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TRIBUNALE DI BRESCIA 28 LUGLIO 1997
Pres. est. MACCA
Luciano, Emilia, Maria, Faustino, Gabriella, Franco,
Valentino, Giusi ed Elvira Ceretti (avv. Venditti) c. Dolores Crescini
(avv. Tedeschi)
Trasporto di persone - Morte del trasportato - Responsabilità del proprietario del velivolo - Non sussiste.
Trasporto di persone - Morte del trasportato - Responsabilità
dell'esercente non imprenditore - Non sussiste.
RIASSUNTO DEI FATTI:
Il 17 agosto 1986 un piccolo aereo da turismo di proprietà
della signora Dolores Crescini si schiantava al suolo e nell'incidente
perdevano la vita il pilota ed il passeggero del velivolo. Con atto di
citazione notificato il 15 gennaio 1988 gli eredi di quest'ultimo convenivano
in giudizio la signora Crescini per vederla condannare al risarcimento
dei danni, morali e materiali, da loro subiti per la perdita del congiunto,
stimati nella misura di £. 200.000.000. Nel giudizio la convenuta
eccepiva il difetto di legittimazione passiva.
MASSIME:
In caso di morte del passeggero, il proprietario
non conducente del velivolo non risponde in solido con il pilota sia perché
il diritto aeronautico non prevede un principio come quello dell'art. 2054
c.c. terzo comma, sia perché questa norma non è in ogni caso
invocabile dal terzo trasportato. (1)
È, altresì, carente di legittimazione passiva l'esercente d'aeromobile a meno che non sia provato che svolgesse, nella sua qualità d'imprenditore, attività di noleggio del veicolo o gestisse un'impresa di trasporti. (2)
MOTIVI DELLA DECISIONE :
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1998 | 509 |
La decisione che si annota giunge ad una conclusione che
appare solo in parte condivisibile, anche perché l'iter logico,
soprattutto nella seconda parte della motivazione, non si mostra sempre
ben chiaro.
Nulla da dire, per la verità, sull'affermazione che l'art. 2054
c.c. non è utilmente invocabile dal terzo trasportato nei confronti
del vettore, poiché questo è pacifico in giurisprudenza
(1) in quanto si dice che questi non può essere definito un estraneo
rispetto alla circolazione del veicolo (2) e che salendo di propria volontà
su di esso ne accetta il rischio (3), anche se si deve ammettere che tali
conclusioni sono contestate da alcuni autori (4) i quali osservano che
la norma, allorché si riferisce ai danni alle persone, non opera
alcuna distinzione fra trasportati e non e che difficilmente sarebbe ipotizzabile
un'accettazione del rischio derivante dall'altrui condotta colposa.
Fin qui, dunque, considerato che il tribunale ha applicato principi
pacifici, anche se, come si è visto, vi è qualche voce discorde,
si può convenire sulla soluzione adottata, sebbene la seconda affermazione,
vale a dire che il diritto aeronautico non prevede una responsabilità
solidale del proprietario con il pilota, (5) avrebbe potuto essere meglio
precisata nel senso che non è neppure possibile far ricorso, ex
art. 1 c. nav. secondo comma, all'art. 2054 c.c. stesso poiché trattasi
di norma dettata unicamente per la circolazione terrestre. (6)
Se, dunque, la norma in questione non consentiva di affermare la legittimazione
passiva della convenuta, bisogna chiedersi se si sarebbe potuto ritenerla
obbligata al risarcimento del danno in base alla sua qualità di
esercente dell'aeromobile precipitato; si deve sottolineare, tuttavia,
come sul punto la motivazione della sentenza sembri essere un po' confusa,
tanto che non si riesce neppure a ricostruire con precisione con quali
argomentazioni gli attori sostenessero la loro tesi, anche se, visto che
nella decisione si fa riferimento alla coincidenza tra la figura del proprietario
e quella dell'esercente, se ne può trarre l'illazione che fosse
stato invocato l'art. 876 c. nav., nel senso che, mancando la dichiarazione
ex art. 875 c. nav., la proprietaria doveva presumersi esercente.
A questo proposito, tuttavia, sembrerebbe che i giudici lombardi, allorché
hanno affermato che tale presunzione «vale solo nell'ipotesi in cui
comunque sia esercitata, con quell'aeromobile, una vera e propria impresa
avente ad oggetto l'attività di gestione (anche solo per fini turistici,
di svago o ricreativi) di un aeromobile» siano caduti in un equivoco,
in quanto hanno operato una sovrapposizione di concetti tra l'impresa di
navigazione e quella prevista dal codice civile, la cui nozione si ricava
dalla definizione di imprenditore di cui all'art. 2082 c.c., come anche
parrebbe dimostrato dalla successiva affermazione secondo la quale la prima
non sarebbe che una species della seconda, tesi questa che, autorevolmente
sostenuta in passato (7) e di recente riproposta (8), non può essere
seguita in quanto, sebbene il titolo del codice che contiene le norme sull'esercente
rechi l'intestazione «impresa di navigazione», questa denominazione
è un mero flatus voci (9), che indica nulla più che il mero
esercizio dell'aeromobile (10) e che si giustifica con l'influenza esercitata
sul codice della navigazione del passaggio dal codice di commercio a quello
civile, e dunque da un sistema imperniato sui singoli atti di commercio
ad uno in cui rileva la figura dell'imprenditore con la conseguente aggregazione
di tali atti nella unitaria nozione d'impresa. (11)
Se, dunque, si accettano tali conclusioni e soprattutto se si considera
che la dottrina più recente, prendendo anche spunto dalla nozione
di armatore ricavabile dalla Convenzione di Roma sui danni a terzi sulla
superficie del 7 ottobre 1952, che considera anche la figura dell'utente
temporaneo e di quello abusivo, ritiene sufficiente per l'esercizio il
mero fatto della navigazione (12) ed addirittura la semplice disponibilità
di fatto del veicolo (13), si comprendono appieno le differenze tra le
due fattispecie dato che, nonostante la rilevanza del momento organizzativo
anche nell'impresa di navigazione, questa si concreta nel mero esercizio
della nave o dell'aeromobile, distinguendosi così dalla fattispecie
dell'art. 2082 c.c. per la mancanza dei requisiti della professionalità
e dell'economicità. (14)
Tali considerazioni, dunque, consentono di mettere in luce anche un'altra
«inesattezza» contenuta nella motivazione della decisione annotata,
perché si deve precisare che nulla esclude che l'esercente, ricorrendo
i presupposti richiesti dalla norma sopra citata, possa assumere la veste
giuridica di imprenditore, divenendo in tal modo titolare sia dell'impresa
propriamente detta sia di quella di navigazione (o meglio, di tante imprese
di navigazione quante sono gli aeromobili gestiti), con la conseguenza
che anche l'affermare che «di impresa di navigazione si può
parlare, a stretto rigore di termini, soltanto nel caso d'impresa di noleggi,
in quanto fornitrice di servizi di navigazione o viaggi» non pare
del tutto esatto in quanto se l'esercente svolgesse, professionalmente
e con scopo di lucro, l'attività di noleggio di aeromobili, egli
dovrebbe essere considerato imprenditore commerciale ai sensi dell'art.
2195 c.c.
Se, dunque, si conviene con quanto finora detto, l'affermazione del
Tribunale di Brescia dalla quale siamo partiti, si risolve in una tautologia
perché equivarrebbe ad affermare che l'art. 876 c. nav. opera ogni
volta che vi sia un esercente, ma questa circostanza si presenta ogni volta
che c'è un aeromobile, in quanto dovrà esservi per forza
di cose, non essendo seriamente ipotizzabile un acquisto della disponibilità
del veicolo ob pompam vel obstentationem, qualcuno, sia o meno il
proprietario, che provveda al suo esercizio.
Se, dunque, il discorso sull'impresa di navigazione non rilevava ai
fini della decisione e se diamo per pacifico che a carico della convenuta
operasse la presunzione dell'art. 876 c. nav., ne deriva che il tribunale
avrebbe dovuto verificare se la proprietaria non potesse essere chiamata
a rispondere dell'incidente, provocato, a quanto è dato di leggere,
dalla colpa grave del pilota del velivolo, in base al principio, espresso
dall'art. 878 c. nav., per cui l'esercente risponde dei fatti dell'equipaggio.
Tale norma, che trova il suo antecedente storico nell'actio exercitoria
(15), infatti, è indubbiamente applicabile anche per le ipotesi
di commissione di un fatto illecito da parte di un membro dell'equipaggio
(16), come risulta anche dalla Relazione al codice (17), né la sua
applicazione potrebbe essere esclusa in base all'osservazione che nel caso
oggetto del giudizio il comportamento colposo era addebitabile ad un soggetto,
il pilota di un aereo da turismo, che a rigore non rientrerebbe nella nozione
di equipaggio, perché questo criterio d'imputazione della responsabilità,
che si fonda sullo stesso principio del cuius commoda eius incommoda
di cui all'art. 2049 c.c. (18), tanto che si ritiene sussista un rapporto
di specialità tra le due norme (19), opera ogni volta che il fatto
sia attribuibile ad un qualunque preposto o dipendente dell'esercente anche
se non fa parte dell'equipaggio (20) ed anche se presta la sua opera in
maniera occasionale o temporanea. (21)
Ad ulteriore conferma di quanto detto, potrebbe ricordarsi che la giurisprudenza,
valorizzando il rapporto di preposizione che sorge con l'affidamento del
velivolo da parte dell'aeroclub esercente al socio e sostenendo che a quest'ultimo
potrebbe essere riconosciuta una posizione simile a quella del comandante
d'aeromobile, ha più volte affermato che sussiste la responsabilità
solidale tra questi soggetti, nel caso di morte del passeggero per comportamento
imprudente di colui che lo pilotava, venendo così a confermare,
ed è questo il punto che ci interessa, che l'art. 878 c. nav. consente
d'imputare all'esercente il comportamento illecito del pilota. (22)
Ben poteva essere invocata, dunque, questa norma nel caso in questione
per affermare l'obbligo della convenuta di risarcire agli attori i danni
da essi patiti a causa dell'incidente oggetto del giudizio, ma si deve
precisare che il mero riferimento all'art. 878 c. nav. non sarebbe stato
da solo sufficiente per ottenere una decisione favorevole in quanto detto
articolo non prevede, come pure in passato è stato sostenuto (23),
con riferimento all'art. 274 c. nav., una responsabilità oggettiva,
ma si limita a stabilire un criterio d'imputazione nel senso che il fatto
del preposto deve essere considerato come fatto del preponente (24), con
la conseguenza che, per quanto attiene al fatto generatore della responsabilità,
si dovrà far riferimento alle norme del codice civile e dunque,
nel nostro caso, all'art. 2043 c.c. (o 2050 c.c. qualora si volesse qualificare
l'attività in questione come pericolosa). (25)
Da quanto sin qui detto, dunque, dovrebbe essere emerso che la decisione
del Tribunale di Brescia di dichiarare il difetto di legittimazione passiva
della proprietaria - esercente è giustificata con riguardo all'azione
fondantesi sull'art. 2054 c.c., ma non può condividersi per quanto
riguarda quella che si basa sull'art. 878 c.nav., perché in questo
caso, fossero o meno riusciti gli attori a dimostrare la colpa del preposto
nella produzione dell'incidente de quo, la sentenza non avrebbe dovuto
concludersi in rito, ma in merito o accogliendo la domanda o rigettandola
per difetto di prova.
(1) Cass. 19 gennaio 1972 n. 132; Cass. 27 marzo 1987 n. 2994 in Giur. it. 1988, I, 1, 1833; Cass. 11 gennaio 1988 n. 39 in Arch. giur. circ. 1988, 423; Cass. 9 agosto 1995 n. 8917; Cass. 12 novembre 1996 n. 9874; Trib. Brindisi 20 gennaio 1989 in Arch. giur. circ. 1989, 487; Trib. Firenze 8 aprile 1993 in Arch. giur. circ. 1994, 135.
(2) Cass. 19 gennaio 1972 n. 132 cit.
(3) R. SCOGNAMIGLIO, Responsabilità civile, in Noviss. dig.
it. XVI/1968, 628, 647; A. FLAMINI, Il trasporto amichevole, Napoli 1977,
53.
(4) E. BONVICINI, La responsabilità civile, I, Milano, 1971, 677; M. COMPORTI, Il nuovo corso della giurisprudenza francese sulla responsabilità nel trasporto amichevole o di cortesia: un problema ancora aperto, in Foro it. 1978, V, 182, 192; C. M. BIANCA, La responsabilità, Milano 1994, 754.
(5) Si noti, invece, che l'art. 2054 c.c. è espressamente richiamato,
in materia di navigazione da diporto marittima, dall'art. 47 della legge
11 febbraio 1971 n. 50.
(6) C. M. BIANCA, La responsabilità, cit., 748; in giurisprudenza
si veda Cass. 30 luglio 1987 n. 6603 in Arch. giur. circ. 1988, 25 ove
si stabilisce una corrispondenza tra l'art. 2054 c.c. ed i veicoli la cui
circolazione è disciplinata dal codice della strada.
(7) A. SCIALOJA, Corso di diritto della navigazione, Roma, 1943, 326;
S. FERRARINI, L'impresa di navigazione, I, Milano, 1945, 64 ss.
(8) G. OPPO, L'impresa di navigazione (cinquant'anni dopo), in
L. TULLIO - M. DEIANA (a cura di), Il cinquantenario del codice della navigazione,
Cagliari, 1993, 140.
(9) D. GAETA, Basta con la cosiddetta impresa di navigazione !, in Dir. mar. 1993, 624.
(10) A. GRAZIANI, Appunti di diritto della navigazione, Napoli,
s.d., 33 ss.; A. TORRENTE, I contratti di lavoro della navigazione, Milano,
1948, 17; E. SPASIANO, Esercizio della nave o dell'aeromobile e impresa,
in Riv. dir. nav. 1950, I, 176; E. SPASIANO, Armatore (diritto della navigazione),
in Enc. dir. III/1958, 13, 17; F. BERLINGIERI, Armatore ed esercente di
aeromobile, in Noviss. dig. it. I, 2/1958, 957, 960; D. GAETA, L'impresa
di navigazione, in Dir. mar. 1981, 513 ss.; F. BERLINGIERI, Armatore ed
esercente di aeromobile, in Dir. mar. 1986, 269, 270; A. LEFEBVRE D'OVIDIO,
Armatore ed esercente di nave e di aeromobile, in Enc. giur. II/1988, §
1.2; A. LEFEBVRE - G. PESCATORE - L. TULLIO, Manuale di diritto della
navigazione, VIII ed., Milano, 1996, 330; F. FERRARA - F. CORSI, Gli imprenditori
e le società, Milano, 1996, 48; in giurisprudenza si veda: Cass.
27 ottobre 1992 n. 11684 in Dir. mar. 1994, 1054.
(11) F. FARINA, Dagli atti di commercio di rilevanza marittima all'impresa
di navigazione, in L. TULLIO - M. DEIANA (a cura di), Il cinquantenario
del codice della navigazione, Cagliari, 1993, 160, 162.
(12) G. ROMANELLI, I danni da aeromobile sulla superficie, Milano, 1970,
88; E. FANARA, Le assicurazioni aeronautiche, Reggio Calabria, 1976, 437;
contra nel senso che a tali disposizioni non può riconoscersi attitudine
qualificatoria A. LEFEBVRE - G. PESCATORE - L. TULLIO, Manuale, cit., 331.
(13) D. GAETA, L'impresa di navigazione, cit., 524.
(14) A. LEFEBVRE D'OVIDIO, Armatore ed esercente, cit., § 1.2;
A. LEFEBVRE - G. PESCATORE - L. TULLIO, Manuale, cit., 332; Cass. 27 ottobre
1992 n. 11684 cit.
(15) Si veda Inst. 4, 7, 2 e D. 14, 1, 5, 1.
(16) G. RIGHETTI, Trattato di diritto marittimo, I, 2, Milano, 1987,
1512; A. LEFEBVRE D'OVIDIO, Armatore ed esercente, cit.; § 4.2; A.
LEFEBVRE - G. PESCATORE - L. TULLIO, Manuale, cit., 349. In giurisprudenza:
Cass. 22 febbraio 1969 n. 660 in Giust. civ. 1969; I, 1507; Cass. 15 luglio
1976 n. 2796 in Dir. mar. 1976, 680; App. Roma 20 giugno 1974 in Dir. mar.
1974, 554; Trib. Verona 25 marzo 1961 in Arch. resp. civ. 1961, 718.
(17) Si veda Relazione al codice della navigazione n. 152.
(18) E. SPASIANO, Armatore, cit., 22.
(19) A. LEFEBVRE D'OVIDIO, Armatore ed esercente, cit., § 4.3;
Cass. 22 febbraio 1969 n. 660 cit.; Cass. 15 luglio 1976 n. 2796 cit.;
App. Roma 20 giugno 1974 cit.
(20) M. GRIGOLI, Responsabilità dell'aeroclub per trasporto amichevole da parte del socio, in Giur. it. 1973, I, 1, 899; G. RIGHETTI, Trattato, cit., 1512.
(21) E. SPASIANO, Armatore, cit., 22.
(22) Cass. 9 dicembre 1976 n. 4586 in Giust. civ. 1977, I, 446; Cass.
7 luglio 1972 n. 2267 in Giur. it. 1973, I, 1, 899.
(23) F. GALGANO, La responsabilità dell'armatore, in Riv. dir.
nav. 1942, I, 3.
(24) F. BERLINGIERI, Armatore ed esercente, cit., 232; A. LEFEBVRE
- G. PESCATORE - L. TULLIO, Manuale, cit., 349.
(25) A. LEFEBVRE D'OVIDIO, Armatore ed esercente, cit., § 4.3;
Cass. 22 febbraio 1969 n. 606 cit.; Cass. 15 luglio 1976 n. 2796 cit.;
App. Roma 20 giugno 1974 cit.