Diritto dei trasporti
1998 95 


 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 5 SETTEMBRE 1996 N.1175
Pres. ANCORA - Est. C. SALVATORE
Soc. Gestione Servizi Aeroporti Campani (avv.ti Sandulli e Violante) c. Ministero Trasporti (avv. St. Cesaroni) ed altri (n. c.)


 


Aeroporto - Diritti aeroportuali - Esonero - Aeromobili di Stato - Nozione - D.L.vo n. 616 del 1948 - Prevalenza dell’uso sulla proprietà - Aerei utilizzati per voli MAC - Sono aeromobili di Stato anche se privati.

RIASSUNTO DEI FATTI — La Società Gestione Aeroporti Campani (Gesac) S.p.A., gestore del sistema aeroportuale di Napoli Capodichino, lamenta nei confronti del Ministero dei Trasporti l’esonero dal pagamento dei diritti aeroportuali praticato per gli aeromobili appartenenti a società commerciali ma utilizzati nei servizi militari USA, i cosiddetti voli MAC (Military Airlift Command), in quanto considerati dal predetto Ministero, come aeromobili di Stato. La Gesac contesta la qualificazione degli aeromobili in questione come aeromobili di Stato sostenendo che i voli MAC non assolvono a servizi militari e, di conseguenza, non vanno ricompresi nella definizione di aeromobili di Stato fornita dall’art. 3 lett. b della Convenzione di Chicago. Il Consiglio di Stato, però, così come era avvenuto anche in primo grado, nella sentenza del T.A.R. Napoli, Sez. I, del 15 dicembre 1987 n. 670 (in TAR 1988, 567), respinge le argomentazioni proposte dalla Gesac, superando quell’interpretazione letterale cui la ricorrente si era limitata nella lettura dell’art. 3 lett. b della predetta Convenzione stabilendo, al contrario, che devono essere considerati «servizi militari» anche quelli non direttamente collegati ad esigenze belliche ma finalisticamente rivolti al raggiungimento di obiettivi militari.
 

MASSIME:
Ai sensi dell’art. 3 lett. b della Convenzione di Chicago approvata con D.l.vo 6 marzo 1948 n. 616, la nozione di aeromobile di Stato va interpretata non secondo il criterio formale dell’appartenenza soggettiva del veicolo, cioè della sua proprietà, bensì secondo quello funzionale, per il quale assume decisiva rilevanza la destinazione dell’aeromobile ai servizi militari e di polizia ; pertanto, in base al criterio di ordine fattuale, che privilegia l’uso sulla proprietà, nella categoria degli aeromobili di Stato vanno compresi anche gli aeromobili, ancorché di proprietà privata, utilizzati nei servizi militari USA, vale a dire i voli MAC, che, di conseguenza, non sono soggetti al pagamento dei diritti aeroportuali e non sono neppure obbligati ad utilizzare l’area dell’aeroporto civile, salvo che ciò non avvenga per espressa decisione della competente Autorità militare, anche in relazione a singoli voli.

SENTENZA:

(...omissis...)
MOTIVI DELLA DECISIONE — 1. Come emerge dall’esposizione in fatto, la presente controversia trae origine dalla peculiarità dell’aeroporto di Napoli Capodichino, nel quale operano - accanto ad aeromobili civili ed aeromobili militari, ciascuno utilizzando per i servizi a terra la zona civile o militare ad essa riservata- anche aeromobili appartenenti a società commerciali, noleggiati dal Governo degli Stati Uniti per esigenze degli Uffici NATO (trasporto di militari e personale civile della difesa, loro familiari, colli di loro proprietà, documenti e pacchi governativi ufficiali....), i cosiddetti voli MAC (Military Airlift Command).
 In relazione al regime giuridico di tali voli, il Ministero dei Trasporti, che inizialmente aveva espresso l’avviso che essi dovessero utilizzare l’area civile, ha ritenuto, anche a seguito di contatti con il Ministero degli Affari Esteri italiano ed il Dipartimento di Stato USA, che gli aeromobili in questione dovessero essere esentati dal pagamento dei diritti aeroportuali ai sensi dell’art. 6 della L. 5 maggio 1976 n. 324 e potessero utilizzare liberamente l’area civile o militare con i rispettivi servizi, dando comunicazione di tale definitiva determinazione alla Gesac e alla Direzione aeroportuale di Napoli.
 Tanto premesso, si deve convenire con la sentenza appellata che le determinazioni ministeriali impugnate costituiscono espressione di attività meramente interpretativa, volta a determinare l’esatta qualificazione di tali voli ed ad individuare il conseguente regime giuridico, come tale priva di discrezionalità.
 Da ciò l’impossibilità di sollevare nei confronti di tali determinazioni il vizio di eccesso di potere sotto i profili della contraddittorietà con precedenti atti, della violazione delle direttive emanate dall’organo gerarchicamente sopra ordinato, della carenza di motivazione e di omessa valutazione e ponderazione delle circostanze rilevanti.
 Contrariamente a quanto sostenuto dalla società appellante e specificamente ribadito nell’atto di appello a confutazione della tesi del Tribunale, stabilire se il servizio svolto dagli aeromobili MAC abbia carattere militare o civile non implica alcuna attività valutativa bensì più semplicemente un’attività meramente interpretativa ed applicativa della normativa nazionale ed internazionale vigente in materia, con la conseguenza che la questione sostanziale da risolvere è se l’amministrazione ha fatto buon governo di tale normativa.
 In altri termini non si tratta di scegliere fra due alternative ugualmente valide ma di individuare la fattispecie normativa nell’ambito della quale la questione deve trovare la propria disciplina, e tale attività si concreta, è bene ribadirlo, in mera interpretazione della normativa.
2. Per quanto attiene al merito, conviene ricordare che il Tribunale, alla stregua delle disposizioni internazionali contenute nella Convenzione di Chicago approvata con D.l.vo 6 marzo 1948 n. 616, ha ritenuto irrilevante, ai fini della qualificazione come aeromobile di Stato, la proprietà dell’aereo ed ha concluso che i voli MAC, per la funzione cui assolvono, debbono essere considerati aeromobili di Stato, con la conseguenza che essi possono svolgere le operazioni a terra in zona aeroportuale NATO (con l’assistenza della società per tali servizi appositamente convenzionata con l’autorità militare USA) ovvero utilizzare, sulla base di decisioni delle competenti autorità militari americane, anche per singoli voli, la zona civile e, solo in tal caso, la connessa assistenza da parte della Gesac.
 Tali conclusioni sono contestate dell’appellante, la quale osserva che le disposizioni decisive, ai fini della soluzione della controversia, vanno individuate negli artt. 744 e 745 del Codice della navigazione e rileva che la stessa convenzione di Chicago, pure avendo eliminato il criterio della proprietà nella discriminazione degli aerei di Stato da quelli privati, ha tenuto fermo il criterio della destinazione e della funzione per l’esatta qualificazione degli aeromobili.
 Essa, pertanto, ribadisce la impossibilità di ricondurre i voli MAC a quelli di Stato, venendo essi utilizzati non per «servizi propri dell’attività militare» ma per trasporto di persone assolutamente estranee alla base militare, con una cadenza periodica, tipica dei voli Charter, nessun rilievo, ai fini della esatta qualificazione dei voli medesimi potendo assumere la nota del Dipartimento di Stato americano.
 Il Collegio ritiene che la tesi della Gesac non possa essere condivisa e debbano, pertanto, essere confermate le statuizioni del giudice di primo grado.
 Per l’espresso rinvio alle convenzioni internazionali contenuto nell’art. 744, terzo comma del codice della navigazione, la disposizione che viene in rilievo nel caso in esame è l’art. 3 lett. b della richiamata Convenzione di Chicago, secondo il quale «gli aeromobili usati nei servizi militari, doganali e di polizia saranno considerati aeromobili di Stato».
 Come esattamente rilevato dal Tribunale, tale norma, agli effetti della navigazione aerea internazionale, qualifica un aeromobile come «aeromobile di Stato» non già secondo il criterio formale dell’appartenenza soggettiva del veicolo (la proprietà) bensì secondo un criterio «funzionale», per il quale assume decisiva rilevanza la destinazione dell’aeromobile ai servizi militari e di polizia.
In base a tale criterio di ordine fattuale, che privilegia l’ «uso» dell’aeromobile, non sembra possano sorgere dubbi che in tale categoria vadano ricompresi anche gli aeromobili, ancorché di proprietà privata, utilizzati nei servizi militari USA, vale a dire i voli MAC, i quali, pertanto, come non sono soggetti al pagamento dei diritti aeroportuali, così non sono obbligati ad utilizzare l’area aeroportuale civile, salvo che ciò non avvenga per espressa decisione della competente autorità militare, anche per singoli voli.
 Né può sostenersi che i servizi resi dai voli MAC non rientrano fra le attività tipicamente militari, essendo evidente che la nozione di «servizi militari» non può essere ristretta al punto da ricomprendere solo quelli immediatamente e direttamente rivolti alle esigenze belliche.
 In realtà, come pure sul punto esattamente rilevato dal Tribunale, le esigenze di funzionamento di una base militare, come quella NATO, postulano l’esistenza non solo di militari in senso stretto ma anche di altri dipendenti, variamente utilizzati per le finalità proprie della base, con l’ovvia conseguenza che fra i servizi militari devono rientrare tutte quelle attività (trasporto di persone o cose attinenti con il servizio, trasporto di militari e di personale civile della Difesa, di loro familiari, di colli di loro proprietà, di documenti e pacchi governativi, ecc.) che comunque concorrono al perseguimento della finalità principale.
 I voli in parola, in conclusione, sopperiscono alle esigenze delle forze militari USA dislocate all’estero ed essendo finanziati interamente dal Dipartimento americano assolvono le stesse funzioni degli aeromobili militari.
 Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello deve essere respinto mentre le spese e competenze di lite possono essere integralmente compensate, anche in considerazione del fatto che la controversia è stata originata dall’iniziale posizione dell’amministrazione.
(..omissis..)



Diritto dei Trasporti 
  1998      pag. 98 
Francesca Giustizieri
 Sulla qualificazione giuridica degli aeromobili utilizzati per i voli MAC : voli di Stato o semplici voli privati ?
1. — La sentenza in esame offre lo spunto per una riflessione e un approfondimento sul criterio da adottare per la qualificazione degli aeromobili di Stato e di quelli privati e per un’analisi più precisa sul regime applicabile agli aeromobili militari (1).
Nella sentenza che si annota la controversia trae origine dalla situazione dell’aeroporto di Napoli Capodichino, che è un aeroporto in concessione parziale nel quale, cioè, alla Gesac S.p.A., è affidata la gestione sia dell’aerostazione che dei principali servizi aeroportuali nonché dalla peculiarità dei voli MAC (Military Airlift Command), voli effettuati utilizzando aeromobili appartenenti a società commerciali, noleggiati dal Governo degli Stati Uniti per esigenze degli Uffici NATO quali, ad esempio, il trasporto di personale militare e civile, di loro familiari, di documenti e pacchi governativi ufficiali.
Proprio questo tipo di trasporto, svolto con aeromobili di proprietà privata e non direttamente finalizzato ad esigenze proprie dell’attività militare doveva portare, secondo la ricorrente Gesac, i giudici del Supremo Collegio a non considerare questi velivoli come aeromobili di Stato e, pertanto, esonerati dal pagamento dei diritti aeroportuali, secondo quanto previsto dall’art. 6 della legge 5 maggio 1976 n. 324 (2); ciò per un duplice ordine di ragioni : la proprietà privata dell’aeromobile e la lettera b dell’art.3 della Convenzione di Chicago che, come già ricordato, dispone che solo «gli aeromobili usati nei servizi militari, doganali e di polizia saranno considerati aeromobili di Stato».
Si deve, allora, verificare di che tipo di aeromobili si trattava, se statali o civili, ed esaminare le eventuali possibili soluzioni che via via si prospettano.
Il codice della navigazione all’articolo 744 nel distinguere tra aeromobili di Stato e aeromobili privati adotta un diverso criterio a seconda che si tratti di navigazione aerea interna, per cui prevede che siano considerati aeromobili statali «quelli di proprietà dello Stato destinati esclusivamente alla polizia, alla dogana, al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, alla posta o ad altro servizio di Stato»; nel caso di navigazione aerea internazionale, al criterio formale dell’appartenenza soggettiva del velivolo, il terzo comma dell’art. 744 sostituisce un criterio funzionale per cui si ha riguardo alla funzione svolta dall’aeromobile e si prevede che siano considerati privati «anche gli aeromobili di Stato, ad eccezione di quelli militari, di dogana, di polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco».
È a questa norma e, in forza del rinvio alle convenzioni internazionali operato dall’ultimo comma dell’art. 744 c. nav., all’art.3 (3) della Convenzione di Chicago che il Consiglio di Stato si attiene nella decisione in esame.
Infatti la Convenzione di Chicago sull’aviazione civile internazionale (4), all’art.3 distingue tra aeromobili «civili», cui si applicano le norme convenzionali, e aeromobili «di Stato» per i quali esclude l’applicabilità delle norme convenzionali con la precisazione, come già ricordato, alla lettera b del medesimo articolo, che «gli aeromobili usati nei servizi militari, doganali e di polizia saranno considerati come aeromobili di Stato».
2. — Accertato quindi che per i voli MAC non venivano utilizzati aeromobili militari ma aeromobili appartenenti a società commerciali, il problema dell’esonero o meno per questi velivoli dal pagamento dei diritti aeroportuali di cui all’art.6 della legge 324/76 è complesso in quanto, se si fa riferimento al 1° comma dell’art. 744 c. nav., agli effetti della navigazione interna, l’aeromobile di Stato è quello di proprietà dello Stato o militare, e, in questo caso l’aeromobile non apparteneva allo Stato né era, tantomeno, militare. Infatti, secondo quanto previsto dall’art. 745 c. nav., che rimanda a leggi speciali, si deve far riferimento alla legge di guerra, approvata con r.d. 8 luglio 1938 n.1415 che, ai fini dell’individuazione di un aeromobile militare, all’art.230, prevede, inoltre, che l’equipaggio sia militare (5).
Per la navigazione interna, quindi, i suddetti aeromobili non potevano rientrare nella categoria dei velivoli esonerati individuati dall’art. 6 della l. 324/76.
Analizzando il 3° comma del medesimo art. 744 c. nav., agli effetti, però, della navigazione aerea internazionale, l’aeromobile impiegato per i voli MAC dovrebbe essere considerato «di Stato» se usato in «servizi militari» ma, qualora il medesimo velivolo venisse usato per fini diversi da quelli militari, in questo caso, allora andrebbe considerato come aeromobile civile?
Ciò, però, oltre a creare molte difficoltà e incertezze nell’ordinamento giuridico, va contro la stessa ratio dell’art. 3 lett. b della Convenzione di Chicago che non poteva certamente utilizzare l’espressione «aeromobili usati nei servizi militari» in maniera ambigua non essendo concepibile l’alternarsi del carattere civile o di Stato dell’aeromobile in funzione dell’impiego in concreto dato all’aeromobile nei vari momenti della sua esistenza.
Il criterio della destinazione, allora, deve essere inteso nel senso di «normale destinazione», altrimenti esso diventerebbe quello dell’impiego in concreto espletato nei singoli voli dell’aeromobile e questo sarebbe del tutto estraneo a quello che la Convenzione ha voluto porre a base della distinzione fra aeromobili civili e aeromobili di Stato.
Inoltre, come sostenuto da autorevole dottrina , sussistono forti dubbi sulla possibile applicazione dell’art. 3 lett. b della Convenzione di Chicago e della distinzione ivi prevista, in quanto essa assume rilevanza al fine di determinare il campo di applicazione della Convenzione e non come definizione di aeromobile di Stato o civile in senso assoluto.
Chiariti, dunque, i dubbi che sorgono nell’applicazione sia del 1° che del 3° comma dell’art. 744 c. nav., l’opportunità di considerare aeromobili di Stato quelli utilizzati per i voli MAC è subordinata al fatto di ritenere come «normale» la destinazione di questi velivoli per l’espletamento di servizi militari.
Il Supremo Collegio è senz’altro giunto a questa conclusione applicando il criterio funzionale teorizzato dalla Convenzione di Chicago e sostenendo che l’esplicazione di servizi collegati all’attività militare che servono a soddisfare tutte le esigenze di un’organizzazione militare, e di un comando NATO per giunta, comporta l’impiego e la gestione di risorse di personale non solo militare, l’utilizzazione e il trasporto di documenti e pacchi governativi che servono ad un corretto e più efficiente funzionamento della base. Pertanto il trasporto del personale impiegato della base, dei loro familiari, di documenti, di pacchi, è senza dubbio, un trasporto finalizzato all’attività militare in senso ampio in quanto comunque necessario nonché strumentale rispetto alle esigenze militari in senso stretto ossia belliche.
Il Consiglio di Stato ha, quindi, come detto, applicato la Convenzione di Chicago non ritenendo opportuno verificare, come richiesto dall’art.6 della l.324/76 ai fini dell’esonero dal pagamento dei diritti aeroportuali, se gli aeromobili fossero italiani e, in quanto statali, sarebbero stati comunque esonerati dal pagamento di tali diritti, o stranieri e, in questo caso, invece, per l’esonero occorreva verificare che non fossero adibiti a servizi commerciali e a condizione di reciprocità.
Nella sentenza era chiaro che non si trattava di servizi commerciali ma il Consiglio di Stato ha voluto dimostrare che si era di fronte a servizi militari in quanto ciò portava a classificare questi aeromobili come statali e a giustificare l’esonero dal pagamento dei diritti aeroportuali e l’utilizzazione dell’area aeroportuale militare.
Vi è poi un’ulteriore ipotesi non considerata dal Supremo Collegio: se gli aeromobili fossero stati italiani ma noleggiati a stranieri in questo caso si dovevano considerare come stranieri?
Si propende per la soluzione negativa in quanto, come previsto dall’art. 751 c.nav. «Rispondono ai requisiti per l’iscrizione nel registro aeronautico nazionale o nel registro matricolare dell’Aero club d’Italia gli aeromobili che appartengono per intero: lett. b a cittadini italiani; lett. c a società costituite e aventi sede nella Repubblica, il cui capitale appartenga per due terzi almeno a cittadini italiani….».
Il fatto cioè di noleggiare questi aeromobili a stranieri non può cambiare il requisito della nazionalità che rimane quella italiana.
Per quanto sopra esposto non si ritiene pienamente condivisibile la scelta del Supremo Collegio di applicare, nel caso in esame, la Convenzione di Chicago giungendo a considerare gli aeromobili utilizzati per i voli MAC come statali e, per questo, esonerati dal pagamento dei diritti aeroportuali.
Sarebbe stato, forse, necessario e opportuno, ai fini di una corretta analisi giuridica e per un’esatta definizione degli aeromobili in questione, verificare le ipotesi che sono state sopra solo brevemente accennate; un esame più approfondito e dettagliato; avrebbe portato, con molta probabilità, ad una decisione diversa.
 
Francesca Giustizieri
NOTE:
(1) Il concetto di aeromobile ha avuto la sua prima determinazione in senso giuridico nella Convenzione di Parigi del 13 ottobre 1919, allegato D. Una definizione più adeguata apparve quella data dal Regolamento italiano sulla navigazione aerea dell’11 gennaio 1925, n. 356. La Convenzione di Chicago del 7 dicembre 1944, non contiene la definizione di aeromobile; ma negli allegati 6, 7, e 8 viene individuata come aeromobile «any machine that can derive support in the atmosphere from the reactions of the air». Secondo il Codice della navigazione è aeromobile «ogni macchina atta al trasporto per aria di persone o cose da un luogo all’altro» (art. 743 cod. nav.). Sul concetto di aeromobile si veda F.M. DOMINEDÒ, Principi del diritto della navigazione, II, Padova, 1962 ; L. DONIA, Natura giuridica dell’aeromobile, Milano , 1942; M. FRAGALI, Lezioni di diritto aeronautico, Milano, 1939 ; A. LEFEBVRE D’OVIDIO, L. TULLIO, G. PESCATORE, Manuale di diritto della navigazione, 8aed., Milano, 1996 ; S. MARINO, Aeromobile, in Enc. Dir., I, Milano, 1958, 642 ; A. SCIALOJA, Corso di diritto della navigazione, Roma, 1943 ; E. SPASIANO, Corso di diritto aeronautico, Milano, 1941, e, sempre dello stesso autore, Sulla nozione giuridica di aeromobile in Studi per la codificazione del diritto della navigazione, IV, Roma, 1941, 909.

(2) L’art. 6 della legge 324/76 «Norme in materia di diritti per l’uso degli aeroporti aperti al traffico aereo civile», dispone per la parte che qui interessa : «I diritti previsti dagli articoli 2 e 3 non si applicano, sotto condizione di reciprocità, per gli aeromobili statali stranieri non adibiti a servizi commerciali». L'importo dei diritti aeroportuali viene stabilito direttamente dalla P.A. seguendo le procedure previste dalla Legge 5 maggio 1976, n.324, e aggiornato annualmente con Decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dei Trasporti e della Navigazione. Importanti innovazioni in materia di diritti aeroportuali e di tariffe sono state introdotte dalla Legge 24 dicembre 1993, n.537, «Interventi correttivi di finanza pubblica», emanata come legge di accompagnamento della Finanziaria 1994. La novità introdotta dalla legge 537/93 in materia di diritti aeroportuali è contenuta nel comma 10 dell’art10. Questo prevede:
a) un progressivo allineamento della misura dei diritti ai livelli medi europei, poiché attualmente, nel nostro Paese, essi risultano essere inferiori alla media comunitaria;
b) una differenziazione dell’importo dei diritti tra gli scali aeroportuali in funzione delle dimensioni del traffico di ciascuno, poiché attualmente manca una reale proporzione fra il volume di traffico servito da uno scalo e l’entità del diritto stesso;
c) applicazione, all’interno di ciascuno scalo, di livelli tariffari differenziati in relazione all’intensità del traffico nei diversi periodi della giornata. Sull’argomento vedi GIUSTI, Osservazioni sulle tariffe aeroportuali e sui c.d. diritti di handling, in Riv. dir. nav., 1964, II, 313 ss. e, dello stesso A., Per un inquadramento giuridico dei diritti aeroportuali e di handling, in Riv. nav., 1967, II, 87 ss., I diritti di aeroporto nel quadro della finanza regionale siciliana, in Dir. Aeron., 29, 35 ss. e Prestazioni di handling e tariffe corrispettive, in Trasp., 10/1976, 92-95; CARENINI L'economia di gestione dell'aeroporto intercontinentale di Roma nel quadro della rete aeroportuale italiana. Quaderni aeronautici del C.S.T.A., Roma, 1967, 25 ss.; CROXATTO, Tasse aeroportuali, in Noviss. Dig. it., 1971, 18, 1085 ss..

(3) L’art. 3 della Convenzione di Chicago stabilisce :
a)  La presente Convenzione è applicabile solo agli aeromobili civili e non si applicherà agli aeromobili di Stato.
b)  Gli aeromobili usati nei servizi militari, doganali e di polizia saranno considerati come aeromobili di Stato.
c)  Nessun aeromobile di Stato di uno Stato contraente potrà sorvolare il territorio di un altro Stato atterrarvi senza esservi autorizzato da un accordo speciale o in altro modo e conformemente alle condizioni poste. Gli Stati contraenti si impegnano, nell’emanare le disposizioni peri propri aeromobili, a tenere in debito conto la sicurezza della navigazione degli aeromobili civili.

(4) La Convenzione di Chicago sottoscritta il 7 dicembre 1944 è stata resa esecutiva in Italia con il d.lgs. 6 marzo 1948 n.616 e ratificata con la legge del 17 aprile 1956, n. 561. La Convenzione è suddivisa in quattro parti :
I - Navigazione aerea ;
II - L’organizzazione per l’aviazione civile internazionale(ICAO o OACI) ;
III - Trasporti aerei internazionali ;
IV - Disposizioni finali.
Essenzialmente la Convenzione :
 a) riconosce la completa ed esclusiva sovranità di ogni Stato sul proprio spazio aereo (art. 1), comprese le acque territoriali (art. 2) ;
 b) è applicata solo agli aeromobili civili, non a quelli di Stato (art. 3) ;
 c) in caso di violazione dello spazio aereo provvede il divieto dell’uso delle armi per non compromettere la sicurezza del volo (art. 3 bis) e il diritto di esigere l’atterraggio dell’aeromobile in un aeroporto designato, ed altri interventi ;
 d) ha formulato anche le libertà tecniche e commerciali per il trasporto aereo, che sono state enunciate nell’Accordo sul Transito dei Servizi Aerei Internazionali e nell’Accordo sul Trasporto Aereo Internazionale, aggiunti alla Convenzione di Chicago.
(5) L’art. 230 dispone : «Sono considerati aeromobili militari quelli destinati a uso militare, qualora :1) dimostrino la qualità militare mediante il legittimo uso dei segni distintivi adottati, a questo scopo, dallo Stato al quale appartengono ; 2) siano sotto l’autorità diretta, il controllo immediato e la responsabilità dello Stato ; 3) siano comandati da persona iscritta nelle liste del personale militare ; 4) siano equipaggiati da personale militare o militarizzato». Per l’individuazione dell’aeromobile militare, la dottrina propende per l’adozione del criterio funzionale dell’impiego, rispetto a quello della destinazione : G. PESCATORE, «Esercizio» di navi e aeromobili militari, doganali e di polizia in Riv. Notar., 1967, 365 ; BENTIVOGLIO, Sulla nozione di aeromobile militare in Studi per Chiarelli, IV, Milano, 1974, 3109. In senso diverso, cfr. Cass. 12 luglio 1957 n. 2820 in Riv. dir. nav., 1958, II, 178, con nota di D. GAETA, Ancora sulla nozione di aeromobile militare e sui danni a terzi alla superficie. Vedi anche D. GAETA, La distinzione fra aeromobili di Stato e aeromobili privati in Riv. dir. nav. 1960, I, 273, che fa riferimento all’art. 11 del codice penale militare di pace.

(6) D. GAETA, La distinzione fra aeromobili di Stato e aeromobili privati in Riv. dir. nav. 1960, I, 273.