Diritto dei trasporti
1995 463

Enzo Fogliani
TARIFFE DI TRASPORTO URBANO
 E DIRETTIVA CEE SULLE CLAUSOLE ABUSIVE

    Con recente provvedimento riportato dalla stampa quotidiana sono state aumentate le tariffe per il trasporto urbano pubblico della rete autofilotranviaria e metropolitana di Roma. In relazione a ciò é stato disposto che i biglietti acquistati dagli utenti prima dell'aumento tariffario possono essere sostituiti previo conguaglio con le nuove tariffe entro un determinato periodo di tempo; dopo di che gli stessi non saranno più considerati validi.
 
    Considerato che il rapporto che viene ad instaurarsi fra l'azienda di trasporto e l'utente é pur sempre un contratto di natura privatistica, sorge spontaneo chiedersi se tali provvedimenti unilaterali siano da ritenersi legittimi nei confronti dell'utente sia alla luce della normativa nazionale, sia alla luce della direttiva 13/93 CEE in tema di clausole abusive.
 
    Sotto l'aspetto pratico, l'azienda di trasporto si trova in posizione di perenne offerta al pubblico, al quale offre le sue prestazioni di trasporto. Acquistando il relativo biglietto, il passeggero accede all'offerta effettuando al contempo la propria prestazione mediante il versamento del corrispettivo. Ottiene quindi un documento di legittimazione (il biglietto) che gli dà diritto ad usufruire (nel momento che riterrà più opportuno e nell'ambito spazio-temporale del servizio offerto dall'azienda) del trasporto per cui ha già pagato appunto il corrispettivo. Il biglietto di trasporto fa prova della conclusione del contratto. Esso indica in genere l'oggetto della prestazione dedotta (per esempio: una corsa semplice su un veicolo dell'azienda) ma non porta in genere alcun limite di scadenza temporale entro il quale la prestazione debba essere richiesta.
 
    Questa essendo la fattispecie pratica relativa alla conclusione di contratti di trasporto urbano, é da chiedersi se sia legittimo il comportamento dell'azienda di trasporto pubblico. Essa infatti, pur essendosi impegnata ad effettuare una ben determinata prestazione ad un determinato corrispettivo - già incassato - si arroga il diritto di mutare unilateralmente il costo della prestazione, comminare decadenze nel diritto dell'utente di pretenderla e comunque (nel caso in cui l'utente non voglia accedere al pagamento del prezzo supplementare per la prestazione) recedere dal contratto senza versare alcunché al creditore adempiente.

    Si tratta a prima vista e senza necessità di molti approfondimenti di pretese illegittime. Sotto il primo profilo é di tutta evidenza che una volta che l'azienda di trasporto abbia incassato il corrispettivo per il proprio biglietto di viaggio é vincolata a rendere la suddetta prestazione al prezzo pattuito. Tanto più se si considera che il corrispettivo per il viaggio é già stato incassato dall'azienda al momento dell'emissione del biglietto, talché essa lucra comunque gli interessi su tali somme dal momento in cui le incassa al momento in cui effettua il servizio di cui esse sono corrispettivo.
 
    Sotto il secondo aspetto, é altrettanto evidente che la decisione unilaterale di porre un termine alla validità del biglietto dopo che lo stesso é stato rilasciato senza che ve ne fosse una va contro le norme relative sia alla prescrizione che alla decadenza nel diritto interno, in quanto viene da una delle parti posta (e per di più successivamente alla stipula del contratto) una deroga in peius alle norme inderogabili relative all'estinzione del diritto.
 
    Sotto il terzo profilo, atteso che secondo il nostro codice civile la facoltà di recesso deve essere previamente pattuita fra le parti, che possono per la stessa stabilire un corrispettivo, é altrettanto evidente che i recenti provvedimenti sono anche sotto questo profilo del tutto illegittimi.

    Per quanto riguarda poi l'esame di compatibilità con le norme della CEE dettate a tutela del consumatore, il risultato é parimenti negativo. La direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993 censura le clausole che autorizzano un contraente a modificare unilateralmente le condizioni di contratto senza valido motivo specificato nel contratto stesso (allegato, punto 1, lettera J), che permettono ad una parte di trattenere somme versate dal consumatore qualora quest'ultimo rinunci a concludere o ad eseguire il contratto, senza prevedere il diritto per il consumatore di ottenere un indennizzo per un importo equivalente qualora sia questa a recedere dal contratto (ivi lettera D), che autorizzano una parte a rescindere a sua discrezione il contratto qualora non sia riconosciuta al consumatore la stessa facoltà, nonché permettono alla suddetta parte di trattenere le somme versate quale corrispettivo per le prestazioni non ancora fornite, qualora sia detta parte a rescindere il contratto (ivi lettera F), che stabiliscono che il fornitore di servizi possa aumentarne il prezzo senza che il consumatore abbia il diritto corrispondente di recedere dal contratto se il prezzo finale é troppo elevato rispetto al prezzo concordato al momento della conclusione del contratto (ivi lettera L).
 
    Anche in questo caso appare di tutta evidenza che se l'operato delle aziende di trasporto pubblico avesse il supporto di clausole contrattuali di tal fatta esse dovrebbero considerarsi irrimediabilmente abusive. E spiace constatare che siffatto comportamento, censurabile come visto sia alla luce del diritto interno sia alla luce del diritto comunitario, sia avallato e sostenuto invece proprio dalla pubblica amministrazione che avrebbe al contrario il compito di tutelare il consumatore ed agire affinché le disposizioni della direttiva CEE siano applicate appieno nel nostro ordinamento.

 Enzo Fogliani