti su stampati intestati come contratti di arruolamento - non potevano che essere compiuti dall'armatore della nave, dal quale l'autorità marittima li pretende per consentire l'imbarco a bordo dei marittimi.
Il Pretore li ha invece ritenuti "contratti di lavoro subordinati veri e propri, stipulati con forma solenne voluta dalla legge e sottoscritti, dalla parte del datore di lavoro, dalle sole FF.SS."; non rendendosi conto, con ciò, di inficiare sotto il profilo logico tutta la sentenza. Se infatti l'atto di arruolamento fosse, come sostiene il Pretore, un contratto diretto fra i ricorrenti e le Ferrovie, ciò escluderebbe a priori l'esistenza della interposizione illegittima dichiarata dalla sentenza, il cui presupposto, per definizione, è l'esistenza di una situazione sostanziale differente da quella formale.
In altre parole, appare logicamente impossibile sostenere la sussistenza di un rapporto dissimulato sulla base di un atto in forma pubblica e solenne che tale rapporto dissimulato esplicita fra le parti; ma la sentenza in esame, pur in stesura così copiosa, non ha ritenuto svelare i misteriosi passaggi logici per i quali conciliare due posizione per definizione antitetiche.
(1) Cass. S.U. 27 settembre 1987, n. 6555. Per un completo panorama riassuntivo della ripartizione della competenza fra giudice ordinario e giudice amministrativo in relazione agli enti pubblici (economici o meno) in relazione all'applicazione della l. 1369/1960, si veda da ultimo cass. S.U. 23 febbraio 1990, n. 1384.
(2) Per una recente analisi dei rapporti fra normativa ordinaria e di diritto speciale nel rapporto di lavoro nautico, ENRICO LUCIFREDI, Il contratto di arruolamento, Padova 1990, 6 ss.
(3) Tali clausole sono state individuate nella riserva di gradimento del personale imbarcato da parte delle FF.SS., nell'analitica indicazione e consistenza del personale da impiegare, nell'obbligo delle FF.SS. di versare i contributi inerenti alle Casse marittime dovuti al personale imbarcato, nella fornitura da parte della committente dei mezzi di protezione a bordo nave, nell'obbligo dell'appaltatore di tenere sempre il personale indicato a bordo, nella possibilità di revisione del corrispettivo in relazione a eventuali variazioni del costo della mano d'opera, nell'obbligo di ausilio in caso di necessità al personale di coperta per le necessità della nave, nella facoltà del comandante di meglio distribuire l'orario di lavoro a bordo nell'ambito dei contratti collettivi nazionali,, nell'obbligo del personale della Cooperativa di indossare la divisa FF.SS., nell'uso gratuito dei servizi e delle utenze idriche ed elettriche da parte dell'appaltatore.
(4) Per alcuni significativi esempi di adattamento della disciplina del rapporto di lavoro nel codice della navigazione al luogo di esecuzione ed al tipo di attività, si veda BRANCA, Contratto di arruolamento e lavoro subordinato, Milano, 1967, 225 ss.
(5) Sulle problematiche relative al potere direttivo, alla gerarchia ed al potere disciplinare, si veda BRANCA, op. cit., 195 ss.; ENRICO LUCIFREDI, op. cit., 115 ss.
(6) Art. 1, primo comma
(7) Art. 1, terzo comma.
(8) Art. 3.
(9) Cosí cass. 5 marzo 1982, n. 1373; cass. 5 ottobre 1983, n. 990; cass. 4 ottobre 1985, n. 4800.
(10) Ad esempio, il lavaggio delle lenzuola.
(11) Nell'escludere l'ipotesi di appalto vietato in relazione all'espletamento del servizio di vigilanza a favore di una banca, la Corte di cassazione ha cosí statuito: "L'ipotesi dell'appalto di mano d'opera o di mere prestazioni di lavoro, vietato dall'art. 1 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, non essendo definita da tale norma (il cui terzo comma si limita a porre la presunzione assoluta del carattere fittizio dell'appalto per l'esecuzione di opere o servizi nel caso di appaltatore che impieghi capitale, macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante, quand'anche per il loro uso venga corrisposto un compenso) va identificata tenendo conto della previsione del successivo art. 3, concernente l'appalto (lecito) di opere e servizi all'interno delle aziende con organizzazione e gestione propria dell'appaltatore, e delle indicazioni fornite dal titolo della stessa legge. Pertanto, la suddetta ipotesi è configurabile, oltre che in presenza degli elementi presuntivi considerati dal terzo comma del citato art. 1, quando il soggetto interposto manchi di una gestione d'impresa a proprio rischio e di una autonoma organizzazione - il che deve essere verificato con riguardo alle prestazioni in concreto affidategli - e, in particolare, anche nel caso di attività esplicate all'interno dell'azienda appaltante, semprechè il presunto appaltatore non dia vita, in tale ambito, ad una organizzazione lavorativa autonoma e non assuma, con la gestione dell'esecuzione e la responsabilità del risultato, il rischio d'impresa relativo al servizio fornito." (cass. 13 gennaio 1988, n. 151).
(12) Al riguardo, è da ricordare anzi che l'art. 1664 c.c., I comma, indica proprio nella variazione non prevedibile di entità superiore al 10 per cento del costo della mano d'opera l'ipotesi legittimante la revisione del prezzo dell'appalto. La norma è peraltro ritenuta derogabile.
(13) La facoltà di recesso ad nutum dal rapporto di lavoro subordinato da parte dell'armatore era prevista dall'art. 345 cod. nav.; che peraltro, dopo aver superato indenne una prima censura di costituzionalità (sent. 26 maggio 1976 n. 129, in Giur. cost. 1976, 911; si veda inoltre al riguardo GAETA, Sulla pretesa legittimità del licenziamento ad nutum del personale della navigazione, in Riv. giur. lav.1976, II, 1059), è stato in seguito di fatto superato dalla ritenuta applicabilità dell'art. 10 della legge 604/1966 anche al settore marittimo, applicabilità sancita dalla Corte costituzionale con sentenza 3 aprile 1987 n. 96 (in Dir. mar. 1987, 836, con nota di ENRICO LUCIFREDI, Sul divieto di licenziamento ad nutum del lavoratore marittimo.; si veda inoltre BALLETTI, La "nuova" giurisprudenza della corte costituzionale in materia di lavoro nautico, in questa Rivista, II/1988, 33).
Si ritiene peraltro che il venir meno della facoltà di recesso ad nutum dell'armatore dal contratto di lavoro non abbia fatto però venire meno il suo diritto di sbarcare il marittimo non gradito su una determinata nave, salva la sussistenza del rapporto di lavoro in corso.
(14) Al riguardo è interessante notare come, al momento della stipula del contratto esaminato dal Pretore, vigendo l'art. 345 cod. nav. la posizione dei dipendenti dell'appaltatore di servizi a bordo delle navi fosse sotto questo aspetto migliore di quella dei dipendenti dell'armatore. Questi ultimi, infatti, potevano essere sbarcati e licenziati ad nutum; mentre i primi, pur potendo essere sbarcati in qualsiasi momento dall'armatore, avevano pur sempre la sicurezza del proprio posto di lavoro sulla base delle norme lavoristiche di diritto comune.
(15) Al riguardo, è stata ritenuta un "fenomeno del tutto normale" e quindi non idoneo a configurare un'ipotesi di intermediazione o interposizione fittizia la circostanza che opere di manutenzione di impianti industriali a ciclo continuo (da effettuarsi ad impianti in funzione) siano effettuate da squadre miste di operai dell'appaltatore e dell'appaltante, guidate da capi squadra dipendenti da quest'ultimo. (Trib. Cagliari 31 dicembre 1987, in Riv. giur. sarda, 1989, 121).
(16) Si ricorda al riguardo che significativamente è stato di recente ribadito il divieto di esercizio del diritto di sciopero durante la navigazione della nave per evitare che ciò metta in pericolo la sicurezza della navigazione. Sul riconoscimento, da tempo, della compressione del diritto di sciopero durante la navigazione: C. Cost. 28 dicembre 1962, n. 128; RIGHETTI, Trattato di Diritto Marittimo, Milano, 1987, I, 2, n. 308, 1790 ss. e richiami ivi.
(17) Fra dette clausole sono quindi da ritenersi legittime quelle che prevedono l'uso dei locali, dell'acqua e dell'energia elettrica della nave a favore dell'appaltatore; l'obbligo dell'appaltante di fornire i mezzi per la protezione anti infortunistica a bordo per il personale dell'appaltatore; la previsione del numero dei dipendenti dell'appaltatore da imbarcare con le loro qualifiche e la loro struttura gerarchica; il necessario assenso del "comando di bordo" per permessi e ferie; etc.
(18) Al riguardo, si ricorda che il potere gerarchico del comandante in tema di sicurezza della nave si estende su qualsiasi soggetto a qualunque titolo a bordo; e l'art. 1095 cod. nav. sanziona anche penalmente la disubbidienza di un passeggero ad un ordine del comandante concernente la sicurezza della nave.
(19) L'art. 334, II comma cod. nav. dà al comandante la facoltà, nell'interesse della navigazione, di adibire temporaneamente i componenti dell'equipaggio a un servizio diverso da quello per il quale sono imbarcati. Sullo jus variandi nel contratto di arruolamento, si veda BRANCA, op. cit., 172 ss., il quale ritiene che tale potere non discenda al comandante in virtú della sua rappresentanza dell'armatore nella direzione del lavoro, ma quale responsabile della direzione nautica ex art. 295 cod. nav. (ivi, 178).
(20) Sulle tabelle d'armamento, sulla composizione dell'equipaggio e sui controlli da parte dell'autorità marittima si veda PAPI, Equipaggio della nave, in Noviss. dig. it., VI (1960), 613, 616 ss.
(21) Secondo l'art. 188 cod. nav., i componenti dell'equipaggio non possono scendere a terra senza l'autorizzazione del comandante.
(22) Sintomatico appare al riguardo l'art. 334 cod. nav., nonchè le previsioni penalistiche di cui agli artt. 1091, 1094, 1098, 1104, 1105 cod. nav.; e ciò a prescindere dai piú incisivi obblighi dell'equipaggio in caso di pericolo o naufragio, di cui agli artt. 190 e 191 cod. nav.
(23) Art. 170 e segg. cod. nav.
(24) Da ultimo, per una esausitiva ed aggiornata trattazione sul rapporto di lavoro nautico, si veda ENRICO LUCIFREDI, Il contratto di arruolamento, cit.; si vadano inoltre, sul lavoro nautico in generale, oltre alle monografie già citate: TORRENTE, I contratti di lavoro di diritto della navigazione, Milano 1948; MINERVINI, Il lavoro nautico, Bari 1957; BALLETTI, Il rapporto di lavoro nautico", Napoli 1967; BALLETTI, Rilevanza e tipicità del contratto d'arruolamento, Napoli 1980.
(25) Al riguardo, si ricorda che ai sensi dell'art. 2 del R.D.L. 31 agosto 1933, n. 1272, sono iscritti sul ruolo dell'equipaggio anche gli impiegati ed agenti postali di bordo. Inoltre, nelle navi passeggeri vendono iscritti sul ruolo dell'equipaggio anche i dipendenti degli istituti di credito che effettuano operazioni bancarie e di cambio a bordo della nave (al riguardo, cfr. PAPI, op. cit., 617)
(26) Anche la teoria enunciata da QUERCI (Note in tema di equipaggio della nave e dell'aeromobile, Padova 1977; Equipaggio della nave, in Noviss. dig. it., Appendice III (1982), 440), che ritiene l'equipaggio come figura soggettiva costituita dai destinatari delle norme del regolamento di bordo, appare compatibile con una composizione dell'equipaggio anche a soggetti non parti di un contratto di arruolamento.
(27) Si veda ad esempio il pilota, che esplicitamente l'art. 316, III comma cod. nav. dichiara parte dell'equipaggio per il periodo in cui presta servizio a bordo.
(28) Già prima del vigente codice della navigazione si era notato come l'iscrizione sul ruolo dell'equipaggio conseguisse non al contratto di arruolamento, bensí all'atto amministrativo della destinazione a bordo; cfr. CERQUETELLI, Personale marittimo, in Nuovo dig. it., IX (1939), 977.
(29) GAETA, Equipaggio della nave e dell'aeromobile, in Enc. dir. XV (1966), 49, 50; GRIGOLI, Diritto della navigazione, 1982, 210; ENRICO LUCIFREDI, Il contratto di arruolamento, cit., 89 ss.; BRANCA, op. cit., 132 ss., 154 ss.
(30) GAETA, Equipaggio della nave e dell'aeromobile, cit., 50.
(31) Cosí da ultimo ENRICO LUCIFREDI, Equipaggio della nave, in Digesto delle discipline privatistiche, sez. commerc., V (1990), 259, 251; contra sembrerebbe invece PAPI, op. cit., 617 ss.
(32) Cass. 15 luglio 1964, n. 1900, in Foro it., 1964, I, 1338; cass. 25 agosto 1971, n. 2570, in Dir. mar. 1972, 346.
(33) La fattispecie trattata dalla sentenza 2570/71 era relativa ad un dipendente dell'impresa appaltatrice dei servizi radiotelegrafici a bordo, il quale chiedeva di vedersi riconosciuta l'esistenza di un doppio rapporto di lavoro; ossia, oltre a quello con l'appaltrice del servizio radio telegrafico, quello con l'armatore della nave, sulla base appunto dell'atto di arruolamento con questi stipulato. La Corte di cassazione respinse la domanda, sostenendo che "a favore di un distinto contratto di arruolamento non costituivano elementi decisivi l'iscrizione dell'ufficiale nei ruoli dell'equipaggio, al momento dell'imbarco, l'assoggettamento alla relativa disciplina e la sua assunzione nella organizzazione di bordo, potendo tali circostanze rappresentare semplici eventi formali da mettersi in relazione con le modalità ed il luogo dove si svolgeva il lavoro."
(34) Si veda al riguardo, per una ricostruzione storica del problema ed interessanti riferimenti normativi e dottrinali, GAETA, Equipaggio della nave e dell'aeromobile, cit., 50-51.