Pretura di Roma, sez. lavoro
 2  novembre 1990


Diritto dei trasporti 
 1992  II  993

Enzo Fogliani

IN TEMA DI APPALTO DI SERVIZI A BORDO E INTERPOSIZIONE ILLEGITTIMA DI MANO D'OPERA

A) Premessa. - B) Le motivazioni della sentenza. - C) Il divieto di intermediazione di mano d'opera. - D) Indici della illiceità dell'appalto: l'utilizzo dei mezzi altrui. - E) Indici della illiceità dell'appalto: il rischio d'impresa. - F) Indici dell'illiceità dell'appalto: l'organizzazione d'impresa.- G) Appalto di servizi e gerarchia di bordo. -

A) Premessa.

    La sentenza che si annota presenta aspetti di notevole interesse sia sotto il profilo lavoristico che navigazionistico. Si tratta infatti, a quel che   risulta,   della  prima  sentenza  edita  applicativa   della   legge 1369/1960  al  settore  marittimo, che  se  sotto  l'aspetto  lavoristico costituisce  una  nuova  fattispecie  fra  le  tante  e  variegate  che   si registrano    in    applicazione    di   detta    legge,    sotto    l'aspetto navigazionistico appare di importanza fondamentale.

    Per  la prima volta infatti i principi elaborati dalla  giurisprudenza in  tema  di  illecita  intermediazione  della  forza  lavoro  sono   stati confrontati  con  i  principi  peculiari di  diritto  speciale  in  tema  di lavoro nautico.

    La  sentenza  in  esame  rappresenta -  per  ora  -  il  momentaneo epilogo  di  una lunga e complessa vicenda iniziatasi  allorché  alcuni dipendenti  di  una  cooperativa cui le Ferrovie  dello  Stato  avevano affidato i servizi di camera sui propri traghetti, hanno adito il Pretore di  Roma  per sentir dichiarare la simulazione del rapporto  di  lavoro intercorrente  fra  loro e la cooperativa, e l'esistenza in suo  luogo  di un  rapporto  di lavoro dipendente diretto con  l'Ente  Ferrovie  dello Stato.

    Dopo  un  intermezzo costituito da un regolamento  preventivo  di giurisdizione,   che   aveva  confermato  la  competenza   dl   giudice ordinario (1),  il  Pretore di Roma,  con  dispositivo  pronunciato  in udienza  il 5 maggio 1989 e sentenza depositata il 2 novembre  1990, ha  dichiarato  la sussistenza di un rapporto di  lavoro  subordinato  a tempo indeterminato fra i ricorrenti e l'Ente Ferrovie dello Stato.

    La  sentenza si presenta ampiamente e  dettagliatamente  motivata sulla   base  delle  pattuizioni  delle  parti,  alle  quali  il  Pretore   ha diligentemente   applicato   alcuni  principi   ormai   sufficientemente consolidati in tema di illecita intermediazione di forza lavoro.

    Peraltro,  la  pronuncia  desta più di una perplessità  in  quanto  il giudicante  non  sembra  aver tenuto nel debito  conto  -  e  conciliato adeguatamente  con  detti principi lavoristici - non  soltanto  i  diversi principi  specialistici  del diritto marittimo, ma anche e  soprattutto  - sotto  il  profilo  pratico  -  le  particolarità  dell'ambiente  lavorativo nautico in cui le prestazioni venivano svolte (2).

    Ne consegue una pronuncia che, se pur allineata per alcuni aspetti ad  alcuni  precedenti lavoristici, nel settore marittimo si  presenta  di portata  rivoluzionaria, statuendo principi che in sostanza  conducono alla  illegittimità  della maggior parte dei rapporti di  lavoro  posti  in essere  da  imprese  appaltatrici  dell'armatore  per  alcuni  servizi   a bordo.
 

B) Le motivazioni della sentenza.

    La  sentenza  che  si  annota, contrariamente  al  solito  in  queste ipotesi,  ha avuto una base essenzialmente documentale. Il pretore  ha posto  infatti  a  fondamento  della propria  decisione  il  contratto  di appalto intercorrente fra l'Ente Ferrovie dello Stato e la  Cooperativa Garibaldi, nonché i contratti d'arruolamento intercorsi fra i ricorrenti e l'Ente Ferrovie dello Stato, armatore dei traghetti.

    Con  tale contratto d'appalto (integrato da due capitolati  speciali) l'Ente  Ferrovie  dello  Stato,  ad esito di  regolare  gara  a  trattativa privata   plurima,   aveva  conferito  alla   Cooperativa   Garibaldi   i cosiddetti servizi di camera (pulizia, cambio biancheria, ecc.) nonché la gestione dei bar e del servizio mensa sui propri traghetti.

    Le  clausole del contratto e dei relativi capitolati  prevedevano  in maniera  estremamente  dettagliata  le modalità  di  espletamento  del servizio;  e  proprio  fra  esse  il Pretore ha  rilevato  gli  elementi  di illiceità   del  rapporto  fra  ricorrenti  e  la   Cooperativa   Garibaldi, individuandone  alcune  ritenute  indicative  di  una  ingerenza   della committente  nella sfera dell'appaltatrice tale da indurre a ritenere  al prima effettiva datrice di lavoro dei dipendenti della Cooperativa (3).

    L'analitica  deduzione  in  contratto  dei modi  e  dei  tempi  di svolgimento   delle  varie  attività,  dell'indicazione  del  numero   di persone   da  impiegare  su  ciascuna  nave  e  della   loro   posizione gerarchica  nell'ambito  dell'equipaggio, dell'obbligo di  pagento  dei contributi  armatoriali a carico dell'Ente Ferrovie, della  fornitura  da parte  di  quest'ultimo di locali e di utenze di bordo,  e  via  dicendo, sono  stati  ritenuti  prova  della fornitura non  tanto  di  un  servizio, quanto della mano d'opera occorrente a compierlo. Ad  abundantiam, il  Pretore ha rilevato che l'esistenza di un contratto  di  arruolamento diretto   fra   i   ricorrenti  e  le  FF.SS.   aveva   confermato   anche formalmente la fondatezza della domanda dei ricorrenti.

    Peraltro,  le  motivazioni  della  sentenza  succintamente  sopra riassunte lasciano adito ad alcune perplessità, in quanto il Pretore non sembra  aver  sufficientemente considerato la  questione  in  relazione allo  specifico  ambiente  della navigazione in cui  si  svolgeva  sia  il rapporto   di   lavoro  dei  ricorrenti,  sia  quello  fra   FF.SS.   e   la Cooperativa Garibaldi (4).

    Sotto  l'aspetto  fattuale,  è evidente  che  un  normale  appalto d'opera  o  di servizi a terra (nel quale l'appaltatore ha più  libertà  di organizzazione e decisione circa le modalità di  esecuzione) è diverso rispetto  ad  un appalto di servizi sulla nave, nel quale il  numero  del personale   imbarcato,   facente   parte  dell'equipaggio,   è   fisso   e predeterminato  in  relazione alle esigenze ed  alle  attrezzature  della nave.

    Sotto  l'aspetto  normativo, la disciplina  pubblicistica  (dettata anche  ai fini della sicurezza della navigazione) impone un certo  tipo di     organizzazione    e    soprattutto    un     rapporto     gerarchico dell'equipaggio   a   bordo   da   cui  non   si   può   prescindere   nel regolamentare  i  servizi che debbono essere resi a  bordo  della  nave (5).

    Tutto  ciò  non  sembra incompatibile  con  la  disciplina  posta dalla  legge  1369/1960,  che  del  resto  prevede  alcuni  significativi distinguo  al suo interno. Il Pretore peraltro non sembra  aver  tenuto conto   di   ciò,  orientandosi  su  una  interpretazione   della   norma lavoristica   piuttosto   rigida  e  poco  condivisibile   anche   volendo applicare alla fattispecie i soli principi di diritto del lavoro.
 

C) Il divieto di intermediazione di mano d'opera.

    La  l.  1369/1960  sancisce  il  divieto  di  affidare  in  appalto l'esecuzione  di  "mere  prestazioni  di  lavoro  mediante  impiego  di manodopera  assunta  e  retribuita dall'appaltatore" (6).  Viene  poi specificato  che  è considerato appalto di mere  prestazioni  di  lavoro ogni forma di appalto in cui l'appaltatore impieghi capitali, macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante (7).

     Tale  rigida disciplina non è peraltro applicabile per gli  appalti di  opere  e  servizi (fra cui la norma indica  esplicitamente  quelli  di pulizia)  da eseguirsi all'interno delle aziende, con  organizzazione  e gestione  propria  dell'appaltatore, per i quali sono previsti  invece  il diritto dei dipendenti dell'appaltatore allo stesso trattamento di  quelli dell'appaltante,   nonché   la  loro  azione  diretta  nei   confronti   di quest'ultimo  per  l'inadempimento  degli  obblighi  previdenziali  ed assistenziali a carico dell'appaltatore (8).

    La disciplina legislativa prevede quindi due ipotesi distinte, che differiscono  sia  per  quanto attiene ai presupposti  di  fatto,  sia  per quanto  riguarda  quelli di diritto: mentre infatti nel  caso  di  appalto proibito  ex  art.  1 la legge considera a tutti  gli  effetti  i  dipendenti dell'appaltatore   come   dipendenti  dell'appaltante,   nell'ipotesi   di prestazione  di  servizi  all'interno di aziende l'appalto è  lecito,  e  la norma si limita a garantire ai dipendenti dell'appaltatore il  medesimo trattamento spettante ai dipendenti dell'appaltante (9).

    Nel  caso  in esame, punto focale per determinare  la  liceità  o meno   dell'appalto   era  quindi  la  verifica   della   esistenza   della organizzazione  e  gestione propria dell'appaltatore. Al  riguardo,  la sentenza  ha  ritenuto  che  la deduzione in  contratto  del  numero  di persone  da impiegare nel servizio, nonché la  definizione  minuziosa del   medesimo   fosse  da  ritenersi  in  concreto   una   gestione   ed organizzazione  da  parte  dell'appaltante.  Tale  conclusione   appare peraltro    insoddisfacente,    in    quanto    appare    confondere    la organizzazione e la gestione del servizio con le modalità ed i tempi di resa del servizio stesso.

    La minuziosa definizione del servizio da rendere, con specifica indicazione  degli  orari e delle modalità convenute  per  le  necessità operative   della   nave,  non  sembra  ostativo  a   che   l'appaltatore organizzi  come  meglio  crede  la  propria  forza  lavoro,  affidando, nell'ambito delle stesse mansioni, questo o quel servizio a chi meglio crede  dei  suoi  dipendenti  imbarcati.  La  circostanza  poi  che  egli dovesse  fornire  il  materiale  di  consumo  e  le  ulteriori  opere   da eseguirsi  a terra (10), seppur negletta dal Pretore,  appare  indicativa del  fatto che gli appaltati servizi di pulizia non potevano  che  essere organizzati  esclusivamente  dall'appaltatore,  non  potendo  in   altro modo egli coordinare le forniture e le prestazioni da eseguirsi a  terra con quelle da eseguirsi a bordo.

    La  sentenza  pretorile avrebbe quindi dovuto  più  esattamente ritenere   applicabile  l'art.  3  della  legge  1369/1960,  che   esclude esplicitamente   per  i  servizi  di  pulizia  l'applicabilità  dell'art.   1, limitandosi   a  verificare  l'identità  di  trattamento   retributivo   fra dipendenti delle Ferrovie dello Stato e quelli della Cooperativa.
 

D) Indici della illiceità dell'appalto: l'utilizzo dei mezzi altrui.

    Ritenuta   invece,  con  dubbio   fondamento,   l'inapplicabilità dell'art.  3 della legge, l'iter logico della sentenza ha  estrapolato  dal contesto contrattuale alcune pattuizione, dalle quale rilevare gli indici di illeceità dell'appalto stabiliti dalla norma.

    Anche  in  questo caso, i risultati raggiunti  non  sembrano  del tutto  condivisibili,  in  quanto nell'analisi dei dati  di  fatto  acquisiti sembra   mancare   qualsiasi  considerazione   relativa   al   peculiare ambiente in cui il servizio è stato reso.

    Elemento  di  spicco nella decisione pretorile è stato  il  rilievo che la Cooperativa Garibaldi, nell'espletamento del proprio servizio a bordo,  utilizzava macchinari ed attrezzature  fornite  dall'appaltante; elemento   questo   esplicitamente  considerato  dall'art.  1   della   l. 1369/1960.

    La sentenza in esame opera una rigida applicazione letterale del testo  normativo,  e non tiene in alcun conto il fatto che, nel  caso  di servizi   da  rendersi  a  bordo  delle  navi,  gli  stessi   non   possono prescindere,  per  il loro svolgimento, dall'utilizzo di  energia,  locali od  attrezzature  dell'azienda dell'appaltante; azienda  che  è  appunto costituita dalla nave stessa.

    Al riguardo, l'orientamento della suprema Corte, sulla base  di una  interpretazione  sistematica che tiene conto delle  disposizioni  di cui all'art. 3 della stessa legge, è assai più attento alla realtà dei  fatti ed   alle   esigenze  esecutive  dei  singoli   servizi.   Infatti,   qualora l'utilizzazione dei locali e delle attrezzature fornite dall'appaltante sia giustificato dal luogo in cui si esplica il servizio e dal tipo di  servizio appaltato,  la Corte di cassazione ritiene che la circostanza non  possa essere  di  per  se  stessa considerata  come  elemento  integrante  una interposizione  vietata  di  forze  lavorative,  ma  debbano  a  tal  fine essere  valutati  invece  gli elementi dati  dalla  organizzazione  e  dal rischio di impresa gravante sull'appaltatore (11)
 

E) Indici della illiceità dell'appalto: il rischio d'impresa.

    Ridotta  quindi  assai la valenza  dell'elemento  dell'utilizzo  di mezzi  altrui, gli altri aspetti esaminati dalla sentenza  per  dimostrare la  inesistenza sull'appaltatore di un rischio d'impresa appaiono  poco convincenti.

    La  predeterminazione  del  numero  di  persone  da  imbarcare appare   infatti,   più   che   un'intromissione   dell'appaltante    nella organizzazione del servizio,  un elemento di rischio per l'appaltatore. Questi  infatti  è  tenuto  a  fornire  la  stessa  quantità  di   personale indipendentemente  dalla fruizione da parte di quest'ultimo di ferie  o permessi  per  malattie; restando quindi a suo totale carico  il  rischio inerente ad ogni assenza - lecita o non - dei propri dipendenti.

    Parimenti  elemento di rischio a carico dell'appaltatore  appare la  previsione  di una remunerazione fissa per  alcune  delle  forniture dell'appaltatore,  come  per  esempio i  pasti.  Tale  pattuizione  anzi appare   aumentare  l'alea  dell'appaltatore,  su  cui   incombono   gli eventuali aumenti per le materie prime necessarie.

    Neppure  decisiva  a favore della decisione pretorile  appare  la facoltà di adeguamento del prezzo al variare del costo orario  unitario della  mano  d'opera.  Quest'ultimo infatti è solo  uno  dei  fattori  di costo   del  servizio  reso  dall'appaltatore,  e  l'adeguamento  non   è neppure  rapportato ai costi effettivi da questi subiti a tale  titolo,  ma soltanto  ad  un  parametro teorico unitario.  Sembrerebbe  più  esatto quindi  ritenerla una lecita clausola di adeguamento del  corrispettivo, che    peraltro    di   per   sè   non   annulla   il    rischio    d'impresa dell'appaltatore,    ma    adegua    i    parametri    del    corrispettivo all'originario sinallagma contrattuale (12).
 

F) Indici dell'illiceità dell'appalto: l'organizzazione d'impresa.

    Neppure gli elementi evidenziati dalla sentenza come indicativi della   mancanza  di  potestà  organizzativa   appaiono   inattaccabili. L'affermazione secondo cui la minuziosa previsione nel contratto  del tipo  di  servizio da fornire annullerebbe  le  possibilità  organizzative dell'appaltatore  costituisce  una  inesattezza  concettuale,  in   quanto viene   confusa  la  descrizione  del  servizio  appaltato  con   la   sua organizzazione.

    In  realtà si tratta di due situazioni del tutto diverse,  necessarie e   complementari   in   un   rapporto   d'appalto.    L'organizzazione imprenditoriale del servizio può infatti concepirsi soltanto nell'ambito delle   modalità  previste  per  il  servizio  stesso,  nel  rispetto   delle esigenze  produttive  dell'azienda dell'appaltante (in  questo  caso,  la nave su cui il servizio viene prestato).

    D'altra parte, anche volendo seguire l'interpretazione  pretorile e  considerare  unitariamente  due  concetti  di  per  sè  diversi,   non potrebbe  non  tenersi nel debito conto il tipo di luogo  e  di  servizio svolto. Nel caso di specie, appare ovvio che i servizi  dell'appaltatore devono  tenere conto dei ritmi della vita di bordo (imbarco e  sbarco, orari    per   i   pranzi,   e   via   dicendo;   talché    l'organizzazione imprenditoriale  trova  i  suoi  limiti nei tempi e  nei  modi  in  cui  il servizio  - per avere l'utilità desiderata dal committente - deve  essere reso.

    Neppure  indicativa  della mancanza di  potestà  organizzatoria appare   la  cosiddetta  clausola  di  gradimento,  mediante  la   quale l'appaltatore   si   impegna  a  sbarcare  il   lavoratore   non   gradito all'appaltante. Tale facoltà, riflesso della facoltà di licenziamento  ad nutum  spettante  in passato all'armatore (13), al contrario  di  quanto ritenuto   dal   pretore  si  presenta  come  elemento  di   rischio   per l'appaltatore,  in  quanto il lavoratore non gradito a  bordo  (che  non può  essere  sol per questo licenziato) deve essere impiegato  in  altra attività a terra, nell'ambito della organizzazione dell'appaltatore (14).

    Parimenti poco indicativo al riguardo appare l'inserimento  del personale di bordo dell'appaltatore nella gerarchia dell'equipaggio,  e quindi la sottoposizione a personale dell'appaltante. A prescindere dal fatto  che tale situazione è stata riconosciuta pienamente  legittima  in diverse  situazioni dai giudici del lavoro (15), nel caso di specie  essa trova ampia giustificazione nelle norme pubblicistiche di diritto  della navigazione,  e come tale non sembra poter essere considerata  indice in interposizione fittizia.

    In  realtà,  nel caso di specie la sentenza in esame  non  sembra aver  tenuto  nel  debito  conto  la necessità  -  recepita  sia  a  livello normativo   che  giurisprudenziale  -  di  contemperare  i   diritti   dei  lavoratori    con    le   preminenti    esigenze    pubblicistiche    della navigazione,  di  cui  a  bordo, è  garante  il  comandate  della  nave. L'investitura del comandante delle funzioni di rilievo pubblicistico  di capo della spedizione e della relativa comunità viaggiante comportano un potere gerarchico sul personale imbarcato che va al di la di  quello di   un   qualsiasi   preposto   dell'imprenditore   nei   confronti    dei dipendenti;  ed  infrazioni  ai  suoi ordini  da  parte  del  personale  a qualsiasi  titolo  imbarcato (le stesse che per un  qualsiasi  dipendente terrestre  nei confronti di un suo sovraordinato  costituirebbero  mere infrazioni disciplinari) nell'ambito marittimo acquistano la valenza  di veri e propri reati (16).

    Tale   inquadramento   appare   essenziale   per   una   corretta interpretazione  delle  clausole  contrattuali  sottoposte  all'esame  del Pretore, il quale invece ha ritenuto indicative di un'interposizione nel rapporto  di  lavoro  clausole che invece stabiliscono  la  necessaria  e doverosa  collaborazione  fra  armatore ed appaltatore  dei  servizi  di bordo;  clausole  che  anzi,  di  fronte  alle  caratteristiche  di  natura pubblicistica dell'organizzazione della navigazione sono indefettibili e necessarie in un rapporto di appalto che ha per oggetto un servizio da prestare sulla nave (17).
 

G) Appalto di servizi e gerarchia di bordo.

    In sostanza, nel proprio ragionamento la sentenza che si annota sembrerebbe  non  aver valutato l'esistenza, nel campo  dei  servizi  a bordo,  di  due tipi di gerarchia ben distinte, anche se  coesistenti  ed affiancate: quella di tipo privatistico, con a base il rapporto di lavoro; e  quella  di carattere pubblicistico, sancita dalla legge (18).  Il  fatto che i poteri inerenti alla gerarchia di tipo pubblicistico siano esercitati dal   comandante,  preposto  dell'armatore,  anche  nei  confronti   di dipendenti   di  altri  imprenditori,  non  può  ovviamente  portare   a confondere  i  due piani; anche se in concreto,  l'esercizio  dei  poteri pubblicistici   ha   riflesso  anche  sulla   prestazione   lavorativa   dei dipendenti dell'appaltatore (19).

    Per   ogni  nave  è  previsto  dalla  tabella  di   armamento   un determinato numero di persone quale equipaggio, ciascuna delle quali ha  la  propria specifica funzione; ed il  servizio  reso  dall'appaltante deve   necessariamente  essere  svolto  da  quel  numero  di   persone previste,  per il quale del resto la nave è predisposta sia come  servizi che  come  attrezzature (20). E' quindi consequenziale  che  spetti  al comandante - e così prevedesse il contratto d'appalto - il  beneplacito sulle    richieste   di   permessi,   sbarchi   e   ferie    del    personale dell'appaltatore (21);  così  come  egli  possa  legalmente  richiedere
 anche a  membri dell'equipaggio non dipendenti dall'armatore  di  svolgere, per   la   sicurezza   della  nave,  servizi  non   di   loro   istituzionale competenza (22).

    Proprio   sul   punto  relativo  all'inserimento   dei   dipendenti dell'appaltatore  sul  ruolo  dell'equipaggio la sentenza  in  esame  ha ritenuto  trarre conforto dalla considerazione che  l'arruolamento  del personale  dell'appaltatore   era stato effettuato  dalle  Ferrovie  dello Stato  e  non  dalla Cooperativa. La circostanza è  senz'altro  vera  in punto   di  fatto;  ma  non  sembra  portare  con  tanta  certezza   alle conclusioni raggiunte dal Pretore.

    Anche    nell'arruolamento,   infatti,   si   verifica   spesso    la coesistenza di posizioni di tipo privatistico e di tipo pubblicistico, che frequentemente   vengono  a  coincidere.  Di  per  sè,   arruolamento significa   letteralmente   e   semplicemente   l'iscrizione   sul   ruolo dell'equipaggio; in quest'ultimo devono essere annotati quasi tutti  gli avvenimenti di rilievo pubblicistico per la nave, e fra questi "l'elenco delle   persone   dell'equipaggio   con   l'indicazione   del   contratto individuale di arruolamento" (23).

    Dalla dizione della norma sembrerebbe potersi dedurre che,  in concreto, la iscrizione di una persona nel ruolo dell'equipaggio possa essere  conseguenza diretta soltanto di un contratto  di  arruolamento, da identificarsi quindi nel contratto di lavoro nautico come definito  e disciplinato  dagli  artt.  323  e segg. cod. nav. (24);  e  se  ciò  fosse vero, la sentenza in esame sarebbe condivisibile.

    E' stato peraltro osservato che per l'interpretazione del sistema relativo alla gerarchia di bordo è necessario far riferimento  primario, più  che al contratto di arruolamento, alla nozione di  equipaggio,  in quanto il relativo ruolo ha quale principale funzione  l'identificazione delle  persone  che lo compongono (25). Al  riguardo  appare  quindi essenziale  far  riferimento  alla  definizione  di  equipaggio   prevista dall'art.  316  cod. nav., che al riferisce, per quel che qui  rileva,  "a tutte le persone arruolate per il servizio della nave" (26).

    Ciò, unito al fatto che non tutti i membri dell'equipaggio  sono dipendenti    dell'armatore (27)   e   correlato   alla    necessità    di coordinamento   con   la   funzione  pubblicistica   svolta   dal   ruolo dell'equipaggio, porta alla necessaria conclusione che  l'arruolamento (inteso come iscrizione sul ruolo dell'equipaggio) sia un atto posto  in essere  fra  due  soggetti che non necessariamente  sono  le  parti  del rapporto  di  lavoro  subordinato  in base  a  quale  l'arruolato  presta servizio a bordo della nave (28).

    La  fattispecie  è  stata  in  passato  già  studiata  in   situazioni analoghe  alla  presente. In dottrina, ad esempio, è  stato  sottolineato come  sussista un rapporto di arruolamento anche  quando  l'armatore non  sia titolare del rapporto di lavoro e si applichi, per le  condizioni di  lavoro  convenzionali,  un  contratto  collettivo  di  lavoro  per  le attività d'impresa esercitate a bordo (29).

    Ciò ha portato a distinguere in via concettuale fra un  contratto di  arruolamento,  stipulato  fra  lavoratore ed  armatore,  ed  atto  di arruolamento,   posto   in  essere  invece  dall'autorità   marittima   o consolare (30).  La  più recente dottrina  giunge  quindi,  sulla  base dell'art.  316  cod. nav., ad una tripartizione  dell'equipaggio  in:  a) dipendenti    dell'armatore,    arruolati   con   contratto    di    lavoro subordinato;  b)  lavoratori  a  bordo,  che  sono  riportati  sul   ruolo equipaggio,  ma  non  soggetti di un  contratto  di  arruolamento  con l'armatore, bensì di un contratto di lavoro ordinario; c) il pilota (31).

     Tale  inquadramento è del tutto in linea con l'insegnamento  da tempo   sostenuto  dalla  giurisprudenza  della  Corte  di   cassazione, esaminando  fattispecie  analoghe  alla  presente  ha  avuto  modo   di pronunciarsi   al   riguardo  con  due  importanti  sentenze (32).   In particolare,  con  la  pronuncia più  recente  essa  ha  autorevolmente distinto il contratto di arruolamento, istitutivo del rapporto di  lavoro sotto  il profilo privatistico, dall'atto di arruolamento, che "serve  ad introdurre formalmente il soggetto imbarcato nella disciplina e  nella struttura  del  mezzo  di navigazione." (33).  Nell'occasione,  è  stato sottolineato  inoltre  come  le  due  fattispecie,  anche  se  in   genere coincidenti  e formalizzate in un unico atto, siano  concettualmente  e sostanzialmente distinte e come tali, in particolari situazioni concrete, possano presentarsi separate e coinvolgere soggetti distinti (34).

    Tale   distinzione,   peraltro  concettualmente  assai   chiara   e limpidamente  esposta  dalla  Cassazione,  non  sembra  essere   stata recepita  dal  Pretore, che pure nella sua sentenza  ha  esaminato  tali pronunce.   Egli  infatti  appare  ritenere  che,  se   effettivamente   il rapporto  fosse  intercorso  fra i ricorrenti e  la  cooperativa,  sarebbe stata quest'ultima a sottoscrivere i contratti di arruolamento, e non  le Ferrovie dello Stato. Tale ragionamento, peraltro, non tiene conto del fatto  che  la  Cooperativa  non è armatrice  di  alcuna  nave,  e   non potrebbe  arruolare membri dell'equipaggio.

    D'altra  parte,  esistendo   un solo ruolo  equipaggio  per  ogni nave,  non è certo ipotizzabile che l'appaltatore di servizi a bordo  ne tenga  uno proprio separato, né che - di converso - personale alle  sue dipendenze   imbarcato  a  bordo  non  risulti  sul  ruolo   equipaggio dell'armatore.  Quindi  gli  atti di arruolamento  -  seppur  redatti  su stampati  intestati come contratti di arruolamento - non potevano  che essere   compiuti   dall'armatore  della  nave,   dal   quale   l'autorità marittima li pretende per consentire l'imbarco a bordo dei marittimi.

    Il  Pretore li ha invece ritenuti "contratti di lavoro  subordinati veri  e  propri,  stipulati  con  forma  solenne  voluta  dalla  legge   e sottoscritti, dalla parte del datore di lavoro, dalle sole FF.SS.";  non rendendosi  conto, con ciò, di inficiare sotto il profilo logico  tutta  la sentenza.  Se  infatti  l'atto di arruolamento  fosse,  come  sostiene  il Pretore,   un  contratto  diretto  fra  i  ricorrenti  e  le  Ferrovie,   ciò escluderebbe   a  priori  l'esistenza  della   interposizione   illegittima dichiarata  dalla  sentenza,  il  cui  presupposto,  per  definizione,   è l'esistenza di una situazione sostanziale differente da quella formale.

    In  altre  parole, appare logicamente  impossibile  sostenere  la sussistenza  di un rapporto dissimulato sulla base di un atto  in  forma pubblica e solenne che tale rapporto dissimulato esplicita fra le  parti; ma la sentenza in esame, pur in stesura così copiosa, non ha  ritenuto svelare i misteriosi passaggi logici per i quali conciliare due posizione per definizione antitetiche.
 

(Enzo Fogliani)
  NOTE.

(1)  Cass.  S.U.  27  settembre 1987,  n.  6555.  Per  un completo  panorama riassuntivo della  ripartizione  della competenza fra giudice ordinario e giudice amministrativo in  relazione  agli enti pubblici (economici o  meno)  in relazione all'applicazione della l. 1369/1960, si veda da ultimo cass. S.U. 23 febbraio 1990, n. 1384.

(2)  Per una recente analisi dei rapporti  fra  normativa ordinaria  e di diritto speciale nel rapporto  di  lavoro nautico, ENRICO LUCIFREDI, Il contratto di  arruolamento, Padova 1990, 6 ss.

(3) Tali clausole sono state individuate nella riserva di gradimento del personale imbarcato da parte delle FF.SS., nell'analitica indicazione e consistenza del personale da impiegare,   nell'obbligo  delle  FF.SS.  di  versare   i contributi  inerenti  alle  Casse  marittime  dovuti   al personale  imbarcato,  nella  fornitura  da  parte  della committente  dei  mezzi  di  protezione  a  bordo   nave, nell'obbligo   dell'appaltatore  di  tenere   sempre   il personale   indicato  a  bordo,  nella   possibilità   di revisione  del  corrispettivo in  relazione  a  eventuali variazioni del costo della mano d'opera, nell'obbligo  di ausilio in caso di necessità al personale di coperta  per le necessità della nave, nella facoltà del comandante  di meglio distribuire l'orario di lavoro a bordo nell'ambito dei  contratti  collettivi nazionali,,  nell'obbligo  del personale  della  Cooperativa  di  indossare  la   divisa FF.SS.,  nell'uso  gratuito dei servizi  e  delle  utenze idriche ed elettriche da parte dell'appaltatore.

(4) Per alcuni significativi esempi di adattamento  della disciplina  del  rapporto  di  lavoro  nel  codice  della navigazione   al  luogo  di  esecuzione  ed  al  tipo  di attività,  si veda  BRANCA, Contratto di  arruolamento  e lavoro subordinato, Milano, 1967, 225 ss.

(5)  Sulle  problematiche relative al  potere  direttivo, alla gerarchia ed al potere disciplinare, si veda BRANCA, op. cit.,  195 ss.; ENRICO LUCIFREDI, op. cit., 115 ss.

(6) Art. 1, primo comma

(7) Art. 1, terzo comma.

(8) Art. 3.

(9)  Cosí  cass. 5 marzo 1982, n. 1373; cass.  5  ottobre 1983, n. 990; cass. 4 ottobre 1985, n. 4800.

(10) Ad esempio, il lavaggio delle lenzuola.

(11)  Nell'escludere  l'ipotesi  di  appalto  vietato  in relazione  all'espletamento del servizio di  vigilanza  a favore  di  una  banca, la Corte di  cassazione  ha  cosí statuito:  "L'ipotesi dell'appalto di mano d'opera  o  di mere  prestazioni  di lavoro, vietato dall'art.  1  della legge  23 ottobre 1960, n. 1369, non essendo definita  da tale  norma  (il  cui terzo comma si limita  a  porre  la presunzione assoluta del carattere fittizio  dell'appalto per   l'esecuzione  di  opere  o  servizi  nel  caso   di appaltatore   che   impieghi   capitale,   macchine    ed attrezzature fornite dall'appaltante, quand'anche per  il loro  uso venga corrisposto un compenso) va  identificata tenendo  conto  della previsione del successivo  art.  3, concernente   l'appalto  (lecito)  di  opere  e   servizi all'interno  delle aziende con organizzazione e  gestione propria dell'appaltatore, e delle indicazioni fornite dal titolo della stessa legge. Pertanto, la suddetta  ipotesi è  configurabile,  oltre che in presenza  degli  elementi presuntivi considerati dal terzo comma del citato art. 1, quando  il  soggetto interposto manchi  di  una  gestione d'impresa   a   proprio  rischio  e   di   una   autonoma organizzazione   -  il  che deve  essere  verificato  con riguardo alle prestazioni in concreto affidategli - e, in particolare,   anche  nel  caso  di  attività   esplicate all'interno   dell'azienda   appaltante,   semprechè   il presunto appaltatore non dia vita, in tale ambito, ad una organizzazione  lavorativa autonoma e non assuma, con  la gestione   dell'esecuzione   e  la   responsabilità   del risultato,  il  rischio d'impresa  relativo  al  servizio fornito." (cass. 13 gennaio 1988, n. 151).

(12)  Al  riguardo, è da ricordare anzi che  l'art.  1664 c.c.,  I  comma,  indica  proprio  nella  variazione  non prevedibile di entità superiore al 10 per cento del costo della  mano d'opera l'ipotesi legittimante  la  revisione del  prezzo  dell'appalto. La norma è  peraltro  ritenuta derogabile.

(13)  La  facoltà  di recesso ad nutum  dal  rapporto  di lavoro  subordinato da parte dell'armatore  era  prevista dall'art. 345 cod. nav.; che peraltro, dopo aver superato indenne  una prima censura di costituzionalità (sent.  26 maggio  1976  n. 129, in Giur. cost. 1976, 911;  si  veda inoltre al riguardo GAETA, Sulla pretesa legittimità  del licenziamento  ad nutum del personale della  navigazione, in Riv. giur. lav.1976, II, 1059), è stato in seguito  di fatto superato dalla ritenuta applicabilità dell'art.  10 della   legge  604/1966  anche  al   settore   marittimo, applicabilità  sancita  dalla  Corte  costituzionale  con sentenza 3 aprile 1987 n. 96 (in Dir. mar. 1987, 836, con nota di ENRICO LUCIFREDI, Sul divieto di licenziamento ad nutum   del  lavoratore  marittimo.;  si   veda   inoltre BALLETTI,   La   "nuova"   giurisprudenza   della   corte costituzionale  in materia di lavoro nautico,  in  questa Rivista, II/1988, 33).
Si  ritiene peraltro che il venir meno della  facoltà  di recesso  ad nutum dell'armatore dal contratto  di  lavoro non  abbia  fatto  però venire meno  il  suo  diritto  di sbarcare  il  marittimo non gradito  su  una  determinata nave,  salva  la sussistenza del rapporto  di  lavoro  in corso.

(14)  Al riguardo è interessante notare come, al  momento della  stipula  del  contratto  esaminato  dal   Pretore, vigendo l'art. 345 cod. nav. la posizione dei  dipendenti dell'appaltatore  di  servizi a bordo  delle  navi  fosse sotto  questo aspetto migliore di quella  dei  dipendenti dell'armatore.  Questi ultimi, infatti,  potevano  essere sbarcati  e  licenziati  ad nutum; mentre  i  primi,  pur potendo    essere   sbarcati   in    qualsiasi    momento dall'armatore,  avevano  pur  sempre  la  sicurezza   del proprio   posto   di  lavoro  sulla  base   delle   norme lavoristiche di diritto comune.

(15) Al riguardo, è stata ritenuta un "fenomeno del tutto normale" e quindi non idoneo a configurare un'ipotesi  di intermediazione o interposizione fittizia la  circostanza che opere di manutenzione di impianti industriali a ciclo continuo  (da effettuarsi ad impianti in funzione)  siano effettuate da squadre miste di operai dell'appaltatore  e dell'appaltante,  guidate da capi squadra  dipendenti  da quest'ultimo.  (Trib. Cagliari 31 dicembre 1987, in  Riv. giur. sarda, 1989, 121).

(16)  Si  ricorda al riguardo  che  significativamente  è stato  di  recente ribadito il divieto di  esercizio  del diritto di sciopero durante la navigazione della nave per evitare  che  ciò metta in pericolo  la  sicurezza  della navigazione.   Sul   riconoscimento,  da   tempo,   della compressione   del   diritto  di  sciopero   durante   la navigazione: C. Cost. 28 dicembre 1962, n. 128; RIGHETTI, Trattato  di  Diritto Marittimo, Milano, 1987, I,  2,  n. 308, 1790 ss. e richiami ivi.

(17)   Fra  dette  clausole  sono  quindi  da   ritenersi legittime   quelle  che  prevedono  l'uso   dei   locali, dell'acqua  e dell'energia elettrica della nave a  favore dell'appaltatore; l'obbligo dell'appaltante di fornire  i mezzi  per la protezione anti infortunistica a bordo  per il  personale dell'appaltatore; la previsione del  numero dei dipendenti dell'appaltatore da imbarcare con le  loro qualifiche e la loro struttura gerarchica; il  necessario assenso del "comando di bordo" per permessi e ferie; etc.

(18) Al riguardo, si ricorda che il potere gerarchico del comandante  in tema di sicurezza della nave   si  estende su  qualsiasi  soggetto  a qualunque titolo  a  bordo;  e l'art.  1095  cod.  nav.  sanziona  anche  penalmente  la disubbidienza   di  un  passeggero  ad  un   ordine   del comandante concernente la sicurezza della nave.

(19)  L'art. 334, II comma cod. nav. dà al comandante  la facoltà,  nell'interesse  della navigazione,  di  adibire temporaneamente   i  componenti  dell'equipaggio   a   un servizio  diverso da quello per il quale sono  imbarcati. Sullo jus variandi nel contratto di arruolamento, si veda  BRANCA,  op.  cit., 172 ss., il quale  ritiene  che  tale potere  non  discenda al comandante in  virtú  della  sua rappresentanza dell'armatore nella direzione del  lavoro, ma quale responsabile della direzione nautica ex art. 295 cod. nav. (ivi, 178).

(20)   Sulle  tabelle  d'armamento,  sulla   composizione dell'equipaggio  e sui controlli da  parte  dell'autorità marittima si veda PAPI, Equipaggio della nave, in Noviss. dig. it., VI (1960), 613, 616 ss.

(21)   Secondo  l'art.  188  cod.  nav.,   i   componenti dell'equipaggio  non  possono  scendere  a  terra   senza l'autorizzazione del comandante.

(22) Sintomatico appare al riguardo l'art. 334 cod. nav., nonchè le previsioni penalistiche di cui agli artt. 1091, 1094, 1098, 1104, 1105 cod. nav.; e ciò a prescindere dai piú incisivi obblighi dell'equipaggio in caso di pericolo o naufragio, di cui agli artt. 190 e 191 cod. nav.

(23) Art. 170 e segg. cod. nav.

(24)   Da  ultimo,  per  una  esausitiva  ed   aggiornata trattazione  sul  rapporto  di lavoro  nautico,  si  veda ENRICO LUCIFREDI, Il contratto di arruolamento, cit.;  si vadano  inoltre,  sul lavoro nautico in  generale,  oltre alle  monografie  già citate: TORRENTE,  I  contratti  di lavoro   di  diritto  della  navigazione,  Milano   1948; MINERVINI,  Il  lavoro nautico, Bari 1957;  BALLETTI,  Il  rapporto   di  lavoro  nautico", Napoli  1967;  BALLETTI, Rilevanza e tipicità del contratto d'arruolamento, Napoli 1980.

(25) Al riguardo, si ricorda che ai sensi dell'art. 2 del R.D.L.  31 agosto 1933, n. 1272, sono iscritti sul  ruolo dell'equipaggio anche gli impiegati ed agenti postali  di bordo.  Inoltre, nelle navi passeggeri  vendono  iscritti sul  ruolo  dell'equipaggio  anche  i  dipendenti   degli istituti di credito che effettuano operazioni bancarie  e di cambio a bordo della nave (al riguardo, cfr. PAPI, op. cit., 617)

(26) Anche la teoria enunciata da QUERCI (Note in tema di equipaggio  della  nave e dell'aeromobile,  Padova  1977; Equipaggio della nave, in Noviss. dig. it., Appendice III (1982),  440),  che  ritiene  l'equipaggio  come   figura soggettiva  costituita  dai destinatari delle  norme  del regolamento   di  bordo,  appare  compatibile   con   una composizione  dell'equipaggio anche a soggetti non  parti di un contratto di arruolamento.

(27)  Si  veda ad esempio il pilota,  che  esplicitamente l'art.   316,   III  comma  cod.  nav.   dichiara   parte dell'equipaggio  per il periodo in cui presta servizio  a bordo.

(28)  Già prima del vigente codice della  navigazione  si era  notato come l'iscrizione sul  ruolo  dell'equipaggio conseguisse  non  al  contratto  di  arruolamento,  bensí all'atto amministrativo della destinazione a bordo;  cfr. CERQUETELLI,  Personale marittimo, in Nuovo dig. it.,  IX (1939), 977.

(29)  GAETA, Equipaggio della nave e dell'aeromobile,  in Enc.  dir.  XV  (1966), 49, 50;  GRIGOLI,  Diritto  della navigazione, 1982, 210; ENRICO LUCIFREDI, Il contratto di arruolamento,  cit., 89 ss.; BRANCA, op. cit.,  132  ss., 154 ss.

(30)  GAETA,  Equipaggio della  nave  e  dell'aeromobile, cit., 50.

(31)  Cosí da ultimo ENRICO LUCIFREDI,  Equipaggio  della nave,  in  Digesto delle discipline  privatistiche,  sez. commerc.,  V (1990), 259, 251; contra sembrerebbe  invece PAPI, op. cit., 617 ss.

(32) Cass. 15 luglio 1964, n. 1900, in Foro it., 1964, I, 1338;  cass. 25 agosto 1971, n. 2570, in Dir. mar.  1972, 346.

(33)  La fattispecie trattata dalla sentenza 2570/71  era relativa  ad un dipendente dell'impresa appaltatrice  dei servizi  radiotelegrafici a bordo, il quale  chiedeva  di vedersi riconosciuta l'esistenza di un doppio rapporto di lavoro;  ossia,  oltre  a  quello  con  l'appaltrice  del servizio  radio telegrafico, quello con l'armatore  della nave,  sulla base appunto dell'atto di  arruolamento  con questi  stipulato.  La Corte di  cassazione  respinse  la domanda,   sostenendo  che  "a  favore  di  un   distinto contratto  di  arruolamento  non  costituivano  elementi decisivi l'iscrizione dell'ufficiale nei  ruoli dell'equipaggio,  al  momento dell'imbarco, l'assoggettamento  alla  relativa  disciplina  e  la  sua assunzione  nella organizzazione di bordo,  potendo  tali circostanze  rappresentare  semplici  eventi  formali  da mettersi in relazione con le modalità ed il luogo dove si svolgeva il lavoro."

(34)  Si veda al riguardo, per una ricostruzione  storica del  problema  ed interessanti  riferimenti  normativi  e dottrinali,    GAETA,    Equipaggio della    nave  e dell'aeromobile, cit., 50-51.