Diritto dei trasporti
1998 714

CORTE COSTITUZIONALE 19 LUGLIO 1996 N. 264
Pres. FERRI - Rel. SANTOSUOSSO
Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Fiengo) c. Regione Valle d'Aosta (avv. G. Romanelli).

Infrastrutture dei trasporti - Strade comunali e regionali - Tariffa d'uso -Istituzione - Legittimità costituzionale.

Infrastrutture dei trasporti - Strade comunali e regionali - Tariffa d'uso - Esonero - Ragionevolezza - Legittimità.

RIASSUNTO DEI FATTI:
Con delibera legislativa del 23 novembre 1995, il Consiglio Regionale della Regione Autonoma Valle d'Aosta ha riapprovato, con modifiche, la propria precedente delibera legislativa del 26 luglio 1995, a seguito di rinvio disposto dal Presidente della Commissione di coordinamento. Con tale delibera legislativa è stata prevista l'istituzione di una tariffa per l'utilizzazione di strade di competenza comunale e regionale interessate da elevata congestione di traffico veicolare. Il rinvio a nuovo esame da parte del Presidente della Commissione di coordinamento era stato motivato per il supposto contrasto del deliberato legislativo regionale con gli art. 3, 16, 41 e 120 Cost., nonché con il Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea. Con il ricorso deciso dalla Corte costituzionale con la sentenza in esame la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha denunziato la presunta illegittimità della disciplina regionale rispetto agli art. 3, 16, 41 e 120 Cost., mentre non ha riproposto la tesi della sua incompatibilità con il Trattato di Roma del 1957.

MASSIME:
È legittima, rispetto agli art. 16 e 120 Cost., l'istituzione, da parte della Regione Valle d'Aosta, di una tariffa per l'uso di strade comunali e regionali, che non abbia carattere generalizzato o durata permanente.

È legittima, rispetto agli art. 3 e 41 Cost., la previsione dell'esonero dalla tariffa d'uso di strade comunali o regionali, per i veicoli dei soggetti residenti nella zona servita dalla strada o tratto di essa su cui si applica la tariffa, o proprietari di beni immobili  situati nella zona stessa, nonché per i veicoli degli operatori economici della medesima zona, o fornitori e dipendenti di questi ultimi, e per i turisti che pernottino nelle strutture ricettive della zona).
 

SENTENZA:

(...omissis..)
CONSIDERATO IN DIRITTO - 1. La questione sottoposta all'esame della Corte è se la legge regionale della Valle d'Aosta riapprovata, dopo nuovo esame, dal Consiglio della Valle d'Aosta, nella seduta del 23 novembre 1995 (Istituzione di una tariffa d'uso su strade di competenza comunale e regionale interessate da elevata congestione di traffico veicolare), violi gli art. 3, 16, 41 e 120 della Costituzione, in quanto, «sia considerata nel suo complesso che nelle singole disposizioni», tale legge non rispetta i limiti al principio generale della libera circolazione sul territorio nazionale, particolarmente sotto due profili: a) perché le finalità perseguite non hanno un ancoraggio oggettivo, riguardando situazioni non giustificate da superiori esigenze di interesse pubblico e risultando, pertanto, discriminatorie; b) perché la normativa impugnata induce disparità di trattamento e limitazioni alle attività degli operatori economici non residenti nelle zone sottoposte a disciplina.
OMISSIS
3. - In via preliminare, inoltre, la regione ha eccepito l'inammissibilità del ricorso sotto il profilo sostanziale per cui, rientrando la materia oggetto della legge in esame nella competenza normativa primaria della Valle d'Aosta (come previsto dall'art. 2, lett. f, del suo Statuto di autonomia speciale, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), sarebbe conseguentemente preclusa allo Stato ogni valutazione di merito circa l'opportunità della soluzione normativa adottata in sede regionale.
Tale eccezione presuppone e coinvolge la questione fondamentale posta al giudizio della Corte, riguardante la legittimità, per le pubbliche autorità, di porre limitazioni al diritto costituzionalmente garantito, alla libera circolazione delle persone; e poiché l'eccezione attinge anche alla precisazione degli specifici ambiti di competenza statale e regionale in materia, la medesima va esaminata unitamente al merito del ricorso.
4. - La questione non è fondata.
Con essa si denunzia essenzialmente a questa Corte la violazione degli art. 16 e 120 della Costituzione e, con riferimento ad un aspetto particolare, anche degli art. 3 e 41 della Costituzione.
La preliminare affermazione del ricorso (secondo cui le finalità volute dalla legge regionale non sono conseguibili con l'istituzione di una tariffa d'uso su particolari strade) può essere presa in considerazione non in sé, ove si risolva in una valutazione di opportunità, ma in quanto con questa affermazione si intende dimostrare appunto la violazione dei principi contenuti nelle norme cui si fa riferimento.
Nelle prime due norme costituzionali invocate si riconosce il diritto del cittadino di circolare liberamente su tutto il territorio nazionale, diritto che, però, non è assoluto ed inderogabile. L'art. 16 precisa che le limitazioni possono essere stabilite solo dalla legge, in via generale, per motivi di sanità o di sicurezza. In realtà - come è stato evidenziato anche dalla dottrina - il rapporto fra il diritto alla libertà di movimento ed i limiti all'esercizio dello stesso va riguardato anche alla luce del criterio generale della ragionevolezza, ossia sotto il profilo del giusto rapporto dell'atto allo scopo.
5. - Questa Corte ha in diverse occasioni affermato che il precetto di cui al detto art. 16 non preclude al legislatore la possibilità di adottare, per ragioni di pubblico interesse, misure che influiscano sul movimento della popolazione (sentenze nn. 51 del 1991, 12 del 1965 e 64 del 1963).
In particolare l'uso delle strade, specie con mezzi di trasporto, può essere regolato sulla base di esigenze che, sebbene trascendano il campo della sicurezza e della sanità, attengono al buon regime della cosa pubblica, alla sua conservazione, alla disciplina che gli utenti debbono osservare ed alle eventuali prestazioni che essi sono tenuti a compiere.
La tipologia dei limiti (divieti, diversità temporali o di utilizzazioni, subordinazione a certe condizioni) viene articolato dalla pubblica autorità tenendo conto dei vari elementi in gioco: diversità dei mezzi impiegati, impatto ambientale, situazione topografica o dei servizi pubblici, conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'uso indiscriminato del mezzo privato.
Si tratta pur sempre, però, di una disciplina funzionale alla pluralità di interessi pubblici meritevoli di tutela ed alle diverse esigenze, e sempre che queste rispondano a criteri di ragionevolezza.
6. - La Corte, nel ribadire quanto precedentemente osservato in tema di libertà di circolazione, non può fare a meno di rilevare in generale che l'istituzione di una tariffa d'uso per l'ingresso e la circolazione su strade extraurbane può essere ritenuta da tempo superata in quanto non più conforme ai principi ed ai sistemi della moderna convivenza civile. Tuttavia ciò non esclude che, qualora una simile disciplina risponda appunto a criteri di ragionevolezza , temporaneità e di tutela di esigenze pubbliche, la stessa possa andare esente da censure d'incostituzionalità.
Non è possibile stabilire, in modo completo, gli astratti criteri ai quali le predette limitazioni debbano conformarsi per rispondere ai predetti principi, senza violare l'art. 16 della Costituzione; i medesimi devono essere in ogni caso concretamente riscontrati e valutati in base alle diverse situazioni offerte dalla realtà.
In proposito va ribadito anzitutto quanto affermato dalle già citate sentenze di questa Corte, secondo cui le limitazioni devono far salvi gli altri diritti della persona costituzionalmente garantiti come il diritto di riunione o quello di iniziativa economica.
D'altra parte, non può essere taciuto che sistemi come quelli del pedaggio autostradale o dei provvedimenti amministrativi di chiusura (nel rispetto di determinate zone o di fasce orarie) dei centri storici delle più importanti città sono da ritenessi ormai universalmente riconosciuti come legittimi, proprio in virtù del principio per cui la libera circolazione non si identifica con la libertà assoluta di circolazione su tutte le strade con il mezzo privato, bensì va regolata al fine di raggiungere la migliore utilizzazione dei beni pubblici.
7 - L'art. 120 della Costituzione vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che «ostacolino» la libera circolazione, usando un'espressione che pare riferirsi all'arbitrarietà di impedimenti privi di una razionale giustificazione in rapporto alla limitazione di un diritto costituzionalmente previsto. La stessa norma (art. 120, secondo comma), combinandosi con quella dell'art. 16 circa la libertà di tutti i cittadini di circolare e soggiornare in qualsiasi parte del territorio nazionale, ribadendo che non può ostacolarsi la libera circolazione «fra le Regioni»; e questa Corte, d'altra parte, ha già affermato che il divieto di limiti alla circolazione interregionale rientra tra i principi fondamentali necessari a garantire l'unità e l'indivisibilità della Repubblica, e perciò vale sia per le Regioni ordinarie che per le Regioni a statuto speciale (sentenza n. 12 del 1963).
8 -Sulla base di questi concetti, può ritenersi che la legge regionale in questione non meriti le censure che ad essa vengono mosse nel ricorso.
Ed invero, tale legge indica già nel primo articolo le finalità giustificative dei limiti che si intendono porre alla circolazione: garantire il transito in condizioni di sicurezza, il rispetto del limite di carico del territorio interessato, la riduzione della congestione di traffico veicolare e la migliore tutela dell'ambiente e del paesaggio.
L'istituzione di una tariffa d'uso, per l'ingresso e la circolazione dei veicoli a motore su strade extraurbane, viene subordinata poi ad una serie di accertamenti e soprattutto alla determinazione del limite di carico delle strade « interessate, in singoli periodi dell'anno, da consistenti flussi di veicoli a motore».
Pur essendo verosimile che la tariffa d'uso abbia l'effetto di ridurre il carico veicolare, si prevede anche la possibilità di adottare altre misure qualora l'obiettivo non venga raggiunto.
La non irragionevolezza e la temporaneità dei provvedimenti restrittivi emergono anche dal fatto che i proventi derivanti dalla tariffa d'uso  «sono destinati a migliorare la circolazione delle strade interessate», «ad adeguare la sede stradale»; «a rafforzare i servizi di trasporto pubblico». Va poi tenuto anche conto che la legge esclude la tariffa d'uso sulle strade non servite da mezzi di trasporto pubblico alternativo.
9. - Quanto alla denunziata violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione conseguente alle previste esenzioni da detta tariffa, non si vede in cosa consistano l'irrazionalità e la menomazione del diritto di iniziativa economica derivanti dall'esonero stabilito per gli operatori economici della zona servita dalla strada o tratto di essa su cui si applica la tariffa d'uso, per i loro fornitori e dipendenti, nonché per i turisti che pernottano nelle strutture ricettive della zona stessa.. È piuttosto dall'ipotetica mancanza di detto esonero che sarebbero potute derivare le denunziate violazioni.
Conclusivamente, dal carattere di eccezionalità del sistema di tariffe d'uso, dal fatto che le medesime non sono generalizzate per tutte le strade, né sono di durata permanente, dalla destinazione dei proventi al miglioramento della circolazione dalla ragionevolezza degli esoneri e dalla garanzia di percorrenza delle strade interessate da mezzi di trasporto pubblico, deriva che la legge denunziata si sottrae alle censure di incostituzionalità.
(...omissis..)

Diritto dei trasporti
1998 731

CORTE COSTITUZIONALE 30 LUGLIO 1997 N. 285
Pres. GRANATA - Rel. SANTOSUOSSO
Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Linguiti) c. Regione Valle d'Aosta (avv. G. Romanelli).

Infrastrutture dei trasporti - Transito stradale attraverso il Monte Bianco - Tassa ecologica regionale -Istituzione - Illegittimità costituzionale.

RIASSUNTO DEI FATTI:
Il Consiglio Regionale della Valle d'Aosta, con la propria delibera legislativa del 24 ottobre 1996, ha riapprovato, ai sensi dell'art. 31, ult. co., della Statuto di autonomia speciale, la precedente delibera del 29 maggio 1996, recante «Disposizioni in merito al transito di autotreni ed autoarticolati attraverso il territorio del Monte Bianco», a seguito del rinvio disposto dal Presidente della Commissione di coordinamento. Con tale provvedimento, la Regione Valle d'Aosta ha istituito una tassa regionale per l'attraversamento dell'area del Monte Bianco da parte del traffico TIR internazionale, finalizzata alla tutela ambientale. Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato tale deliberato legislativo regionale, sostenendone l'illegittimità costituzionale per violazione dell'art. 117 Cost. e dell'art. 2 dello Statuto di autonomia speciale della Valle d'Aosta, nonché per contrasto con la normativa comunitaria (ed in particolare con gli artt. 7a e 9 della direttiva CEE 93/89), ed eccesso di competenza legislativa, rispetto alle competenze di cui all'art. 117 Cost.

MASSIME:
È illegittima l'istituzione, con legge regionale della Valle d'Aosta, di una tassa per l'attraversamento dell'area del Monte Bianco da parte del traffico TIR internazionale, pur se finalizzata alla tutela ambientale, per eccesso di competenza legislativa e indebita ingerenza della Regione nei rapporti con un altro Stato.

SENTENZA:

(...omissis...)
CONSIDERATO IN DIRITTO - 1.  Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede a questa Corte di dichiarare l'illegittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 117 Cost. e con l'art. 2 dello statuto speciale della Valle d'Aosta, della legge regionale (recante «Disposizioni in merito al transito di autotreni ed autoarticolati attraverso il territorio del Monte Bianco») riapprovata dal Consiglio della Valle, a maggioranza assoluta dei componenti, nella seduta del 24 ottobre 1996.
La predetta legge, secondo il ricorrente, si pone in contrasto con gli indicati parametri per i seguenti motivi:
a) per violazione dei limiti statutari in materia di strade, poiché il traforo del Monte Bianco non può ritenersi strada di interesse generale;
b) per violazione della direttiva CEE 25 ottobre 1993, n. 89, perché la tassa va a gravare su di un tratto di strada già soggetto a pedaggio, per di più con carattere di durevolezza e continuità (artt. 7, 9 e 10 della direttiva);
c) per violazione del limite del diritto privato, perché la tassa crea un obbligo di esazione a carico delle società (private) che gestiscono il traforo.
2. - La questione di legittimità costituzionale posta all'esame della Corte coinvolge numerosi profili; ma il suo fulcro coinvolge la disciplina delle strade, sicché è alla stregua della competenza regionale in materia che occorre anzitutto verificare l'eventuale violazione degli indicati parametri.
Dal testo complessivo della legge, d'altronde, risulta in modo evidente il collegamento tra l'esazione della tassa e la circolazione di alcuni tipi di veicoli su determinati tratti stradali. L'art. 1 della legge, infatti, prende le mosse dalla competenza della Regione «in materia di strade», ed i successivi art. 2 e 3 specificano chiaramente che il pagamento della tassa si riferisce al traffico di autotreni «provenienti o diretti all'estero tramite il traforo del Monte Bianco». Che l'attraversamento di quest'ultimo, nonostante i contrari rilievi della difesa della Regione, abbia un ruolo fondamentale, è confermato dal comma 2 dell'art. 3, ove si afferma espressamente che il pagamento del tributo è «effettuato al traforo», e dal comma 3 dello stesso articolo, secondo cui le modalità di riscossione sono definite «sentite le società che gestiscono il trafori del Monte Bianco».
3. - Così precisata la parte fondamentale dell'impugnativa, il ricorso risulta fondato.
L'art. 2, lett. f) dello statuto speciale per la Valle d'Aosta, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, afferma che la regione ha competenza in materia di «strade e lavori pubblici di interesse regionale», con ciò implicitamente riconoscendo che tale competenza viene meno ove si tratti di strada di interesse nazionale o internazionale. È pacifico, d'altra parte, che la potestà normativa regionale, sia essa primaria, concorrente, o semplicemente attuativa, incontra il primo ed essenziale limite costruito dal proprio territorio, nel senso che la Regione chiaramente non può legiferare con effetti che vanno al di là di tale ambito.
Nel caso specifico appare di immediata evidenza, come già detto, che la tassa istituita con la legge in questione, pur essendo stata motivata soprattutto da esigenze ecologiche conseguenti all'attraversamento di una parte del territorio valdostano, ha un nesso inscindibile con il transito degli autotreni attraverso il traforo del Monte Bianco, la cui natura non è ovviamente quella di una strada di interesse regionale. Inoltre, il traforo, sia per il fatto di costituire un passaggio di confine  tra l'Italia e la Francia, sia per essere stato oggetto di apposite convenzioni tra i due Paesi, fa parte di una strada che assume una rilevanza oggettivamente internazionale.
4. - Da questa situazione consegue che il ricorso del Governo si palesa fondato sotto entrambi i profili ora richiamati. In primo luogo, invero, la legge in esame oltrepassa i limiti fissati dallo statuto alla competenza in materia di strade. Tale materia va intesa non solo con riguardo alle strade nella loro materialità, ma anche in connessione con il problema più generale del traffico e della viabilità. E la violazione delle indicate norme-parametro è ravvisabile per l'incidenza della legge regionale sul regime dell'afflusso dei veicoli verso il passaggio di interesse italo-francese.
In realtà, essendo il transito e l'amministrazione del traforo del Monte Bianco materia di accordi tra l'Italia e la Francia, non può una singola Regione intervenire con una propria legge in un campo riservato alla competenza statale ed alla particolare disciplina oggetto di convenzione internazionale. Come rileva la difesa erariale, questa materia è stata regolata da tre convenzioni tra l'Italia e la Francia: la convenzione stipulata a Parigi il 14 marzo 1953 e ratificata con legge 1° agosto 1954, n. 846; l'accordo aggiuntivo alla convenzione, concluso a Roma il 25 marzo 1965, ratificato con legge il 14 luglio 1965, n. 921, nonché l'ulteriore accordo concluso a Parigi il 7 febbraio 1967, ratificato con legge 13 ottobre 1969, n. 761. In particolare, l'art. 12 della convenzione 14 marzo 1953, prevede espressamente che le questioni monetarie e fiscali relative alla costruzione ed all'amministrazione (intesa anche come utilizzazione economica) del tunnel siano oggetto di specifici accordi tra i Governi dei due Stati.
È palese, dunque, che la legge regionale impugnata si risolve in un'indebita ingerenza della Regione in un ambito -come quello della conclusione di un accordo con uno Stato estero -certamente di spettanza statale senza possibilità di interferenze da parte di altri enti territoriali.
5. - Alla luce delle esposte considerazioni, il richiamo contenuto nella difesa della Valle d'Aosta alla sentenza n. 264 del 1996 di questa Corte deve ritenersi improprio.
La legge regionale della Valle d'Aosta impugnata in quel giudizio fu ritenuta esente da i lamentati vizi di incostituzionalità perché riguardava strade di importanza che non supera la competenza regionale, e per di più con carattere di temporaneità, allo scopo di decongestionare il traffico in particolari periodi dell'anno, nonché con destinazione dei proventi in modo finalizzato alla soppressione del pedaggio stesso.
È chiaro, invece, che analoghe ragioni giustificatrici non si riscontrano nel presente caso, i cui elementi costitutivi sono del tutto differenti.
6. - La difesa della Regione sottolinea infine che, specialmente dall'art. 6 della legge impugnata, emergono il concetto e la finalità della tassa ecologica oggetto del presente esame.
Questa Corte ha già osservato in proposito (v. sentenza n. 183 del 1987) una competenza «costituzionalmente garantita in materia di protezione ambientale» spetta alle Regioni, nel senso che le stesse ben possono, unitamente allo Stato o anche in piena autonomia, attivarsi per la tutela del bene ambiente contro tutte le forme di inquinamento; anche perché gli interventi regionali sono fondati su quella conoscenza specifica delle realtà locali che è garanzia di validi risultati. Ma deve essere nel contempo ribadito che il perseguimento di questi apprezzabili obiettivi non può avvenire se non nel rispetto delle reciproche competenze e del contesto normativo vigente, senza alterare l'equilibrio dei rapporti tra lo Stato e le Regioni senza oltrepassare i limiti nelle varie materie. Rimane assorbito ogni altro motivo.



Diritto dei Trasporti 
  1998     pag. 734

Michele Maria Comenale Pinto
Ambiente, circolazione stradale e strumenti tariffari: limiti delle competenze regionali.

1. - In entrambe le decisioni pubblicate la Corte costituzionale è stata investita della legittimità di provvedimenti legislativi
  regionali della Valle d'Aosta caratterizzati dal ricorso allo strumento tariffario sul traffico veicolare, con richiamo delle
  competenze normative primarie della Regione in materia di strade e lavori pubblici di interesse regionale, ai sensi dell'art. 2,
  lett. f) del suo Statuto di autonomia speciale (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4). Ed in entrambi i casi, i
  provvedimenti di cui lo Stato ha contestato la legittimità erano caratterizzati dalla loro finalizzazione alla tutela dell'ambiente;
  inoltre, la prima delle due leggi regionali sottoposte al vaglio della Corte costituzionale era chiamata a garantire il transito in
  condizioni di sicurezza e comunque il rispetto del limite di carico del territorio interessato, mentre l'altra aveva una portata
  anticipatoria dell'introduzione di principi accolti in sede comunitaria in materia di disincentivi alla circolazione di veicoli
  commerciali con emissioni non conformi agli standard più recenti. Sennonché, la Corte è pervenuta a dare una diversa
  soluzione alle due vicende: pare quindi opportuno tentare di verificare se e fino a che punto (come la Corte ha comunque
  ritenuto) i due casi, vagliati a distanza di circa un anno l'uno dall'altro, dovessero essere decisi sulla base di principi diversi;
  la questione implica, peraltro, un esame dei contenuti e dei limiti di esercizio delle competenze normative esercitate dalla
  Regione autonoma della Valle d'Aosta con i due provvedimenti sottoposti all'esame della Corte costituzionale con le
  decisioni da cui traiamo spunto.

  2. - La prima delle due decisioni in esame riguarda una delibera legislativa riapprovata, ai sensi dell'art. 31, ult. co., della
  Statuto di autonomia speciale, dal Consiglio Regionale il 23 novembre 1995, su rinvio disposto dal Presidente della
  Commissione di coordinamento, con cui è stata istituita una tariffa per l'utilizzazione di strade di competenza comunale e
  regionale interessate da elevata congestione di traffico veicolare. Tale disciplina era finalizzata a fronteggiare il fenomeno
  crescente di congestione delle testate di Valle, a causa dell'elevato flusso di autoveicoli nei periodi di maggiore presenza
  turistica, nelle maggiori località turistiche dell'arco alpino della Regione (in particolare: Courmayer, La Thuile, Cogne,
  Valtournanche, Ayas, Gressoney). In precedenza, le Amministrazioni comunali di Courmayer e La Thuile avevano
  provveduto a dare soluzione al problema a livello locale, mediante ordinanza  sindacale di divieto d'accesso alle automobili
  in aree particolarmente sensibili ed interessate da fenomeni di congestionamento. Va aggiunto, peraltro, che l'esigenza di
  limitare l'accesso veicolare alle Valli Veny e Ferret, situate in Comune di Courmayer, ai piedi del Monte Bianco, era stata
  già sostenuta nel Progetto di valorizzazione della primavera del 1994 relativo a tali valli (1).
  La seconda decisione concerne invece un'altra delibera, riapprovata dal Consiglio regionale il 24 ottobre 1996, anch'essa
  su rinvio disposto dal Presidente della Commissione di coordinamento, con cui è stata prevista l'istituzione di una tassa
  regionale per l'attraversamento dell'area del Monte Bianco da parte del traffico TIR internazionale.
  Oltre che per gli aspetti relativi alla delimitazione delle competenze normative della Regione autonoma della Valle d'Aosta
  (2), le due pronunzie in esame costituiscono un interessante punto di riferimento nel dibattito sulla mobilità sostenibile (3).

  3. - Nel proporre l'impugnazione della  delibera legislativa regionale del 23 novembre 1995, la Presidenza del Consiglio
  aveva dedotto che la sua presunta illegittimità sarebbe derivata dal fatto che «innanzi tutto ... le finalità da essa
  perseguite - salvaguardare l'ambiente e garantire la sicurezza del transito nonché la riduzione della congestione
  veicolare - non sono raggiungibili mediante l'istituzione di una tariffa d'uso su particolari strade.......», venendo così
  a censurare la scelta politica del legislatore regionale, a prescindere dalla valutazione dell'appartenenza della materia
  disciplinata alla competenza normativa regionale. A tale denunzia di vizio di merito si accompagnava, con il proprio ricorso,
  la Presidenza del Consiglio, contestava altresì la violazione di alcuni parametri costituzionali, ed in particolare gli artt. 3, 16,
  41 e 120 Cost., deducendo in particolare l'illegittimità della previsione della possibilità di stabilire esoneri dalla tariffa per i
  veicoli dei residenti nella zona servita dalla strada o tratto di strada su cui la tariffa si applica e per i veicoli dei proprietari di
  beni immobili situati nella zona stessa (art. 3, comma 4, n. 4, del provvedimento legislativo regionale impugnato) ed i veicoli
  degli operatori economici della zona servita dalla strada o tratto di essa su cui si applica la tariffa d'uso, dei loro fornitori e
  dipendenti, nonché dei turisti che pernottano nelle strutture ricettive della zona stessa (art. 3, comma 3, del provvedimento
  legislativo regionale impugnato), nonché la previsione della possibilità, per i Comuni e le Regione, di adottare, lì dove
  l'istituzione della tariffa d'uso non sia di per sé sufficiente, anche altre misure, nell'ambito di quelle indicate nel
  provvedimento di cui al comma 1 dello stesso art. 2 (art. 2, comma 4, n. 4, dello stesso provvedimento legislativo regionale
  impugnato).

  4. - Con l'impugnazione della  delibera legislativa regionale del 24 ottobre 1996, invece, la Presidenza del Consiglio,
  aveva dedotto il travalicamento delle competenze regionali, affermando la violazione di aree di competenza riservata dello
  Stato, di obblighi internazionali dell'Italia (in contrasto con i relativi limiti normativi di cui agli artt. 2 e 3 dello Statuto di
  autonomia speciale) e dell'ordinamento di diritto privato, nonché dall'affermato contrasto con interessi generali dello Stato,
  nonché una violazione dell'art. 120 Cost. e di norme comunitarie ed in particolare degli artt. 7a e 9 della direttiva CEE
  93/89 (4).

  5. - La Corte costituzionale ha rigettato il primo dei due ricorsi della Presidenza del Consiglio: se la decisione sembra da
  condividere, qualche riserva induce invece la motivazione.
  Infatti, la regione Valle d'Aosta, nel costituirsi nel giudizio di legittimità, aveva eccepito l'inammissibilità di valutazioni di
  merito, in cui pur si risolveva in buona parte il ricorso della Presidenza del Consiglio, circa la rispondenza del
  provvedimento adottato, ai fini che il legislatore aveva inteso perseguire, quali erano espressamente affermate nell'art. 1
  dello stesso deliberato legislativo regionale di cui veniva ipotizzata l'illegittimità. Mentre la Corte ha ribadito (e sul punto
  deve aderirsi) che né l'art. 16 Cost., in materia di libertà di circolazione, né l'art. 120, in materia di libertà di circolazione fra
  Regioni (e correlato divieto per le Regioni di frapporre ostacoli a tale libertà) impediscono l'introduzione di una tariffa d'uso
  per l'ingresso e la circolazione su strade extraurbane, ha poi espresso il proprio dissenso sul merito del provvedimento
  regionale, mostrando così di condividere il punto di vista espresso al riguardo dalla Presidenza del Consiglio.
  Evidentemente, da tale opinabile valutazione negativa («l'istituzione di una tariffa d'uso per l'ingresso e la circolazione su
  strade extraurbane può essere ritenuta da tempo superata in quanto non più conforme ai principi ed ai sistemi della moderna
  convivenza civile») la Corte costituzionale non poteva far discendere una pronunzia di illegittimità costituzionale, che (in
  assenza di parametri costituzionali di cui potesse assumersi la violazione) si sarebbe tradotta in un (nel nostro ordinamento
  costituzionale) inammissibile giudizio sul merito delle scelte politiche effettuate dalla Regione, ancorché il ricorso introduttivo
  della Presidenza del Consiglio avesse addotto, nell'ambito delle censure proposte contro il provvedimento regionale,
  l'inidoneità delle misure adottate dalla Regione rispetto allo scopo perseguito.
  A prescindere dai profili relativi ai limiti del giudizio di legittimità costituzionale circa il merito della norma, che esulano dallo
  scopo di queste brevi considerazioni, non può fare a meno di osservarsi che l'affermazione, sia pure soltanto incidentale,
  della Corte costituzionale (così come la censura proposta dalla Presidenza del Consiglio) sembra incoerente con le più
  recenti affermazioni in materia di politica ambientale assunte in sede internazionale, a cui l'Italia ha preso parte senza
  esprimere alcuna riserva, oltre che con la ratio di vari documenti, sia statali che comunitari. È qui sufficiente ricordare che la
  possibilità di ricorrere agli strumenti tariffari ai fini della tutela ambientale è espressamente contemplata nel Piano Nazionale
  per lo sviluppo sostenibile, in attuazione dell'Agenda 21 (5), approvato dal CIPE nella seduta del 28 dicembre 1993.  Il
  medesimo principio è peraltro contenuto nel V Piano di azione della Comunità europea Per uno sviluppo durevole e
  sostenibile. Programma politico e d'azione della Comunità Europea a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile (6),
  a cui è seguita la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri del 1° febbraio 1993,
  riguardante un programma comunitario di politica ed azione a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile (7). In tale
  documento, fra l'altro, si evidenzia fra gli obiettivi della strategia comunitaria in materia di trasporti (8) la promozione  di un
  «uso più razionale e più ecologico dell'autovettura privata» attraverso la modificazione del comportamento e delle
  abitudini del guidatore (§ 4.3) (9). E, nella tabella 3, relativa ai trasporti, nella stessa Risoluzione, viene previsto il ricorso
  alle «tasse stradali e forme diverse di pedaggi stradali», mentre, nella successiva tabella 5, relativa agli interventi sul
  turismo, negli strumenti d'azione relativi al comportamento dei turisti, viene espressamente previsto l'«aumento dei costi
  marginali per l'uso delle automobili private» (10). Si tratta dell'applicazione ad un caso particolare del principio
  generale «chi inquina paga», che è stato introdotto nel nostro ordinamento attraverso l'Atto Unico Europeo, recepito in
  Italia con l. 23 dicembre 1986, n. 906, che ha inserito una specifica previsione in tal senso nel secondo comma dell'art.
  130R del Trattato di Roma del 1957 (11). Peraltro, a livello di legislazione statale, l'art. 7 del nuovo codice della strada (d.
  lgtv. 30 aprile 1992, n. 285), nel testo modificato dall'art. 5 del d. lgtv. 10 settembre 1993, n. 360, prevede la possibilità
  per i comuni di condizionare l'ingresso o la circolazione dei veicoli a motore, all'interno delle zone  a traffico limitato al
  pagamento di somme di danaro: ove si assuma legittima quest'ultima previsione normativa statale, sembra ben difficilmente
  sostenibile la tesi dell'illegittimità di una disposizione regionale, adottata nell'ambito delle competenze normative regionali, di
  contenuto corrispondente. Conseguentemente, anche l'equivoco in cui la Corte costituzionale pur sembra essere incorsa
  circa la portata effettiva della normativa regionale sottoposta al suo esame, ritenuta come caratterizzata da una
  «temporaneità» (12) sembra del tutto irrilevante: il riconoscimento di un carattere di definitività del provvedimento legislativo
  regionale in questione non avrebbe dovuto implicare la declaratoria della sua illegittimità costituzionale (13).

  6. - Aveva invece effettivamente portata temporanea il secondo provvedimento regionale all'esame della Corte
  costituzionale, che prevedeva una tassazione selettiva dei veicoli commerciali in transito, in quanto applicabile soltanto a
  veicoli per i quali, in base alla normativa statale vigente, non sarà più possibile, per il futuro, consentire l'omologazione: l'art.
  2, comma 3, del provvedimento in questione escludeva espressamente dall'assoggettamento alla tassa «i veicoli per i quali,
  dall'omologazione ottenuta ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente del 23 marzo 1992 (Nuovi limiti alle emissioni di
  gas inquinanti prodotti da motori ad accensione spontanea destinati alla propulsione dei veicoli), pubblicato nel supplemento
  ordinario n. 63 alla Gazzetta ufficiale n. 77 del 1° aprile 1992, risulta che le emissioni di inquinanti gassosi e di particolato
  prodotte dal motore siano conformi ai valori limiti fissate nella riga B della tabella del punto 8.3.1.1. dell'allegato I al citato
  decreto». Ma, nonostante tale limite cronologico di efficacia, la Corte costituzionale è addivenuta ad una declaratoria di
  illegittimità, in quanto la disciplina regionale sarebbe venuta ad incidere sul transito per il traforo del Monte Bianco, ovvero
  su materia oggetto di accordi internazionali tra l'Italia e la Francia.
  La decisione suscita, tuttavia, qualche perplessità, se si tiene conto che la disciplina regionale aveva carattere anticipatorio di
  una direttiva comunitaria in corso di adozione, destinata a sostituire la menzionata direttiva 93/89/CEE (14), annullata dalla
  Corte di giustizia, pur con salvezza provvisoria dei suoi effetti (15). Tale carattere anticipatorio del provvedimento regionale
  rispetto alla prossima disciplina comunitaria era stato evidenziato con la previsione dell'art. 7, secondo la quale
  l'introduzione definitiva della direttiva avrebbe comportato l'eliminazione o la riduzione della tassa regionale e che la
  Francia, come l'Italia, è vincolata agli obblighi derivanti dal Trattato di Roma, ivi compresi i principi in materia ambientale.
  Ed è del resto noto come non sempre sia stato agevole dare applicazione nei singoli ordinamenti nazionali a tali principi:
  sembra significativo ricordare come recentemente, proprio la Francia sia stata assoggettata ad una declaratoria della Corte
  di giustizia per la mancata trasposizione della direttiva 93/89, che ha introdotto il principio dell'eco-tassazione dei veicoli
  commerciali inquinanti (16).

  7.- Non sembra nemmeno convincente che la disciplina introdotta dal provvedimento legislativo regionale in esame incida
  sul regime dell'utilizzazione del traforo del Monte Bianco, quale risulta dalla Convenzione di Parigi del 14 marzo 1953 e
  dall'Accordo aggiuntivo di Roma del 25 marzo 1965, o sul regime dell'Accordo di Parigi del 7 febbraio 1967, in materia di
  questioni doganali e fiscali per la gestione del traforo. In effetti, la Convenzione di Parigi del 14 marzo 1953 (ratificata con
  legge 1° agosto 1954, n. 846) si limita ad impegnare i Governi di Francia ed Italia ad assicurare (metà per ciascuno)
  l'esecuzione del traforo, prevedendo le modalità di esecuzione di gestione; in particolare l'art. 12 prevede che le questioni
  monetarie, fiscali, sociali e doganali derivanti dalla costruzione del traforo sarebbero state oggetto di accordi specifici fra i
  Governi interessati; l'accordo di Roma del 25 marzo 1965 (approvato e reso esecutivo con l. 14 luglio 1965, n. 921) si
  limita a prevedere le modalità per la gestione in comune del traforo fra le due società concessionarie; infine, l'Accordo di
  Parigi del 7 febbraio 1967, relativo alle questioni doganali e fiscali per la gestione del traforo del Monte Bianco (approvato
  e reso esecutivo con l. 13 ottobre 1979, n. 761) si limita a dettare una disciplina fiscale e doganale relativa all'attività delle
  società concessionarie del traforo, senza prevedere alcunché circa le imposizioni gravanti sul traffico veicolare che del
  traforo possa avvalersi; e, a fortiori, senza nulla disporre circa l'imposizione gravante sul traffico veicolare al di fuori del
  traforo.

  8.- Ancorché si tratti di aspetto non considerato espressamente dalla Corte, in quanto rimasto assorbito dalla declaratoria
  di illegittimità costituzionale sotto i profili fin qui ricordati, sembra doversi esprimere qualche perplessità anche relativamente
  alla denunzia (contenuta nel ricorso introduttivo dello Stato) di una presunta violazione del divieto di cumulo fra pedaggi e
  diritti d'utenza per uno stesso tratto stradale, di cui all'art. 7, lett. a) della direttiva 93/89/CEE del Consiglio del 25 ottobre
  1993, con riferimento al pedaggio riscosso per il transito attraverso il Traforo del Monte Bianco. In realtà, il provvedimento
  regionale non riguardava il traforo del Monte Bianco, né intendeva regolare l'utilizzazione del traforo stesso, ma era
  destinato ad applicarsi al transito sulle strade del territorio della Comunità montana Valdigne-Mont Blanc fuori dal tunnel:
  d'altra parte, l'ultimo punto della medesima lett. a dell'art. 7 della direttiva 93/89/CEE fa espressa eccezione al divieto del
  cumulo per quanto concerne il pedaggio connesso all'utilizzazione di ponti, tunnel e valichi di montagna.

MICHELE M. COMENALE PINTO

    NOTE:

  (1) Tale progetto aveva ottenuto un finanziamento nell'ambito del Programma comunitario «Life», ai sensi del Regolamento
  (CEE) n. 1973/92 del Consiglio, in base alla decisione della Commissione C(94) 2850 finale/060 del 25 novembre 1994.
  Nell'ambito di tale programma, come evidenziato nell'allegato 1 della menzionata decisione della Commissione del 25
  novembre 1994, la prima fase di sviluppo progettata concerne appunto la «programmazione operativa per l'attivazione
  immediata (stagione estiva 1994) della regolamentazione del traffico veicolare privato delle due valli, con modalità
  sperimentali».

  (2) Per tali profili le due decisioni in esame non hanno mancato di suscitare l'interesse dei cultori del diritto costituzionale: C.
  cost 19 luglio 1996 n. 264 è stata pubblicata in Giur. cost. 1996, 2347, con nota di PETRANGELI, Nuove problematiche
  della libertà di circolazione: il pedaggio stradale come misura di protezione dell'ambiente (ivi, 2354), nonché in Regioni
  1996, 1185, con nota di NICOTRA, Uso dei beni pubblici, tutela dell'ambiente e libertà di circolazione (ivi, 1190); C.
  cost. 30 luglio 1997 n. 285 è stata pubblicata in Giur. cost. 1997, 2581, ed in Regioni 1988, 144, con nota di GENNUSA,
  La Valle d'Aosta istituisce una tassa sul traforo del Monte Bianco: carenza di competenza o mancata ponderazione degli
  interessi? (ivi, 148).

  (3) Dovendosi assumere, nel dibattito più generale sul diritto alla mobilità, che l'interesse ambientale possa costituire uno dei
  limiti all'esercizio di tale diritto. Per quanto concerne le implicazioni di rilievo costituzionale del c.d. diritto alla mobilità, v.
  recentemente RINALDI BACCELLI, Per un inquadramento sistematico del diritto della persona al trasporto pubblico, in
  Riv. dir. civ. 1991, II, 21 (ivi, richiami a diverse soluzioni sul punto, che resta piuttosto controverso).

  (4) Tale direttiva era stata annullata dalla Corte di giustizia, con la sentenza 5 luglio 1995, in causa C-21/94, in quanto, in
  violazione degli art. 75 e 99 del Trattato di Roma, il Parlamento europeo non era stato consultato prima dell'approvazione,
  ancorché il testo adottato dal Consiglio divergesse in maniera sostanziale rispetto alla proposta della Commissione. Tuttavia,
  la Corte aveva pronunziato l'annullamento della direttiva, con la previsione del mantenimento dei suoi effetti fino
  all'adozione, da parte del Consiglio, di una nuova direttiva in materia.

  (5) Piano di azione per le specifiche iniziative economiche, sociali ed ambientali in vista del XXI secolo, adottato dai
  partecipanti alla Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro del 3 - 14 giugno 1992. Sulla
  Conferenza di Rio in generale, v. PINESCHI, La Conferenza di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo, in Riv. giur. amb.
  1992, 705 SCOVAZZI, Tutela dell'ambiente e assistenza alo sviluppo: dalla Conferenza di Stoccolma (1972) alla
  Conferenza di Rio (1992), in Riv. giur. amb. 1994, 493; TREVES, Il diritto dell'ambiente a Rio e dopo Rio, in Riv. giur.
  amb. 1993, 577. Sull'Agenda 21 (che con la Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo e la Dichiarazione autoritativa,
  giuridicamente non vincolante, contenente principi sulla gestione, la conservazione e lo sviluppo sostenibile di tutti i tipi di
  foreste, è uno dei documenti adottati dalla detta Conferenza di Rio, che era stata convocata in base alla risoluzione 44/228
  del 29 dicembre 1989 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite), v. in particolare SOAVE, Lo sviluppo sostenibile nella
  prospettiva dell'Agenda 21 - Il programma d'azione lanciato alla Conferenza di Rio de Janeiro, in Riv. giur. amb. 1993,
  761.

  (6) COM/92/23 del 12 giugno 1992, cui è seguito il parere del Parlamento europeo, in G.U.C.E. C 337 del 21 dicembre
  1992.

  (7) Risoluzione 93/C 138/01.

  (8) Come definita dalla Comunicazione della Commissione Libro verde sull'impatto dei trasporti sull'ambiente della
  Comunità per una «mobilità sostenibile» - COM (92) 46 def. del 20 febbraio 1992.

  (9) Peraltro, il medesimo principio è ribadito anche nella recente proposta della Commissione per la revisione del
  programma in questione del 24 gennaio 1996 - COM(95) 647 def. (cfr. art. 2.2, lett. a).

  (10) Il principio specifico era affermato espressamente in più punti del menzionato Libro verde sull'impatto dei trasporti
  sull'ambiente della Comunità per una «mobilità sostenibile». In particolare nel § 118 (nel testo francese consultato), si
  auspica «l'utilisation des instruments fiscaux et économiques afin d'orienter le choix de l'usager et de l'exploitant vers le
  modes les moins polluants et les technologies les plus propres». L'accesso selettivo alle infrastrutture di trasporto è invece
  menzionato nel successivo § 127 dello stesso documento della Commissione.

  (11) Sembra peraltro opportuno ricordare l'opinione espressa dalla giurisprudenza ordinaria e dalla dottrina circa la
  possibilità per le Regioni di dare attuazione diretta alla disciplina degli artt. 130R e segg. del Trattato CEE, come modificato
  dall'A.U.E., con misure volte a dare all'ambiente una tutela anche più incisiva di quelle  statali. Così, ad esempio, la
  Cassazione ha incidentalmente sottolineato dalla Cassazione (III Sezione penale, 4 febbraio 1993, imp. Marzi, in Riv. pen.
  economia 1994, 183) la possibilità per le Regioni di attuare normativamente tale principio, introducendo una  disciplina più
  severa di quella statale (mai più permissiva). Ed in dottrina, con riferimento all'utilizzazione della leva tributaria in funzione di
  tutela ecologica, si è espressamente affermato (con riferimento agli artt. 117 e 119 Cost.) che «l'attribuzione alle regioni
  delle funzioni di tutela del patrimonio ambientale consente di riconoscere alle stesse una autonomia finanziaria che, sia pure
  nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi della Repubblica ... , legittima una potestà impositiva delle regioni anche in materia
  di tributi ambientali» (PICCIAREDDA - SELICATO, I tributi e l'ambiente, Milano, 1996, 128).

  (12) In realtà, la temporaneità della misura adottata non si ricava affatto dal tenore letterale della disciplina in questione
  (che, anzi, contempla la possibilità di un'adozione di provvedimenti restrittivi per la circolazione statale in via definitiva,
  come agevolmente si ricava dall'art. 3, comma 2, della stessa legge regionale). Il lapsus della Corte è segnalato da altro
  annotatore della decisione in esame: PETRANGELI, Nuove problematiche della libertà di circolazione, cit., 2354, 2361.

  (13) NICOTRA GUERRERA, Uso dei beni pubblici, cit., 1193.

  (14) Cfr. bozza di direttiva del Consiglio COM (96) 331, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti per l'uso di
  talune infrastrutture, presentata il 13 novembre 1996 (in G.U.C.E. C 59, 26 febbraio 1997). Il 17 luglio 1997, il Parlamento
  europeo ha approvato la proposta della Commissione con alcuni emendamenti, in parte accolti dalla Commissione: si è in
  attesa di una proposta modificativa che integri gli emendamenti del Parlamento accolti dalla Commissione.

  (15) C. giust. CE 5 luglio 1995, in causa C-21/94, cit.

  (16) C. giust. CE 5 marzo 1998, in causa C-175/97. Come è ricordato al punto 8 di tale decisione, la Repubblica francese
  aveva dedotto nel procedimento che il recepimento della direttiva non aveva potuto essere effettuato «... a causa delle
  difficoltà che investono il settore del trasporto su strada delle merci ... che si spiegano, in particolare, con la notevole
  diminuzione di tale attività, nonché con l'aumento degli oneri sociali delle imprese conseguenti all'adozione di diversi
  provvedimenti destinati a migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori subordinati». Significativa, peraltro (anche per il
  possibile riferimento alla politica italiana dei prezzi del gasolio) il successivo rilievo di cui nella menzionata decisione della
  Corte di giustizia si dà atto al successivo punto 9: «Il governo francese osserva d'altronde che i trasportatori considerano
  inaccettabili le distorsioni di concorrenza risultanti dai livelli di tassazione fortemente divergenti di cui il gasolio costituisce
  oggetto nei diversi Stati membri».
 

MICHELE M. COMENALE PINTO