Giurisprudenza

 
CORTE DI CASSAZIONE
SEZ. L       SENT.  2622  DEL 09/03/1998 
      PRES. Pontrandolfi P             REL. Vidiri G 
      PM. Buonajuto A  (Conf.) 
     RIC.: Cosulich F.lli  S.p.A. (Avv. Barbantini)
RES.:  Lonano Teodoro (Avv. Vacirca)
Conferma trib. Genova 17 maggio 1995

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 18 settembre 1990 e rivolto al Pretore di Genova, in funzione di giudice del lavoro, Teodoro Lonano esponeva di essere stato arruolato per cinque volte, nel periodo compreso fra l'11 aprile 1984 ed il 14 giugno 1988 e nella qualità di cameriere, dalla s.p.a. F.lli Cosulich, che agiva quale agente raccomandatario marittimo della Atlantic Navigation s.a. Monrovia e che aveva, pertanto, effettuato altrettanti imbarchi sulle navi di proprietà di quest'ultima, Fafa Venture e Franciosi Venture. Gli imbarchi erano avvenuti tutti a Genova e gli sbarchi ad Annaba, Rotterdam, Lisbona, Aqaba e, nuovamente a Rotterdam. La Atlantica Navigation, pur trasformatasi in Occidental Navigation s.a. di Monrovia, aveva mantenuto l'acquisita anzianità di imbarco di esso ricorrente (4 anni e 2 mesi nel maggio 1988), come emergeva chiaramente dai listini paga. Dopo lo sbarco dell'ultimo viaggio in data 14 giugno 1988, gli era stato comunicato verbalmente - e mai per iscritto - che non sarebbe stato più imbarcato. Aggiungeva ancora il ricorrente che pur avendo ricevuto le dovute retribuzioni non aveva riscosso il trattamento di fine rapporto, previsto dalla legge italiana, e che comunque il licenziamento doveva ritenersi inefficace per mancanza di forma scritta, e subordinatamente illegittimo per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo, in forza della estensione della tutela ex leggi n. 604/1966 e n. 300/1970 anche al lavoro nautico, come affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza 3 aprile 1987 n. 96. Tale normativa doveva infatti ritenersi applicabile alla fattispecie in esame trattandosi di tutela rientrante nei principi fondamentali del nostro ordinamento. Tutto ciò premesso, Teodoro Lonano chiedeva dichiararsi l'inefficacia e l'illegittimità del licenziamento e, pertanto, condannarsi la Occidental Navigation s.a. Monrovia e, per essa, o comunque, in solido con essa, l'agente raccomandatario marittimo e procuratore s.p.a. Cosulich, a reintegrarlo nel suo posto di lavoro ed a corrispondergli le prestazioni dovute dalla data della sentenza all'effettiva reintegra, nonché a risarcirgli il danno derivante dal suddetto licenziamento nella misura risultante in corso di causa, anche ai sensi dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970. In via subordinata chiedeva condannarsi i medesimi convenuti alla corresponsione del trattamento di fine rapporto.
Costituitasi la s.p.a. Fratelli Cosulich, sia in proprio che quale raccomandataria dell'armatrice Occidental Navigation s.a. di Monrovia, eccepiva l'inesistenza della responsabilità in proprio e comunque in via solidale con l'imprenditore, avendo adempiuto agli obblighi posti dalla legge 4 aprile 1977 n. 135, solo in violazione dei quali detta responsabilità si sarebbe potuta configurare. Contestava l'applicabilità delle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970 al rapporto in causa, per essere lo stesso soggetto, ai sensi dell'art. 9 cod. nav. e delle convenzioni individuali di arruolamento stipulato fra le parti, alla legge dello Stato di immatricolazione della nave, e, quindi, alla legge liberiana, oltre che ai contratti collettivi appositamente stipulati dagli armatori con i sindacati italiani.
Il Pretore rigettava la domanda attrice sul presupposto della mancata prova sull'esistenza di un rapporto lavorativo a tempo indeterminato, e dichiarava la nullità della domanda subordinata di pagamento del trattamento di fine rapporto per assoluta indeterminatezza del petitum.
Su gravame del Lonano il Tribunale di Genova, con sentenza non definitiva del 27 ottobre-10 novembre 1994, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava l'inefficacia del licenziamento intimato al lavoratore ed ordinava alla Occidental Navigation s.a. Monrovia di reintegrarlo nel suo posto di lavoro, condannando inoltre la suddetta società, in solido con la s.p.a. F.lli Cosulich, a risarcire al Lonano i danni, derivanti dal licenziamento, liquidati in 45 mensilità dell'ultima retribuzione corrisposta, con gli interessi e la rivalutazione dalle singole scadenze al saldo. Disponeva la rimessione della causa sul ruolo per la quantificazione del risarcimento.
Nel pervenire a tale conclusione il Tribunale premetteva che il rapporto lavorativo del Lonano doveva intendersi a tempo indeterminato, alla stregua dell'art. 326 cod. nav., in quanto il primo e secondo imbarco, perché intervallati da un periodo a terra di durata inferiore ai due mesi, erano sufficienti ad integrare l'anno di ininterrotto servizio, al quale la norma riconnette l'automatica trasformazione del rapporto. Per di più la contrattazione collettiva prevedeva la regolamentazione con le norme riguardanti il contratto a tempo indeterminato del rapporto del lavoratore marittimo in caso di ininterrotto servizio alle dipendenze dello stesso armatore per un periodo superiore a cinque mesi (non tenendosi conto a tal fine, dei periodi di permanenza a terra inferiori ai novanta giorni). Inoltre la concreta disciplina cui il rapporto lavorativo era stato sottoposto ne attestava la natura di contratto a tempo indeterminato (riconoscimento di anzianità di servizio a partire dal primo giorno della firma del primo contratto di arruolamento; previsioni di cause di interruzione dell'anzianità medesima coincidenti con l'astensione del periodo di permanenza a terra, con lo svolgimento del servizio militare, ecc.; decadenza dall'anzianità di servizio in caso di rifiuto ingiustificato dell'imbarco proposto dalla Compagnia entro i quindici giorni precedenti la scadenza del periodo di licenza. Circostanze tutte che presupponevano la permanenza del rapporto anche al di là del singolo imbarco).
Doveva, dunque, ritenersi che alla data in cui la Occidental Navigation aveva informato verbalmente il Lonano che non sarebbe stato più imbarcato sulle sue navi, sussisteva tra le parti un rapporto di lavoro, al quale l'armatore aveva posto unilateralmente fine. Da ciò conseguiva che al Lonano doveva estendersi la tutela legislativa sulla stabilità del rapporto di lavoro alla luce dei principi fissati dalla sentenza della Corte Costituzionale 3 aprile 1987 n. 96.
Non poteva poi sostenersi che dovessero trovare nella fattispecie in oggetto applicazione le disposizioni della legge liberiana. Ed invero il disposto dell'art. 31 delle preleggi impediva la libera recedibilità del datore di lavoro dal rapporto a tempo indeterminato in quanto la tutela della stabilità del rapporto doveva ritenersi costituire - oltre che un principio di ordine pubblico internazionale giusta il contenuto della convenzione OIL - anche un limite all'applicabilità nello Stato della legge straniera. Limite che impone, appunto, per l'attuazione del principio della stabilità, la diretta applicazione della legge italiana, ogniqualvolta la legge straniera non garantisca in alcun modo detta stabilità.
Nel caso di specie il licenziamento del Lonano era stato comminato senza alcuna forma scritta, in spregio dell'art. 2 della legge n. 604 del 1966 (costituente una delle norme dirette a proteggere il lavoratore dal recesso ingiustificato del datore di lavoro), non potendo valere a supplire la mancanza di detta forma né la comunicazione alle organizzazioni sindacali (giacché tale comunicazione non era destinata al lavoratore) né la corresponsione dell'indennità di preavviso, che non soltanto non risultava provata e la cui accettazione non poteva, in ogni caso, privare il lavoratore del diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.
Il Lonano doveva pertanto essere reintegrato nel suo posto di lavoro.
Altre argomentazioni il giudice d'appello sviluppava in relazione al risarcimento dei danni scaturenti dall'illegittimo licenziamento.
La s.p.a. F.lli Cosulich doveva ritenersi coobbligata in solido con l'armatrice al pagamento di detti danni ai sensi dell'art. 9 dell'accordo collettivo, stipulato in data 1 aprile 1987 fra la Occidental Navigation s.a. - rappresentata dalla propria accomandataria - e la FIT-CISL, con il quale la raccomandataria medesima si dichiarava solidalmente responsabile per la Compagnia armatrice per tutti gli obblighi derivanti dall'applicazione dell'accordo medesimo e, con esso, dei contratti di imbarco, stipulati ai sensi dell'articolo 2 dell'accordo ed alla stregua degli allegati 1 e 2.
La quantificazione del risarcimento doveva, infine, farsi coincidere con la retribuzione non percepita dalla data di licenziamento sino al momento della sentenza. Al di fuori di altro imbarco della durata di cinque mesi non era stata provata, dopo il licenziamento, alcuna altra attività lavorativa da parte del Lonano. Tenuto, quindi, conto della durata degli imbarchi effettuati in rapporto alla durata complessiva del rapporto, poteva ritenersi che il Lonano avrebbe potuto trovare applicazione sulle navi della Occidental Navigation per una durata complessiva di 45 mesi (a seguito della già disposta deduzione per l'indicato imbarco con altro armatore per cinque mesi). Sulla somma che andava in concreto quantificata nel prosieguo del giudizio dovevano decorrere gli interessi e la svalutazione monetaria.
Avverso tale sentenza la s.p.a. Fratelli Cosulich propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
Resiste con controricorso Teodoro Lonano.
Non si è costituita la Occidental Navigation s.a. Monrovia.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione e insufficiente e/o contraddittoria motivazione in relazione agli artt. 9 cod. nav., 31 delle preleggi al codice civile, all'intero articolato delle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970, quest'ultima anche come modificata dalla sentenza della Corte Costituzionale del 3 aprile 1987 n. 96, nonché violazione e/o falsa applicazione dell'art. 4 della legge n. 135 del 1977 e violazione e falsa applicazione dell'art. 11 della convenzione O.I.L. n. 22 del 1926. In particolare la ricorrente sostiene che il Tribunale ha errato nel ritenere applicabile al rapporto lavorativo del Lonano la legislazione italiana nonostante che l'art. 9 del codice della navigazione e la volontà delle parti espressa nel contratto individuale di arruolamento dichiarassero applicabile al rapporto non detta legge bensì quella della repubblica di Liberia, stato di immatricolazione della nave sulla quale era imbarcato il Lonano e di nazionalità dell'armatore. Tali principi di diritto internazionale privato erano stati vanificati dal Tribunale di Genova sulla base di una errata applicazione dell'art. 31 delle preleggi al codice civile perché, contrariamente a quanto sostenuto dallo stesso Tribunale, la libera risolubilità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato (con il solo onere di preavviso) non può considerarsi principio "contrario all'ordine pubblico". Del resto la libera risolubilità del contratto di lavoro era regola generale sino alle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970 e la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza n. 96 del 1987, nel rendere applicabile anche al lavoro marittimo la severa disciplina del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo ciò aveva fatto non perché il divieto del licenziamento ad nutum fosse un principio fondamentale dell'ordinamento, ma alla stregua del disposto dell'art. 3 Cost., non risultando giustificata una differenza di normativa tra lavoro terrestre e lavoro nautico.
Al fine di dimostrare l'esistenza di un generale divieto di risoluzione del rapporto ad nutum non era, poi, rilevante il richiamo alla convenzione internazionale n. 22 del 1926 (concernente il contratto di arruolamento dei marittimi), ratificata dall'Italia, in quanto l'art. 11 ("la legislazione nazionale deve stabilire le circostanze nelle quali l'armatore o il comandante ha la facoltà di congedare immediatamente il marittimo") di detta convenzione si limitava ad imporre agli stati aderenti di prevedere specificamente le ipotesi di licenziamento senza preavviso cioè di licenziamento in tronco, che è cosa ben diversa dal diritto di risolvere il rapporto a tempo indeterminato con preavviso.
Per di più la legge speciale confermava la vigenza nella materia in esame dell'art. 9 della navigazione. Nella fattispecie in oggetto la s.p.a Fratelli Cosulich, quale accomandataria di armatore straniero (la Occidental Navigation Co.) aveva arruolato in Italia, in nome e per conto dell'armatore straniero, il Lonano per l'imbarco su di una nave di nazionalità straniera. Doveva, quindi, trovare applicazione, il comma quarto dell'art. 4 della legge 4 aprile 1977 n. 135 (che prevede l'arruolamento da parte di agente raccomandatario di armatore straniero di marittimi italiani per l'imbarco su navi di bandiera estera subordinandolo alla condizione che il contratto individuale di arruolamento offerto al marittimo "non contenga clausole che contrastino con i principi fondamentali contenuti nei vigenti contratti collettivi di lavoro nazionale"), disposizione che non deroga, bensì presuppone e conferma l'art. 9 del codice della navigazione, richiamando i principi generalissimi scaturenti dalla contrattazione collettiva (che contempla tra l'altro la risoluzione del contratto per volontà dell'armatore) e lasciando del tutto impregiudicato il funzionamento delle norme di diritto internazionale privato al fine di individuare la legge applicabile, in via generale, al rapporto.
In ogni denegata ipotesi la legittimità o meno della risoluzione del rapporto di lavoro con il Lonano avrebbe dovuto essere valutata in relazione alle norme contrattuali applicabili ed alla legge liberiana che, come aveva dato atto il Tribunale, per quanto riguarda il contratto individuale di arruolamento consente un recesso libero e soggetto al preavviso.
2) La censura è infondata e pertanto va rigettata. Riguardo ai contratti di lavoro della gente di mare l'applicabilità della disciplina richiamata dall'art. 9 disp. prel. cod. nav. - secondo cui tali contratti sono regolati dalla legge nazionale della nave, salva, se questa è di nazionalità straniera, la diversa volontà delle parti - trova un limite ai sensi dell'art. 31 delle preleggi soltanto nella contrarietà alle norme costituzionali, all'ordine pubblico ed al buon costume (cfr. al riguardo: Cass. 20 marzo 1987 n. 2787). Questa Corte in relazione al richiamo internazionalprivatistico - ai sensi dell'art. 25 disp. prel. - alle leggi straniere ha statuito che il giudice italiano non può dare attuazione alla disciplina straniera che si ponga in contrasto con i principi che informano l'ordinamento giuridico e concorrono a caratterizzare la struttura etico-sociale della società nazionale in un determinato momento storico. In questa ottica, ha poi più volte ribadito, in tema di regolamentazione del rapporto lavorativo nautico, che la regola del favor verso il lavoratore subordinato costituisce un principio di ordine pubblico internazionale che impedisce in ogni caso l'applicazione della legge straniera meno vantaggiosa per il prestatore di lavoro, ed ha dato concreta attuazione a tale regola in tema di disciplina di contratto a termine meno favorevole di quella dettata dalla legge 18 aprile 1962 n. 230 (cfr. al riguardo ex plurimis: Cass. 27 marzo 1996 n. 2756 e Cass. 22 febbraio 1992 n. 2193) ed ancora in tema di trattamento di fine rapporto e pensionistico da parte di legislazione straniera meno favorevole di quella italiana (cfr. Cass. 9 settembre 1993 n. 9435).
Il principio di favore verso il lavoratore subordinato non può non operare come limite di ordine pubblico internazionale, e quindi non può non impedire, alla stregua del disposto dell'art. 31 preleggi, l'applicazione della legislazione straniera allorquando detta legislazione consenta al datore di lavoro di recedere liberamente da un rapporto di lavoro garantito dalla legislazione italiana con una più incisiva tutela, quale quella apprestata dall'art. 18 della legge 20 maggio 1970 n. 300 (ora modificato dall'art. 1 della legge 11 maggio 1990 n. 108).
E' noto il dibattito che si riscontra in dottrina tra un indirizzo in base al quale la valutazione delle condizioni più favorevoli debba essere condotta nell'ambito di ogni singolo istituto (ossia con riferimento ad ogni profilo del rapporto lavorativo dotato di una propria e sufficiente autonomia normativa), ed altro orientamento, che propende, invece, per una valutazione che faccia riferimento alla legislazione straniera esaminata nel suo complesso e non in alcune soltanto delle sue norme, isolatamente considerate.
Anche a volere condividere quest'ultima opinione, è comunque innegabile che l'attuale normativa in materia di licenziamenti, nel porre dei limiti al potere di recesso del datore di lavoro, garantisce una incisiva protezione del lavoratore sul piano sociale e patrimoniale in attuazione di precise norme costituzionali (artt. 3, 4, 35 e 36 Cost.). Tale protezione finisce per caratterizzare e qualificare l'intero rapporto lavorativo e per impedire, conseguentemente, ai sensi dell'art. 31 delle preleggi, l'introduzione nel nostro ordinamento di una legge straniera meno favorevole per il lavoratore.
Alla luce delle argomentazioni svolte non è, dunque, suscettibile di nessuna critica la sentenza impugnata che, sul presupposto che la tutela della stabilità del rapporto costituisca principio di ordine pubblico internazionale, ha poi affermato - in piena aderenza ai principi innanzi esposti - che detta tutela rappresenta, a norma dell'art. 31 delle preleggi, un limite all'applicabilità nello stato della legge straniera: un limite di natura positiva che impone, per la realizzazione di quel principio, la diretta applicazione della legge italiana, ogni qual volta la legge straniera non garantisca in alcun modo una simile tutela. Il che accade, appunto, con riferimento alla legge liberiana che - come risulta non contestato in causa - non appresta alcuna tutela del lavoratore avverso il recesso ingiustificato del datore di lavoro.
3) Le esposte considerazioni del tutto condivisibili in diritto conducono a ritenere che legittimamente il Tribunale ha condannato la Occidental Navigation s.a Monrovia a reintegrare il Lonano nel suo posto di lavoro. Il Tribunale, però, ha anche condannato, in solido con detta società, la raccomandataria s.p.a. Fratelli Cosulich, a risarcire i danni derivanti dall'illegittimo licenziamento. La società accomandataria nel presente ricorso, rifacendosi a quanto già sostenuto nel giudizio di merito, ha eccepito di non essere vincolata solidalmente con la Occidental Navigation al pagamento dei danni a favore del Lonano. A tali fini ha richiamato l'art. 4 della legge 4 aprile 1977 n. 135, e ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, affermando che essa raccomandataria poteva essere chiamata a rispondere - alla stregua della citata disposizione - delle obbligazioni derivanti dal rapporto contrattuale e delle retribuzioni pattuite con i lavoratori imbarcati su nave straniera, non essendo affatto tenuta ad alcun controllo sulla legge applicabile in base ai principi di diritto internazionale privato.
Non ignora questa Corte che sull'interpretazione da darsi all'art. 4 della legge n. 135 del 1977 si è configurato un contrasto tra i giudici di legittimità. Un primo orientamento - assimilando la funzione dell'agente accomandatario a quella di garante ex lege della conformità del trattamento del marittimo imbarcato su nave straniera alla tutela retributiva ed assistenziale assicurata dai principi che inspirano la legislazione nazionale - ha affermato che il marittimo usufruisca di un trattamento del tutto conforme ai principi fondamentali in materia di lavoro. A tale riguardo i giudici di legittimità hanno osservato che in caso diverso la funzione dell'accomandatario si ridurrebbe ad "una mediazione formale-amministrativa inefficace rispetto al fenomeno delle bandiere-ombra ed in contrasto con la stessa sanzione penale a cui la legge assoggetta gli obblighi dell'accomandatario" (cfr. in tali sensi: Cass. 20 maggio 1993 n. 5696). Un distinto orientamento ha invece statuito che l'accomandatario risponde in solido con l'armatore delle obbligazioni assunte (art. 5, comma 3, legge n. 135 del 1977) solo se viene meno l'obbligo di garantire il pagamento nel territorio nazionale delle somme che l'armatore è tenuto a versare all'equipaggio secondo il contratto di arruolamento, ma non è tenuto a garantire anche la regolarità del contratto da un punto di vista normativo ed economico, rientrando tale accertamento nei compiti dell'autorità marittima la quale con il diniego del suo nulla-osta, impedisce non già l'ingaggio, bensì il mero imbarco dei marittimi regolarmente ingaggiati. Tale conclusione viene motivata sulla base delle disposizioni che regolano l'attività del raccomandatario marittimo e della capitaneria di porto(art. 3, comma 1, art. 4, comma 4, l. n. 135 del 1977) e precisamente sulla considerazione che, appunto, l'esame delle predette disposizioni, nella loro successione, mostra chiaramente che il raccomandatario è tenuto soltanto a garantire il pagamento delle retribuzioni spettanti ai marittimi che egli intende ingaggiare, munendosi di idonea garanzia bancaria o assicurativa in favore dell'armatore; dopo essersi munito di tale garanzia egli può procedere all'arruolamento, ma l'imbarco dei lavoratori è subordinato al nulla osta della capitaneria, la quale è tenuta a verificare la conformità del contratto stipulato dal raccomandatario con i principi fondamentali della contrattazione collettiva nazionale (cfr. in tali sensi: Cass. 24 novembre 1993 n. 11580).
Orbene ritiene questa Corte che l'indirizzo ora ricordato vada condiviso sulla base della chiara lettera degli artt. 3 e 4 della legge n. 135 del 1977, che per quanto riguarda il trattamento economico spettante ai marittimi limita il ruolo del raccomandatario a quello di mero garante delle sole obbligazioni assunte suo tramite dall'armatore mentre devolve alla competente autorità marittima, al fine della concessione del nulla-osta all'imbarco, un vero e proprio controllo di legalità sul contratto di arruolamento, che sia dal punto di vista normativo che da quello economico, non deve contenere clausole contrastanti con i principi fondamentali contenuti nei contratti collettivi di lavoro nazionale (cfr. art. 4, comma 4, l. n. 175 del 1977), né deve contraddire - per le ragioni innanzi svolte - quelle disposizioni configurabili come di ordine pubblico, in ragione della diversa forza (contrattuale) delle parti del rapporto di lavoro e della natura degli interessi che si intendono tutelare. Anche la ratio sottesa alla legge n. 175 del 1977 conforta la conclusione indicata in quanto l'esigenza di improntare alla necessaria celerità la conclusione dei contratti di arruolamento consiglia nel momento in cui si obbliga ad compito di garanzia il raccomandatario di non richiedere a tale imprenditore una verifica, talvolta di particolare difficoltà, sui limiti che sul versante normativo incontra la contrattazione in materia, verifica che è apparsa opportuna devolvere all'autorità marittima, dotata di maggiore competenza specifica e nei cui compiti istituzionali si è fatto rientrare un doveroso controllo sulla legittimità del contratto di arruolamento. Nulla però impedisce che la regolamentazione legislativa della posizione del raccomandatario possa essere modificata assicurando migliori garanzie ed una più intensa tutela al lavoratore-marittimo, attraverso una assunzione unilaterale o contrattata di ulteriori obblighi oltre quelli imposti dalla citata legge n. 135 del 1977, risultando il combinato disposto degli artt. 3 e 4 di detta legge, a tutela del marittimo, inderogabile soltanto in peius.
Le considerazioni ora svolte comportano la conferma della decisione impugnata, che con un accertamento di fatto, non contestabile in questa sede di legittimità, ha fondato la condanna in solido della s.p.a. Fratelli Cosulich non sulla base degli artt. 3 e 4 della legge n. 135/1977 ma bensì sulla base dell'impegno contrattualmente assunto dalla società stessa, per essersi la raccomandataria - ai sensi dell'art. 9 dell'accordo collettivo stipulato il 1 aprile 1987 fra la Occidental Navigation s.a. (rappresentata dalla propria raccomandataria) e la FIT/CISL - dichiarata solidalmente responsabile con la Compagnia armatrice per quanto riguardava "tutti gli obblighi derivanti dall'applicazione dell'accordo medesimo e, con esso, dei contratti di imbarco, stipulati ai sensi dell'art. 2 dell'accordo ed alla stregua degli allegati 1 e 2". Su tale punto della decisione impugnata non si riscontra alcuna motiva e specifica censura del ricorrente, sicché la condanna in solido disposta dal giudice d'appello non può che trovare conferma.
4) Con il secondo motivo la società ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 2721 e segg. c.c. nonché dei principi generali di diritto sulle prove; violazione e falsa applicazione degli artt. 244 e 421 c.p.c.; omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo; violazione e/o falsa applicazione dell'art. 24 Cost ed, ancora, violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1372 c.c. In particolare sostiene che il Tribunale erroneamente non aveva ammesso la prova testimoniale richiesta con la quale si tendeva a dimostrare che il Lonano, successivamente allo sbarco del 14 giugno 1988, era stato chiamato telefonicamente per ben due volte per essere imbarcato su altre navi ma aveva rifiutato detto imbarco. La circostanza si dimostrava decisiva ai fini della risoluzione ex art. 1372 c.c. del contratto di lavoro e, per conseguenza, determinante anche ai fini di respingere la domanda di reintegra e di risarcimento danno preteso dal lavoratore. Eventuali carenze nella formulazione dei capi della prova per testimoni potevano essere superati dai poteri istruttori del giudice esercitabili ai sensi dell'art. 421 c.p.c.
Anche l'esposto motivo di ricorso va rigettato.
E' giurisprudenza costante di questa Corte che la mancata ammissione di un mezzo istruttorio si traduce in un vizio di motivazione della sentenza denunciabile in cassazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. quando il vizio stesso emerga dal ragionamento posto a base della decisione (che si dimostri incompleto, incoerente ed illogico), ed il ricorrente indichi specificamente le circostanze di fatto, oggetto della prova ed il nesso di causalità tra l'asserita omissione e la decisione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della prova non ammessa, controllo che deve peraltro essere compiuto esclusivamente sulla base delle deduzioni contenute nel ricorso, senza possibilità di colmare le eventuali lacune con indagini integrative (cfr. ex plurimis: Cass. 17 giugno 1995 n. 6863; Cass. 22 luglio 1992 n. 8831; Cass. 16 luglio 1986 n. 6256). Orbene va in primo luogo evidenziato come nel caso di specie i giudici di merito, con una motivazione del tutto corretta sul piano logico-giuridico, e pertanto non censurabile in questa sede di legittimità, hanno rifiutato l'ammissione della prova per testi richiesta, sottolineandone l'estrema genericità. In relazione al requisito della decisività della prova non ammessa va poi precisato che la ricorrente non ha in alcun dimostrato come il rifiuto di imbarco, che si assume essere avvenuto in un tempo imprecisato ma dopo il 14 giugno 1988, possa assumere una qualche influenza sulla controversia in corso e sul giudizio di fondatezza della domanda di reintegra spiegata dal Lonano.
5) Con il terzo motivo la società ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione della legge 15 luglio 1966 n. 604 in particolare dell'art. 2 della stessa legge; insufficiente, contraddittoria e/o inesistente motivazione su punti decisivi della controversia nonché violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1372 c.c. In particolare la ricorrente sostiene che la risoluzione del rapporto lavorativo era obiettivamente giustificata dalla vendita di tutte le navi della Occidental Navigation Monrovia sicché detta società era ricorsa, con l'accordo dei sindacati, alla procedura per licenziamento collettivo. Ciò comportava l'inapplicabilità delle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970, ed in particolare l'inapplicabilità alla fattispecie in esame della nullità del licenziamento per mancanza di forma scritta, richiesta unicamente per il licenziamento individuale. Il giudice d'appello aveva inoltre errato nel ritenere irrilevante l'accettazione da parte del lavoratore dell'indennità di preavviso, che comportava sia la conoscenza della avvenuta risoluzione del rapporto che la rinuncia o, comunque, la decadenza ad impugnarla. Con il quarto motivo la s.p.a. Fratelli Cosulich deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1372 c.c.; insufficiente e/o contraddittoria e/o omessa motivazione in punto di quantificazione del risarcimento dovuto in denegata ipotesi al Lonano. La ricorrente, in altri termini, lamenta che il giudice d'appello non ha tenuto conto dell'imbarco del Lonano con altro armatore il 7 settembre 1990, e non ha considerato affatto che da tale imbarco doveva dedursi la risoluzione consensuale del rapporto precedente per cui almeno da tale data cessava l'obbligo del precedente armatore di pagare la retribuzione.
Con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1463 c.c.; insufficiente, omessa e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Ed invero il rapporto di lavoro, stante la vendita della navi da parte della società Occidental si era comunque risolto ex art. 1463 c.c. e perciò risultava impossibile la disposta riassunzione.
Il terzo, quarto e quinto motivo - da esaminarsi congiuntamente perché riguardanti questioni tra loro connesse - vanno tutti rigettati perché privi di fondamento.
Per quanto riguarda l'affermazione che nel caso in esame si sia in presenza di un licenziamento collettivo per cui non potrebbe trovare applicazione la normativa di cui alle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970 è sufficiente ricordare l'indirizzo giurisprudenziale in base al quale il datore di lavoro che abbia motivato un atto di recesso da un rapporto di lavoro quale attuazione di un licenziamento collettivo per riduzione di personale è tenuto, in caso di contestazione a provare, in osservanza del generale principio di cui all'art. 2697 c.c., i fatti costitutivi del diritto potestativo esercitato e, quindi, l'esistenza di un ridimensionamento della struttura imprenditoriale ed il nesso causale tra lo stesso e l'attuata riduzione del personale (cfr. tra le altre: Cass. 23 febbraio 1996 n. 1415). Prova che non è stata fornita in alcun modo nel corso del giudizio né dalla Occidental Navigation né dall'attuale ricorrente. Sotto altro versante, va poi evidenziato come la mera accettazione della liquidazione ancorché non accompagnata da alcuna riserva non può essere considerata - come invece sostiene la ricorrente - come tacita dichiarazione di rinunzia ai diritti derivanti dall'illegittimità del licenziamento non sussistendo alcuna incompatibilità logica e giuridica tra accettazione della liquidazione e la volontà di ottenere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento al fine di conseguire l'ulteriore diritto alla riassunzione o al risarcimento del danno (cfr. al riguardo: Cass. 2 giugno 1995 n. 6189; Cass. 25 settembre 1978 n. 4307). Ed ugualmente non si riscontra alcun genere di incompatibilità tra l'instaurazione di un nuovo rapporto lavorativo e la volontà di far valere in giudizio tutti i diritti che il lavoratore può vantare sulla base di un precedente rapporto lavorativo in relazione al quale è stato intimato un licenziamento inefficace per mancanza della prescritta forma. Ne consegue che l'avere accettato un imbarco con un diverso armatore non può di per se solo costituire un motivo per ritenere che il Lonano abbia accettato la risoluzione del precedente rapporto lavorativo con la s.a. Occidental Navigation Monrovia e che non possa quindi chiedere la reintegra in ragione dell'invalidità del denunziato licenziamento.
Per concludere poi va affermato che non assume alcuna rilevanza ai fini decisori il richiamo, operato dalla società ricorrente, all'art. 1463 c.c. ed all'impossibilità da parte dell'armatore di adempiere all'ordine di reintegra nel posto di lavoro, atteso che dalle risultanze istruttorie e dal contenuto degli atti processuali non emerge in alcun modo la prova che l'armatore abbia cessato la sua attività imprenditoriale e non abbia invece venduto solo alcune delle sue navi, continuando la suddetta attività. Ne consegue che il motivo di ricorso sul punto si traduce, come detto, in una mera asserzione, priva di qualsiasi rilevanza decisoria.
6) Ricorrono giusti motivi - in considerazione della notevole complessità delle questioni trattate e di alcuni profili di novità delle stesse - per compensare le spese del presente giudizio di cassazione tra la società ricorrente ed il Lonano. Detta compensazione include anche le spese attinenti l'incidente per la sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata (spese richieste dal Lonano con apposita istanza), la cui regolamentazione per costante giurisprudenza spetta alla Corte di cassazione (cfr. ex plurimis: Cass. 16 aprile 1987 n. 3780; Cass. 27 marzo 1985 n. 2152; Cass. 8 novembre 1983 n. 6599; Cass. 30 marzo 1979 n. 1847; Cass. 7 marzo 1977 n. 923). Nessuna statuizione sulle spese per quanto riguarda la Occidental Navigation s.a. Monrovia.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio nei confronti del Lonano. Nulla per le spese nei confronti della Occidental Navigation s.a. Monrovia.


(pagina a cura di Enzo Fogliani - aggiornata il 27.3.2013) 

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