SEZ. 3   SENT.  01642  DEL 14/02/2000
 PRES. Duva V.    REL. Manzo G.
 PM. Cinque A.  (Diff.)
 RIC. Mariniello Srl (Avv. Tuorto)
 RES. Polaris Assicurazioni SpA (Avv. Gargani)

 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 15 febbraio 1990, la Mariniello S.r.l. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli la Cidas Assicurazioni S.p.a., esponendo che in data 8 marzo 1988 aveva subito il furto dell'autoveicolo di sua proprietà, assicurato per tale evento dalla società convenuta. Del fatto aveva dato notizia con lettera del 9 marzo 1988 all'assicuratrice che, a sua volta, con lettera del 9 giugno 1988, aveva accusato ricevuta della denunzia di furto, chiedendo i documenti necessari per l'istruzione della pratica, e, successivamente, aveva pattuito anche l'ammontare dell'indennizzo in L. 9.900.000, previo invio dell'estratto del P.R.A. di Napoli. Tuttavia, con lettera del 7 novembre 1989, la società assicuratrice aveva comunicato di non poter risarcire il danno per intervenuta prescrizione. Ciò premesso la Mariniello S.r.l. chiedeva la condanna della Cidas Assicurazioni S.p.a. al pagamento della somma di L. 9.900.000, oltre interessi e rivalutazione, a titolo di indennizzo per il furto della propria autovettura.
La Convenuta, costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda, per essere il diritto azionato estinto per prescrizione.
Il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda e condannava la Cidas Assicurazioni S.p.a. al pagamento dell'indennizzo.
La Polaris Assicurazioni S.p.a. - già Cidas Assicurazioni S.p.a. - appellava la sentenza. La Mariniello S.r.l. proponeva, a sua volta, appello incidentale avverso la statuizione di diniego della rivalutazione monetaria.
La Corte d'Appello di Napoli con sentenza del 13 gennaio 1996, accoglieva l'appello principale, rigettando la domanda di risarcimento proposta.
Avverso tale decisione, La Mariniello S.r.l. propone ricorso per Cassazione affidato a due motivi. La Polaris Assicurazione non ha svolto difese scritte; il difensore ha, tuttavia, partecipato alla discussione in virtù di procura depositata in data 7 giugno 1999.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con carattere di pregiudizialità va rilevato che l'eccezione di inammissibilità del ricorso svolta nel corso della discussione dal procuratore dell'intimata è priva di fondamento, atteso che il ricorso contiene un'esposizione dei fatti che consente una chiara percezione della vicenda processuale e degli elementi di fatto rilevanti per la decisione.
Con il primo motivo la ricorrente lamenta "l'omessa pronunzia su di un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte (art. 360 n. 5 c.p.c.) - Conseguente violazione dell'art. 2944 c.c. ed errata applicazione dell'art. 2952, secondo comma c.c., in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c.". Più specificamente la ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver ammesso la prova testimoniale dalla stessa dedotta con la quale si intendeva provare l'esistenza di un accordo con il liquidatore della società per il pagamento della somma di L. 11.000.000, una volta ottenuto l'estratto cronologico del P.R.A., detratta la sola scopertura del dieci per cento previsto dalla polizza. L'accordo raggiunto costituiva riconoscimento del debito e, dunque, atto interruttivo della prescrizione.
Il motivo è fondato.
La Corte territoriale ha ritenuto prescritto a norma dell'art. 2952 c.c. il diritto all'indennizzo derivante dal contratto di assicurazione per il furto dell'autovettura, escludendo l'esistenza di atti interruttivi. Ha considerato che, conformemente ad un principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, non possono consistere in un riconoscimento del diritto dell'assicurato le trattative eventualmente condotte dalla società assicuratrice per comporre in via bonaria la controversia. Sulla base di tale affermazione, la Corte d'appello ha, evidentemente, ritenuto non rilevante la prova dedotta dall'attuale ricorrente, anche se non ha espressamente pronunziato su tale aspetto.
Nei suoi termini generali è esatta l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui nella giurisprudenza di legittimità si trova enunciato il principio che "le trattative per comporre bonariamente una vertenza, le proposte, le concessioni e le rinunzie a scopo transattivo di una delle parti, se non raggiungono l'effetto desiderato, non avendo come proprio presupposto l'ammissione, totale o parziale, della fondatezza della pretesa avversaria e non rappresentando, pertanto, un riconoscimento, anche solo implicito, del diritto altrui (giusto il disposto dell'art. 2944 cod. civ.), non possono avere efficacia interruttiva della prescrizione, né integrare gli estremi della rinuncia tacita a far valere la prescrizione stessa, non costituendo fatti incompatibili in via assoluta (senza, cioè, possibilità di diverse interpretazioni) con la volontà di avvalersi di tale causa estintiva del diritto altrui, così come richiesto dall'art. 2937, comma terzo, cod. civ." (Cass. 2 luglio 1997, n. 5948; 9 maggio 1997, n. 4060; 5 marzo 1994, n. 2189).
La Corte territoriale non ha, peraltro, considerato che il principio indicato trova ulteriore specificazione e concretezza in altre sentenze di questa Corte che, nel delineare la fattispecie "dell'interruzione per effetto del riconoscimento" di cui all'art. 2944 c.c., hanno dato risalto alle circostanze di fatto e alle modalità nella quali si svolgono le trattative, affermando che "anche le trattative per comporre bonariamente la vertenza possono comportare l'interruzione della prescrizione ai sensi dell'art. 2944 c.c., quando dal comportamento di una delle parti risulti il riconoscimento del contrapposto diritto di credito e che la transazione è, quindi, mancata solo per questioni attinenti alla liquidazione, e non anche all'esistenza, di tale diritto" (Cass. 12 agosto 1992, n. 9539; 21 febbraio 1995, n. 1882; 26 settembre 1978, n. 4322). Le conclusioni alle quali perviene l'indirizzo da ultimo indicato consentono di evitare quell'indiscriminata generalizzazione del principio più sopra enunciato che, altrimenti, porterebbe ad escludere l'efficacia interruttiva anche in quei comportamenti "che, nella buona fede e nell'affidamento, sono socialmente e civilmente espressivi proprio di riconoscimento... del diritto altrui" (Cass. 12 agosto 1992, n. 9539, in motiv.).
Ma pur prescindendo dal profilo delle "modalità" delle trattative, va osservato che nel caso di specie la prova proposta dalla società Mariniello S.r.l. tendeva ad acquisire al processo non solo le circostanze relative alle trattative, ma anche quella dell'intervenuta conclusione di un accordo per definire la controversia con il versamento di una certa somma, restandosi solamente in attesa dell'estratto cronologico del P.R.A. Ora, se anche non si intende ravvisare, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, un riconoscimento dell'altrui diritto nelle trattative per addivenire ad un bonario componimento, non può negarsi tale efficacia alla conclusione di una transazione, ancorché l'efficacia del negozio non si sia ancora verificata o sia subordinata ad una condizione (v. Cass. 26 maggio 1993, n. 5932).
Avuto riguardo a tale profilo, è censurabile la sentenza impugnata che, muovendo da un erroneo presupposto in diritto, ha implicitamente ritenuto irrilevante la prova proposta con la comparsa di costituzione in appello dall'attuale ricorrente volta ad acquisire al processo il fatto delle intervenute trattative e dell'accordo transattivo. In ciò consiste anche il vizio di motivazione, in quanto le circostanze oggetto della prova - riassunta specificamente e con chiarezza nel ricorso - hanno carattere decisivo.
Nel corso della discussione il difensore della Polaris Assicurazioni S.p.a. ha eccepito che, in ogni caso, non potrebbe darsi ingresso alla prova testimoniale in quanto vertente su di un contratto - la transazione - per la quale è richiesta la prova per iscritto (art. 1967). La deduzione è priva di fondamento. Infatti, il contratto di transazione non è invocato tra le parti quale fonte di reciproci diritti ed obblighi ma quale atto in senso stretto consistente nel riconoscimento dell'altrui diritto e produttivo di effetti interruttivi della prescrizione a norma dell'art. 2944 c.c. (sull'esclusione dei limiti legali della prova quando il contratto, per cui è richiesta la forma scritta, viene dedotto quale semplice fatto storico influente sulla decisione, v. Cass. 20 gennaio 1982, n. 363; 2 febbraio 1982, n. 610; 7 aprile 1987, n. 3351; 2 luglio 1997, n. 5944).
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2934, 2935 c.c., deducendo che la dichiarazione del sinistro alla società assicuratrice costituisce atto di esercizio del diritto al conseguimento del risarcimento, poiché ne è implicita la richiesta, cosicché, nel caso di specie, era da escludere l'intervenuta prescrizione.
Anche tale motivo è fondato.
L'avviso di sinistro (art. 1913 c.c.) svolge la funzione di mettere l'assicuratore in grado di accertare tempestivamente le cause del sinistro e l'entità del danno prima che possano disperdersi le eventuali prove. Tale funzione non esclude, peraltro che l'atto scritto con cui l'assicurato dà notizia all'assicuratore del verificarsi dell'evento coperto da garanzia - e, come nel caso di specie di assicurazione contro il furto, anche del valore assicurato - consista anche in un atto di costituzione in mora idoneo ad interrompere la prescrizione. Se è vero, infatti, che l'avviso di sinistro costituisce un onere per l'assicurato, potendo incidere sul diritto all'indennità (art. 1915 c.c.), è pur vero che l'assicurato comunica l'evento all'assicuratore proprio al fine di ottenere l'indennità e che, nella normalità dei casi, l'atto in questione è espressione inequivoca della volontà di ottenere l'adempimento da parte dell'assicuratore. Per altro verso, l'unico requisito formale richiesto dalla legge per la costituzione in mora è la richiesta scritta di adempimento (Cass. 6 agosto 1996, n. 7181); mentre, sotto il profilo sostanziale, la manifestazione di volontà del titolare di far valere il suo diritto non richiede formule particolari e neppure l'esatta indicazione dell'ammontare del credito (Cass. 5 marzo 1976, n. 737; 2 dicembre 1982, n. 6567).
In conclusione, il Collegio, discostandosi da Cass. 3 luglio 1993, n. 7276 (che, sia pure a livello di "obiter dictum", considera l'avviso di sinistro privo degli effetti di un atto di costituzione "in mora") ritiene che l'avviso scritto di sinistro dato all'assicuratore costituisca anche manifestazione della volontà dell'assicurato di esercitare il diritto all'indennità e consista dunque in un atto di costituzione in mora idoneo ad interrompere la prescrizione, salvo che il tenore specifico dell'avviso di sinistro sia tale da far escludere che con esso l'assicurato abbia inteso far valere anche la propria pretesa.
L'errore nel quale è incorsa la Corte territoriale sta nell'avere escluso, con valutazione aprioristica, che la denunzia del furto, con gli estremi della polizza e il valore assicurato potesse consistere in quella manifestazione di volontà volta ottenere il soddisfacimento del proprio diritto.
In conclusione, il ricorso dev'essere accolto e la sentenza impugnata dev'essere cassata con rinvio, anche per le spese di questa fase, ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli.