Le procedure di riassegnazione dei nomi a dominio italiane sono uno strumento introdotto dalla Naming Authority nell'agosto 2000 per combattere il fenomeno del cybersquatting, ossia l'accaparramento dei nomi a dominio. Esse traggono origine ed ispirazione dalle MAP (Mandatory Administrative Proceedings) [1]introdotte da ICANN alla fine del 1999 per combattere il cybersquatting nei gTLD .net, .com e .org.
Secondo le Regole di Naming italiane [2], sostanzialmente conformi alla Policy (UDRP) di ICANN, un nome a dominio si considera registratoabusivamente e viene quindi riassegnato ad un terzo che lo reclami, quando all'esito della procedura risultiche: a) il nome a dominio è identico o di similitudine tale da indurre in confusione in relazione ad un marchio o un nome proprio su cui il ricorrente vanta dei diritti; b) l'assegnatario del nome a dominio non abbia diritti o legittimi interessi in relazione al suddetto dominio; c) il nome a dominio sia stato registrato e venga usato in malafede.
Le procedure di riassegnazione sono gestite dagli "enti conduttori" [3], soggetti che fungono da cancelleria per i "saggi" cui sono affidate le decisioni. Il procedimento è piuttosto rapido. Il ricorrente (cioè colui che ritiene essergli stato sottratto illegittimamente un nome a dominio) presenta all'ente conduttore prescelto il ricorso e la relativa documentazione, versando quanto previsto dalle tariffe in vigore per il procedimento [4]. L'ente conduttore invia ricorso e documentazione all'assegnatario del nome a dominio contestato, invitandolo a far prevenire le proprie repliche e la documentazione a supporto delle sue difese. Una volta ricevute le repliche (o scaduto inutilmente il termine di 25 giorni senza che l'assegnatario ne abbia inviate), l'ente conduttore nomina un collegio di una o più persone (a seconda delle indicazioni del ricorrente) scelte fra un elenco di esperti selezionati dall'ente conduttore stesso. Entro 15 giorni [5] il Collegio decide sulla controversia. Se l'esito è favorevole al ricorrente (ossia se viene disposta la riassegnazione del nome a dominio) la Registration Authorityattua la decisione, salvo che entro il termine di 15 giorni lavorativi dalla data in cui le è pervenuta la decisione del collegio non riceva una comunicazione adeguatamente documentata da parte dell'assegnatario soccombente di aver iniziato un procedimento giudiziario in relazione al nome a dominio contestato [6].
Natura
delle procedure di riassegnazione.
Per esplicita dichiarazione normativa, la procedura di riassegnazione italiana "non ha natura giurisdizionale, e come tale non preclude alle parti il ricorso, anche successivo, alla magistratura o all'arbitrato"[7]. Al riguardo, oltre all'esplicito dato normativo, è stato evidenziato che
"il
saggio delle procedure di riassegnazione può soltanto o respingere
il ricorso, oppure accoglierlo, ordinando in questo caso o la cancellazione
del nome a dominio o la sua riassegnazione al ricorrente. Sono quindi in
ogni caso esclusi la possibilità di condannare una delle parti a
rimborsi di spese o al risarcimento dei danni, risolvendosi il dictum del
saggio non in una condanna a carico di una delle parti, bensì in
un ordine (rispettivamente rimozione della contestazione, di revoca o di
riassegnazione del nome a dominio) alla Registration Authority.
Ma la maggior prova della carenza di carattere giurisdizionale in queste procedure è la circostanza che esse non possonoessere intraprese se è già in corso un arbitrato o un giudizio innanzi al giudice ordinario, e se intraprese vengono interrotte nel momento in cui un tale giudizio venga introdotto da una delle due parti." (EUROCARD.IT, 15/1/2001, saggio Emanuela Quici, su https://www.crdd.it/decisioni/eurocard.htm).
Dalla natura non giurisdizionale è stata dedotta la impossibilità di eccepire nel procedimento la carenza di competenza o di giurisdizione:
"Anche
la eccezione di difetto di competenza e di carenza di giurisdizione appare
infondata e deve essere respinta. Le procedure di riassegnazione non hanno
infatti carattere giurisdizionale (come esplicitamente previsto dall'art.
16.2, III comma delle regole di naming) ed essendo tali non è quindi
ipotizzabile un difetto di giurisdizione. Da ciò discende la infondatezza
della ulteriore eccezione secondo la quale la ricorrente Forall, adendo
in via cautelare al tribunale di Verona, ne avrebbe riconosciuto la esclusiva
giurisdizione." (FORALL.IT,
25/9/2001, saggio Fabio Salvatori, su https://www.crdd.it/decisioni/forall.htm).
Le procedure di riassegnazione vengono quindi configurate come procedimenti di carattere "amministrativo" svolti nel contraddittorio delle parti:
"Allorché,
nel 1999, è stata introdotta la possibilità per i richiedenti
di autocertificare quanto dichiarato nella lettera di assunzione di responsabilità,
si è avuta la necessità di creare strumenti di controllo
per la verifica di tali dichiarazioni. Tale verifica è stata attuata
mediante le previsioni di richiesta di documentazione (artt. 13.2 e 13.3
regole di naming) e mediante la procedura di riassegnazione, che tende
a verificare la rispondenza al vero della dichiarazione, contenuta nella
lettera di assunzione di responsabilità, con la quale il richiedente
il nome a dominio dichiara "di avere titolo all'uso e/o disponibilità
giuridica del nome a dominio richiesto e di non ledere con tale richiesta
di registrazione diritti di terzi".
La
circostanza che questo tipo di verifica sia svolto non d'ufficio, ma su
sollecitazione ed in contraddittorio con un soggetto che assume leso un
proprio diritto non muta la natura della procedura, che rimane pur sempre
di tipo amministrativo. Del resto, è ormai principio fondamentale
del nostro ordinamento che anche nelle procedure amministrative i titolari
di un diritto od un interesse qualificato siano ammessi a contraddire nell'ambito
di un procedimento amministrativo, senza che ciò ne comporti la
natura giurisdizionale." (CORSERA.IT,
6/4/2001, saggio Maria Luisa Buonpensiere, su https://www.crdd.it/decisioni/corsera.htm;
conforme, FORALL.IT, 25/9/2001, saggio Fabio Salvatori, su https://www.crdd.it/decisioni/forall.htm).
Per tale motivo non si ritiene necessaria un'autonoma adesione del resistente, nè che le relative norme siano sottoscritte dalle parti ai sensi dell'art. 1341 c.c.:
"Infondata
anche la eccezione secondo la quale la procedura sarebbe inapplicabile
alla Wintrade per non aver essa sottoscritto specificamente per approvazione
ex art. 1341 c.c. le asserite "condizioni particolarmente onerose e vessatorie,
quali ad esempio le limitazioni di responsabilità se non per colpa
grave o dolo da parte dell'ente deputato alla riassegnazione del nome a
dominio". Anzitutto, si osserva che l'art. 1341 c.c. è applicabile
alle clausole che stabiliscono, a favore di cui ha predisposto il contratto,
le clausole cosidette vessatorie; che non è certo il caso di specie.
Anche a voler dare alle regole di naming valenza esclusivamente contrattuale
(del che si dubita), va osservato che esse non sono state predisposte nè
dalla Registration Authority, nè tantomeno dai singoli enti conduttori.
Esse sono state invece stabilite da un ente terzo, la Naming Authority,
la quale è l'ente rappresentativo della comunità di Internet
aperto all'adesione di tutti gli utenti stessa. E' la Naming Authority
che mediante i suoi quasi 400 iscritti, attraverso i meccanismi previsti
dallo statuto predispone democraticamente le regole di naming." (FORALL.IT,
25/9/2001, saggio Fabio Salvatori, su https://www.crdd.it/decisioni/forall.htm).
Nè la procedura può essere configurata quale mandato dato dalle parti al saggio incaricato della decisione:
"Così
come la Registration Authority non ha bisogno di alcun mandato della parte
interessata per chiedere la documentazione cartacea comprovante le altre
dichiarazioni contenute nella lettera di assunzione di responsabilità
(art. 13.2 delle regole di naming), così nessun mandato è
necessario perchè il nome a dominio sia sottoposto alla procedura
di riassegnazione. Andando di contrario avviso, si avrebbe l'assurdo che
il controllo delle dichiarazioni dell'assegnatario (cosi come la sottoposizione
del dominio alla procedura di riassegnazione) sarebbe possibile solo in
presenza del beneplacito dell'assegnatario stesso; il che appare assurdo."
(FORALL.IT, 25/9/2001, saggio Fabio Salvatori, su https://www.crdd.it/decisioni/forall.htm).
Procedura
di riassegnazione, arbitrato della Naming Authority e procedimento giudiziario.
Da quanto appena esposto emerge chiaramente la differenza fra le procedure di riassegnazione e l'arbitrato, pure previsto dalle regole di naming:
"Non
deve infatti essere confuso l'arbitrato irrituale previsto dall'art. 15
delle regole di naming con le procedure di riassegnazione previste dal
successivo art. 17. Mentre il procedimento previsto dall'art. 15 è
ex professo un arbitrato a carattere giurisdizionale, le procedure di riassegnazione
sono soltanto un modo con cui verificare, in via amministrativa, la correttezza
delle dichiarazioni effettuate dall'assegnatario di un nome a dominio al
momento della registrazione." (...) "E'
evidente in questo che non si tratta affatto di un arbitrato, dato che,
in caso contrario, da un lato sarebbe il giudizio innanzi al giudice ordinario
a dover cedere il passo di fronte ad una eccezione di carenza di giurisdizione
a favore di una procedura di riassegnazione, dall'altro, nella concorrenza
fra i due procedimenti non sarebbe certo la procedura di riassegnazione
a dover essere interrotta o posta nel nulla (EUROCARD.IT,
15/1/2001, saggio Emanuela Quici, su https://www.crdd.it/decisioni/eurocard.htm).
Oltre alla diversa fonte normativa e alla diversa natura, la giurisprudenza ha sottolineato la inapplicabilità delle norme sostanziali previste per le procedure di riassegnazione all'arbitrato e viceversa:
"La
differenza fra le norme applicabili al merito delle procedure di riassegnazione
e quelle applicabili all'arbitrato è stata poi anche evidenziata
dalla dottrina, la quale ha evidenziato come non necessariamente una controversia
sottoposta ad una procedura di riassegnazione abbia lo stesso esito che
avrebbe se sottoposta al collegio arbitrale o alla magistratura ordinaria,
avendo le procedure di riassegnazione come punto centrale non tanto il
diritto del ricorrente sul nome a dominio contestato, quanto la buona fede
dell'assegnatario nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio.
Ed in effetti, le disposizioni di cui all'art. 16 delle regole di naming
sono tanto precise e chiare nel delimitare il loro ambito di applicazione
alle procedure di riassegnazione da escludere la possibilità di
applicazione analogica ad altro procedimento; così come, del resto,
sono altrettanto precise le indicazioni in tema di arbitrato. Secondo l'art.
15.6, I comma delle regole di naming, "Gli arbitri giudicano non secondo
equità, quali amichevoli compositori, sulla base delle presenti
regole di naming e delle norme dell'ordinamento italiano". Al contrario,
nelle norme relative alle procedure di riassegnazione non si rinviene alcun
richiamo all'equità; anzi, la normativa sulla cui base i saggi devono
pronunciarsi è estremamentedettagliata,
con precise indicazioni e presunzioni (spesso significativamente diverse
da quelle di legge) che non lasciano alcuno spazio all'equità del
giudicante." (Lodo arbitrale CYBERSEARCH.IT, 2/8/2001, su https://www.nic.it/NA/arbitri/cybersearch-it.pdf).
La autonomia delle norme sulla base delle quali devono basarsi le decisioni nelle procedure di riassegnazione e la diversità, in alcuni punti, da quelle di diritto comune, è ben presente nelle decisioni dei saggi:
"Punto
focale delle procedure di riassegnazione non è tanto valutare nel
dettaglio se il resistente abbia o meno diritto al nome a dominio e, se
lo abbia, se esso debba essere prevalente rispetto a quello, concorrente,
di chi il nome a dominio ha contestato; quanto piuttosto accertare se il
nome a dominio sia stato registrato in malafede da chi non ne avesse diritto.
Tale
aspetto emerge di tutta evidenza considerando quanto disposto dall'art.
16.6 delle regole di Naming (corrispondente all'art. 4 della Policy di
Icann). L'ultimo comma di questoarticolo,
infatti, impone al saggio di respingere il ricorso anche in ipotesi in
cui il resistente, pur non avendo alcun diritto sul nome a dominio, lo
abbia registrato e lo stia utilizzando in buona fede.
In
tali ipotesi, appare evidente come la stessa questione sottoposta al giudice
ordinario potrebbe avere esito diverso da quello che avrebbe se sottoposta
alle procedure di riassegnazione. Il primo, infatti, potrebberilevare
l'assenza di un diritto in capo al resistente, e quindi accogliere la domanda
del ricorrente, a nulla rilevando la circostanza che il nome a dominio
sia stato o meno registrato in buona fede; il saggio incaricato di una
procedura di riassegnazione, al contrario, non potrebbe cherespingere
la domanda del ricorrente, essendogli imposto dalle regole di naming di
valorizzare e riscontrare comunque l'elemento costituito dalla buona fede
nella registrazione del nome a dominio."
(GENTE.IT, 16/5/2002, saggio Francesco Trotta, su https://www.crdd.it/decisioni/gente.htm).
Per quanto sopra, la giurisprudenza maggioritaria non si ritiene legittimata a valutare questioni inerenti la valutazione di diritti fra loro concorrenti:
"Il
collegio non ha i poteri di valutare l'eventuale legittimità omeno
di una denominazione sociale in relazione alla violazione di un marchio
registrato, decisione riservata all'autorità giudiziaria ordinaria".
(TUTTOMOTO.IT, 23/7/2001 saggio Fabio Massimi, su https://www.crdd.it/decisioni/tuttomoto.htm;
PONZI.IT, 22/8/2001, saggio Raffaele Sperati, su https://www.crdd.it/decisioni/ponzi.htm)
Le fonti
Secondo
l'art. 16.4 delle regole di naming, la procedura di riassegnazione è
regolata:a) dalle regole di naming [8];b)
dalle norme contenute nel documento "Procedura di riassegnazione di
nome a dominio" [9],
che fanno parte integrante delle regole di naming; c) dalle eventuali disposizioni
di attuazione predisposte da ciascun ente conduttore ed approvate dal Comitato
esecutivo.
A
sua volta, l'art. 15 della "Procedura di riassegnazione di nome a dominio"prevede
che la decisione sia presa in conformità
alle regole di naming, alle norme dettate dalla "Procedura
di riassegnazione di nome a dominioed
ai principi di diritto dell'ordinamento italiano.
La disciplina sostanziale delle procedure, ossia le norme sulla loro natura giuridica, sui principi cui deve essere informata la decisione, sugli effetti della decisione e via dicendo, si trova nell'art. 16 delle regole di naming [10]. Gli aspetti di carattere più spiccatamente procedimentale e di dettaglio si trovano invece nella "Procedura di riassegnazione del nome a dominio".
Per
quanto riguarda infine le "disposizioni di attuazione", esse sono normativa
di dettaglio di carattere procedurale che i singoli enti conduttori sono
liberi di adottare o meno [11].
Tali disposizioni di attuazione non possono essere in contrasto con le
regole di naming e devono riferirsi ad aspetti secondari quali le tariffe,
i limiti sulla lunghezza dei procedimenti, le direttive sulle loro impostazioni,
i mezzi di comunicazione tra ente conduttore e i propri collegi, nonché
la modulistica [12].
Per
effetto di quanto disposto dall'art. 15 della "Procedura di riassegnazione
di nome a dominio", il ricorso ai principi dell'ordinamento italiano
si presenta come sussidiario. Le norme disposte dalle regole di naming
si presentano quindi come norme speciali rispetto alle norme di diritto
comune e trovano applicazione prima ed in luogo di eventuali norme di diritto
comune [13].
Nelle decisioni finora rese si è fatto ampio ricorso alle norme del vigente codice di procedura civile per integrare le lacune lasciate dalle regole di naming. Sono state quindi applicate le norme relative alla notifica degli atti a mezzo posta [14], alla necessaria corrispondenza fra richiesto e pronunciato [15], al principio del contraddittorio [16]e sull'intervento adesivo.
Nel merito, il rinvio alla legge statale viene spesso effettuato per stabilire se l'assegnatario abbia o meno diritto al nome a dominio di cui chiede la riassegnazione. Si è fatto così ricorso in particolare al codice civile in relazione al diritto al nome delle persone fisiche [17] ed alla concorrenza sleale [18], ed alla legge marchi [19].
Legittimazione attiva.
Secondo l'art. 4 delle regole di Naming, i nomi a dominio sotto il ccTLD .it possono essere registrati da soggetti appartenenti alla Unione Europea. Di conseguenza, la riassegnazione di un nome a dominio può essere effettuata soltanto a favore di un tale soggetto. Ciò peraltro non era inizialmente considerato ostativo a una procedura di riassegnazione anche da parte di soggetti extraeuropei, in quanto le regole di naming, sulla base delle MAP di ICANN, venivano interpretate nel senso che, oltre alla riassegnazione del dominio, potesse anche essere richiesta la sola cancellazione. Ciò anche sulla scorta del chiaro disposto dell'art. 4 delle regole di naming, secondo il quale chiunque può contestate un nome a dominio [20], e dell'art. 1 delle procedure di riassegnazione, secondo il quale chiunque poteva iniziare una procedura di riassegnazione [21].
Sulla base di tale interpretazione era stata ritenuta la legittimazione attiva di soggetti extraeuropei alle procedure di riassegnazione, seppur al limitato fine di richiedere la sola cancellazione e non anche la riassegnazione del nome a dominio contestato [22].
Successivamente,
le regole di naming sono state modificate nel senso di escludere esplicitamente
la possibilità di richiedere la sola cancellazione del nome a dominio
contestato [23]
e di rendere possibile l'esperimento delle procedure di riassegnazione
solo ai soggetti legittimati alla sua registrazione[24].
Quindi, in relazione alla nazionalità sono legittimati ad esperire la procedura di riassegnazione solo gli appartenenti alla Unione europea [25]. Peraltro, la giurisprudenza ammette nelle procedure l'intervento adesivo di soggetti extraeuropei, purché una almeno delle parti sia legittimata alla registrazione nel ccTLD .it e la riassegnazione venga richiesta a favore di tale soggetto [26].
La legittimazione attiva alla procedura e alla conseguente registrazione del nome a dominio è stata riconosciuta, oltre che ai titolari di nomi o marchi identici o simili al nome a dominio contestato, anche a licenziatari e mandatari senza rappresentanza autorizzati a registrare il nome a dominio in nome proprio e per conto del mandante extraeuropeo [27].
Nessun problema si è posto invece per quanto riguarda la legittimazione passiva a contraddire nella procedura. Essa spetta al soggetto risultante come intestatario del nome a dominio nel database whois pubblico presso la Registration Authority [28], su cui a cura di quest'ultima sono riportati i dati degli assegnatari così come risultanti dalle lettere di assunzione di responsabilità sulla base dei quali i nomi a dominio sono assegnati [29].
Provvedimenti ottenibili nella procedura.
Come visto, le attuali regole di naming prevedono come esito della procedura soltanto l'accoglimento del ricorso, con conseguenteriassegnazione del nome a dominio contestato, o la sua reiezione[30]. Quali pronunce accessorie, su richiesta della parte interessata è ammessa la dichiarazione di reverse domain name hijacking (nel caso di reiezione del ricorso) [31] e la disposizione di non pubblicazione di tutta o parte della decisione [32].E' escluso qualsiasi altro provvedimento [33].
I saggi quindi, non possono disporre risarcimenti del danno a favore di una parte:
"Ciò
ovviamente non significa che il siffatto utilizzo del nome a dominio gente.it
da parte della resistente non possa comportare un danno, sul piano dell'immagine,
alla Rusconi Editore (...). Ma ciò, come detto, esula dalla questione
e dagli argomenti che possono essere sottoposti al giudizio del saggio
nelle procedure di riassegnazione".
(GENTE.IT, 16/5/2002, saggio Francesco Trotta, su https://www.crdd.it/
decisioni/gente.htm).
I saggi non possono parimenti condannare il resistente soccombente al rimborso al ricorrente delle spese della procedura, né condannare il ricorrente soccombente al risarcimento delle spese processuali di difesa incontrate dal resistente.
"La
richiesta [della resistente di condanna alrisarcimento
delle spese incontrate per la difesa nellaprocedura,
n.d.r.] è inammissibile e non può essere accolta, in quanto
esula dai poteri dati ai saggi nelle presenti procedure dalle regole di
naming. Esse infatti prevedono unicamente che il saggio possa respingere
il ricorso oppure accoglierlo, disponendo la revoca del nome a dominio
contestato o la sua riassegnazione al ricorrente. La condanna della parte
soccombente non rientra nell'ambito delle procedure, nè potrebbe
comunque rientrarci, essendo propria di procedimenti di natura giurisdizionale
che queste procedure non hanno." (EUROCARD.IT,
15/1/2001, saggio Emanuela Quici, su https://www.crdd.it/decisioni/eurocard.htm;
VILLAMAZZUCCHELLI.IT, 9/3/2002, saggio Francesco Trotta, su https://www.crdd.it/decisioni/villamazzucchelli.htm;
conforme, PASTAPEDONE.IT, 14/10/2001, saggio Giovanni Ziccardi, su https://www.nic.it/NA/maps/dec/pastapedone-it.txt).
Per quanto riguarda le pronunce accessorie, particolare importanza riveste quella che dichiara il reverse domain name hijacking, ossia che la procedura di riassegnazione è stata instaurata in malafede per screditare l'assegnatario o ottenerne indebiti vantaggi.
E' stata ritenuta l'esistenza di reverse domain name hijacking nel caso di una società che, volendo appropriarsi di un dominio di una concorrente sul quale era istallato un portale dedicato all'attività svolta da entrambe le imprese, aveva mutato la propria denominazione sociale assumendone una identica al dominio registrato dalla concorrente ed aveva quindi avviato una procedura di riassegnazione per sottrarlo all'assegnatario:
"Orbene,
appare del tutto inverosimile che una società di un gruppo che già
da un paio d'anni aveva concepito un portale sul mondo dei dvd e che ha
registrato parecchi nomi a dominio contenenti proprio il termine dvd non
si accerti, prima di cambiare la propria denominazione sociale, che altri
non abbiano registrato su internet un dominio dallo stesso nome.
Esaminando
poi il portale esistente sul dominio dvd.it e la documentazione prodotta
agli atti dalla resistente relativa al progetto di utilizzazione del dominio
dvditalia.it, appare evidente che le due iniziative appaiono del tutto
simili fra loro. Entrambi i portali (quello in linea su dvd.it e quello
progettato dalla Stemma s.r.l.) pubblicizzano il mondo dei dvd, segnalando
le novità in uscita, recensendone i titoli, consentendo l'acquisto
on-line e via dicendo.
Se
a ciò si aggiunge che dalla documentazione agli atti risulta piuttosto
evidente che ricorrente e resistente agiscono nello stesso settore di mercato,
ossia la commercializzazione di dvd, il quadro che ne risulta è
ben diverso da quello presentato dalla ricorrente nel suo ricorso; ossia,
non appare essere la resistente ad aver agito in malafede registrando il
nome a dominio, bensì la ricorrente, che con la presente procedura
ha cercato di accaparrarsi il dominio registrato dalla sua concorrente
al solo fine di escluderla dal mercato anche da essa resistente occupato.Si
ritiene quindi che il ricorso sia stato proposto in malafede."
(DVDITALIA.IT, 13/11/2001, saggio Giuseppe Loffreda, su https://www.crdd.it/decisioni/dvditalia.htm).
L'esistenza di reverse domain name hijacking è stata ritenuta anche nell'ipotesi in cui il ricorrente abbia intentato una procedura basando la domanda su documenti artatamente procurati al fine di precostituire una prova della malafede dell'assegnatario del nome a dominio:
"Il
Collegio ritiene, in effetti, che sussistano elementi sufficienti per affermare
che il ricorrente abbia abusato della procedura di riassegnazione di cui
all'art. 16.6 delle regole di naming. Circostanze decisive sono, a tale
riguardo, il fatto che il sito del Consorzio era ospitato all'interno del
dominio contestato (cfr. doc. 11 allegato alla replica) proprio su richiesta
del ricorrente, che quest'ultimo era a conoscenza del fatto (né
date le circostanze poteva essere altrimenti) che il resistente utilizzava
il nominativo "Cimone" per identificare la propria attività di internet
provider (cfr. docc. 2-6 allegati alla replica) e che vi sono indizi sufficientemente
concreti per ritenere che la richiesta rivolta dal Consorzio alla Ricci
& Caselli di indicare per iscritto l'ammontare del corrispettivo richiesto
per la cessione del dominio cimone.it sia stata formulata proprio al fine
di tentare di precostituirsi la prova della malafede della resistente."
(CIMONE.IT, 3/8/2001, saggio Anna Carabelli, su https://www.nic.it/NA/maps/dec/cimone-it.html)
Non è invece stata mai ordinata la non pubblicazione della decisione, in quanto, nei casi in cui è stata richiesta, il saggio non ha mai ritenuto sussistessero gli "eccezionali motivi" per i quali essa può essere disposta:
"La
resistente ha chiesto che la decisione non venga resa pubblica per impedire
la diffusione di informazioni relative al proprio progetto imprenditoriale.
Ritiene il collegio che tale richiesta non meriti essere accolta, in quanto
da un lato nella presente decisione non sono contenute informazioni che
non possano essere rinvenute dal pubblico sul web dei domini facenti parte
del progetto esposto nelle proprie difese dalla Vaionline; dall'altro,
il progetto stesso appare già sufficientemente definito ed attivato
tanto da poter invocare un'eventuale tutela nei confronti di chi volesse
appropriarsene." (OZEGNA.IT,
9/1/2001, saggio Giuseppe Loffreda, su https://www.crdd.it/decisioni/ozegna.htm;
conforme, RAPOLLA.IT, 14/2/2001, saggio Flavio Bindi, suhttps://www.studiobindi.it/ente/decisione01.html).
In altra occasione, non è stato ritenuto sufficiente a motivare la richiesta non pubblicazione della decisione il generico richiamo alla legge sulla privacy:
"Al
riguardo, premesso che Wintrade, sia al momento della registrazione del
nome a dominio in contestazione, sia la momento della conclusione del contratto
maintainer con la Registration Authority, ha accettato disottoporsi
alle regole di naming che prevedono la pubblicità delle decisioni,
il generico richiamo alla legge 675/1996 non appare motivazione sufficiente
per l'accoglimento della istanza di non pubblicazione. Nella presente decisione,
infatti, non sono contenuti riferimenti a dati "sensibili" delle parti,
ma soltanto dati di fatto già di pubblico dominio, quali i contenuti
del data base della Registration Autority, le ordinanze cautelari del tribunale
di Verona, i contenuti di siti internet accessibili al pubblico.
E'
d'altra parte ben maggiore l'interesse del pubblico e dell'utenza - anche
per consentire il controllo dell'operato dei saggi e degli enti conduttori
e conoscere le motivazioni delle decisioni - a che la presente pronuncia
sia resa pubblica." (FORALL.IT,
25/9/2001, saggio Fabio Salvatori, su https://www.crdd.it/decisioni/forall.htm).
Per il resto, come detto, non sono ammesse pronunce accessorie al di fuori di quelle espressamente previste:
"Non
è infatti previsto che all'esito della procedura il saggio abbia
il potere di dichiarare "formalmente scorretto" un comportamento processuale
delle parti, né, soprattutto, si vede quale effetto giuridico -
una volta che sia stata resa la decisione sulla riassegnazione o meno del
nome a dominio - possano avere tali dichiarazioni del saggio.
Pertanto,
fermo restando che comunque il comportamento processuale delle parti non
può non essere valutato da chi è incaricato di decidere la
controversia, i capi di domanda posti dalla ricorrente in via preliminare
devono essere dichiarati inammissibili laddove, oltre che avere lo scopo
di sollecitare al saggio la valutazione di determinati comportamenti processuali
di controparte, pretendano un formale provvedimento diverso dalla riassegnazione
del nome a dominio (o, nel caso del resistente, di dichiarazione di reverse
domain hijacking)". (VILLAMAZZUCCHELLI.IT,
9/3/2002, saggio Francesco Trotta, su https://www.crdd.it/decisioni/villamazzucchelli.htm)
Procedibilità
del ricorso.
Per poter essere sottoposto a procedura di riassegnazione, un dominio deve essere stato contestato presso la Registration Authority [34]. La contestazione si effettua mediante l'invio a quest'ultima di una raccomandata a.r., nella quale sono indicate le generalità del mittente, il nome a dominio contestato, i motivi della contestazione, il pregiudizio subito dal mittente o ilproprio diritto che questi assume leso [35].Una volta ricevuta la contestazione, la Registration Authority la annota sul proprio data base; quindi invia all'assegnatario avviso della contestazione. Da quel momento, il nome a dominio viene "bloccato" dalla Registration Authority, nel senso che non può venire trasferito dall'assegnatario se non a chi lo ha contestato.
Il carattere di "condizione di procedibilità" e lo scopo della contestazione del nome a dominio sono state così evidenziate nella giurisprudenza:
"Ciò
è più che sufficiente a ritenere sussistente
la condizione di procedibilità della procedura di riassegnazione.
La contestazione del nome a dominio è infatti atto diretto alla
Registration Authority, il cui scopo è quello di rendere noto all'ente
di registrazione l'esistenza di una controversia, in maniera tale che il
suddetto ente non consenta il trasferimento del nome a dominio ad altri
che non sia chi l'ha contestato finché la contestazione non viene
risolta". (VILLAMAZZUCCHELLI.IT, 9/3/2002, saggio Francesco Trotta,
su https://www.crdd.it/decisioni/villamazzucchelli.htm)
L'esistenza di una contestazione da parte di un soggetto non esclude che altre ne possano essere effettuate in seguito da terzi che assumano la registrazione lesiva di un proprio diritto. In questo caso, il primo fra più contestanti che ottenga una decisione per la riassegnazione sarà quello che otterrà il nome a dominio.
Anche se la Registration Authority ha 10 giorni di tempo per comunicare la contestazione all'assegnatario [36], i suoi effetti, ai fini della procedibilità della procedura di riassegnazione, si verificano al momento in cui la contestazione viene ricevuta dalla Registration Authority stessa.
"Ne
consegue che la contestazione del nome a dominio è atto di natura
recettizia, nel senso che svolge il suo effetto allorché viene ricevuto
dalla Registration Authority" (VILLAMAZZUCCHELLI.IT,
9/3/2002, saggio Francesco Trotta, su https://www.crdd.it/decisioni/villamazzucchelli.htm).
L'eventuale mancata annotazione della contestazione sul data base della Registration Authority o la mancata ricezione da parte dell'assegnatario del relativo avviso non impediscono l'inizio della procedura:
"La successiva annotazione della contestazione sul database della Registration Authority e la sua comunicazione all'assegnatario sono adempimenti successivi a carico della Registration Authority non aventi carattere costitutivo della contestazione stessa, ma semplicemente finalità di renderla pubblica e nota".(VILLAMAZZUCCHELLI.IT, 9/3/2002, saggio Francesco Trotta, su https://www.crdd.it/decisioni/villamazzucchelli.htm).
(..
continua..)