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1998 | 711 |
Gerardo Mastrandrea
Racconta una signora giapponese, residente da diversi anni in
Italia, sulle righe della rubrica «Lettere» del quotidiano
la Repubblica del 28 luglio 1998, non mancando peraltro di evidenziare
come i suoi natali le impongano per motivi di cultura e di principio (e
sovraffollamento, aggiungiamo noi) la scelta di usufruire di mezzi di trasporto
pubblici, che le Ferrovie dello Stato s.p.a. hanno adottato un provvedimento
alquanto strano e del tutto anomalo per fronteggiare i soliti furbi (italiani).
Pare dunque che di recente le FF.SS. abbiano stabilito che sulla tratta
Treviglio-Milano Lambrate (esattamente di 30 km) non sia più sufficiente
il corrispondente biglietto a fascia chilometrica, dovendosi acquistare
quello di fascia superiore (40 km), e questo per fare fronte ai non pochi
furbi che, acquistando un biglietto per Milano Lambrate, in realtà
scendevano a Milano Centrale (34 km).
I biglietti a fascia chilometrica, ai sensi delle «Prescrizioni
di carattere generale per i viaggi in ferrovia» riportate nell'orario
ferroviario ufficiale delle FF.SS., sono rilasciati in taglie fino a 100
km, con, analogamente ai biglietti di viaggio ordinario (fino a 100 km),
una suddivisione della percorrenza di 10 in 10 km.
Il problema non è nuovo. Uno dei casi più eclatanti,
di cui chi scrive è ben a conoscenza per esperienza diretta ma non
personale (è vietata ogni insinuazione), è costituito dalla
tratta Roma-Genova (via Pisa), ove per giungere da Roma Termini a Genova
Piazza Principe (501 km) si è in effetti tentati di acquistare il
biglietto per Genova Brignole (499 km), che può usufruire del meno
oneroso scaglione tariffario del 450-500 km (traducendosi per un viaggio
in intercity di prima classe in un risparmio di circa 8.000 lire), contando
sulla bassa possibilità di essere oggetto di controllo nella brevissima
tratta fra le due stazioni cittadine.
La problematica delle distanze ferroviarie non da oggi, come è
noto, dà luogo a polemiche; basti pensare al mancato adeguamento
del Prontuario ufficiale alle nuove e più brevi percorrenze.
È certo che un intervento autoritario, nei termini esposti dalla
lettrice, non può trovare alcuna giustificazione e può lasciare
in effetti sbalorditi.
È comunque giunto il momento, come si dice da tempo e da più
parti, di rivedere il sistema tariffario, ancorandolo, nei limiti del possibile,
alla qualità del servizio e con scaglioni tariffari non più
ancorati alla percorrenza chilometrica.
Per ora qualche controllo più serrato nelle brevi tratte ad
alta frequentazione di furbi non farebbe probabilmente male, visto che
gli stessi responsabili appaiono ben a conoscenza della situazione.
GERARDO MASTRANDREA