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1997 | 807 |
Spulciando gli atti parlamentari della corrente legislatura, l'occhio del vostro redattore è stato attratto da una proposta di legge presentata alla Camera dei deputati il 7 marzo di quest'anno, intitolata "Disposizioni per assicurare pari competitività nel settore economico-sociale tra il settentrione ed il meridione d'Italia, attraverso l'uniformità di applicazione sul territorio nazionale delle tariffe aeree e ferroviarie per l'estero" (riportata infra, .).
Vale la pena di riportare alcuni passi significativi del testo della breve relazione che illustra la proposta di legge in questione: "Per quanto attiene al traffico aereo e ferroviario, le regioni settentrionali d'Italia usufruiscono di maggiori vantaggi, dovuti al minor costo delle tariffe, data la maggiore vicinanza ai Paesi economicamente più evoluti dell'Unione europea. Sarebbe pertanto assurdo penalizzare ulteriormente le regioni meridionali a causa della sfavorevole dislocazione geografica e della storica carenza di infrastrutture. L'Unione europea è ormai una realtà e, probabilmente, l'unica attraverso la quale sia possibile sanare la grave situazione del Mezzogiorno d'Italia. Si impone quindi l'adozione di un provvedimento legislativo che assicuri l'uniformità di applicazione sul territorio nazionale delle tariffe aeree e ferroviarie per l'estero".
Dunque, se non si comprende male dalla breve relazione che l'accompagna, per assicurare anche al mezzogiorno d'Italia i benefici dell'Unione europea, occorre che il Parlamento italiano intervenga fortemente in materia di tariffe aeree e ferroviarie. Il concetto è esplicitato poi nell'articolato. L'art. 1 prevede che "A decorrere dal 1 gennaio 1998, le tariffe per il trasporto aereo e ferroviario dal territorio nazionale verso l'estero praticate, rispettivamente, dalla società Alitalia s.p.a. e dalla società Ferrovie dello Stato s.p.a., non possono prevedere importi differenziati in ragione della distanza dal luogo di partenza rispetto al luogo di destinazione e devono essere uniformi per tutto il territorio nazionale".
Essendo meridionale, utilizzatore abbastanza frequente dei servizi aerei e ferroviari, e soprattutto attento al borsellino, il vostro redattore non poteva non guardare con simpatia ed interesse all'iniziativa, anche se avrebbe gradito una qualche considerazione anche per i costi dei trasporti nazionali da e per la Sardegna, regione ai cui collegamenti con il continente tiene molto per vari motivi. Ma, a prescindere dalle ragioni del proprio borsellino, la proposta di legge in questione induce a gravi perplessità di ordine giuridico ed economico; peraltro deve rilevarsi che la disciplina ipotizzata riguarderebbe ogni tariffa aerea e ferroviaria operata dai due vettori considerati, per qualsivoglia destinazione estera, a prescindere dalla collocazione della destinazione in uno degli Stati dell'Unione europea.
La prima considerazione da fare è che, ove l'ipotizzata disciplina dovesse effettivamente essere approvata e, quindi, trovare applicazione, la tariffa ferroviaria tra Ventimiglia e Mentone dovrebbe essere equivalente a quella fra Siracusa e Mentone o, se si preferisce, Alitalia dovrebbe praticare le medesime tariffe per Malta da Catania e da Milano.
Peraltro, la formulazione della norma è estremamente ambigua: non è chiaro se la norma dovrebbe applicarsi ai soli servizi diretti o anche a quelli in cui è previsto un trasbordo. Per intenderci, ad esempio, non esistendo più un servizio ferroviario diretto fra Roma e Bruxelles, nella determinazione della tariffa da Roma, dovrebbe tenersi conto separato della tratta Roma-Milano, effettuata con un treno diverso? E non si provvede a precisare le classi tariffarie coinvolte, dal che deve dedursi che la portata del provvedimento sarebbe generale. Inoltre, nulla si dispone per i viaggi di ritorno: per tornare a uno degli esempi di prima, in applicazione del provvedimento in questione, se è chiaro che devono essere uguali le tariffe da Milano e Catania per Malta, nulla si dice delle tariffe da Malta per Milano e Catania.
Più gravi aspetti sono poi quelli collegati alla tutela della libertà di impresa e di concorrenza, oltre che alla contrapposizione con i principi in materia di costi dei servizi di cui si sta facendo in altri settori un'applicazione forse anche un po' esasperata. Il legislatore, secondo il progetto di legge da cui traiamo spunto, verrebbe ad incidere direttamente ed a vincolare la politica tariffaria di due imprese. Se una di queste, le Ferrovie dello Stato, opera in un mercato ancora non aperto alla concorrenza, l'altra, l'Alitalia, opera in un mercato che, per i voli intracomunitari, è stato liberalizzato e, per gli altri voli internazionali, è fortemente regolato sulla base degli accordi bilaterali di traffico aereo, che, per lo più, disciplinano in maniera rigorosa anche le tariffe praticate sulle rotte considerate: rispetto a queste ultime tipologie di servizi, occorrerebbe dunque rinegoziare gli accordi bilaterali in chiave opposta a quella che è l'attuale tendenza di apertura al mercato.
Ma le perplessità maggiori sorgono rispetto
alla previsione dell'art. 2 del progetto di legge in esame, che allude
a un "onere finanziario derivante dall'applicazione dell'art. 1". L'autore
del progetto non lo esprime chiaramente, ma ritiene evidentemente che gli
oneri della tariffa unica non debbano essere sopportati dagli utenti (con
la redistribuzione dei relativi costi aggiuntivi su di essi), ma debbano
essere sopportati dallo Stato, per di più in un regime di prezzi
amministrati che lascia quantomeno perplessi: sulla base delle valutazioni
di una commissione istituita in base al comma 1 dell'art. 2, "il Ministro
dei trasporti e della navigazione stabilisce entro il 30 settembre di ogni
anno le tariffe di cui all'art. 1 valide per l'anno successivo. In
ogni caso le suddette tariffe non possono registrare aumenti superiori
a1 tasso di inflazione programmato".
In altri termini, la tariffa per usufruire del servizio
verrebbe ad essere del tutto svincolata dal costo di produzione del servizio
medesimo; peraltro, l'intervento finanziario dello Stato, quale che ne
sia la forma, in quanto diretto esclusivamente nei confronti di un vettore
specifico, a discapito di altri vettori che operano sulla stessa linea,
potrebbe essere interpretato dalla Commissione europea come un aiuto di
Stato, ai sensi dell'art. 92 del Trattato di Roma (del resto, la Commissione
è effettivamente già intervenuta in tal senso, rispetto a
situazioni meno generalizzate di quelle che il progetto di legge in questione
vorrebbe introdurre: può ricordarsi in particolare la decisione
n. 94/666, relativa ai contributi dello Stato portoghese ricevuti dalla
TAP per il ripianamento di perdite derivanti da oneri di servizio pubblico).
Il convincimento che si sia voluto introdurre un aiuto di Stato a un'impresa
potrebbe essere rafforzato dalla considerazione che l'Alitalia non è
nemmeno il solo vettore aereo italiano ad operare servizi internazionali
di linea (fermo restando che non sarebbe lecito nemmeno un aiuto di Stato
a favore di tutti i vettori nazionali). Per di più, appare delicato
anche il momento in cui il progetto di legge in questione viene ad essere
presentato, tenuto conto della coincidenza con la vicenda della ricapitalizzazione
dell'Alitalia e delle condizioni poste dalla Commissione europea.
C'è da chiedersi, infine, se il presentatore del progetto di legge in questione lo avrebbe formulato in maniera diversa, se avesse avuto a disposizione la nostra rivista. La conclusione è una: Signor Bibliotecario della Camera, sottoscriva l'abbonamento a Diritto dei trasporti!
MICHELE M. COMENALE PINTO