massime 
 Corte costituzionale 
Ordinanza  n. 353 del 26 OTTOBRE 2007
Presidente: BILE - Redattore: MADDALENA

 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,
ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 1, della legge della Regione Lombardia 29 ottobre 1998, n. 22 (Riforma del trasporto pubblico locale in Lombardia), promosso con ordinanza del 20 settembre 2006 dal Giudice di pace di Milano nel procedimento civile vertente tra Vian Ivana e la A.T.M. – Azienda Trasporti Milanese s.p.a., iscritta al n. 342 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 2007.

Visti l'atto di costituzione della A.T.M. – Azienda Trasporti Milanese s.p.a., nonché l'atto di intervento della Regione Lombardia;

udito nella camera di consiglio del 26 settembre 2007 il Giudice relatore Paolo Maddalena.

Ritenuto che con ordinanza in data 20 settembre 2006 il Giudice di pace di Milano, nel corso di una causa di opposizione ad ordinanza ingiunzione promossa da Ivana Vian contro la S.p.A. ATM – Azienda Trasporti Milanese, ha sollevato, su eccezione della parte ricorrente, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 1, della legge della Regione Lombardia 29 ottobre 1998, n. 22 (Riforma del trasporto pubblico locale in Lombardia), nella parte in cui stabilisce una sanzione pecuniaria in misura fissa, pari a cento volte il valore del biglietto ordinario di corsa semplice di classe minima, in caso di utilizzo dei mezzi del trasporto pubblico locale senza biglietto;

che il giudice a quo ritiene rilevante la questione di legittimità costituzionale, come formulata negli atti difensivi della parte ricorrente, rilevando che «la decisione nel merito dipenderà dal tenore della sentenza che la Corte costituzionale vorrà emettere, anche in relazione alla possibilità che il giudice di pace ridetermini la misura della sanzione, ovvero la mantenga nel minimo, in relazione alle modalità di commissione dell'infrazione medesima, come accertate in giudizio»;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice rimettente, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, osserva che «la determinazione della sanzione in misura fissa impedisce la valutazione del comportamento tenuto dal ricorrente, facendo corrispondere una sanzione pecuniaria più grave ad un più alto grado di colpa»: ciò contrasterebbe con il principio di ragionevolezza, in quanto la norma tratterebbe in modo eguale situazioni diverse;

che, in ordine al dedotto contrasto con l'art. 97 della Costituzione, il rimettente rileva che «la facoltà concessa al direttore generale dell'ATM di emettere le ordinanze ingiunzioni potrebbe non garantire l'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione, rispondendo l'ATM, ora società per azioni, ad esigenze di carattere manageriale, ove logiche di bilancio possono prevalere sull'esigenza di repressione degli abusi»;

che, infine, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, della Costituzione, la norma che stabilisce una misura fissa per la sanzione pecuniaria contrasterebbe, ad avviso del giudice a quo, con quanto stabilito dalla legge quadro statale in materia di sanzioni amministrative;

che, infatti, gli artt. 10 e 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689, espressamente prevedono la determinazione di sanzioni pecuniarie minime e massime per l'infrazione, in modo da consentire la valutazione della gravità della violazione e dell'opera svolta dall'agente per la sua eventuale eliminazione e da tenere altresì conto della personalità e delle condizioni economiche del trasgressore;

che nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituita l'Azienda Trasporti Milanesi S.p.A., concludendo per la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale;

che, ad avviso della parte privata, il sistema sanzionatorio amministrativo è dotato di una spiccata specificità ed autonomia, con la conseguenza che la scelta del legislatore di determinare una sanzione in misura fissa non sarebbe irragionevole, non esistendo un principio generale relativo alla graduazione delle sanzioni amministrative, soprattutto nel campo del trasporto pubblico locale: l'individuazione delle condotte trasgressive e delle relative sanzioni rientra – si osserva – nella più ampia discrezionalità legislativa, mentre la parità di trattamento si estrinseca nella omogeneità della tariffa richiesta e nel momento sanzionatorio, attraverso la previsione di una sanzione in misura fissa;

che la parte privata esclude altresì il denunciato contrasto con l'art. 97 della Costituzione, perché il fine sociale perseguito dalla pubblica amministrazione locale nel fissare le tariffe del servizio si esplicherebbe, anche e soprattutto, nella determinazione della sanzione pecuniaria amministrativa, che l'art. 16 della legge regionale fissa in cento volte la tariffa di corsa semplice;

che, infine, la difesa dell'ATM esclude la sussistenza della violazione dell'art. 117, secondo e terzo comma, della Costituzione, rilevando che in materia di trasporto pubblico locale le Regioni hanno ormai una potestà legislativa esclusiva, ai sensi del quarto comma dello stesso art. 117;

che è intervenuta in giudizio la Regione Lombardia, che ha concluso per la manifesta inammissibilità e, in subordine, per la manifesta infondatezza della questione;

che la questione sarebbe inammissibile, innanzitutto, perché il giudice rimettente avrebbe completamente omesso di descrivere la concreta fattispecie; in secondo luogo, per imprecisa e contraddittoria prospettazione del thema decidendum; inoltre, perché l'ordinanza di rimessione si limiterebbe ad accogliere acriticamente la prospettazione contenuta negli atti difensivi, senza contenere le indispensabili autonome valutazioni del giudice a quo;

che, ad avviso della Regione Lombardia, la questione sarebbe inammissibile altresì in relazione ad alcuni dei parametri costituzionali evocati: la censura in relazione all'art. 97 della Costituzione sarebbe prospettata in via meramente ipotetica ed astratta, non essendo chiaro perché l'art. 16 della legge della Regione Lombardia n. 22 del 1998 possa comportare la prevalenza di logiche di bilancio rispetto all'esigenza di una corretta repressione degli abusi, né essendo dato comprendere in che senso questa circostanza comporterebbe la violazione dell'art. 97 della Costituzione; la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione non sarebbe assistita dalla necessaria indicazione del tertium comparationis e non fornirebbe alcuna informazione sulla fattispecie nella quale è maturata la vicenda; quanto all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, tale parametro sarebbe invocato senza che il giudice abbia motivato in ordine alla non manifesta infondatezza;

che, nel merito, rientrerebbe nella discrezionalità del legislatore sia la individuazione delle condotte punibili, sia anche la scelta e la quantificazione delle sanzioni; l'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione, garantiti dall'art. 97 della Costituzione, non sarebbero lesi dalla previsione di una sanzione fissa applicabile nei confronti di chi viene trovato a viaggiare su un mezzo pubblico senza un idoneo titolo di viaggio, giacché la corretta repressione degli abusi è servente proprio all'attuazione dell'art. 97 della Costituzione e non in contrasto con esso; la materia del trasporto pubblico locale rientrerebbe nell'ambito delle competenze residuali delle Regioni di cui al quarto comma dell'art. 117 della Costituzione;

che, in prossimità della camera di consiglio, la difesa dell'ATM ha depositato una memoria illustrativa.

Considerato che la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Giudice di pace di Milano, investe l'art. 16, comma 1, della legge della Regione Lombardia 29 ottobre 1998, n. 22 (Riforma del trasporto pubblico locale in Lombardia), nella parte in cui stabilisce una sanzione pecuniaria in misura fissa, pari a cento volte il valore del biglietto ordinario di corsa semplice di classe minima, in caso di utilizzo dei mezzi del trasporto pubblico locale senza biglietto, ed è posta in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, della Costituzione;

che l'ordinanza di rimessione omette completamente di descrivere la fattispecie oggetto del giudizio a quo, con ciò rendendo impossibile il vaglio dell'effettiva applicabilità della norma censurata al caso dedotto;

che tale omissione comporta – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, ordinanze n. 132, 243 e 251 del 2007) – la manifesta inammissibilità della questione sollevata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 1, della legge della Regione Lombardia 29 ottobre 1998, n. 22 (Riforma del trasporto pubblico locale in Lombardia), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, della Costituzione, dal Giudice di pace di Milano con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2007.
Depositata in Cancelleria il 26 ottobre 2007.


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