Diritto dei trasporti
1997 94

Cristina Di Giovanni
Cronaca della trasformazione di una motovedetta in yacht

     Un'operazione davvero curiosa si sarebbero industriati a condurre e ad ultimare con un'organizzazione ineccepibile alcuni appartenenti alle forze armate in servizio nel nord della nostra  - ahimé - ormai tempestosa penisola! Secondo notizie di stampa alcuni dinamici militari avrebbero trasformato radicalmente un'imbarcazione, compiendo sulla stessa un intervento a dir poco fuori dagli schemi!

    L'ingegnosa metamorfosi avrebbe donato un nuovo look  al natante, senz'altro più elegante rispetto a quanto fosse in precedenza, elevandolo così dall'ordinarietà e il grigiore di una motovedetta, ad un sontuoso yacht. La trasformazione sarebbe avvenuta, secondo la tesi prospettata dall'accusa, sotto la direzione e la guida di un pluriencomiato generale dei Carabinieri, che si sarebbe mosso - a quanto pare - con estrema disinvoltura anche al di là e contro i rigidi e monotoni schemi della legalità e dell'ordinamento militare.

    Un'iniziativa poco ortodossa? Sembrerebbe molto di più, giacché la notizia di stampa si riferisce a quattro imputati, il cui leader sarebbe stato rinviato a giudizio non per uno, ma per una serie di reati che vanno dalla truffa pluriaggravata all'istigazione a disobbedire alle leggi, dall'abuso del lavoro militare al peculato. In effetti, il promotore dell'iniziativa si sarebbe avvalso della solerte collaborazione di due colonnelli e un generale: i primi avrebbero preparato un'asta addomesticata (cui unica offerente sarebbe stata la moglie del generale stesso), mentre il secondo sarebbe stato incitato a porre in essere l'attività centrale e più divertente dell'operazione, ossia l'originale trasformazione della ex motovedetta, utilizzando, a tal fine, un cantiere dell'Arma.

    La fonte dell'informazione non specifica, peraltro, se la motovedetta, prima di essere oggetto di tante attenzioni, fosse ancora in uso presso l'arma dei Carabinieri stessa o fosse già stata collocata a riposo, anche se sembra più probabile la prima ipotesi, considerando l'eco che la notizia ha provocato e dato che la stessa è stata riportata in termini di «asta addomesticata» e non di asta pubblica regolare.

    A questo punto una domanda s'impone: come prevenire, anziché curare (rectius, punire) - soluzione, quest'ultima, tra l'altro molto più onerosa per lo Stato - la dirompente disonestà che sta invadendo persino le forze armate? Forse rispondendo alle trasgressioni con iniziative deterrenti trasgressive, ovvero con apparente, ma tutt'altro che disinteressata, benevolenza.

    A titolo di esempio, quanto alle motovedette, come ai mezzi di trasporto in generale, appartenuti alle forze armate e smilitarizzati, sarebbe «disarmante» la previsione e conseguente applicazione di una normativa che prevedesse diritti di prelazione a favore di chi, anche tramite i suddetti mezzi, durante il servizio - e con maggior zelo - abbia prestato la propria attività (senza peraltro nessun tentativo di servirsene  a scopi privati). In tal modo si eviterebbe di essere avvinghiati dai tentacoli del fascino del proibito, messo K.O. prima del nascere!

    Insomma il diritto di prelazione sui mezzi smilitarizzati, ricondotti allo stato civile, potrebbe - perché no? - costituire un incentivo  per coloro che abbiano sempre svolto la propria attività con spirito di abnegazione, onestà e tangibili risultati positivi.

     E se questa sorta di incentivi - di cui solo l'ipotesi suscita, prima facie, ilarità - estesa, rendesse tutti i pubblici dipendenti meno insoddisfatti dei lori stipendi, più allegri, solerti e competitivi nel loro lavoro in modo da tradurre in realtà il tanto decantato, sospirato e mai attuato principio del buon andamento dell'amministrazione - e quindi dell'efficienza, efficacia, prontezza e imparzialità dell'attività della stessa - ex art. 97 cost?

CRISTINA DI GIOVANNI