Corte
di Cassazione, sez. III, 7
aprile 2005, n. 7258
Pres. Fiduccia - Rel. Varrone - P.M. Golia
C. Internazionale s.r.l. (avv.ti A. Sperati, C. Molsano) c. Ace Insurance s.a., (avv.ti G. Gelera, G. Sollazzo) e V. & C. Organizzazione trasporti terrestri Oltremare s.r.l.
Trasporto di cose – Trasporto terrestre
internazionale – Convenzione
C.M.R. – Prescrizione – sospensione e interruzione.
Trasporto di cose – Trasporto terrestre
internazionale – Convenzione
C.M.R. – Perdita o avaria delle merci –
Responsabilià del vettore -
Pericoli eccettuati – Onere della prova.
Riassunto dei fatti. - Nel corso di un trasporto da Parigi
a Noceto curato
dalla V. & C. Organizzazione
trasporti terrestri Oltremare s.r.l, veniva danneggiato un
macchinario
assicurato presso
Nel regime della prescrizione previsto
dall’art. 32 della Convenzione di Ginevra del 19 maggio
In base agli artt. 17 e 18 della Convenzione
di Ginevra del 19 maggio
[massima
ufficiale: La norma di cui all'art. 32 della
Convenzione di Ginevra del 19.5.1956 relativa al trasporto
internazionale di
merci su strada (resa esecutiva in Italia con legge n. 1621 del 1960)
va
interpretata nel senso che il termine annuale in essa previsto per la
proposizione della domanda risarcitoria ha natura prescrizionale e non
decadenziale, atteso che la prima parte del comma terzo del detto art.
si
riferisce, testualmente, alla sospensione della "prescription"
dell'azione - richiamando, inoltre, la legge del giudice adito nei
limiti in cui
non contrasti con la regola generale in base alla quale "i reclami
successivi al primo non possono comunque sospendere il corso della
prescrizione" -, mentre la seconda parte del terzo paragrafo riguarda
la
disciplina dell'interruzione, e richiama anch'essa la legge interna del
giudice
("il en est de méme") con espresso riferimento alla
disciplina della
"interruption". Ne consegue che, dal coordinamento tra il secondo ed
il terzo comma del ricordato art. 32, si desume che il reclamo scritto
per la
perdita o avaria della merce (ovvero per il ritardo nella consegna) ha
l'effetto di sospendere la prescrizione del diritto al risarcimento del
danno,
onde il vettore che non intenda accettare il reclamo ha l'onere di
respingerlo
per iscritto affinché il termine residuo di prescrizione
ricominci a decorrere,
mentre i reclami successivi non comportano un analogo onere, potendo il
vettore
medesimo anche non rispondere, senza che a ciò consegua
l'effetto di una nuova
sospensione del termine prescrizionale (pur non restando escluso che un
reclamo
successivo, o comunque una richiesta risarcitoria indirizzata al
vettore dopo
il primo reclamo, possano presentare i requisiti di un atto di messa in
mora in
base alla legge interna del giudice adito, producendo,
conseguentemente,
l'effetto di interrompere la prescrizione). ]
Motivi della decisione - Con il primo motivo la ricorrente, denunciando la violazione dell'art. 32 della Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada firmata a Ginevra il 19/5/1956 e resa esecutiva in Italia con legge 6/12/1960 n. 1621, contesta l'interpretazione data dai giudici di merito di tale norma non come decadenza ma come prescrizione, con conseguente tardività della domanda risarcitoria in quanto alle comunicazioni della ACE inviate alla V. & C. ed alla C. Internazionale medio tempore del reclamo iniziale del 6/11/90 (e cioè il 13/2-19/3-18/7/1991 e 8/7/92) non avrebbe potuto attribuirsi valore interruttivo (non essendo, com'è noto, la decadenza - contrariamente alla presunzione - suscettibile di interruzione).
La censura
non
ha pregio. Correttamente il giudice di appello ha rilevato,
conformemente al
dettato normativo che parla in francese di "prescription", che in
realtà il III comma dell'art.
Ha aggiunto il suddetto giudice che dal coordinamento fra il II ed il III comma dell'art. 32 cit. si desume che il reclamo scritto per la perdita o avaria della merce oppure per il ritardo nella consegna ha l'effetto di sospendere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno e, quindi, il vettore che non intenda accettare il reclamo, ha l'onere di respingerlo per iscritto perché il termine residuo di prescrizione ricominci a decorrere. I reclami successivi, invece, non comportano un analogo onere per il vettore, che può anche non rispondere senza che ciò implichi una nuova sospensione del termine. Questo tuttavia non esclude che un reclamo successivo o comunque una richiesta risarcitoria indirizzata al vettore dopo il primo reclamo, possano presentare i requisiti di un atto di messa in mora in base alla legge del giudice adito e producano quindi l'effetto d'interrompere la prescrizione.
Poste queste
esatte premesse giuridiche il Tribunale milanese ha osservato che nella
specie
la prescrizione annuale è iniziata a decorrere dal
26/2/1990, data in cui i
macchinari sono stati riconsegnati dalla C.
Internazionale, su incarico della V.
& C., alla T. Forni ed
Impianti;
il termine è rimasto sospeso dal 6/11/1990, data in cui la Cigna, surrogatasi nei diritti
dall'assicurata T. Forni ed Impianti,
ha presentato il reclamo scritto alla V.
& C., sino al 5/12/1990, data del
rigetto del reclamo da parte del vettore V.
& C. e
che in seguito la Cigna ha
interrotto più volte la
prescrizione prima che scadesse il periodo residuo (cioè
prima del 27/3/1991),
con le lettere di costituzione in mora datate 13/2/1991, 19/3/1991,
18/7/1991,
6/7/1992 e ricevuta in data 8/7/1992 (doc. 11, 13, 14, 15 CIGNA),
indirizzate
sia alla V. & C. che alla C.
Internazionale. Ed ha concluso che "risulta quindi proposta
entro il
termine di prescrizione annuale ex art.
Il primo motivo va, pertanto, rigettato.
Con il
secondo
mezzo
Neppure questa censura coglie nel segno. Al riguardo, è noto che mentre, ai sensi dell'art. 1693 c.c., quando è stipulato un contratto di trasporto, il semplice fatto della perdita o dell'avaria delle merci determina la imputazione degli effetti dannosi al vettore e, per escludere l'operatività di tale criterio, il vettore deve dare la prova positiva del caso fortuito, invece, in base agli artt. 17 e 18 della Convenzione di Ginevra del 19 maggio 1956 pur restando, in termini generali, la imputazione automatica dell'effetto al vettore, basta tuttavia il dubbio sulla incidenza causale dei "risques" per escludere tale automatismo, nel duplice senso che: a) il solo (fondato) dubbio libera il vettore; b) per rendere nuovamente operativo il criterio automatico generale di imputazione di responsabilità, il controinteressato ("l'ayant droit") deve dimostrare, non che il danno sia derivato da fatto del vettore, ma che non è stato causato da uno dei "risques" indicati al comma quarto dell'art. 17 (Cass. 9667/97).
Ora, nella
specie, la censura è già stata neutralizzata dal
giudice milanese il quale, a
fronte della tesi del perito della Cigna
il quale, ipotizzando che il danno al forno ciclotermico trasportato
fosse
dipeso dalla caduta delle portine del manufatto sul bancale
sottostante, ha
dedotto come sufficientemente probabile che tale danno fosse imputabile
ad un
difetto di fabbrica del macchinario oppure alla mancanza di imballaggio
(e,
quindi, non a fatto del vettore), ha ritenuto che l'ipotizzata caduta
delle
portine «non dimostra necessariamente che il macchinario
fosse difettoso; né
rileva di per sé il fatto che il forno non fosse imballato
in quanto, in base
all'art. 17 lett. B, la responsabilità del vettore
è esclusa solo se risulti
che le merci "per loro natura" sono soggette ad avarie quando non
sono imballate, circostanza che non è stata in alcun modo
provata per il tipo
di forno in questione. Le ipotesi prospettate dall'appellante, quindi,
non
valgono a superare con un ragionevole grado di probabilità
la presunzione di
responsabilità a carico del vettore per i danni verificatisi
durante il
trasporto, secondo quanto previsto dall'art.
In altre parole, il Tribunale ha esplicitamente e motivatamente escluso che esista nella specie una "probabile incidenza causale" di uno degli eventi di cui all'art. 17 della Convenzione C.M.R.; trattasi, con tutta evidenza, di un giudizio di fatto, demandato al giudice di merito ed insindacabile in cassazione.
Anche il secondo motivo va, pertanto, rigettato.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese di questo grado.
* * *
Sospensione ed interruzione della prescrizione
nel trasporto internazionale stradale di cose soggetto alla C.M.R.
La sentenza che si annota è la seconda pronuncia della cassazione italiana che si occupa della efficacia dei reclami scritti rivolti al vettore nel peculiare sistema relativo alla prescrizione previsto dall’art. 32 della C.M.R. [1]; e lo fa andando in direzione esattamente contraria a quanto ritenuto due anni prima dalla medesima sezione della stessa corte.
Appena due anni fa, infatti, la sentenza 1272/2003 aveva affermato che non poteva riconoscersi alcun effetto interruttivo della prescrizione alla reiterazione di una richiesta di risarcimento già respinta dal vettore per iscritto [2]. Due anni dopo, la sentenza 7258/2005 corregge la rotta di 180 gradi, affermando che, se la successiva richiesta presenta i requisiti della messa in mora, anche se già respinta per iscritto dal vettore ha l’effetto di interrompere la prescrizione.
A parziale scusante della suprema Corte per questo stridente contrasto di orientamenti è indubbiamente la circostanza che la C.M.R. prevede un sistema di prescrizione dei diritti nei confronti del vettore che difficilmente potrebbe essere più farraginoso ed ignaro della ratio legis cui tradizionalmente sono improntati gli istituti estintivi dei diritti per inerzia del titolare.
Per quanto riguarda la durata della prescrizione, la C.M.R. prevede un termine diverso a seconda che il danno sia provocato da comportamento colposo del vettore (1 anno) o doloso o parificato al dolo (3 anni) [3]. La norma sembra creata appositamente per aumentare il contenzioso giudiziario, anziché diminuirlo, in quanto la determinazione della lunghezza del termine estintivo necessita comunque di una pronuncia da parte di un giudice.
Siffatto
sistema va contro qualunque principio di economia processuale.
E’ palese
infatti che la previsione di un doppio termine di prescrizione
capovolge l’iter
processuale tradizionale nei
processi in cui sia dedotta
Inoltre, la previsione di un doppio termine prescrizionale mal si concilia con i tradizionali canoni in tema di ripartizione dell’onere probatorio. Essendo la responsabilità del vettore di natura contrattuale, l’onere probatorio dell’avente diritto al carico non dovrebbe comprendere anche l’elemento soggettivo (dolo o colpa) alla base del comportamento del vettore che ha provocato l’inadempimento. L’esistenza nella C.M.R. di un doppio termine di prescrizione dipendente dall’elemento soggettivo sembrerebbe invece imporre sull’avente diritto al carico l’onere della prova della colpa grave o del dolo del vettore, nel caso in cui gli sia opposta dal vettore l’avvenuta prescrizione annuale ed egli sia ancora nei termini per quella triennale. Anche in questa ipotesi, appare poco comprensibile la ratio della norma, che in presenza di un comportamento doloso o gravemente colposo del vettore, anziché sanzionarlo lo favorisce, ponendo in capo all’avente diritto al carico oneri probatori molto più pesanti di quelli che avrebbe nel caso di danno dovuto a colpa non grave del vettore stesso [6].
Ma la fantasia del legislatore internazionale non si è fermata a questo doppio termine di prescrizione. Esso ha infatti previsto anche un sistema di sospensione della prescrizione [7] che non trova eguali negli altri settori del diritto dei trasporti se non nel trasporto ferroviario di merci [8] e francamente non si comprende quali benefici possa apportare (e a chi) rispetto alla collaudata disciplina tradizionale.
L’art. 32, punto 2 della convenzione prevede infatti quale effetto del primo reclamo al vettore la sospensione (anziché l’interruzione) della prescrizione, finché il vettore non lo respinga per iscritto. Autorevole dottrina ha acutamente osservato come, perlomeno nel nostro ordinamento [9], una siffatta previsione sia in contrasto con l’essenza non solo della “sospensione” della prescrizione, ma che della stessa prescrizione intesa come inerzia del debitore protratta nel tempo [10]. Infatti, si ha sospensione della prescrizione quando il diritto non può essere esercitato per causa non imputabile al creditore; mentre nel sistema della C.M.R. si avrebbe sospensione della prescrizione proprio nel caso in cui il creditore manifesta la sua volontà di esercitare il proprio diritto. E ancora: se la prescrizione si compie per l’inerzia del creditore, non si vede come un suo atto che interrompa tale inerzia chiedendo il soddisfacimento del suo diritto non valga anche ad interrompere la prescrizione stessa [11].
Non solo poi affatto chiari gli effetti di questa sospensione in relazione alla possibilità del creditore di azionare i propri diritti nei confronti del vettore nel periodo in cui la prescrizione è sospesa. Se la sospensione è corrisponde, come pacificamente ritenuto, ad un periodo in cui il creditore non può esercitare il proprio diritto, dovrebbe concludersi che sicché il vettore non abbia respinto per iscritto il reclamo, il creditore non possa chiedere in via giudiziale il soddisfacimento del suo diritto. Ciò sarebbe in linea con la ratio di concedere al vettore un periodo per valutare se accettare o meno il reclamo senza il rischio di vedersi notificare una citazione dall’avente diritto al carico mentre lo sta valutando; ma potrebbe funzionare solo se fosse poi previsto obbligo del vettore di rispondere entro un dato periodo di tempo, scaduto il quale la sua risposta andrebbe considerata negativa. Ma una tale norma nella C.M.R. non esiste, né è previsto cosa accada se il vettore non risponde al reclamo.
Se quindi si ammettesse che la sospensione della prescrizione prevista dalla C.M.R. comporti la sua naturale conseguenza dell’impossibilità dell’esercizio dell’azione nel periodo in cui essa perdura, il vettore potrebbe agevolmente evitare di rispondere dei danni semplicemente non respingendo mai il reclamo per iscritto, rinviando così sine die la scadenza del periodo di sospensione della prescrizione e quindi la possibilità d’azione dell’avente diritto al carico.
Essendo tale conseguenza inaccettabile, dovrebbe quindi dedursi che la sospensione della prescrizione prevista dalla C.M.R. è slegata dalla sua tradizionale caratteristica di base, costituita dall’impossibilità del creditore di far valere il proprio diritto. Dovrebbe dunque ammettersi la possibilità dell’avente diritto al carico di agire giudizialmente anche prima di avere ricevuto risposta dal vettore al suo reclamo, durante il periodo di sospensione della prescrizione [12]. Ma, se così fosse, riesce difficile capire per quale motivo il legislatore internazionale abbia posto una norma così dirompente ed anomala nel collaudato sistema dell’estinzione dei diritti per inerzia del titolare, quando poi di fatto tale norma comporta un vantaggio veramente minimo ad una sola delle parti [13].
La convenzione non si occupa neppure delle varie conseguenze ed ipotesi che si possono verificare qualora il vettore accetti il reclamo ammettendo la propria responsabilità. A tacer d’altro, basterà osservare che la C.M.R. non specifica se l’accettazione del reclamo valga o meno a far cessare la sospensione della prescrizione verificatasi con il suo inoltro. In mancanza di una tale specificazione, può legittimamente chiedersi se un tale riconoscimento del diritto valga come atto interruttivo della prescrizione, o se la prescrizione stessa, essendo tuttora sospesa, non possa essere interrotta neppure dal riconoscimento del diritto [14].
La questione su cui si è verificato il contrasto giurisprudenziale nell’ambito della stessa sezione della cassazione è però quella relativa ai reclami successivi al primo aventi il medesimo oggetto di quello respinto dal vettore. Essi infatti, come specifica l’art. 32 punto 2 della C.M.R., non valgono a sospendere il decorso della prescrizione.
La prima sentenza della suprema Corte che si era occupata del problema aveva ritenuto esteso l’effetto preclusivo del primo reclamo anche alla interruzione della prescrizione, ritenendo che il combinato disposto dei punti 2 e 3 [15] dell’art. 32 dovesse leggersi nel senso che “una richiesta che ha lo stesso oggetto di una precedente respinta non determina una ulteriore sospensione della prescrizione e lo stesso vale riguardo all’interruzione” [16].
Tale sentenza, che sul punto andava contro all’orientamento sia della giurisprudenza di merito che della dottrina [17], era stata giustamente oggetto di critica da parte della dottrina, la quale comunque si era prodigata nel cercare di ricostruire, sulla base di tale sentenza, un quadro normativo il meno contraddittorio possibile [18]. Impresa peraltro assai ardua, in quanto non solo detta sentenza incideva, come visto, su un sistema concepito in maniera di per sé poco felice, ma andava anche a porre ulteriori elementi di contrasto con i principi sistematici della prescrizione. Primo fra tutti, quello di trasformare di fatto il termine di prescrizione in un termine di decadenza, atteso che, con la prima interpretazione della suprema corte, si sarebbe trattato di una prescrizione che di fatto non poteva mai essere interrotta, ma solo sospesa per una volta soltanto [19].
In realtà, la sentenza del 1272 del 2003 appare più che altro frutto di una frettolosa redazione, che se da un lato ha superficialmente letto l’art. 32 della C.M.R., dall’altro non si è resa conto delle conseguenze e dello stridente contrasto che un simile dictum portava nel sistema normativo.
La sentenza 2758 del 2005 pone rimedio all’improvvida precedente pronuncia, facendo una corretta esegesi dell’art. 32 punto 3 della C.M.R. e concludendo correttamente che la frase “lo stesso vale per l’interruzione” con cui si chiude il punto 3 dell’art. 32 deve essere riferito alla frase che precede, ossia “la sospensione della prescrizione è regolata dalla legge del giudice adito” e non a tutto il precedente punto 2 dello stesso art. 32.
La corretta conseguenza è che, una volta inviato il primo reclamo e sospesa la prescrizione ai sensi dell’art. 32 punto 2 della C.M.R., e respinto per iscritto il reclamo da parte del vettore, l’avente diritto può interrompere la prescrizione come e quanto vuole, secondo le norme di diritto interno.
Non che questo renda meno farraginoso o più funzionale il sistema posto dalla C.M.R.; ma perlomeno ne consente una collocazione logica sistematica nel nostro ordinamento.
Spiace soltanto registrare lo sfortunato esordio della cassazione in tema di prescrizione della C.M.R. con la sentenza 1272/2003; ancor più grave se si considera che in precedenza nessuno, né fra la dottrina né fra la giurisprudenza di merito, si era sognato di sostenere la tesi fatta propria dalla suddetta sentenza. Dopo due anni, la situazione è stata raddrizzata dalla sentenza 7258/2005; ma resta comunque traccia di una macchia che con un minimo di attenzione si sarebbe potuto benissimo evitare.
Enzo Fogliani.
[1]
Sullo
specifico argomento della sospensione ed interruzione della
prescrizione nella
C.M.R., rimane fondamentale lo scritto di GRAGNOLI, La
sospensione del decorso del termine di prescrizione per il debiti
del vettore nella C.M.R., in Dir.
trasp. 1990, II, pag. 63, cui si rinvia per un approfondito
quadro
sull’argomento. Sulla C.M.R. in generale, si veda SILINGARDI,
La disciplina uniforme del contratto di
trasporto di cose su strada, Torino, 1994; PESCE, Il contratto di trasporto internazionale di merci
su strada, Padova
1984.
[2]
Cass.
29 gennaio 2003, n.
[3]
Art.
32, punto 1 della Convenzione sul
contratto di trasporto internazionale stradale di merce (CMR) firmata a
Ginevra
il 19 maggio 1956.
[4]
Tipico esempio di tale effetto si rinviene nella sentenza Trib. Milano
14 giugno
[5] Non sembra si possa rinvenire una qualche presunzione che aiuti a risolvere il problema, essendo la prescrizione un “impium remedium” a favore del debitore.
[6] Francamente, sfugge la ratio di una norma così perversa. Non si comprende infatti che rilevanza possa avere il grado di colpa del vettore con la durata dell’inerzia del creditore necessaria a far estinguere il diritto al risarcimento. L’atto di messa in mora, consistendo nella richiesta scritta del risarcimento del danno, non impone al creditore di individuare l’elemento soggettivo alla base dell’obbligazione di cui chiede l’adempimento, sicché è sostanzialmente identico sia nel caso in cui il danno sia dovuto a semplice colpa, sia nel caso in cui sia dovuto a dolo o a colpa grave. Ciò è vero a maggior ragione nel caso di responsabilità contrattuale, nella quale il creditore è semplicemente tenuto a dimostrare l’inadempimento dell’obbligazione della controparte, ma non anche la sua causa. Quindi, la norma della C.M.R., pur apparendo ad una lettura superficiale come posta a favore del caricatore, in realtà è a questi sfavorevole, in quanto di fatto in sede processuale pone a suo carico maggiori oneri probatori, non soddisfacendo i quali il suo diritto rischia di essere dichiarato estinto.
[7] Art. 32, punto 2 della C.M.R.: “Il reclamo scritto sospende la prescrizione fino al giorno in cui il vettore lo respinge per iscritto e restituisce i documenti ad esso allegati. In caso di accettazione parziale del reclamo, la prescrizione riprende il suo corso solo per la parte del reclamo rimasta in contestazione. (...). I successivi reclami riguardanti lo stesso oggetto non sospendono il corso della prescrizione.”
[8]
Art.
48, paragrafo 3 delle Regole uniformi
relative al contratto di trasporto ferroviario internazionale di merci
(CIM),
allegato B alla Convenzione sui trasporti internazionali per ferrovia
(COTIF) come modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno
1999,
identico a quello della C.M.R.: “La
prescription est suspendue par une réclamation
écrite conformément à
l’article
43, jusqu’au jour où le transporteur rejette la
réclamation par écrit et
restitue les pièces qui y sont jointes. En cas
d’acceptation partielle de la
réclamation, la prescription reprend son cours pour la
partie de la réclamation
qui reste litigieuse. (…). Les réclamations
ultérieures ayant
le même objet ne suspendent pas la prescription.”
[9] E’ opportuno ricordare che l’art. 32, punto 3 della C.M.R. rinvia specificamente alla legge del tribunale adito per quanto attiene le norme che regolano la sospensione e l’interruzione della prescrizione.
[10] GRAGNOLI, op. cit., pagg. 76 e 77, osserva che “risulta invero singolare che una diffida, cioè per il nostro ordinamento un tipico atto interruttivo, dunque un atto di esercizio , sospenda la prescrizione, invece di provocare la cessazione dell’inerzia e, per ciò stesso della prescrizione”.
[11] GRAGNOLI, op. cit., pag. 76. Sulla stessa linea SARDELLA, op. cit., pag. 504.
[12] E’ questa l’opinione di GRAGNOLI, op. cit., pagg. 82 e segg., che, preso atto della impossibilità di inserire organicamente le disposizioni della C.M.R. nel sistema della prescrizione italiana, cerca di ricostruire (proprio sulla base della peculiare disposizione della C.M.R.) un concetto di sospensione che prescinda dalla impossibilità dell’esercizio del diritto che caratterizza in genere le ipotesi di sospensione della prescrizione. Svincolata la sospensione dalla impossibilità dell’esercizio del diritto, con tale ricostruzione GRAGNOLI ammette quindi anche la possibilità del creditore di azionare i propri diritti nei confronti del vettore anche nel periodo in cui la prescrizione sia sospesa.
[13] Il vantaggio, solo per l’avente diritto al carico, sarebbe dunque solo quello (molto relativo) di vedere allungata la prima scadenza della prescrizione per il periodo fra il primo reclamo e la risposta scritta del vettore.
[14] GRAGNOLI (op. cit., pag. 97), propende per la soluzione positiva, pur ammettendo che “la mancanza di una specifica normativa sull’acceptation del vettore dimostra come il trattato presenti lacune e questioni insolute”.
[15] L’art. 32, punto 3 della C.M.R. testualmente recita: “Con riserva delle disposizioni del precedente paragrafo 2, la sospensione della prescrizione è regolata dalla legge del giudice adito. Lo stesso vale per l'interruzione della prescrizione.”
[16]
Cass. 29 gennaio 2003, n.
[17]
Trib. Milano 9 gennaio
[18] SARDELLA, op. cit., pag. 501 ss.
[19] Contrariamente a quanto successo per altre convenzioni di diritto uniforme dei trasporti, per la C.M.R., non si è mai dubitato che il termine estintivo fosse di prescrizione e non di decadenza, anche in virtù dei precisi termini usati dall’art. 32 (prescrizione, sospensione, interruzione), propri appunto della sola prescrizione.