SEZ. 3, SENT. 15024 DEL 15/07/2005
Presidente: Duva V.  Estensore: Trifone F.  Relatore: Trifone F.  P.M. Russo R. (Diff.) 
Compagnie Nationale Air France (avv. Fornaro) contro De Luca ed altri (avv. Collarile ed altro) 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione innanzi al giudice di pace di Benevento del 20 gennaio 1999 Massimo De Luca conveniva in giudizio la Compagnie Nazionale Air France s.a. e la C.T.S. di Attilio Matarazzo per ottenerne la condanna al pagamento della somma di lire 2.000.000, oltre interessi dalla domanda, a titolo di risarcimento del danno, che reclamava in relazione al pregiudizio che gli era derivato per la perdita del bagaglio in occasione del viaggio aereo da Parigi a Roma. Nella contumacia della C.T.S. di Attilio Matarazzo, la Compagnie Nazionale Air France s.a. eccepiva l'incompetenza funzionale e territoriale del giudice adito, contrastava la domanda ed otteneva di chiamare in causa per esserne garantita la D.H.L. International srl e la società Aeroporti di Roma spa, che si costituivano e chiedevano il rigetto della domanda proposta nei loro confronti. Il giudice adito con ordinanza in data 12 aprile 1999 riteneva la propria competenza funzionale e territoriale e rigettava successivamente l'istanza di revoca del suddetto provvedimento sulla competenza.
Con la successiva sentenza pubblicata il 2 gennaio 2001 il giudice di pace di Benevento condannava la Compagnie Nazionale Air France s.a. a pagare all'attore la somma di lire 2.000.000, con gli interessi dalla domanda e le spese processuali; giudicava che la compagnia aerea aveva inteso rinunciare alla domanda di garanzia nei confronti dei chiamati in causa e compensava interamente le spese del giudizio nel relativo rapporto.
Il giudice di pace, premesso che sull'eccezione di competenza si era già espresso con l'ordinanza del 4 aprile 1999, riteneva, nel merito, che era risultata provata la colpa grave del vettore, il quale non poteva avvalersi della limitazione di responsabilità prevista dall'art. 22 della Convenzione di Varsavia. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la compagnie Nazionale Air France S.A., che ha affidato l'impugnazione a due mezzi di doglianza.
Ha resistito con controricorso Massimo De Luca.
Non hanno svolto difese gli intimati D.H.L. International srl e la società Aeroporti di Roma spa.
La compagnia ricorrente ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo dell'impugnazione -deducendo la violazione e la falsa applicazione della norma di cui all'art. 28 della Convenzione di Varsavia del 1929 - la ricorrente Compagnie Nazionale Air France s.a. ripropone esattamente le eccezioni che il giudice di pace aveva respinto con la pregressa ordinanza, la quale aveva escluso che nella materia sussistesse la competenza funzionale del tribunale ed aveva, inoltre, affermato la sua competenza territoriale. La censura, per entrambi i profili in cui essa si articola, non è ammissibile, poiché, dovendosi riconoscere alla pronuncia adottata nella forma dell'ordinanza in data 12 aprile 1999 la natura di vera e propria sentenza non definitiva, che risolveva la proposta questione di competenza siccome prospettata dalla convenuta compagnia aerea, è da rilevare che, non avendo la parte impugnato la pronuncia con il ricorso per Cassazione ne' avendo formulato riserva di impugnazione in tal senso (art. 361 cod. proc. civ.), sul punto è intervenuto il giudicato interno, del quale occorre dare atto, con la conseguenza che la ritenuta competenza del giudice di pace non è più contestabile e rimane definitivamente stabilita.
È appena il caso di ribadire, infatti, che indipendentemente dalla denominazione formale di "ordinanza" datane dal giudice di pace, la pronuncia in questione, rinviando al prosieguo del giudizio la definizione della domanda di risarcimento dei danni, aveva espressamente statuito sulla questione relativa alla competenza (funzionale e territoriale), esplicitamente affermando quella del giudice adito, sicché al provvedimento occorre certamente riconoscere la natura di sentenza, nella specie della sentenza non definitiva (ex multis Cass., n. 281/2001; Cass., n. 10328/989). Nè può aderirsi alla tesi esposta dal P.M., il quale, richiamando il precedente di questa Corte n. 7383 del 2003, ritiene che nei confronti delle sentenze non definitive del giudice di pace, con cui si decide sulla competenza, si debba escludere non solo la riserva d'impugnazione, ma anche l'immediato ricorso per Cassazione, nella considerazione che questo rimedio, traducendosi in un camuffato regolamento di competenza, risulterebbe in contrasto con la ratio dell'art. 46 cod. proc. civ., ravvisabile nel fatto che la relativa pronuncia sarebbe impugnabile soltanto unitamente alla sentenza definitiva.
Rispetto a detto indirizzo, infatti, questo Collegio ritiene, secondo quanto già affermato in caso analogo con altra sua decisione in pari data (in causa Compagnie Nazionale Air France S.A. contro Simone), che debba essere privilegiato il diverso criterio interpretativo, che questo giudice di legittimità ha stabilito con la precedente sua sentenza n. 12425/2002, in virtù della quale la riserva di impugnazione, generalmente inammissibile riguardo a sentenza non definitiva contenente solo statuizioni sulla competenza (impugnabile soltanto con regolamento di competenza), è eccezionalmente ammessa nei confronti della sentenza pronunziata dal giudice di pace, non soggetta - ai sensi dell'art. 46 cod. proc. civ.- a regolamento di competenza, ma ricorribile per cassazione se pronunziata entro il limite di valore di lire due milioni, in virtù del combinato disposto degli art. 113, secondo comma, 339, terzo comma, e 360, primo comma, cod. proc. civ..
A sostegno dell'opzione accolta, infatti, si considera:
che il principio enunciato dalla suddetta sentenza n. 12425/2002 si ricollega ad analogo indirizzo interpretativo, adottato dal giudice di legittimità nella pregressa disciplina delle sentenze del conciliatore (Cass., 11185/95), per le quali pure la prevista esclusione del regolamento di competenza aveva portato a ritenere che l'impugnazione differita delle sentenze che decidevano solo sulla competenza - che non era consentita per le pronunce del pretore e del tribunale, le quali potevano formare oggetto unicamente del regolamento necessario di competenza previsto dall'art. 42 cod. proc. civ. - era ammessa per le sentenze del conciliatore, nei confronti delle quali era esperibile, per espressa disposizione di legge (art. 46 cod. proc. civ.), soltanto il ricorso ordinario per cassazione e non l'istanza di regolamento;
che la diversa esegesi, che il P.M. propone sulla scorta della pronuncia n. 7383/2003 di questa Corte, si basa sostanzialmente sull'argomento che, ammettendosi il ricorso immediato per cassazione avverso le sentenze non definitive emesse dal giudice di pace in tema di competenza in giudizio di equità necessaria ex art. 113, secondo comma, cod. proc. civ., si finirebbe, in via surrettizia, per ottenere il medesimo risultato proprio del regolamento di competenza, mezzo d'impugnazione questo che la norma di cui all'art. 46 cod. proc. civ. ha inteso espressamente escludere;
che occorre in contrario osservare che dalla esclusione del regolamento di competenza per le sentenze del giudice di pace (la cui ratio si fa prevalentemente discendere dall'esigenza di sottrarre al suddetto mezzo d'impugnazione le sentenze in controversie minori, rispetto alle quali il regolamento di competenza costituirebbe un rimedio sproporzionato all'interesse protetto) non discende necessariamente anche l'ulteriore conclusione dell'inoppugnabilità immediata o dell'inammissibilità della riserva d'impugnazione (art. 340 e 361 cod. proc. civ.) delle sentenze non definitive dello stesso giudice, giacché per il procedimento innanzi al giudice di pace non è prevista siffatta esclusione, ne' essa si ricava altrimenti quale limite proprio di detto giudizio, onde opera al riguardo, in ordine all'ammissibilità delle pronunce non definitive ed alle modalità delle relative impugnazioni e in virtù del rinvio di cui all'art. 311, cod. proc. civ., la medesime disciplina prevista per il procedimento innanzi al tribunale;
che se la sentenza n. 7383/2002 ha inteso ispirarsi allo scopo di evitare al procedimento innanzi al giudice di pace il ritardo che conseguirebbe "dall'aggiramento del divieto stabilito dall'art. 46 cod. proc. civ.", occorre precisare che non solo detto pericolo non sussiste (dato che l'immediata impugnazione della sentenza non definitiva sulla competenza del giudice di pace non determina anche l'effetto sospensivo, proprio del regolamento di competenza, di cui all'art. 48 stesso codice)J ma che l'impugnazione immediata costituisce piuttosto j strumento utile di economia processuale per il fatto che la definizione della questione di competenza, non necessariamente rinviata alla impugnazione della sentenza definitiva del giudice di pace, serve, per il caso di ritenuta incompetenza del giudice adito, ad evitare il successivo prosieguo dell'attività istruttoria necessaria per giungere alla sentenza definitiva. Con il secondo motivo del ricorso - deducendo la violazione della norma di cui all'art. 22 della Convenzione di Varsavia nonché l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia- la compagnia ricorrente censura la impugnata sentenza nella parte in cui il giudice non aveva riconosciuto la limitazione della responsabilità in virtù della predetta norma, secondo la quale il risarcimento, in caso di furto o danneggiamento degli effetti personali contenuti nel bagaglio, deve calcolarsi in rapporto al peso degli articoli danneggiati o mancanti moltiplicato per diciassette volte di diritti speciali di prelievo, onde nella fattispecie il risarcimento medesimo doveva essere contenuto nella misura di lire 200.000 per gli effetti sottratti e di lire 200.000 per il danno alla valigia.
Denuncia, inoltre, che il giudice del merito aveva riconosciuto la responsabilità di essa compagnia ricollegando la sottrazione degli effetti personali al ritardo con il quale il bagaglio era stato riconsegnato, circostanza questa che non era stata provata e che era stata espressamente contestata in comparsa di risposta. Il motivo non può essere accolto, non essendo fondata ne' la censura di violazione di legge ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., ne' la censura di omessa motivazione sul punto.
Il giudice di pace ha ritenuto non applicabile la limitazione della responsabilità per il fatto che era da ravvisare nella condotta della compagnia aerea una ipotesi di colpa grave, consistente nella ragionevole previsione che l'abbandono del bagaglio senza un preventivo controllo esponeva i beni al pericolo di sottrazione. Avendo, pertanto, la sentenza ravvisato per la compagnia aerea la ipotesi della colpa con previsione, non sussiste la denunciata violazione dell'art. 22 della Convenzione di Varsavia, poiché l'interpretazione che il giudice di merito ha dato della norma è conforme alla lettura che di essa offre anche la giurisprudenza di questa Corte.
La quale, infatti, sulla questione ha affermato (Cass., n. 8328/2001, Cass., n. 7977/91) che la temerarietà della condotta del vettore e la consapevolezza della possibilità di un danno derivante dai suoi atti od omissioni - che, in tema di trasporto aereo, escludono, ai sensi dell'art. 25 della Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, nel testo di cui al Protocollo di modifica dell'Aja del 28 settembre 1955 (recepiti nell'ordinamento giuridico italiano rispettivamente con la legge 19 maggio 1932 n. 841 e la legge 3 dicembre 1962 n. 1832) le limitazioni di responsabilità per i danni cagionati alle cose trasportate previste dall'art. 22 - integrano la fattispecie della cosiddetta "colpa con previsione", caratterizzata dal fatto che l'agente prevede come probabile l'evento dannoso, ma non modifica la propria condotta, nella sicura consapevolezza di poterlo evitare, e non anche quella del dolo eventuale, per effetto del quale l'agente, oltre a rappresentarsi l'evento, agisce accettando il rischio che questo, comunque, si verifichi.
Quanto al preteso vizio argomentativo in ordine alla circostanza che la sottrazione degli effetti personali era stata la conseguenza del ritardo con il quale il bagaglio era stato restituito, osserva questa Corte che, trattandosi di sentenza emessa in giudizio di equità necessaria (art. 113, secondo comma, cod. proc. civ.), il vizio di motivazione può essere denunciato solo nel caso in cui la motivazione manchi del tutto ovvero sia meramente apparente o intrinsecamente con-traddittoria (Cass., sez. un., n. 716/99). Il ricorso, pertanto, è rigettato con la condanna della soccombente compagnia ricorrente a pagare le spese del presente giudizio di Cassazione, liquidate nella misura di cui in dispositivo. 
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la compagnia aerea ricorrente a pagare le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi euro 700,00 (settecento/00), di cui euro 600,00 (seicento/00) per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2005.
Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2005 


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