Diritto dei trasporti
1998
pag. 411


Michele Maria Comenale Pinto
  Dal Titanic alla banana

               Mare di Rodi, 10 giugno 1998, ore 16,30. Emulo di Leonardo Di Caprio, il nostro eroico redattore Avv. Enzo Fogliani, che, oltre ad apportare importanti contributi scientifici al diritto della navigazione e dei trasporti, è anche uno degli autori più autorevoli di questa rubrica, per cui ha condotto un'inchiesta sul campo sulla dichiarazione di valore, riuscendo persino a renderne una ad un vettore (non si ricordano precedenti a memoria d'uomo della vicenda descritta nel precedente fascicolo di Diritto dei trasporti) è caduto ... da una banana, e si è fratturato la spalla.

    Non abbiamo ancora i dettagli della vicenda, ma sulla base degli elementi noti, possiamo tentare una prima ricostruzione. Raccolgo quindi idealmente la penna dalla mano (ingessata con tutto il resto del braccio, dell'avambraccio, della spalla, ecc. ecc.) del nostro eroico redattore, sperando di poter fare del mio meglio in questo compito di supplenza, che mai avrei voluto svolgere, onde poter assolvere al dovere di informazione che comunque abbiamo nei confronti dei nostri numerosi lettori.

    Va chiarito anzitutto, a scanso di equivoci, che la banana di cui si tratta non è il frutto tropicale a cui gli inesperti di nautica da diporto forse hanno pensato: si tratta piuttosto di un galleggiante, su cui prendono posto i passeggeri, nella posizione che suol definirsi «a cosciavuoglio» in espressione di lingua napoletana (non ho potuto controllare, data la fretta di uscire in stampa, ma credo che possa essere tradotta per gli amici romani come «a cavacece»); tale galleggiante viene poi rimorchiato da un motoscafo ad una certa velocità. Insomma, la banana sta allo sci d'acqua, come il bob a quattro sta alla discesa libera. È agevole comprendere, quindi, perché sulle spiagge italiane si canti: «Ma 'ndo vai sulla banana / se il fisico non ce l'hai?». Ma l'eroico redattore, Avv. Fogliani, il fisico ce l'ha! Tuttavia, secondo quanto abbiamo potuto ricostruire, la prestanza fisica nulla ha potuto di fronte al concorso di una serie di elementi fra cui: velocità eccessiva del motoscafo e movimenti inconsulti di altri passeggeri che hanno fatto disastrosamente rovesciare la banana e tutti i suoi occupanti in piena velocità. Anzi, proprio essendo fra gli ultimi a cadere, il nostro redattore è piombato contro altri già caduti prima di lui, fratturandosi appunto la spalla.

    Possiamo innanzitutto smentire che l'episodio fosse inquadrabile nell'ambito delle avarie comuni: non occorreva adottare un atto per la salvezza comune, e comunque chi, dimenandosi, ha determinato il capovolgimento della banana e la caduta in mare dei suoi occupanti, non era abilitato ad adottare il relativo provvedimento. Quindi, pur essendosi il fatto verificato nelle acque di Rodi, non esistono gli estremi per l'applicazione della Lex Rhodia de jactu.

    A prescindere comunque dalle questioni relative all'individuazione della legge applicabile (che probabilmente daranno lo spunto ad importanti contributi degli amici internazional-privatisti), va chiarito che, al di là delle apparenze, la vicenda non rientra nell'ambito del contratto di rimorchio, perché non sembra che l'esercizio dei due mobili della navigazione coinvolti, banana e motoscafo, fosse assunto da due soggetti diversi, né ad escludere il trasporto, nel senso di cui all'art. 1678 c. civ., può valere il rilievo che la prestazione consistesse in una serie di passaggi di qua e di là, senza una meta precisa: è dato ormai acquisito dalla nostra scienza giuridica che il concetto di «trasferimento da un luogo ad un altro» vada inteso in senso estremamente ampio (tanto da ricomprendere in esso anche il «viaggio circolare»).

    Ciò posto, anche a non voler considerare l'importante questione della garanzia del vettore per la navigabilità della banana, nella misura in cui fosse applicabile il nostro codice della navigazione, la responsabilità del vettore a mezzo di banane potrebbe essere esclusa solo se costui provasse che l'evento è derivato da causa a lui non imputabile. Anche se si volesse escludere l'efficacia causale dell'eccesso di velocità nella produzione dell'evento, il vettore sembra dover rispondere della mancata vigilanza sulla condotta dei passeggeri (e non vale quindi ad escluderne la responsabilità l'eventuale, peraltro non condivisibile, collocazione nell'ambito dei «danni in occasione del trasporto», piuttosto che in quello dei  «danni a causa del trasporto»). Resta poi aperta la possibilità di un'azione di responsabilità extracontrattuale nei confronti del passeggero incauto la cui condotta indisciplinata sembra aver avuto parte determinante nella causazione del sinistro. Noi siamo comunque pronti, qui in redazione, ad annotare la giurisprudenza che si formerà su questa vicenda.

MICHELE M. COMENALE PINTO