Diritto dei trasporti
1998 412


Vito Riccardo Cervelli

Il meraviglioso mondo degli animali:
l'Homo telefoninicus viator

     I lettori del Diritto dei Trasporti, cortesi e gentili come sono, senza dubbio ci perdoneranno se invadiamo il campo di altre discipline, ma da una parte questa sezione della rivista ha un po' la funzione che a scuola spettava alla ricreazione e dall'altra tanto è stato il successo delle trasmissioni di Piero Angela e Giorgio Celli che non siamo proprio riusciti a resistere alla tentazione d'imitarli.
Come anteprima del nostro nuovo corso di etologia giuridica vi parleremo dell'homo telefoninicus viator, specie animale che si caratterizza per il fatto di essere dotata di una sorta di appendice corporea, a cui la letteratura scientifica ha attribuito il nome di cellulare o telefonino, dalla quale nessun appartenente alla specie è in grado di separarsi neppure per brevi migrazioni e che viene incessantemente usata dal telefoninicus, il più delle volte al solo fine di segnalare la sua presenza a chiunque per avventura si dovesse trovare nel suo habitat naturale.
In particolare vogliamo richiamare l'attenzione dei nostri lettori su quella sottospecie che vive e, per nostra sfortuna, prospera a bordo degli aeromobili perché, a detta dei maggiori studiosi del comportamento animale, è la più pericolosa in quanto non si fa scrupolo di tenere il comportamento caratteristico della specie ben sapendo che le onde elettromagnetiche emesse dalla suddetta appendice corporea possono interferire con le delicate apparecchiature di bordo dell'aereo ponendo così in serio rischio la sicurezza della navigazione.
Tale sottospecie è talmente perniciosa che, sin dal suo primo apparire, si è cercato di escogitare dei sistemi che fossero idonei a renderle difficoltosa la sopravvivenza nella speranza che alla fine si estinguesse.
I primi coraggiosi esperimenti in questa direzione furono effettuati dagli assistenti di volo che si preoccuparono di rendere noto che l'utilizzo dei telefonini a bordo era vietato, ma ben presto ci si accorse che tale tentativo, pur riuscendo ad attirare l'attenzione delle persone normali un po' distratte, era destinato a fallire perché è noto, anche se non se ne conosce bene il motivo, ogni divieto esercita sull'homo telefoninicus un'insana attrazione verso il comportamento vietato.
Allo stesso modo non sarebbe utile far notare a costui che il suo comportamento pone a rischio anche la propria sicurezza oltre a quella degli altri passeggeri, perché, probabilmente per lo scarso sviluppo cerebrale, gli appartenenti alla specie in questione, o almeno la maggior parte di essi, non riuscirebbero a comprendere un ragionamento così sofisticato.
Dato che questi pur lodevoli tentativi sono destinati, come si è visto, al fallimento, ci permettiamo di consigliare a tutti coloro che non volessero subire passivamente gli attacchi del telefoninicus di segnalare questi comportamenti al comandante dell'aeromobile (o ad altro membro dell'equipaggio perché riferisca al primo) in quanto da una parte l'inosservanza del divieto di utilizzo del cellulare in aereo configura la contravvenzione di cui all'art. 1231c.nav., dall'altra il comandante è, anche in considerazione delle sue funzioni di polizia giudiziaria per quanto riguarda i reati commessi a bordo, pubblico ufficiale, con la conseguenza che egli avrà l'obbligo, penalmente sanzionato ex art. 361 c.p., di individuare il contravventore, il quale da parte sua dovrà fornire le sue generalità per non essere chiamato a rispondere anche del reato previsto e punito dall'art. 651 c.p., e di denunciarlo, appena atterrati, alla competente autorità giudiziaria.
Vorremmo, tuttavia, smorzare facili entusiasmi, perché se è vero che in un ambito spaziale ristretto, quale quello dell'interno di un velivolo, il reo è facilmente individuabile e quindi la punizione, caso più unico che raro, segue con pressoché totale certezza ad ogni violazione, è pur vero che la sanzione dettata dalla norma in questione, al massimo tre mesi d'arresto, è il più delle volte inadeguata al pericolo creato soprattutto se si considera che, ex art. 53 della legge 24 novembre 1981 n. 689, detta pena detentiva può essere sostituita da una pecuniaria, consentendo in tal modo l'operatività del procedimento per decreto (art. 459 c.p.p.) e dunque permettendo al condannato di fruire di una diminuzione di pena pari alla metà (oltre ad un ulteriore terzo per le attenuanti generiche che per prassi vengono concesse quasi a tutti).
Se qualcuno dei nostri lettori si riconosce, ma ne dubitiamo fortemente, nell'homo telefoninicus, è bene che sappia che c'è poco da stare allegro per quanto appena detto perché il diritto, ed in particolare quello penale, ha ancora in serbo qualche sorpresina per punire tale comportamento contrario al buon senso (oltre che alla civiltà ed all'educazione).
In particolar modo consiglieremmo di aderire all'ordine del comandante (o di altro membro dell'equipaggio da lui autorizzato) di spegnere immediatamente l'apparecchio telefonico perché l'inosservanza di tale ordine può costare altri tre mesi di reclusione (art. 1095 c.nav.); non solo, consiglieremmo anche di ubbidire con un certo garbo per evitare di essere chiamati a rispondere, mancando di riguardo ai membri dell'equipaggio, della violazione disciplinare prevista dall'art. 1256 c.nav. (vero che le sanzioni di cui al successivo articolo sono prive di efficacia dissuasiva, ma l'esclusione dalla tavola comune offre interessanti prospettive perché, ad esempio, potrebbe fondare un rifiuto di servire il pasto, normalmente offerto sugli aerei, al passeggero maleducato che sarebbe, in tal modo, obbligato, a mo' di moderno Tantalo, a trascorrere il viaggio guardando gli altri pranzare allegramente alle sue spalle).
C'è anche da far notare che vero è proprio autolesionismo giuridico sarebbe iniziare una telefonata ad alta quota, perché oltre ai reati fin qui illustrati si rischia di vedersi contestato il delitto di attentato alla sicurezza dei trasporti (432 c.p.) soprattutto se si interpreta l'espressione pone in pericolo la sicurezza come condizione obiettiva di punibilità e dunque la si sottrae dal fuoco del dolo (per pietà nei confronti dell'homo telefoninicus facciamo solo un breve cenno al fatto che, causando le onde elettromagnetiche danni alla strumentazione di bordo, potrebbe configurarsi anche il delitto di danneggiamento commesso con dolo eventuale, nel senso che l'agente non sa se dal suo comportamento possa derivare un danno e nonostante ciò agisce accettando dunque il rischio).
Chi pensasse di farla franca telefonando prima del decollo, inoltre, è bene che sappia che da una parte resta il reato di cui all'art. 1231 c.nav. e dall'altra, poiché l'aeromobile non potrebbe partire in tale situazione, o meglio potrebbe decollare solo a telefonata terminata, corre il rischio di vedersi convenuto in giudizio da qualche passeggero inferocito che, assumendo di aver subito danni a causa del ritardo, ne chiede il risarcimento ex art. 2043 c.c.
Il paziente lettore ci perdonerà, almeno così osiamo sperare, se ci siamo permessi di lasciare in ultimo la descrizione dello strumento più efficace ed anche più crudele, tanto da far sorgere il legittimo dubbio se sia conforme a quel senso d'umanità di cui al terzo comma dell'art. 27 della Costituzione: la perdita dell'amato bene !
Non si deve dimenticare, infatti, che il telefono cellulare costituisce indubbiamente cosa che servì a commettere il reato, con la conseguenza che qualche giudice, magari un po' troppo pignolo e rigoroso, potrebbe ritenere che ricorrano le condizioni di cui all'art. 240 c.p. e dunque ordinarne la confisca.
P.S. Per la verità avremmo avuto ancora qualche cosa da dire sull'argomento, ma una notizia appena appresa dal Corriere della Sera del 3 aprile è troppo ghiotta per non essere riferita: C.S., allevatore frusinate di 57 anni, entusiasta per il suo primo volo ha pensato di rendere indimenticabile il momento filmando con la propria videocamera la fase d'atterraggio; inutile dire che questa ha interferito con la strumentazione di bordo, che il reo è stato immediatamente individuato e denunciato nonostante avesse spento l'apparecchio appena una delle hostess glielo aveva chiesto.
Non pensi il lettore che vogliamo rinnegare quanto fin qui detto, ma la pena deve essere adeguata alla personalità del condannato ed allora ci permettiamo di consigliare, a chi lo giudicherà, un po' di clemenza perché in fondo il sig. C.S., che a ben vedere non è stato causa di pericolo, ma solo di un po' d'imbarazzo, anche se non potrà addurre a scusa l'emozione per il suo primo volo, perché glielo vieta l'art. 90 c.p., non ha fatto altro che tornare per un attimo bambino manifestando quella meraviglia per gli aeroplani che da piccoli ci ha contagiato un po' tutti.

VITO RICCARDO CERVELLI