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1998 | 714 |
CORTE COSTITUZIONALE 19 LUGLIO 1996 N. 264
Pres. FERRI - Rel. SANTOSUOSSO
Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Fiengo)
c. Regione Valle d'Aosta (avv. G. Romanelli).
Infrastrutture dei trasporti - Strade comunali e regionali - Tariffa d'uso -Istituzione - Legittimità costituzionale.
Infrastrutture dei trasporti - Strade comunali e regionali - Tariffa d'uso - Esonero - Ragionevolezza - Legittimità.
RIASSUNTO DEI FATTI:
Con delibera legislativa del 23 novembre 1995, il Consiglio Regionale
della Regione Autonoma Valle d'Aosta ha riapprovato, con modifiche, la
propria precedente delibera legislativa del 26 luglio 1995, a seguito di
rinvio disposto dal Presidente della Commissione di coordinamento. Con
tale delibera legislativa è stata prevista l'istituzione di una
tariffa per l'utilizzazione di strade di competenza comunale e regionale
interessate da elevata congestione di traffico veicolare. Il rinvio a nuovo
esame da parte del Presidente della Commissione di coordinamento era stato
motivato per il supposto contrasto del deliberato legislativo regionale
con gli art. 3, 16, 41 e 120 Cost., nonché con il Trattato istitutivo
della Comunità Economica Europea. Con il ricorso deciso dalla Corte
costituzionale con la sentenza in esame la Presidenza del Consiglio dei
Ministri ha denunziato la presunta illegittimità della disciplina
regionale rispetto agli art. 3, 16, 41 e 120 Cost., mentre non ha riproposto
la tesi della sua incompatibilità con il Trattato di Roma del 1957.
MASSIME:
È legittima, rispetto agli art. 16 e 120 Cost., l'istituzione,
da parte della Regione Valle d'Aosta, di una tariffa per l'uso di strade
comunali e regionali, che non abbia carattere generalizzato o durata permanente.
È legittima, rispetto agli art. 3 e 41 Cost., la previsione
dell'esonero dalla tariffa d'uso di strade comunali o regionali, per i
veicoli dei soggetti residenti nella zona servita dalla strada o tratto
di essa su cui si applica la tariffa, o proprietari di beni immobili
situati nella zona stessa, nonché per i veicoli degli operatori
economici della medesima zona, o fornitori e dipendenti di questi ultimi,
e per i turisti che pernottino nelle strutture ricettive della zona).
SENTENZA:
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1998 | 731 |
Infrastrutture dei trasporti - Transito stradale attraverso il Monte Bianco - Tassa ecologica regionale -Istituzione - Illegittimità costituzionale.
RIASSUNTO DEI FATTI:
Il Consiglio Regionale della Valle d'Aosta, con la propria delibera
legislativa del 24 ottobre 1996, ha riapprovato, ai sensi dell'art. 31,
ult. co., della Statuto di autonomia speciale, la precedente delibera del
29 maggio 1996, recante «Disposizioni in merito al transito di autotreni
ed autoarticolati attraverso il territorio del Monte Bianco», a seguito
del rinvio disposto dal Presidente della Commissione di coordinamento.
Con tale provvedimento, la Regione Valle d'Aosta ha istituito una tassa
regionale per l'attraversamento dell'area del Monte Bianco da parte del
traffico TIR internazionale, finalizzata alla tutela ambientale. Il Presidente
del Consiglio dei Ministri ha impugnato tale deliberato legislativo regionale,
sostenendone l'illegittimità costituzionale per violazione dell'art.
117 Cost. e dell'art. 2 dello Statuto di autonomia speciale della Valle
d'Aosta, nonché per contrasto con la normativa comunitaria (ed in
particolare con gli artt. 7a e 9 della direttiva CEE 93/89), ed eccesso
di competenza legislativa, rispetto alle competenze di cui all'art. 117
Cost.
MASSIME:
È illegittima l'istituzione, con legge regionale della Valle
d'Aosta, di una tassa per l'attraversamento dell'area del Monte Bianco
da parte del traffico TIR internazionale, pur se finalizzata alla tutela
ambientale, per eccesso di competenza legislativa e indebita ingerenza
della Regione nei rapporti con un altro Stato.
SENTENZA:
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1998 | pag. 734 |
Michele Maria Comenale Pinto
Ambiente, circolazione stradale e strumenti tariffari:
limiti delle competenze regionali.
1. - In entrambe le decisioni pubblicate la Corte costituzionale è
stata investita della legittimità di provvedimenti legislativi
regionali della Valle d'Aosta caratterizzati dal ricorso allo
strumento tariffario sul traffico veicolare, con richiamo delle
competenze normative primarie della Regione in materia di strade
e lavori pubblici di interesse regionale, ai sensi dell'art. 2,
lett. f) del suo Statuto di autonomia speciale (legge costituzionale
26 febbraio 1948, n. 4). Ed in entrambi i casi, i
provvedimenti di cui lo Stato ha contestato la legittimità
erano caratterizzati dalla loro finalizzazione alla tutela dell'ambiente;
inoltre, la prima delle due leggi regionali sottoposte al vaglio
della Corte costituzionale era chiamata a garantire il transito in
condizioni di sicurezza e comunque il rispetto del limite di
carico del territorio interessato, mentre l'altra aveva una portata
anticipatoria dell'introduzione di principi accolti in sede
comunitaria in materia di disincentivi alla circolazione di veicoli
commerciali con emissioni non conformi agli standard più
recenti. Sennonché, la Corte è pervenuta a dare una diversa
soluzione alle due vicende: pare quindi opportuno tentare di
verificare se e fino a che punto (come la Corte ha comunque
ritenuto) i due casi, vagliati a distanza di circa un anno l'uno
dall'altro, dovessero essere decisi sulla base di principi diversi;
la questione implica, peraltro, un esame dei contenuti e dei
limiti di esercizio delle competenze normative esercitate dalla
Regione autonoma della Valle d'Aosta con i due provvedimenti
sottoposti all'esame della Corte costituzionale con le
decisioni da cui traiamo spunto.
2. - La prima delle due decisioni in esame riguarda una delibera
legislativa riapprovata, ai sensi dell'art. 31, ult. co., della
Statuto di autonomia speciale, dal Consiglio Regionale il 23
novembre 1995, su rinvio disposto dal Presidente della
Commissione di coordinamento, con cui è stata istituita
una tariffa per l'utilizzazione di strade di competenza comunale e
regionale interessate da elevata congestione di traffico veicolare.
Tale disciplina era finalizzata a fronteggiare il fenomeno
crescente di congestione delle testate di Valle, a causa dell'elevato
flusso di autoveicoli nei periodi di maggiore presenza
turistica, nelle maggiori località turistiche dell'arco
alpino della Regione (in particolare: Courmayer, La Thuile, Cogne,
Valtournanche, Ayas, Gressoney). In precedenza, le Amministrazioni
comunali di Courmayer e La Thuile avevano
provveduto a dare soluzione al problema a livello locale, mediante
ordinanza sindacale di divieto d'accesso alle automobili
in aree particolarmente sensibili ed interessate da fenomeni
di congestionamento. Va aggiunto, peraltro, che l'esigenza di
limitare l'accesso veicolare alle Valli Veny e Ferret, situate
in Comune di Courmayer, ai piedi del Monte Bianco, era stata
già sostenuta nel Progetto di valorizzazione della primavera
del 1994 relativo a tali valli (1).
La seconda decisione concerne invece un'altra delibera, riapprovata
dal Consiglio regionale il 24 ottobre 1996, anch'essa
su rinvio disposto dal Presidente della Commissione di coordinamento,
con cui è stata prevista l'istituzione di una tassa
regionale per l'attraversamento dell'area del Monte Bianco da
parte del traffico TIR internazionale.
Oltre che per gli aspetti relativi alla delimitazione delle
competenze normative della Regione autonoma della Valle d'Aosta
(2), le due pronunzie in esame costituiscono un interessante
punto di riferimento nel dibattito sulla mobilità sostenibile (3).
3. - Nel proporre l'impugnazione della delibera legislativa
regionale del 23 novembre 1995, la Presidenza del Consiglio
aveva dedotto che la sua presunta illegittimità sarebbe
derivata dal fatto che «innanzi tutto ... le finalità da essa
perseguite - salvaguardare l'ambiente e garantire la sicurezza
del transito nonché la riduzione della congestione
veicolare - non sono raggiungibili mediante l'istituzione di
una tariffa d'uso su particolari strade.......», venendo così
a censurare la scelta politica del legislatore regionale, a
prescindere dalla valutazione dell'appartenenza della materia
disciplinata alla competenza normativa regionale. A tale denunzia
di vizio di merito si accompagnava, con il proprio ricorso,
la Presidenza del Consiglio, contestava altresì la violazione
di alcuni parametri costituzionali, ed in particolare gli artt. 3, 16,
41 e 120 Cost., deducendo in particolare l'illegittimità
della previsione della possibilità di stabilire esoneri dalla tariffa
per i
veicoli dei residenti nella zona servita dalla strada o tratto
di strada su cui la tariffa si applica e per i veicoli dei proprietari
di
beni immobili situati nella zona stessa (art. 3, comma 4, n.
4, del provvedimento legislativo regionale impugnato) ed i veicoli
degli operatori economici della zona servita dalla strada o
tratto di essa su cui si applica la tariffa d'uso, dei loro fornitori e
dipendenti, nonché dei turisti che pernottano nelle strutture
ricettive della zona stessa (art. 3, comma 3, del provvedimento
legislativo regionale impugnato), nonché la previsione
della possibilità, per i Comuni e le Regione, di adottare, lì
dove
l'istituzione della tariffa d'uso non sia di per sé sufficiente,
anche altre misure, nell'ambito di quelle indicate nel
provvedimento di cui al comma 1 dello stesso art. 2 (art. 2,
comma 4, n. 4, dello stesso provvedimento legislativo regionale
impugnato).
4. - Con l'impugnazione della delibera legislativa regionale
del 24 ottobre 1996, invece, la Presidenza del Consiglio,
aveva dedotto il travalicamento delle competenze regionali,
affermando la violazione di aree di competenza riservata dello
Stato, di obblighi internazionali dell'Italia (in contrasto
con i relativi limiti normativi di cui agli artt. 2 e 3 dello Statuto di
autonomia speciale) e dell'ordinamento di diritto privato, nonché
dall'affermato contrasto con interessi generali dello Stato,
nonché una violazione dell'art. 120 Cost. e di norme
comunitarie ed in particolare degli artt. 7a e 9 della direttiva CEE
93/89 (4).
5. - La Corte costituzionale ha rigettato il primo dei due ricorsi
della Presidenza del Consiglio: se la decisione sembra da
condividere, qualche riserva induce invece la motivazione.
Infatti, la regione Valle d'Aosta, nel costituirsi nel giudizio
di legittimità, aveva eccepito l'inammissibilità di valutazioni
di
merito, in cui pur si risolveva in buona parte il ricorso della
Presidenza del Consiglio, circa la rispondenza del
provvedimento adottato, ai fini che il legislatore aveva inteso
perseguire, quali erano espressamente affermate nell'art. 1
dello stesso deliberato legislativo regionale di cui veniva
ipotizzata l'illegittimità. Mentre la Corte ha ribadito (e sul punto
deve aderirsi) che né l'art. 16 Cost., in materia di
libertà di circolazione, né l'art. 120, in materia di libertà
di circolazione fra
Regioni (e correlato divieto per le Regioni di frapporre ostacoli
a tale libertà) impediscono l'introduzione di una tariffa d'uso
per l'ingresso e la circolazione su strade extraurbane, ha poi
espresso il proprio dissenso sul merito del provvedimento
regionale, mostrando così di condividere il punto di
vista espresso al riguardo dalla Presidenza del Consiglio.
Evidentemente, da tale opinabile valutazione negativa («l'istituzione
di una tariffa d'uso per l'ingresso e la circolazione su
strade extraurbane può essere ritenuta da tempo superata
in quanto non più conforme ai principi ed ai sistemi della moderna
convivenza civile») la Corte costituzionale non poteva
far discendere una pronunzia di illegittimità costituzionale, che
(in
assenza di parametri costituzionali di cui potesse assumersi
la violazione) si sarebbe tradotta in un (nel nostro ordinamento
costituzionale) inammissibile giudizio sul merito delle scelte
politiche effettuate dalla Regione, ancorché il ricorso introduttivo
della Presidenza del Consiglio avesse addotto, nell'ambito delle
censure proposte contro il provvedimento regionale,
l'inidoneità delle misure adottate dalla Regione rispetto
allo scopo perseguito.
A prescindere dai profili relativi ai limiti del giudizio di
legittimità costituzionale circa il merito della norma, che esulano
dallo
scopo di queste brevi considerazioni, non può fare a
meno di osservarsi che l'affermazione, sia pure soltanto incidentale,
della Corte costituzionale (così come la censura proposta
dalla Presidenza del Consiglio) sembra incoerente con le più
recenti affermazioni in materia di politica ambientale assunte
in sede internazionale, a cui l'Italia ha preso parte senza
esprimere alcuna riserva, oltre che con la ratio di vari documenti,
sia statali che comunitari. È qui sufficiente ricordare che la
possibilità di ricorrere agli strumenti tariffari ai
fini della tutela ambientale è espressamente contemplata nel Piano
Nazionale
per lo sviluppo sostenibile, in attuazione dell'Agenda 21 (5),
approvato dal CIPE nella seduta del 28 dicembre 1993. Il
medesimo principio è peraltro contenuto nel V Piano di
azione della Comunità europea Per uno sviluppo durevole e
sostenibile. Programma politico e d'azione della Comunità
Europea a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile (6),
a cui è seguita la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti
dei Governi degli Stati membri del 1° febbraio 1993,
riguardante un programma comunitario di politica ed azione a
favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile (7). In tale
documento, fra l'altro, si evidenzia fra gli obiettivi della
strategia comunitaria in materia di trasporti (8) la promozione di
un
«uso più razionale e più ecologico dell'autovettura
privata» attraverso la modificazione del comportamento e delle
abitudini del guidatore (§ 4.3) (9). E, nella tabella 3,
relativa ai trasporti, nella stessa Risoluzione, viene previsto il ricorso
alle «tasse stradali e forme diverse di pedaggi stradali»,
mentre, nella successiva tabella 5, relativa agli interventi sul
turismo, negli strumenti d'azione relativi al comportamento
dei turisti, viene espressamente previsto l'«aumento dei costi
marginali per l'uso delle automobili private» (10). Si
tratta dell'applicazione ad un caso particolare del principio
generale «chi inquina paga», che è stato
introdotto nel nostro ordinamento attraverso l'Atto Unico Europeo, recepito
in
Italia con l. 23 dicembre 1986, n. 906, che ha inserito una
specifica previsione in tal senso nel secondo comma dell'art.
130R del Trattato di Roma del 1957 (11). Peraltro, a livello
di legislazione statale, l'art. 7 del nuovo codice della strada (d.
lgtv. 30 aprile 1992, n. 285), nel testo modificato dall'art.
5 del d. lgtv. 10 settembre 1993, n. 360, prevede la possibilità
per i comuni di condizionare l'ingresso o la circolazione dei
veicoli a motore, all'interno delle zone a traffico limitato al
pagamento di somme di danaro: ove si assuma legittima quest'ultima
previsione normativa statale, sembra ben difficilmente
sostenibile la tesi dell'illegittimità di una disposizione
regionale, adottata nell'ambito delle competenze normative regionali, di
contenuto corrispondente. Conseguentemente, anche l'equivoco
in cui la Corte costituzionale pur sembra essere incorsa
circa la portata effettiva della normativa regionale sottoposta
al suo esame, ritenuta come caratterizzata da una
«temporaneità» (12) sembra del tutto irrilevante:
il riconoscimento di un carattere di definitività del provvedimento
legislativo
regionale in questione non avrebbe dovuto implicare la declaratoria
della sua illegittimità costituzionale (13).
6. - Aveva invece effettivamente portata temporanea il secondo
provvedimento regionale all'esame della Corte
costituzionale, che prevedeva una tassazione selettiva dei veicoli
commerciali in transito, in quanto applicabile soltanto a
veicoli per i quali, in base alla normativa statale vigente,
non sarà più possibile, per il futuro, consentire l'omologazione:
l'art.
2, comma 3, del provvedimento in questione escludeva espressamente
dall'assoggettamento alla tassa «i veicoli per i quali,
dall'omologazione ottenuta ai sensi del decreto del Ministro
dell'ambiente del 23 marzo 1992 (Nuovi limiti alle emissioni di
gas inquinanti prodotti da motori ad accensione spontanea destinati
alla propulsione dei veicoli), pubblicato nel supplemento
ordinario n. 63 alla Gazzetta ufficiale n. 77 del 1° aprile
1992, risulta che le emissioni di inquinanti gassosi e di particolato
prodotte dal motore siano conformi ai valori limiti fissate
nella riga B della tabella del punto 8.3.1.1. dell'allegato I al citato
decreto». Ma, nonostante tale limite cronologico di efficacia,
la Corte costituzionale è addivenuta ad una declaratoria di
illegittimità, in quanto la disciplina regionale sarebbe
venuta ad incidere sul transito per il traforo del Monte Bianco, ovvero
su materia oggetto di accordi internazionali tra l'Italia e
la Francia.
La decisione suscita, tuttavia, qualche perplessità,
se si tiene conto che la disciplina regionale aveva carattere anticipatorio
di
una direttiva comunitaria in corso di adozione, destinata a
sostituire la menzionata direttiva 93/89/CEE (14), annullata dalla
Corte di giustizia, pur con salvezza provvisoria dei suoi effetti
(15). Tale carattere anticipatorio del provvedimento regionale
rispetto alla prossima disciplina comunitaria era stato evidenziato
con la previsione dell'art. 7, secondo la quale
l'introduzione definitiva della direttiva avrebbe comportato
l'eliminazione o la riduzione della tassa regionale e che la
Francia, come l'Italia, è vincolata agli obblighi derivanti
dal Trattato di Roma, ivi compresi i principi in materia ambientale.
Ed è del resto noto come non sempre sia stato agevole
dare applicazione nei singoli ordinamenti nazionali a tali principi:
sembra significativo ricordare come recentemente, proprio la
Francia sia stata assoggettata ad una declaratoria della Corte
di giustizia per la mancata trasposizione della direttiva 93/89,
che ha introdotto il principio dell'eco-tassazione dei veicoli
commerciali inquinanti (16).
7.- Non sembra nemmeno convincente che la disciplina introdotta
dal provvedimento legislativo regionale in esame incida
sul regime dell'utilizzazione del traforo del Monte Bianco,
quale risulta dalla Convenzione di Parigi del 14 marzo 1953 e
dall'Accordo aggiuntivo di Roma del 25 marzo 1965, o sul regime
dell'Accordo di Parigi del 7 febbraio 1967, in materia di
questioni doganali e fiscali per la gestione del traforo. In
effetti, la Convenzione di Parigi del 14 marzo 1953 (ratificata con
legge 1° agosto 1954, n. 846) si limita ad impegnare i Governi
di Francia ed Italia ad assicurare (metà per ciascuno)
l'esecuzione del traforo, prevedendo le modalità di esecuzione
di gestione; in particolare l'art. 12 prevede che le questioni
monetarie, fiscali, sociali e doganali derivanti dalla costruzione
del traforo sarebbero state oggetto di accordi specifici fra i
Governi interessati; l'accordo di Roma del 25 marzo 1965 (approvato
e reso esecutivo con l. 14 luglio 1965, n. 921) si
limita a prevedere le modalità per la gestione in comune
del traforo fra le due società concessionarie; infine, l'Accordo
di
Parigi del 7 febbraio 1967, relativo alle questioni doganali
e fiscali per la gestione del traforo del Monte Bianco (approvato
e reso esecutivo con l. 13 ottobre 1979, n. 761) si limita a
dettare una disciplina fiscale e doganale relativa all'attività
delle
società concessionarie del traforo, senza prevedere alcunché
circa le imposizioni gravanti sul traffico veicolare che del
traforo possa avvalersi; e, a fortiori, senza nulla disporre
circa l'imposizione gravante sul traffico veicolare al di fuori del
traforo.
8.- Ancorché si tratti di aspetto non considerato espressamente
dalla Corte, in quanto rimasto assorbito dalla declaratoria
di illegittimità costituzionale sotto i profili fin qui
ricordati, sembra doversi esprimere qualche perplessità anche relativamente
alla denunzia (contenuta nel ricorso introduttivo dello Stato)
di una presunta violazione del divieto di cumulo fra pedaggi e
diritti d'utenza per uno stesso tratto stradale, di cui all'art.
7, lett. a) della direttiva 93/89/CEE del Consiglio del 25 ottobre
1993, con riferimento al pedaggio riscosso per il transito attraverso
il Traforo del Monte Bianco. In realtà, il provvedimento
regionale non riguardava il traforo del Monte Bianco, né
intendeva regolare l'utilizzazione del traforo stesso, ma era
destinato ad applicarsi al transito sulle strade del territorio
della Comunità montana Valdigne-Mont Blanc fuori dal tunnel:
d'altra parte, l'ultimo punto della medesima lett. a dell'art.
7 della direttiva 93/89/CEE fa espressa eccezione al divieto del
cumulo per quanto concerne il pedaggio connesso all'utilizzazione
di ponti, tunnel e valichi di montagna.
MICHELE M. COMENALE PINTO
NOTE:
(1) Tale progetto aveva ottenuto un finanziamento nell'ambito
del Programma comunitario «Life», ai sensi del Regolamento
(CEE) n. 1973/92 del Consiglio, in base alla decisione della
Commissione C(94) 2850 finale/060 del 25 novembre 1994.
Nell'ambito di tale programma, come evidenziato nell'allegato
1 della menzionata decisione della Commissione del 25
novembre 1994, la prima fase di sviluppo progettata concerne
appunto la «programmazione operativa per l'attivazione
immediata (stagione estiva 1994) della regolamentazione del
traffico veicolare privato delle due valli, con modalità
sperimentali».
(2) Per tali profili le due decisioni in esame non hanno mancato
di suscitare l'interesse dei cultori del diritto costituzionale: C.
cost 19 luglio 1996 n. 264 è stata pubblicata in Giur.
cost. 1996, 2347, con nota di PETRANGELI, Nuove problematiche
della libertà di circolazione: il pedaggio stradale come
misura di protezione dell'ambiente (ivi, 2354), nonché in Regioni
1996, 1185, con nota di NICOTRA, Uso dei beni pubblici, tutela
dell'ambiente e libertà di circolazione (ivi, 1190); C.
cost. 30 luglio 1997 n. 285 è stata pubblicata in Giur.
cost. 1997, 2581, ed in Regioni 1988, 144, con nota di GENNUSA,
La Valle d'Aosta istituisce una tassa sul traforo del Monte
Bianco: carenza di competenza o mancata ponderazione degli
interessi? (ivi, 148).
(3) Dovendosi assumere, nel dibattito più generale sul
diritto alla mobilità, che l'interesse ambientale possa costituire
uno dei
limiti all'esercizio di tale diritto. Per quanto concerne le
implicazioni di rilievo costituzionale del c.d. diritto alla mobilità,
v.
recentemente RINALDI BACCELLI, Per un inquadramento sistematico
del diritto della persona al trasporto pubblico, in
Riv. dir. civ. 1991, II, 21 (ivi, richiami a diverse soluzioni
sul punto, che resta piuttosto controverso).
(4) Tale direttiva era stata annullata dalla Corte di giustizia,
con la sentenza 5 luglio 1995, in causa C-21/94, in quanto, in
violazione degli art. 75 e 99 del Trattato di Roma, il Parlamento
europeo non era stato consultato prima dell'approvazione,
ancorché il testo adottato dal Consiglio divergesse in
maniera sostanziale rispetto alla proposta della Commissione. Tuttavia,
la Corte aveva pronunziato l'annullamento della direttiva, con
la previsione del mantenimento dei suoi effetti fino
all'adozione, da parte del Consiglio, di una nuova direttiva
in materia.
(5) Piano di azione per le specifiche iniziative economiche,
sociali ed ambientali in vista del XXI secolo, adottato dai
partecipanti alla Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente
e sviluppo di Rio de Janeiro del 3 - 14 giugno 1992. Sulla
Conferenza di Rio in generale, v. PINESCHI, La Conferenza di
Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo, in Riv. giur. amb.
1992, 705 SCOVAZZI, Tutela dell'ambiente e assistenza alo sviluppo:
dalla Conferenza di Stoccolma (1972) alla
Conferenza di Rio (1992), in Riv. giur. amb. 1994, 493; TREVES,
Il diritto dell'ambiente a Rio e dopo Rio, in Riv. giur.
amb. 1993, 577. Sull'Agenda 21 (che con la Dichiarazione di
Rio su ambiente e sviluppo e la Dichiarazione autoritativa,
giuridicamente non vincolante, contenente principi sulla gestione,
la conservazione e lo sviluppo sostenibile di tutti i tipi di
foreste, è uno dei documenti adottati dalla detta Conferenza
di Rio, che era stata convocata in base alla risoluzione 44/228
del 29 dicembre 1989 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite),
v. in particolare SOAVE, Lo sviluppo sostenibile nella
prospettiva dell'Agenda 21 - Il programma d'azione lanciato
alla Conferenza di Rio de Janeiro, in Riv. giur. amb. 1993,
761.
(6) COM/92/23 del 12 giugno 1992, cui è seguito il parere
del Parlamento europeo, in G.U.C.E. C 337 del 21 dicembre
1992.
(7) Risoluzione 93/C 138/01.
(8) Come definita dalla Comunicazione della Commissione Libro
verde sull'impatto dei trasporti sull'ambiente della
Comunità per una «mobilità sostenibile»
- COM (92) 46 def. del 20 febbraio 1992.
(9) Peraltro, il medesimo principio è ribadito anche nella
recente proposta della Commissione per la revisione del
programma in questione del 24 gennaio 1996 - COM(95) 647 def.
(cfr. art. 2.2, lett. a).
(10) Il principio specifico era affermato espressamente in più
punti del menzionato Libro verde sull'impatto dei trasporti
sull'ambiente della Comunità per una «mobilità
sostenibile». In particolare nel § 118 (nel testo francese consultato),
si
auspica «l'utilisation des instruments fiscaux et économiques
afin d'orienter le choix de l'usager et de l'exploitant vers le
modes les moins polluants et les technologies les plus propres».
L'accesso selettivo alle infrastrutture di trasporto è invece
menzionato nel successivo § 127 dello stesso documento
della Commissione.
(11) Sembra peraltro opportuno ricordare l'opinione espressa
dalla giurisprudenza ordinaria e dalla dottrina circa la
possibilità per le Regioni di dare attuazione diretta
alla disciplina degli artt. 130R e segg. del Trattato CEE, come modificato
dall'A.U.E., con misure volte a dare all'ambiente una tutela
anche più incisiva di quelle statali. Così, ad esempio,
la
Cassazione ha incidentalmente sottolineato dalla Cassazione
(III Sezione penale, 4 febbraio 1993, imp. Marzi, in Riv. pen.
economia 1994, 183) la possibilità per le Regioni di
attuare normativamente tale principio, introducendo una disciplina
più
severa di quella statale (mai più permissiva). Ed in
dottrina, con riferimento all'utilizzazione della leva tributaria in funzione
di
tutela ecologica, si è espressamente affermato (con riferimento
agli artt. 117 e 119 Cost.) che «l'attribuzione alle regioni
delle funzioni di tutela del patrimonio ambientale consente
di riconoscere alle stesse una autonomia finanziaria che, sia pure
nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi della Repubblica
... , legittima una potestà impositiva delle regioni anche in materia
di tributi ambientali» (PICCIAREDDA - SELICATO, I tributi
e l'ambiente, Milano, 1996, 128).
(12) In realtà, la temporaneità della misura adottata
non si ricava affatto dal tenore letterale della disciplina in questione
(che, anzi, contempla la possibilità di un'adozione di
provvedimenti restrittivi per la circolazione statale in via definitiva,
come agevolmente si ricava dall'art. 3, comma 2, della stessa
legge regionale). Il lapsus della Corte è segnalato da altro
annotatore della decisione in esame: PETRANGELI, Nuove problematiche
della libertà di circolazione, cit., 2354, 2361.
(13) NICOTRA GUERRERA, Uso dei beni pubblici, cit., 1193.
(14) Cfr. bozza di direttiva del Consiglio COM (96) 331, relativa
alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti per l'uso di
talune infrastrutture, presentata il 13 novembre 1996 (in G.U.C.E.
C 59, 26 febbraio 1997). Il 17 luglio 1997, il Parlamento
europeo ha approvato la proposta della Commissione con alcuni
emendamenti, in parte accolti dalla Commissione: si è in
attesa di una proposta modificativa che integri gli emendamenti
del Parlamento accolti dalla Commissione.
(15) C. giust. CE 5 luglio 1995, in causa C-21/94, cit.
(16) C. giust. CE 5 marzo 1998, in causa C-175/97. Come è
ricordato al punto 8 di tale decisione, la Repubblica francese
aveva dedotto nel procedimento che il recepimento della direttiva
non aveva potuto essere effettuato «... a causa delle
difficoltà che investono il settore del trasporto su
strada delle merci ... che si spiegano, in particolare, con la notevole
diminuzione di tale attività, nonché con l'aumento
degli oneri sociali delle imprese conseguenti all'adozione di diversi
provvedimenti destinati a migliorare le condizioni di lavoro
dei lavoratori subordinati». Significativa, peraltro (anche per il
possibile riferimento alla politica italiana dei prezzi del
gasolio) il successivo rilievo di cui nella menzionata decisione della
Corte di giustizia si dà atto al successivo punto 9:
«Il governo francese osserva d'altronde che i trasportatori considerano
inaccettabili le distorsioni di concorrenza risultanti dai livelli
di tassazione fortemente divergenti di cui il gasolio costituisce
oggetto nei diversi Stati membri».