|
|
II |
|
Tali norme, come noto, prevedono che, su
richiesta delle parti, il giudice possa disporre che nella sentenza non
risultino i nomi delle parti, sostituiti da mere iniziali.
La sentenza ha per l’appunto
applicato alla lettera tali norme sulla privacy; con risultati che
peraltro lasciano piuttosto perplessi quanto a efficacia pratica della
legge.
Entrambe le parti sono citate con le
sole iniziali; ma qualsiasi lettore anche superficiale della sentenza
può agevolmente individuare nella Air One la compagnia aerea
condannata. E non tanto per le iniziali A.O. con cui è
identificata, ma per il fatto che la sentenza indica il volo (AP
6363-3406), la tratta (Venezia - Lamezia Terme) e la data del volo.
Non é certo necessario
consultare gli orari o strani documenti IATA per sapere che la sigla AP
corrisponde alla Air One, dato le sigle dei voli sono sempre e da tutti
visibili, in aeroporto, su internet, sui biglietti, e via dicendo,
tanto da essere considerate un “fatto notorio”.
Quindi, dato che la sentenza ha comunque
applicato esattamente la legge sulla privacy, la prima considerazione
che si può farsi é che essa é dal
tutto inefficace in molti casi in cui una delle parti è un
ente di rilevanti dimensioni che svolge attività ben
tipicizzata di notevole rilevanza.
Si pensi ad ipotesi di trasporto
ferroviario, o all’ assistenza aeroportuale, o alla gestione
autostradale. Per quanto il nome delle parti possa essere sostituito da
iniziali, se la sentenza individua il tipo di rapporto ed il fatto da
cui scaturisce la domanda, é più che agevole
individuare la parte. Se ad esempio, si deduce la
responsabilità del settore ferroviario per un trasporto
passeggeri nella tratta Roma – Milano, appare evidente che
tale vettore non potrà essere che Trenitalia spa.
Una prima considerazione, quindi,
é che la legge sulla privacy non risponde al criterio di
eguaglianza sancito dalla costituzione in quanto la tutela derivante
dalla sua applicazione é in genere inefficace per
persone giuridiche e enti che svolgono attività di rilevanza
pubblica su mercati ristretti.
La sentenza del giudice di pace di
Mestre ne é un esempio tipico: la stessa norma applicata
allo stesso modo nella stessa sentenza, non consente la identificazione
della persona fisica che ha agito in giudizio, ma consente la
individuazione della persona giuridica convenuta e condannata.
Risultato che, sotto il profilo della efficacia effettiva della legge,
lascia francamente perplessi.
Nel merito, però, ben altro
lascia perplessi nelle attuali norme sulla privacy, che, nelle
intenzioni, dovrebbero tutelare allo stesso modo i singoli privati e le
grandi imprese.
Per queste ultime, infatti, un
determinato atteggiamento in sede giudiziario può essere
parte di una specifica strategia di mercato.
Per il consumatore può essere
quindi importante elemento di scelta sapere se, ad esempio, una
importante compagnia assicurativa costringe sistematicamente i propri
assicurati a ricorrere alla magistratura per ottenere il dovuto
risarcimento; oppure, nel settore dei trasporti, quanto affermato da
una sentenza può essere illuminante per conoscere il livello
dei servizi e la diligenza nell’ adempimento delle proprie
obbligazioni.
Sono dati ed elementi di notevole
rilevanza per i consumatori e per la loro tutela; dati ed elementi che
le norme sulla privacy rischiano di sottrarre alla valutazione sociale.
La norma sulla privacy nelle
sentenze civili è dunque non solo una norma che a priori
funziona male e discrimina le parti; ma é anche una norma
che favorisce le grandi imprese ai danni dei consumatori, senza che ve
ne sia la reale necessità.
La tutela della privacy, estesa anche
sotto questo profilo alle grandi imprese, confligge quindi
con la tutela del consumatore, che viene privato dell’
effettivo riscontro concreto dell’esame del contenzioso in
cui tali imprese sono coinvolte.
E’ auspicabile quindi un
ripensamento del legislatore ed una congrua modifica della legge.
Enzo Fogliani.
![]() |
|
|
|
|
|
![]() |