Vorrei fare alcune brevi considerazioni in merito alla relazione del prof. Silingardi, ed in particolare alle sue osservazioni - espresse verbalmente in modo assai più ampio di quanto traspaia dal suo scritto - in relazione alla giurisprudenza in tema di trasporto multimodale.
Premesso che condivido sostanzialmente le affermazioni del prof. Silingardi, ed in particolare quelle sulla discutibilissima interpretazione della C.M.R. da parte della nostra corte di cassazione, mi sia permessa una brevissima difesa d'ufficio della nostra magistratura di merito.
E' stato evidenziato che mentre nel caso del leasing la giurisprudenza ha svolto una meritoria opera di creazione della tipologia legale, nel trasporto multimodale ciò non è avvenuto.
Il rilievo è indubbiamente e oggettivamente fondato. Peraltro, esaminando le parallele vicende giurisprudenziali di leasing e trasporto multimodale, non si può fare a meno di notare che sia i giudici che il periodo temporale sono gli stessi. E se il "fattore giudice" è lo stesso nelle due vicende, mi sembra che l'elemento che ha prodotto una così diversa evoluzione fra leasing - giunto per merito della giurisprudenza ad una precisa tipologia legale - e trasporto multimodale non possa semplicemente indicarsi nella diversa sensibilità dei giudicanti ai due diversi tipi contrattuali, ma debba essere ricercata altrove.
A mia avviso, l'elemento determinante è costituito da ciò che è stato sottoposto ai giudici. Essi non decidono sulla base di quanto afferma la dottrina o adeguandosi alla prassi internazionale, ma sulla base dei contratti ad essi sottoposti nei casi specifici. E qui le differenze fra le vicende del leasing e quelle del trasporto multimodale sono evidenti. Nel primo caso sono stati sempre sottoposti ai giudici contratti in genere completi, precisi, continuamente aggiornati dai loro redattori sulla base dell'evolversi della dottrina e della giurisprudenza; e su tal basi è stata creata la tipologia legale della locazione finanziaria.
Nelle cause di trasporto, invece, è addirittura raro che venga esibito in giudizio un contratto (o un documento) di trasporto multimodale; e quei pochi prodotti sono di qualità giuridica tale da non consentire certo una ricostruzione di modello legale tipico o addirittura di un sistema, che a livello normativo ancora non esiste.
Con questo non voglio certo dire che la sensibilità dei magistrati nei confronti del trasporto multimodale non possa e non debba essere con ogni mezzo migliorata (ad esempio, invitandoli nei nostri convegni, nelle cui discussioni sono sempre chiamati in causa, ma in contumacia). Mi sembra però evidente che se in Italia la via della tipizzazione dovrà passare attraverso la giurisprudenza, come avvenuto per il leasing, il primo passo dovrà essere intrapreso dagli operatori del settore. Sono loro infatti i primi - in mancanza di adeguati strumenti normativi - a dover porre nella prassi le basi del sistema, adottando strumenti contrattuali precisi e completi. I giudici possono legalmente conoscere solo ciò che le parti sottopongono loro nel corso del giudizio; e solo se potranno esaminare veri contratti, tecnicamente ben fatti e congegnati, la giurisprudenza potrà rilevare gli elementi tipici del contratto di trasporto multimodale, rendendolo un tipo legale come ha già fatto con il leasing.