Diritto dei trasporti
1997 91

Gerardo Mastrandrea
Dei capistazione ribelli e del diritto dei viaggiatori di arrivare a destino

 Parlare male delle ferrovie italiane è come sparare sulla Croce Rossa. Per questo stavolta vogliamo puntare il dito non contro l'azienda, o meglio la s.p.a. - sempre più nell'occhio del ciclone per i disperati tentativi di coniugare le diverse esigenze di risanamento di un deficit di bilancio sempre meno tollerabile, di taglio dei cosiddetti rami secchi, di facilitare l'esodo dell'ennesima quota di personale in esubero, di migliorare il livello di qualità e sicurezza del servizio - ma contro alcune organizzazioni sindacali.

Non si vuole in questa sede difendere le canoniche organizzazioni sindacali confederali di fronte all'aggressività del Comu dei macchinisti o dell'Ucs dei capistazione, visto che le prime non sono certo meno responsabili dell'assurda situazione per cui, grazie alla reclamata e ottenuta concessione di stipendi da nababbi o quasi e di privilegi vari, nonostante il taglio mediante prepensionamento di svariate decine di migliaia (!) di ferrovieri, il costo del lavoro complessivo è ancora salito e la produttività è inchiodata al suolo.

Bisogna comunque riconoscere che le relazioni sindacali in ambito ferroviario brillano della stessa trasparenza ed efficienza che caratterizza il servizio.

Basti pensare che, a più di sei anni dall'emanazione della legge n. 146/1990 sui servizi pubblici essenziali, non si è ancora addivenuti da parte di F.S. e sindacati a un'intesa applicativa della legge, ritenuta idonea dalla Commissione di garanzia. Di qui le interpretazioni differenti sulle modalità degli scioperi; di qui la trasformazione di ogni agitazione nel caos e nella pressoché totale incertezza del servizio per gli utenti.

Il vuoto normativo, in attesa dell'accordo tra F.S. ed organizzazioni sindacali, sarebbe - il condizionale è d'obbligo - riempito almeno temporaneamente dalla deliberazione della Commissione di garanzia del 23 ottobre 1991, riportata peraltro anche nell'Orario ufficiale F.S. alla p. G/151, che, a sentire la stessa Commissione, dovrebbe avere efficacia perlomeno indirettamente vincolante, così da far scattare le sanzioni di cui alla legge n. 146/1990 in caso di inottemperanza.

Le regole fissate dalla Commissione sono poche ma puntuali. Vengono elencati i servizi minimi garantiti ma, per quel che qui più interessa, viene stabilito che: «per i treni che d'orario risultano in corso di viaggio ad inizio sciopero, se non soppressi alla stazione d'origine, sarà garantito l'arrivo alla destinazione finale [.]. In ogni caso i treni partiti - anche a sciopero iniziato - saranno portati alla loro destinazione finale come previsto dalla Commissione di garanzia con deliberazione del 9 novembre 1995».

Eppure, clamorosamente, i capistazione ribelli dell'Ucs, come riportato dal Sole 24 Ore del 30 ottobre 1996, pretendono di poter fermare durante lo sciopero, in qualsiasi stazione anche in piena campagna, i convogli non garantiti e partiti dopo l'inizio dell'agitazione, calpestando così in malo modo il sacrosanto diritto dei passeggeri partiti di arrivare a destinazione.

GERARDO MASTRANDREA