CORTE D’APPELLO DI ROMA 25 SETTEMBRE 2003 N. 4006

 

Pres. Bozzi, Est. De Stefano

Assicurazioni Generali s.p.a. (avv. E. Fogliani) e Alitalia s.p.a. (avv. L. Ghia) c. Ocean Air Cargo Claims Inc. (avv.ti M. Fusco, G. Trabalza, S. Verzoni e M. Pinto)

 

Trasporto di merce - Trasporto aereo - Trasporto internazionale - Convenzione di Varsavia del 1929 - Termine di decadenza dall’azione - Natura giuridica.

 

 Trasporto di merce - Trasporto aereo - Trasporto internazionale - Convenzione di Varsavia del 1929 - Termine di decadenza dall’azione - Decorrenza - Giorno di arrivo dell’aeromobile a destinazione.

 

Trasporto di merce - Trasporto aereo - Trasporto internazionale - Convenzione di Varsavia del 1929 - Termine di decadenza dall’azione - Concorrenza con il termine di prescrizione nazionale - Sussistenza.

 

Riassunto dei fatti ¾ Con lettera di trasporto aereo del 31/8/1993 veniva affidato alla soc. Alitalia il trasporto da Tokio a Roma di reagenti chimici del valore di USD 437.593,00. L’aeromobile giungeva il 2 settembre 1993 all’aeroporto di  destinazione, da dove i reagenti chimici venivano ritirati dal destinatario in data 7 settembre 1993. Risultata la merce deteriorata e inutilizzabile per la prolungata permanenza a temperatura ambiente, la Ocean Air Cargo Claims provvedeva ad indennizzare il destinatario e, con citazione notificata il 4 settembre 1995, agiva in rivalsa per il recupero dell’indennizzo pagato nei confronti del vettore, il quale a sua volta chiamava i garanzia il proprio assicuratore.  Con sentenza n. 20627 del 27 ottobre 1999 il Tribunale di Roma, rigettate le eccezioni di prescrizione e decadenza, accoglieva la domanda della Ocean Air Cargo Claims, condannando l’Alitalia e le Generali al pagamento di quanto richiesto. Ricorrevano in appello Alitalia e Generali.

 

Il termine biennale per l’esercizio dell’azione previsto dall’art. 29 della convenzione di Varsavia del 1929 ha natura di decadenza  ([1]).

Il diritto al risarcimento del danno nel trasporto aereo internazionale è comunque soggetto alle norme sulla prescrizione nazionali, applicandosi il termine estintivo di cui all’art. 29 della Convenzione di Varsavia alla sola azione e non anche al diritto sostanziale che con essa si fa valere (2)

Il termine biennale di cui all’art. 29 della convenzione di Varsavia decorre dall’arrivo dell’aeromobile a destinazione e non dalla riconsegna delle merci al destinatario (3).

 

 Diritto ¾ Va esaminato per primo, anche se cronologicamente posteriore, l’appello proposto da Alitalia, dipendendo la posizione della compagnia assicuratrice Generali dall’eventuale conferma della condanna del vettore alla rifusione ad Ocean delle somme da costei pagate alla danneggiata Abbott.

La Corte ritiene fondato il primo motivo, con cui Alitalia ha reiterato l’eccezione di decadenza di Ocean dall’azione risarcitoria, esercitata da tale società in asserita surrogazione della Abbott s.p.a.

Non è contestato fra le parti che il rapporto dedotto in giudizio, qualificandosi come trasporto internazionale di merci per via aerea, sia disciplinato dalla Convenzione di Varsavia del 1 ottobre 1929, come modificata dal Protocollo dell’Aja del 28 settembre 1955, e dalle condizioni generali di trasporto predisposte da Alitalia solo in quanto non in contrasto con la convenzione stessa (cfr. art 1 cond. gen.).

Orbene, per quel che qui interessa, l’art. 29 della Convenzione dispone che «L’action en responsabilité doit être intentée, sous peine de déchéance dans le délai de deux ans à compter de l’arrìvée a destination ou du jour où l’aéronef aurait dù arriver, ou de l’arrêt du transport».

Secondo le appellanti, il termine biennale decorrerebbe dal momento di arrivo dell’aeromobile, dunque nella specie dal 2 settembre 1993, sicché esso sarebbe già decorso al momento della citazione nel presente giudizio, notificata il 4 settembre 1995.

Il primo giudice, accogliendo la tesi di Ocean, ha disatteso la prospettazione delle attuali appellanti, affermando testualmente: «non vi è dubbio che il termine iniziale del periodo prescrizionale, espressamente stabilito dal citato art. 29 nel momento della “arrìvée à destìnation” faccia riferimento al momento finale della prestazione che coincide, nel caso di trasporto di passeggeri, con l’atterraggio del velivolo, nel caso di trasporto di merci, con la consegna al destinatario (Cass. 4 maggio 1995 n. 4852)». A suo avviso inoltre, il fatto che, per consolidata opinione giurisprudenziale, il vettore sia considerato responsabile anche per la custodia delle merci, e dunque per la loro perdita o avaria, dopo l’arrivo dell’aeroplano in aeroporto ma prima della consegna, deve far ritenere, per ragioni di coerenza logica del sistema, che la decadenza inizi a decorrere solo dal momento in cui l’azione divenga esercitabile, il che presuppone che il destinatario abbia potuto constatare i danni di cui si lamenta, e, dunque, che abbia ricevuto la consegna della merce.

L’interpretazione data dal primo giudice, che sembra sovrapporre le norme interne in tema di prescrizione a quelle sulla decadenza previste dalla Convenzione, non è condivisibile.

In primo luogo, la norma convenzionale si riferisce espressamente all’azione e non al diritto, stabilisce la sanzione della decadenza, e «l’arrivo a destinazione» è riferito all’aeromobile; laddove, allorquando il legislatore internazionale ha voluto stabilire termini di decadenza che decorressero dalla data di riconsegna della merce, lo ha specificamente previsto, come nel vicino art. 26, che, nel fissare il breve termine di decadenza di sette giorni per la proposizione di un reclamo scritto al vettore per danni alle merci, ha espressamente indicato come inizio del termine il momento in cui la merce è stata posta a disposizione dell’avente diritto al carico.

Inoltre, l’affermazione che il termine decadenziale dell’art 29 decorra dal momento finale della prestazione, identificato con la riconsegna della merce, non è sorretto da alcun precedente giurisprudenziale. Infatti, la sentenza della Cassazione 4 maggio 1995 n. 4852 ¾ citata a vario titolo da tutte le parti e sulla quale il Tribunale sembra aver fondato la sua decisione ¾ era chiamata a statuire sulla questione, risolta positivamente, dell’applicabilità degli artt. 29 e 30 della Convenzione anche all’azione di regresso spettante al debitore solidale, che abbia effettuato il pagamento al danneggiato dal trasporto aereo, e comunque non ha mai affermato quanto attribuitole dal primo giudice, avendo solo riprodotto (inesattamente) in un breve inciso il testo della norma, nel senso che, in base alla Convenzione, l’azione di responsabilità verso il vettore deve essere intentata nel termine di due anni dall’arrivo della merce a destino.

Al di là dell’inesattezza della trascrizione, non sembra, in ogni caso, che l’espressione usata dalla Suprema Corte possa supportare l’interpretazione del Tribunale, dato che è documentato che la destinazione della merce, come emerge dalla lettera di trasporto aereo, era l’aeroporto di Fiumicino, dove essa è stata ritirata dallo spedizioniere Rinaldi per conto della Abbott.

Né allo scopo appare idonea la sentenza della Suprema Corte 93/6841 ¾ più volte citata da Ocean ¾ la quale ha affermato che la custodia cui il vettore provvede, dopo che la merce è giunta allo scalo, costituisce un accessorio delle obbligazioni inerenti al contratto di trasporto aereo, sicché l’azione proponibile dal destinatario in caso di mancata consegna della merce è soggetta alla disciplina del contratto di trasporto e non di quello di deposito.

La circostanza che il vettore risponda della merce sino al momento della riconsegna potrebbe forse avvalorare la tesi di Ocean, ove si accedesse all’altra sua tesi che esclude la concorrente applicazione in materia della disciplina della prescrizione. Tale opinione è, però, chiaramente contraddetta dalla citata Cass. 4 maggio 1995 n. 4852, che, dopo aver sancito l’applicabilità delle norme della Convenzione anche al condebitore solidale agente in via di regresso, ha affermato nella parte conclusiva che, dovendosi sostanzialmente equiparare l’azione di regresso ad un’azione surrogatoria mediante la quale il debitore solidale che abbia pagato subentra nei diritti del creditore soddisfatto nelle stesse condizioni di questo, «se il creditore non poteva più agire nei confronti di uno dei condebitori solidali, per il verificarsi di una prescrizione o di una decadenza, questa può essere utilmente opposta anche al condebitore attore».

Ammessa pertanto la concorrenza di applicazione in materia di trasporto aereo internazionale delle discipline di prescrizione e decadenza, non vi sono motivi di ordine logico o sistematico per andare oltre la chiara dizione letterale della norma convenzionale, che fa decorrere il termine di decadenza dell’azione dall’arrivo dell’aeromobile a destinazione. Infatti, il legislatore internazionale, prevedendo un termine di decadenza superiore a quelli di prescrizione vigenti nei singoli ordinamenti nazionali (nel nostro ordinamento il termine di prescrizione è di sei mesi o un anno a seconda dell’ambito territoriale del trasporto), ha voluto stabilire un termine ultimo oltre il quale l’azione di responsabilità non può più essere esperita; e ciò al fine di evitare che con continue reiterate interruzioni della prescrizione, il diritto possa essere esercitato in perpetuo.

Alla stregua delle considerazioni esposte, il motivo di impugnazione deve essere accolto; conseguentemente, la domanda svolta in via surrogatoria da Ocean deve essere respinta. Restano assorbiti gli ulteriori motivi proposti dalle due appellanti.

 

* * *

 

Concorrenza di prescrizione del diritto e decadenza dall’azione nel trasporto aereo internazionale.

 

Sommario: 1. Natura giuridica del termine biennale di cui all’art. 20 della Convenzione di Varsavia ¾ 2. Sulla concorrenza di decadenza e prescrizione ¾ 3. Il termine di decadenza nella convenzione di Montreal ¾ 4. Il decorso iniziale del termine di decadenza.

 

1. Natura del termine biennale di cui all’art. 29 della Convenzione di Varsavia ¾ La sentenza che si annota si presenta di grande interesse per l’approfondimento e l’ampiezza con cui sono stati trattati i temi inerenti il termine estintivo dell’azione previsto dalla Convenzione di Varsavia. La Corte d’appello di Roma, oltre a ribadire la natura di decadenza del termine di cui all'art. 29 della Convenzione di Varsavia, si è inoltre pronunciata, seppur incidentalmente, sulla concorrenza fra prescrizione e decadenza; problema che, sebbene non ancora affrontato ex professo né dalla dottrina né dalla giurisprudenza (1), è di notevole rilevanza pratica. Dato che nel nostro ordinamento la prescrizione prevista dal codice della navigazione per i diritti nascenti dal contratto di trasporto ([2]) è più breve del termine di decadenza dall'azione prevista dalla Convenzione di Varsavia del 1929, la concorrente applicazione dei due istituti significa in pratica che colui che agisce in giudizio entro il termine biennale previsto dalla Convenzione è comunque tenuto ad interrompere la prescrizione nel più breve termine previsto dal diritto interno.

La Corte d'appello di Roma ha risolto positivamente la questione, in modo che appare sostanzialmente corretto. Pur respingendo la domanda dell’assicuratore che agiva in surroga del danneggiato per essere stata l’azione introdotta dopo la scadenza del termine biennale di decadenza dall’azione, la Corte d’appello, in motivazione, ha affrontato specificamente il tema della natura giuridica del termine estintivo previsto dalla Convenzione di Varsavia, qualificandolo come decadenza e sancendone la concorrenza con quello, più breve, di prescrizione previsto dal diritto interno.

Per fondare il suo ragionamento, la Corte d’appello di Roma ha anzitutto sancito la natura di decadenza del termine, con ciò allineandosi alla precedente giurisprudenza ([3]) ed alla migliore dottrina ([4]). I giudici di Roma hanno essenzialmente fondato il loro convincimento sul dato testuale dell’art. 29 della convenzione, secondo cui «l’azione di responsabilità deve essere intentata, a pena di decadenza, entro il termine di due anni a partire dall’arrivo a destinazione, o dal giorno in cui l’aeromobile avrebbe dovuto arrivare, o dall’interruzione del trasporto» ([5]); ma nessun dubbio v’è in dottrina riguardo alla qualificazione del temine quale decadenza, in considerazione sia dei lavori preparatori della Convenzione, sia dell’applicazione che della norma uniforme viene fatta all’estero ([6]). 

Senza voler approfondire in questa sede le problematiche relative ai criteri distintivi fra prescrizione e decadenza, pare potersi affermare che la Corte d’appello ha basato il proprio esame sull’elemento discretivo più significativo ed utile desumibile dai caratteri della fattispecie su cui opera il termine; ossia l’oggetto su cui agisce il termine estintivo.

Se, infatti, si assume ¾ seguendo autorevole dottrina ([7]) e come appare francamente più corretto ([8]) ¾ che l’azione di per sé non sia un diritto, ma sia ad esso funzionale, e che la prescrizione, per definizione del nostro codice civile, incida solo sui diritti, ne consegue necessariamente che un termine preclusivo che incida sull’azione non può, per definizione, essere ritenuto di prescrizione ([9]), ma soltanto di decadenza ([10]).

 

2. Sulla concorrenza di decadenza e prescrizione ¾  Sulla base dell’accertata natura di decadenza del termine e confortata dalla circostanza che oggetto di decadenza nella Convenzione di Varsavia è esplicitamente l’azione e non il diritto ([11]), la Corte d’appello non ha fatto altro che applicare tradizionali principi caratterizzanti prescrizione e decadenza. Primo fra questi principi, quello posto dall'articolo 2934 c.c., norma cardine del regime di prescrizione italiano, secondo il quale: «Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge. Non sono soggetti a prescrizione i diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge».

Nessuna norma della Convenzione di Varsavia prevede che i diritti nascenti da contratto di trasporto internazionale non siano soggetti a prescrizione, né ciò può ritenersi implicito nel fatto che la Convenzione di Varsavia preveda un termine di decadenza. Essendo ritenute le norme sulla prescrizione norme imperative di applicazione necessaria, per ritenere le norme sulla prescrizione interna assorbite da quelle internazionali sulla decadenza sarebbe stata necessaria una specifica norma di diritto speciale che derogasse alle norme sulla prescrizione interne; norma che però, di fatto, non esiste.

Quindi, se è vero ¾  seguendo il ragionamento della Corte d’appello ¾ che prescrizione del diritto e decadenza dall’azione sono due istituti simili ma diversi, che hanno oggetti diversi e possono quindi fra loro convivere in quanto agiscono su piani diversi ([12]), non pare esservi alcun ostacolo nel ritenere che al trasporto aereo internazionale sia applicabile sia la prescrizione prevista dal codice della navigazione, sia la più lunga decadenza prevista dalla Convenzione di Varsavia.

Tale interpretazione trova conforto in analoghe norme, sempre più diffuse nelle convenzioni internazionali di diritto privato, che non escludono affatto che al diritto al risarcimento si applichi la prescrizione, ma semplicemente pongono un termine di decadenza per evitare che con continue, reiterate interruzioni della prescrizione il diritto possa teoricamente essere esercitato in perpetuo.

Si tratta di un sistema ben conosciuto in ambito internazionale. Basterà a titolo di esempio citare la Convenzione di Roma del 7 ottobre 1952 relativa alla responsabilità per danni a terzi sulla superficie ([13]), la quale prevede accanto ad un termine di prescrizione di due anni (art. 21.1), un termine di decadenza di tre anni, trascorsi i quali l'azione è inammissibile (art. 21.2); oppure la Convenzione di Bruxelles del 29 novembre 1969 sulla responsabilità civile per danni da inquinamento da idrocarburi ([14]), la quale prevede (art. 8) un termine di prescrizione di tre anni, nonché un termine di sei anni che preclude l'esercizio dell'azione; oppure, infine, la Convenzione di New York del 1974 sulla prescrizione in materia di vendita internazionale di merci la quale, pur prevedendo un termine di prescrizione di quattro anni per la materia da essa regolata, fissa all'art. 23 il termine massimo per l'instaurazione del giudizio indipendentemente da ogni interruzione della prescrizione ([15]).

Si può allora ben ritenere, così come fa la sentenza annotata, che anche nel trasporto aereo si ha concorrenza fra le norme sulla prescrizione del codice della navigazione ([16]) e quelle previste dalla Convenzione di Varsavia che pongono un successivo limite biennale di decadenza all'esperibilità dell'azione. Del resto, l’art. 2934 c.c. è norma pacificamente ritenuta di ordine pubblico interno, e per di più posteriore a quella della originaria Convenzione di Varsavia; non sembra corretto, allora, negarne l'applicabilità anche ai trasporti internazionali.

Né a favore dell'inapplicabilità dell'art. 2934 ai trasporti regolati dalle Convenzioni potrebbe invocarsi il principio di specialità. Infatti seguendo il ragionamento per il quale estinzione del diritto ed estinzione dell'azione sono concetti del tutto differenti, e osservando che la Convenzione regola soltanto quest'ultima, si arriva facilmente alla conclusione di dover applicare anche la norma interna di ordine pubblico sulla prescrizione; e ciò soprattutto se si considera che la Convenzione di Varsavia non regola in modo completo il fenomeno del trasporto aereo, ma solo specifici aspetti di esso ([17]).

Il problema della applicazione concorrente della prescrizione e della decadenza nel trasporto aereo non ha sollevato dibattiti dottrinali, probabilmente perché, prima d’ora, questo profilo non era stato portato all’attenzione della dottrina da una sentenza così chiara sul punto.

I rari autori che si sono occupati della questione hanno negato la concorrenza fra prescrizione e decadenza nel trasporto aereo, affrontando però il problema in un’ottica internazionalistica facendo riferimento al principio di specialità ([18]).

 La sentenza della Corte d’appello, più focalizzata sul nostro diritto interno, suggerisce il superamento degli ostacoli rilevati dagli autori che negano la applicazione concorrente dei due istituti attraverso la diversità  degli ambiti in cui agiscono le norme sulla prescrizione del diritto e quelle sulla decadenza dall’azione. La circostanza, cioè, che i due istituti abbiano diverso oggetto (rispettivamente il diritto e l’azione) e diverso carattere (rispettivamente processuale e sostanziale) consente di escludere che la norma posta dalla Convenzione di Varsavia possa derogare a quella interna, appunto perché regolante fattispecie diversa.

 

3. Il termine di decadenza nella convenzione di Montreal ¾ Resta, allora, da chiedersi se lo stesso risultato possa applicarsi al termine di decadenza previsto dall’art. 35 della Convenzione Montreal del 1999.

Come già accennato, mentre nella Convenzione di Varsavia del 1929 esisteva un unico testo ufficiale in francese dal quale si poteva ricavare facilmente che la decadenza estinguesse l’azione, nella Convenzione di Montreal del 1999 invece sono stati resi ufficiali testi nei quali oggetto di estinzione a seguito del verificarsi della decadenza risulta essere il diritto e non l’azione ([19]). Il che potrebbe introdurre qualche elemento di incertezza, dato che  secondo il testo inglese e spagnolo della Convenzione di Montreal la decadenza sancita dall’art. 35 non è processuale, ma sostanziale, in quanto estingue non solo l’azione, ma anche il diritto ([20]).

Anche su questo punto la dottrina aeronautica non risulta essersi finora espressa, sicché per trovare argomentazioni basate sul diritto interno atte a contrastare le conclusioni della Corte d’appello di Roma bisogna fare riferimento alla dottrina marittimistica, che si è occupata del termine di decadenza previsto dalla Convenzione di Bruxelles del 1924 sulla polizza di carico ([21]).

A prescindere infatti dalle argomentazioni di stampo internazionalista  ­­­­¾ analoghe a quelle già viste per il settore aeronautico ¾ che escludono la concorrente applicabilità di prescrizione e decadenza sulla base del principio di specialità e di esigenze di uniformità internazionale, la inconfigurabilità del concorso di prescrizione breve ([22]) e successiva decadenza  alla stessa fattispecie sulla base del disposto dell’art. 2967 cod. civ., il quale afferma che «nei casi in cui la decadenza è impedita, il diritto rimane soggetto alle disposizioni che regolano la prescrizione». Da tali principi conseguirebbe, secondo parte della dottrina, che allo stesso diritto non potrebbe contemporaneamente applicarsi un termine di decadenza più lungo di quanto non sia quello di prescrizione ([23]); secondo altri autori, che nel diritto italiano non potrebbero esistere in relazione allo stesso diritto prescrizioni più brevi della decadenza ([24]).

Questa tesi peraltro sembra assegnare all’art. 2967 c.c. una portata più ampia di quanto si possa leggere nel testo della norma. Essa, infatti, specifica solo che, una volta impedita la decadenza, il diritto rimane soggetto alla prescrizione; e da tale limitato disposto sembrerebbe arduo estenderne la portata sino a ritenere che l’art. 2967 c.c. sancisca che la decadenza si applichi in luogo della prescrizione e non accanto ad essa quale causa estintiva del diritto.

            Quest’ultima tesi condurrebbe infatti alla disapplicazione dell’art. 2934 c.c., secondo cui “non sono soggetti a prescrizione i diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge”; non risulta infatti alcuna norma di legge che indichi che laddove si applichi un termine di decadenza,  per tale periodo, la prescrizione non si applichi al relativo diritto. Né argomento decisivo può rinvenirsi dal disposto dell’art. 2967 cod. civ., che dispone l’assoggettamento del diritto alle norme della prescrizione nel caso in cui la decadenza sia impedita, in quanto tale norma può essere benissimo letta come confermativa dell’art. 2934 anche nel caso di decadenza; tanto che la dottrina civilista ammette pacificamente che accanto ad un termine di decadenza decorre anche il termine di prescrizione ([25]).

 L’interpretazione a favore della concorrenza di prescrizione e decadenza non trova quindi alcun ostacolo (ma appare anzi la soluzione corretta) nel nostro diritto interno. Trova poi conforto anche in sede internazionale dalla già vista esistenza di un sempre crescente numero di convenzioni internazionali nelle quali, onde conciliare l’interruttibilità della prescrizione continentale con la più drastica limitation of action anglosassone ed evitare la perpetuazione di situazioni di incertezza dovute a continue successive interruzioni della prescrizione senza che il diritto sia effettivamente azionato, si pone un termine breve di prescrizione ed un termine più lungo scaduto inutilmente il quale il diritto si estingue.

E’ da ritenersi quindi che anche nel trasporto aereo internazionale regolato dalla Convenzione di Montreal del 1999 la concorrente applicabilità del termine di prescrizione di cui all’art. 438 cod. nav., con il termine biennale di decadenza di cui all’art. 35 della Convenzione stessa non sia, perlomeno affrontando il problema dall’ottica del diritto interno, tesi del tutto priva di fondamento.

 

 4. Il decorso iniziale del termine di decadenza ¾ Una volta ammessa la natura di decadenza del termine, la Corte d’appello non ha avuto difficoltà a riformare la sentenza di primo grado in relazione al momento di decorrenza del termine.

Il giudice di prime cure lo aveva individuato nel momento della riconsegna della merce anziché in quello, testualmente indicato dall’art. 29 della Convenzione di Varsavia, dell’arrivo all’aeroporto di destinazione, facendo applicazione del principio secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui di diritto può essere fatto valere ([26]).

Una tale norma non esiste peraltro in tema di decadenza, per la quale vige solo il principio (e solo per le decadenze di carattere contrattuale) secondo cui il termine non può essere di brevità tale da rendere eccessivamente difficile l’esercizio del diritto ([27]). Nel caso del termine previsto dall’art. 29 della Convenzione di Varsavia (e ora dall’art. 35 della Convenzione di Montreal) ciò è escluso a priori in primo luogo dal fatto che si tratta di decadenza prevista dalla legge e non contrattuale, in secondo luogo dalla circostanza che il termine di decadenza stesso è da due a quattro volte più lungo ([28]) della prescrizione prevista dal codice della navigazione, sicché non può essere tacciato di eccessiva brevità.

D’altra parte, a ben vedere, neppure l’applicabilità del principio secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui di diritto può essere fatto valere condurrebbe necessariamente alla conclusione che il termine cominci a decorrere al momento della riconsegna. La pacifica interpretazione della norma si riferisce infatti alla astratta possibilità di far valere il diritto ([29]), che, nel caso del trasporto, si verifica non quando la merce è effettivamente consegnata al ricevitore, ma quando gli è messa a disposizione per il ritiro. Andando di contrario avviso, ne risulterebbe che l’inizio della decorrenza della prescrizione sarebbe di fatto lasciato alla scelta del creditore circa il momento in cui ritirare le merci; con ulteriori conseguenze in casi come quello deciso dalla sentenza in esame, in cui, nel merito, il danno sembrerebbe essersi prodotto proprio per il ritardo con cui il ricevitore si è presentato a ritirare la merce.

Correttamente, dunque, la Corte d’appello di Roma, in applicazione del principio in claris non fit interpretatio, ha applicato la lettera della legge, secondo cui il termine di decadenza decorre dal momento dell’arrivo dell’aeromobile a destinazione. E anche in questo caso, tale esatta conclusione può ritenersi applicabile alla Convenzione di Montreal del 1999, il cui art. 35 riproduce esattamente (e stavolta in ogni lingua) il vecchio art. 29 del sistema di Varsavia.

 

 

 

Cristina De Marzi

 



([1]-2-3 ) V. la nota di  C. De Marzi, a p.

(1) La Cassazione ha affrontato il problema solo incidentalmente in un caso sottoposto alla disciplina di Varsavia, allorché ha affermato che «l’azione di regresso di un vettore aereo, solidalmente obbligato con altro vettore aereo al risarcimento del danno, nei confronti di tale altro vettore è un’azione di surrogazione mediante la quale egli subentra nei diritti del creditore soddisfatto nelle stesse condizioni applicabili a quest’ultimo ed è quindi soggetta agli stessi termini di prescrizione e decadenza». (Cass. 4 maggio 1995 n. 4852, in Dir. mar. 1997, 756). Non  è peraltro chiaro dal contesto di tale sentenza se la Cassazione abbia inteso riferirsi specificamente al sistema di Varsavia, ritenendo la concorrenza di prescrizione e decadenza, o se abbia inteso enunciare una massima più generale applicabile anche al trasporto nazionale soggetto alla sola prescrizione, ed i due diversi istituti siano stati ritenuti indicati in quanto astrattamente applicabili all'uno o all'altro tipo di trasporto.

 

([2]) Art. 438 cod. nav.

 

([3]) Cass. 21 giugno 1996 n. 5768, in Dir. mar. 1998, 685 con nota di s. Pollastrini, Riflessioni sull’art. 26 della Convenzione dì Varsavia nei casi di perdita parziale di merce; Cass. 4 maggio 1995 n. 4852, in Dir. trasp. 1997, 479, con nota di R. Cervelli, Convenzione di Varsavia e regresso fra i vettori; e in Nuova giur. Civ. comm. 1996, I, 702, con nota di A. Lana, Brevi considerazioni su una svista del nostro S.C: in ordine all’applicazione delle convenzioni uniformi e delle norme di diritto internazionale privato in materia di trasporto aereo; Cass. 20 novembre1990 n. 11202, in Riv. dir. int. priv. e proc. 1992, 302, in Giust. civ. 1991, I, 929, e in Dir. mar. 1991, 985; Pret. Roma 23 marzo 1988, in Dir. mar. 1989, 1138, con nota di C. Medina, Ancora sul concorso o meno di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del vettore aereo e sulla decadenza dell’azione di responsabilità; App. Roma 24 settembre 1986, in Vita not. 1987, 763; Cass. 23 febbraio 1983 n. 1380, in Dir. aereo, 1983, 138; Cass. 29 gennaio1982, n. 567.

 

([4]) S. Busti, Contratto di trasporto aereo, Milano, 2001, 803; A. Lefebvre d’ovidio – G. Pescatore -  L.tullio, Manuale di diritto della navigazione, IX ed, Milano, 2000, 532; E. Turco Bulgherini, Prescrizione marittima ed aeronautica, in Dig. It, Sez. disc. Priv., vol. XI, Torino 1995, 226 - 235.

 

([5]) La traduzione riportata è quella del testo francese, riportato in originale nella sentenza annotata, che è il testo ufficiale della Convenzione di Varsavia del 1929 e delle successive modifiche.

 

([6]) Si veda, per tutti, S. Busti, Il contratto di trasporto aereo, Milano, 2001, 803.

 

([7]) Al riguardo già da tempo Fazzalari, Istituzioni di diritto processuale, II ed., Padova, 1979, ritiene che «azione» sia «la serie di posizioni soggettive (e, quindi, di atti) spettanti a ciascuna parte nel processo», evidenziando come «affermatasi da molti decenni la separazione fra la situazione sostanziale e l’azione (e segnatamente ¾ il problema ha interessato innanzitutto i processualisti civili ¾ fra diritto soggettivo e azione), sotto il riflesso che la seconda è, sì, concessa in relazione all’esistenza, asserita o effettiva, della prima, ma da essa nettamente si distingue, è ormai agevole constatare che l’«azione» non si esaurisce nella facoltà del soggetto di mettere in moto il processo, ma consiste, appunto, in tutta una serie di facoltà, poteri e doveri, quanti la legge ne assegna al soggetto per la sua condotta, lungo tutto l’arco del processo». V. anche Fazzalari, Azione civile (teoria generale e diritto processuale), in Dig. disc. priv., sez. civ., II, 1988, 30. Dello stesso avviso Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2002, 48 s, secondo il quale l’azione è una situazione soggettiva processuale composita costituita da una serie di poteri facenti capo a colui che ha esercitato il potere di proporre la domanda. 

 

([8]) Alla luce della normativa vigente l’azione sembra potersi definire come il mezzo di esercizio del diritto, il che è cosa diversa dal diritto stesso. Sulla base del rapporto di funzionalità che lega l’azione al diritto si può concludere che, se da un lato con l’estinzione del diritto cade anche la relativa azione (così G. Azzariti e G. Scarpello, Della Prescrizione e della decadenza, Commentario al cod. civ., a cura di A. Scialoja e G. Branca, Libro VI, artt 2900 – 2969, Roma – Bologna 1953, 543, che su tali basi ritengono che la questione se la prescrizione estingua il diritto o l’azione sia un problema più teorico che pratico); dall’altro l’azione può teoricamente estinguersi per altre cause, senza che necessariamente debba con essa considerarsi estinto, perciò solo, anche il diritto alla cui tutela essa era funzionale.

 

([9]) Sulla base della tradizionale impostazione romanistica basata sull’actio, da parte di alcuni Autori si ritiene che anche l’azione sia, nel nostro ordinamento, soggetta a prescrizione (così ad esempio, per incidens, P. Trimarchi, Prescrizione e decadenza, in Jus 1956, 218, 242, laddove indica come soggette a prescrizione talune azioni costitutive). E. Giusiana, Appunti sulla prescrizione, in Riv. dir. civ. 1957, I, 424, 435, ritiene che lo stabilire se la prescrizione estingua l’azione piuttosto che il diritto è un falso problema, in quanto il potere di colui che esercita il diritto è da ritenersi unico.

 

 

([10]) Come esattamente osserva E. Giusiana (Appunti sulla prescrizione, in Riv. dir. civ. 1957, I, 424, 435) nell’affrontare il problema è necessario precisarne le premesse metodologiche. Se infatti per azione si intende il diritto alla prestazione dell’attività giurisdizionale, è ovvio che esso non è estinto né dalla prescrizione del diritto azionato, né dalla decadenza dalla relativa azione; ma anzi il giudizio costituisce la sede in cui entrambe possono venir eccepite. Nel contesto del presente scritto per azione si intenderà «il potere di provocare l’applicazione della sanzione prevista dall’ordinamento come conseguenza dell’atto illecito» (definizione di E. Giusiana, op. cit., 535).

 

([11]) Mentre il testo ufficiale francese dell’art. 29 della Convenzione individua l’azione quale oggetto della decadenza, il testo non ufficiale predisposto a suo tempo dalla IATA si riferisce più genericamente al diritto: «The right to damages shall be extinguished if an action is not brought within a period of two years, reckoned from the date of arrival at the destination, or from the date on which the aircraft ought to have arrived, or from the date on which the carriage stopped»; prevedendo quindi, anziché l’estinzione dell’azione, l’estinzione del diritto. Nessun dubbio peraltro che anche nel testo non ufficiale in inglese il termine, dovendo essere rapportato a istituti italiani, si configuri come decadenza, seppur di carattere sostanziale e non processuale. L’istituto anglosassone di riferimento per il testo inglese è infatti la limitation of action, che presenta maggiori punti di contatto ed analogie con la decadenza piuttosto che con la prescrizione.

 

([12]) La decadenza di carattere processuale estingue soltanto l'azione, sicché il diritto, seppur non più esercitabile, permane in vita finché non si estingua per altri motivi. La suddetta distinzione non è priva di rilevanza pratica; un diritto la cui azione si sia estinta per decadenza è pur sempre sussistente e può quindi essere ceduto dietro corrispettivo; cosa questa di comune uso per fini di bilancio o fiscali per società dello stesso gruppo. E’ inoltre da rilevare che al termine di decadenza di carattere processuale è applicabile il disposto di cui all’art. 1 l. 7 ottobre 1969 n. 742.

 

([13]) Sulla Convenzione di Roma, introdotta nel nostro ordinamento con legge 2 marzo 1963 n. 654, e più in generale sull’istituto della responsabilità per danni a terzi sulla superficie cfr. E. Turco Bulgherini, Responsabilità per danni a terzi in superficie, in Dig. disc. priv., sez. comm., XII, 418, in cui si riporta amplia bibliografia. 

 

([14]) Resa esecutiva in Italia con legge 25 gennaio 1983 n. 89. Sulla Convenzione cfr. M.M. Comenale Pinto, La responsabilità per inquinamento da idrocarburi nel sistema della C.L.C. 1969, Padova, 1993.

 

([15]) Sulla vendita internazionale di merci cfr. S. Ferreri, Vendita internazionali di beni mobili, in Dig. disc. priv., sez. civ., XIX, 1999, 703.

 

([16]) Art. 438 cod. nav., richiamato dall'art. 955 cod. nav.

 

([17]) Lo stesso titolo della Convenzione di Varsavia appare significativo: Convenzione per l'unificazione di alcune regole relative al trasporto aereo internazionale.

 

([18]) S. Busti, Contratto di trasporto aereo, Milano, 2001, 804 si appella alla «esigenza di un’interpretazione autonoma della fonte convenzionale di unificazione del diritto in tema di trasporto aereo, fondata sull’analisi del suo testo complessivo e dei lavori preparatori nonché sulla considerazione del contesto e dello scopo del trattato, in una comparazione (mediata dall’utilizzo della più costante giurisprudenza) con altre Convenzioni relative alle varie modalità dì trasporto». E. Turco Bulgherini, Prescrizione marittima ed aeronautica, Dig. it, Sez. disc. Priv., XI, Torino 1995, 226, 236, esclude la concorrenza fra prescrizione e decadenza, senza peraltro esplicitare alcuna giustificazione per tale posizione.

 

([19]) La Convenzione di Montreal del 1999, pur avendo esattamente riprodotto all’art. 35 il vecchio art. 29 della Convenzione di Varsavia, ha ampliato il novero dei testi ufficiali, che sono ora l’Arabo, il Cinese, il Francese, l’Inglese, il Russo e lo Spagnolo. Fra le lingue che adottano caratteri latini, esiste quindi oggi un contrasto fra le versioni ufficiali dell’art. 35, in quanto quella francese parla di estinzione dell’azione, mentre quella inglese («The right to damages shall be extinguished if an action is not brought within a period of two years, reckoned from the date of arrival at the destination, or from the date on which the aircraft ought to have arrived, or from the date on which the carriage stopped.») e quella spagnola («El derecho a indemnización se extinguirá si no se inicia una acción dentro del plazo de dos años, contados a partir de la fecha de llegada a destino o del día en que la aeronave debería haber llegado o la de la detención del transporte») parlano invece di estinzione del diritto.

 

([20]) La differenza potrebbe a prima vista aver rilievo anche per la qualificazione del termine come prescrizione piuttosto che decadenza, atteso che mentre un termine estintivo che incida sull’azione può essere solo di decadenza, un termine che incida sul diritto può essere sia di prescrizione che di decadenza. In realtà ogni dubbio è superato dal fatto che l’istituto anglosassone di riferimento per il termine estintivo è la limitation of action, la quale è istituto assimilabile, per le sue modalità applicative e di funzionamento, alla nostra decadenza piuttosto che alla nostra prescrizione.

 

([21])  Si tratta del termine annuale di cui all’art. III, n. 6, della Convenzione di Bruxelles del 1924 sulla polizza di carico ritenuto generalmente di decadenza dal diritto e non dall’azione.

 

([22]) Quella semestrale di cui all’art. 438 cod. nav.

 

([23]) Così C.F. Galantini, Il termine estintivo dell’art. 3 n. 6 della Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico, in Riv. dir. int. priv. e proc. 1985, 299, 305, e S.M. Carbone, Contratto di trasporto marittimo di cose, Milano, 1988, 401; i quali peraltro non sembrano tenere conto dell’esistenza di specifiche norme che prevedono in effetti un termine breve di prescrizione ed un termine più lungo di decadenza dall’azione; fattispecie nelle quali appare la diversa natura (sostanziale quello di prescrizione, processuale quello di decadenza) e la diversa funzione dei due termini.

 

([24]) G. Righetti, Sulla natura del termine estintivo ex art. III, n. 6, della Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico e sulla sua applicazione, in Dir. mar. 1966,140, 158.

 

([25]) P. Trimarchi, Prescrizione e decadenza, in Jus 1956, 218, 242. Anche prima dell’attuale codice la cosa era pacifica (cfr. F. Santoro Passarelli, Prescrizione e decadenza, in Riv. dir. civ. 1926, 556, 567).

 

([26]) Art. 2935 cod. civ.

 

([27]) Art. 2965 cod. civ.

 

([28]) A secondo del punto di partenza e di arrivo dell’aeromobile, il termine di prescrizione può essere di 6 mesi o un anno, ex art. 438 cod. nav.

 

([29]) La giurisprudenza è concorde nel ritenere che l’ostacolo che impedisce l’esercizio utile e consapevole del diritto deve essere un impedimento giuridico e non di mero fatto (fra le più recenti, si veda Cass. 29 luglio 2003 n. 11640; Cass. 23 luglio 2003 n. 11451; Cass. 3 maggio 1999 n. 4389; Cass. 18 settembre 997 n. 9291; Cass. 10 febbraio 1995 n. 1490).



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