CORTE
D’APPELLO DI ROMA 25
SETTEMBRE 2003 N. 4006
Pres.
Bozzi,
Est. De
Stefano
Assicurazioni
Generali s.p.a. (avv. E. Fogliani)
e Alitalia s.p.a. (avv. L.
Ghia)
c. Ocean Air Cargo Claims Inc. (avv.ti M.
Fusco, G. Trabalza, S. Verzoni e M. Pinto)
Trasporto
di
merce - Trasporto aereo - Trasporto internazionale - Convenzione di
Varsavia
del 1929 - Termine di decadenza dall’azione - Natura
giuridica.
Trasporto di merce -
Trasporto aereo -
Trasporto internazionale - Convenzione di Varsavia del 1929 - Termine
di
decadenza dall’azione - Decorrenza - Giorno di arrivo
dell’aeromobile a
destinazione.
Trasporto
di
merce - Trasporto aereo - Trasporto internazionale - Convenzione di
Varsavia
del 1929 - Termine di decadenza dall’azione - Concorrenza con
il termine di
prescrizione nazionale - Sussistenza.
Riassunto
dei fatti ¾ Con lettera
di trasporto aereo del 31/8/1993 veniva affidato alla soc. Alitalia il
trasporto da Tokio a Roma di reagenti chimici del valore di USD
437.593,00.
L’aeromobile giungeva il 2 settembre 1993
all’aeroporto di destinazione,
da dove i reagenti chimici
venivano ritirati dal destinatario in data 7 settembre 1993. Risultata
la merce
deteriorata e inutilizzabile per la prolungata permanenza a temperatura
ambiente, la Ocean Air Cargo Claims provvedeva ad indennizzare il
destinatario
e, con citazione notificata il 4 settembre 1995, agiva in rivalsa per
il
recupero dell’indennizzo pagato nei confronti del vettore, il
quale a sua volta
chiamava i garanzia il proprio assicuratore.
Con sentenza n. 20627 del 27 ottobre 1999 il Tribunale di
Roma,
rigettate le eccezioni di prescrizione e decadenza, accoglieva la
domanda della
Ocean Air Cargo Claims, condannando l’Alitalia e le Generali
al pagamento di
quanto richiesto. Ricorrevano in appello Alitalia e Generali.
Il
termine
biennale per l’esercizio dell’azione previsto
dall’art. 29 della convenzione di
Varsavia del 1929 ha natura di decadenza
([1]).
Il
diritto al
risarcimento del danno nel trasporto aereo internazionale è
comunque soggetto
alle norme sulla prescrizione nazionali, applicandosi il termine
estintivo di
cui all’art. 29 della Convenzione di Varsavia alla sola
azione e non anche al
diritto sostanziale che con essa si fa valere (2)
Il
termine
biennale di cui all’art. 29 della convenzione di Varsavia
decorre dall’arrivo
dell’aeromobile a destinazione e non dalla riconsegna delle
merci al
destinatario (3).
Diritto ¾ Va
esaminato per primo, anche se cronologicamente
posteriore, l’appello proposto da Alitalia, dipendendo la
posizione della
compagnia assicuratrice Generali dall’eventuale conferma
della condanna del
vettore alla rifusione ad Ocean delle somme da costei pagate alla
danneggiata
Abbott.
La
Corte ritiene fondato il primo motivo, con cui
Alitalia ha reiterato l’eccezione di decadenza di Ocean
dall’azione
risarcitoria, esercitata da tale società in asserita
surrogazione della Abbott
s.p.a.
Non
è contestato fra le parti che il rapporto
dedotto in giudizio, qualificandosi come trasporto internazionale di
merci per
via aerea, sia disciplinato dalla Convenzione di Varsavia del 1 ottobre
1929,
come modificata dal Protocollo dell’Aja del 28 settembre
1955, e dalle
condizioni generali di trasporto predisposte da Alitalia solo in quanto
non in
contrasto con la convenzione stessa (cfr. art 1 cond. gen.).
Orbene, per quel che qui
interessa, l’art. 29 della Convenzione dispone che «L’action en responsabilité
doit être intentée, sous peine de
déchéance dans le délai
de deux ans à compter de
l’arrìvée a destination ou du jour
où l’aéronef aurait
dù arriver, ou de l’arrêt du transport».
Secondo
le appellanti, il termine biennale
decorrerebbe dal momento di arrivo dell’aeromobile, dunque
nella specie dal 2
settembre 1993, sicché esso sarebbe già decorso
al momento della citazione nel
presente giudizio, notificata il 4 settembre 1995.
Il
primo giudice, accogliendo la tesi di Ocean, ha
disatteso la prospettazione delle attuali appellanti, affermando
testualmente:
«non vi è dubbio che il
termine iniziale
del periodo prescrizionale, espressamente stabilito dal citato art. 29
nel
momento della “arrìvée à
destìnation” faccia riferimento al momento finale
della prestazione che coincide, nel caso di trasporto di passeggeri,
con
l’atterraggio del velivolo, nel caso di trasporto di merci,
con la consegna al
destinatario (Cass. 4 maggio 1995 n. 4852)». A suo
avviso inoltre, il fatto
che, per consolidata opinione giurisprudenziale, il vettore sia
considerato
responsabile anche per la custodia delle merci, e dunque per la loro
perdita o
avaria, dopo l’arrivo dell’aeroplano in aeroporto
ma prima della consegna, deve
far ritenere, per ragioni di coerenza logica del sistema, che la
decadenza
inizi a decorrere solo dal momento in cui l’azione divenga
esercitabile, il che
presuppone che il destinatario abbia potuto constatare i danni di cui
si
lamenta, e, dunque, che abbia ricevuto la consegna della merce.
L’interpretazione
data dal primo giudice, che
sembra sovrapporre le norme interne in tema di prescrizione a quelle
sulla
decadenza previste dalla Convenzione, non è condivisibile.
In
primo luogo, la norma convenzionale si riferisce
espressamente all’azione e non al diritto, stabilisce la
sanzione della
decadenza, e «l’arrivo a destinazione»
è riferito all’aeromobile; laddove,
allorquando il legislatore internazionale ha voluto stabilire termini
di
decadenza che decorressero dalla data di riconsegna della merce, lo ha
specificamente previsto, come nel vicino art. 26, che, nel fissare il
breve
termine di decadenza di sette giorni per la proposizione di un reclamo
scritto
al vettore per danni alle merci, ha espressamente indicato come inizio
del
termine il momento in cui la merce è stata posta a
disposizione dell’avente
diritto al carico.
Inoltre,
l’affermazione che il termine decadenziale
dell’art 29 decorra dal momento finale della prestazione,
identificato con la
riconsegna della merce, non è sorretto da alcun precedente
giurisprudenziale.
Infatti, la sentenza della Cassazione 4 maggio 1995 n.
4852 ¾
citata a vario titolo da tutte le parti e sulla
quale il Tribunale sembra aver fondato la sua decisione ¾
era chiamata a statuire sulla questione, risolta positivamente,
dell’applicabilità degli artt. 29 e 30 della
Convenzione anche all’azione di
regresso spettante al debitore solidale, che abbia effettuato il
pagamento al
danneggiato dal trasporto aereo, e comunque non ha mai affermato quanto
attribuitole dal primo giudice, avendo solo riprodotto (inesattamente)
in un
breve inciso il testo della norma, nel senso che, in base alla
Convenzione,
l’azione di responsabilità verso il vettore deve
essere intentata nel termine
di due anni dall’arrivo della merce a destino.
Al
di là dell’inesattezza della trascrizione, non
sembra, in ogni caso, che l’espressione usata dalla Suprema
Corte possa
supportare l’interpretazione del Tribunale, dato che
è documentato che la
destinazione della merce, come emerge dalla lettera di trasporto aereo,
era
l’aeroporto di Fiumicino, dove essa è stata
ritirata dallo spedizioniere
Rinaldi per conto della Abbott.
Né
allo scopo appare idonea la sentenza della Suprema
Corte 93/6841 ¾
più volte citata da Ocean ¾ la
quale ha affermato che la custodia cui il vettore provvede, dopo che
la merce è giunta allo scalo, costituisce un accessorio
delle obbligazioni
inerenti al contratto di trasporto aereo, sicché
l’azione proponibile dal
destinatario in caso di mancata consegna della merce è
soggetta alla disciplina
del contratto di trasporto e non di quello di deposito.
La
circostanza che il vettore risponda della merce
sino al momento della riconsegna potrebbe forse avvalorare la tesi di
Ocean,
ove si accedesse all’altra sua tesi che esclude la
concorrente applicazione in
materia della disciplina della prescrizione. Tale opinione
è, però, chiaramente
contraddetta dalla citata Cass. 4 maggio 1995 n. 4852,
che, dopo aver sancito l’applicabilità delle norme
della Convenzione
anche al condebitore solidale agente in via di regresso, ha affermato
nella
parte conclusiva che, dovendosi sostanzialmente equiparare
l’azione di regresso
ad un’azione surrogatoria mediante la quale il debitore
solidale che abbia
pagato subentra nei diritti del creditore soddisfatto nelle stesse
condizioni
di questo, «se il creditore non
poteva
più agire nei confronti di uno dei condebitori solidali, per
il verificarsi di
una prescrizione o di una decadenza, questa può essere
utilmente opposta anche
al condebitore attore».
Ammessa
pertanto la concorrenza di applicazione in
materia di trasporto aereo internazionale delle discipline di
prescrizione e
decadenza, non vi sono motivi di ordine logico o sistematico per andare
oltre
la chiara dizione letterale della norma convenzionale, che fa decorrere
il
termine di decadenza dell’azione dall’arrivo
dell’aeromobile a destinazione.
Infatti, il legislatore internazionale, prevedendo un termine di
decadenza
superiore a quelli di prescrizione vigenti nei singoli ordinamenti
nazionali
(nel nostro ordinamento il termine di prescrizione è di sei
mesi o un anno a
seconda dell’ambito territoriale del trasporto), ha voluto
stabilire un termine
ultimo oltre il quale l’azione di responsabilità
non può più essere esperita; e
ciò al fine di evitare che con continue reiterate
interruzioni della
prescrizione, il diritto possa essere esercitato in perpetuo.
Alla
stregua delle considerazioni esposte, il
motivo di impugnazione deve essere accolto; conseguentemente, la
domanda svolta
in via surrogatoria da Ocean deve essere respinta. Restano assorbiti
gli
ulteriori motivi proposti dalle due appellanti.
* *
*
Concorrenza
di prescrizione del diritto e decadenza
dall’azione nel trasporto aereo internazionale.
Sommario:
1. Natura
giuridica del termine biennale di cui
all’art. 20 della Convenzione di Varsavia ¾ 2.
Sulla concorrenza di decadenza e prescrizione ¾ 3.
Il termine di decadenza nella convenzione di Montreal ¾ 4.
Il decorso iniziale del termine di decadenza.
1. Natura del
termine biennale di cui all’art. 29 della Convenzione di
Varsavia ¾ La
sentenza che si annota si presenta di grande interesse per
l’approfondimento e l’ampiezza con cui sono stati
trattati i temi inerenti il termine
estintivo dell’azione previsto dalla Convenzione di Varsavia.
La Corte
d’appello di Roma, oltre a ribadire la natura di decadenza
del termine di cui
all'art. 29 della Convenzione di Varsavia, si è inoltre
pronunciata, seppur
incidentalmente, sulla concorrenza fra prescrizione e decadenza;
problema che,
sebbene non ancora affrontato ex professo
né dalla dottrina né dalla giurisprudenza (1),
è di notevole rilevanza pratica. Dato che nel nostro
ordinamento la
prescrizione prevista dal codice della navigazione per i diritti
nascenti dal
contratto di trasporto ([2])
è più breve del termine di decadenza dall'azione
prevista dalla Convenzione di
Varsavia del 1929, la concorrente applicazione dei due istituti
significa in
pratica che colui che agisce in giudizio entro il termine biennale
previsto
dalla Convenzione è comunque tenuto ad interrompere la
prescrizione nel più
breve termine previsto dal diritto interno.
La
Corte d'appello di Roma ha risolto positivamente
la questione, in modo che appare sostanzialmente corretto. Pur
respingendo la
domanda dell’assicuratore che agiva in surroga del
danneggiato per essere stata
l’azione introdotta dopo la scadenza del termine biennale di
decadenza
dall’azione, la Corte d’appello, in motivazione, ha
affrontato specificamente
il tema della natura giuridica del termine estintivo previsto dalla
Convenzione
di Varsavia, qualificandolo come decadenza e sancendone la concorrenza
con
quello, più breve, di prescrizione previsto dal diritto
interno.
Per
fondare il suo ragionamento, la Corte d’appello
di Roma ha anzitutto sancito la natura di decadenza del termine, con
ciò
allineandosi alla precedente giurisprudenza ([3])
ed alla migliore dottrina ([4]).
I giudici di Roma hanno essenzialmente fondato il loro convincimento
sul dato
testuale dell’art. 29 della convenzione, secondo cui
«l’azione di
responsabilità deve essere intentata, a pena di decadenza,
entro il termine di due anni a partire dall’arrivo a
destinazione, o dal giorno
in cui l’aeromobile avrebbe dovuto arrivare, o
dall’interruzione del trasporto»
([5]);
ma nessun dubbio v’è in dottrina riguardo alla
qualificazione del temine quale
decadenza, in considerazione sia dei lavori preparatori della
Convenzione, sia
dell’applicazione che della norma uniforme viene fatta
all’estero ([6]).
Senza
voler approfondire in questa sede le
problematiche relative ai criteri distintivi fra prescrizione e
decadenza, pare
potersi affermare che la Corte d’appello ha basato il proprio
esame
sull’elemento discretivo più significativo ed
utile desumibile dai caratteri
della fattispecie su cui opera il termine; ossia l’oggetto su
cui agisce il
termine estintivo.
Se,
infatti, si assume ¾
seguendo autorevole dottrina ([7])
e come appare francamente più corretto ([8])
¾
che l’azione di per sé non sia un diritto, ma sia
ad esso funzionale, e
che la prescrizione, per definizione del nostro codice civile, incida
solo sui
diritti, ne consegue necessariamente che un termine preclusivo che
incida
sull’azione non può, per definizione, essere
ritenuto di prescrizione ([9]),
ma soltanto di decadenza ([10]).
2. Sulla
concorrenza di decadenza e prescrizione ¾ Sulla
base dell’accertata natura di decadenza del termine e
confortata
dalla circostanza che oggetto di decadenza nella Convenzione di
Varsavia è
esplicitamente l’azione e non il diritto ([11]),
la Corte d’appello non ha fatto altro che applicare
tradizionali principi
caratterizzanti prescrizione e decadenza. Primo fra questi principi,
quello
posto dall'articolo 2934 c.c., norma cardine del regime di prescrizione
italiano, secondo il quale: «Ogni
diritto
si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il
tempo
determinato dalla legge. Non sono soggetti a prescrizione i diritti
indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge».
Nessuna
norma della Convenzione di Varsavia prevede
che i diritti nascenti da contratto di trasporto internazionale non
siano
soggetti a prescrizione, né ciò può
ritenersi implicito nel fatto che la
Convenzione di Varsavia preveda un termine di decadenza. Essendo
ritenute le norme
sulla prescrizione norme imperative di applicazione necessaria, per
ritenere le
norme sulla prescrizione interna assorbite da quelle internazionali
sulla
decadenza sarebbe stata necessaria una specifica norma di diritto
speciale che
derogasse alle norme sulla prescrizione interne; norma che
però, di fatto, non
esiste.
Quindi,
se è vero ¾ seguendo
il ragionamento della Corte d’appello ¾
che prescrizione del diritto e decadenza
dall’azione sono due istituti simili ma diversi, che hanno
oggetti diversi e possono
quindi fra loro convivere in quanto agiscono su piani diversi ([12]),
non pare esservi alcun ostacolo nel ritenere che al trasporto aereo
internazionale sia applicabile sia la prescrizione prevista dal codice
della
navigazione, sia la più lunga decadenza prevista dalla
Convenzione di Varsavia.
Tale
interpretazione trova conforto in analoghe
norme, sempre più diffuse nelle convenzioni internazionali
di diritto privato,
che non escludono affatto che al diritto al risarcimento si applichi la
prescrizione, ma semplicemente pongono un termine di decadenza per
evitare che
con continue, reiterate interruzioni della prescrizione il diritto
possa
teoricamente essere esercitato in perpetuo.
Si
tratta di un sistema ben conosciuto in ambito
internazionale. Basterà a titolo di esempio citare la
Convenzione di Roma del 7
ottobre 1952 relativa alla responsabilità per danni a terzi
sulla superficie ([13]),
la quale prevede accanto ad un termine di prescrizione di due anni
(art. 21.1),
un termine di decadenza di tre anni, trascorsi i quali l'azione
è inammissibile
(art. 21.2); oppure la Convenzione di Bruxelles del 29 novembre 1969
sulla
responsabilità civile per danni da inquinamento da
idrocarburi ([14]),
la quale prevede (art. 8) un termine di prescrizione di tre anni,
nonché un
termine di sei anni che preclude l'esercizio dell'azione; oppure,
infine, la
Convenzione di New York del 1974 sulla prescrizione in materia di
vendita
internazionale di merci la quale, pur prevedendo un termine di
prescrizione di
quattro anni per la materia da essa regolata, fissa all'art. 23 il
termine
massimo per l'instaurazione del giudizio indipendentemente da ogni
interruzione
della prescrizione ([15]).
Si
può allora ben ritenere, così come fa la
sentenza annotata, che anche nel trasporto aereo si ha concorrenza fra
le norme
sulla prescrizione del codice della navigazione ([16])
e quelle previste dalla Convenzione di Varsavia che pongono un
successivo
limite biennale di decadenza all'esperibilità dell'azione.
Del resto, l’art.
2934 c.c. è norma pacificamente ritenuta di ordine pubblico
interno, e per di
più posteriore a quella della originaria Convenzione di
Varsavia; non sembra
corretto, allora, negarne l'applicabilità anche ai trasporti
internazionali.
Né
a favore dell'inapplicabilità dell'art. 2934 ai trasporti
regolati dalle Convenzioni potrebbe invocarsi il principio di
specialità.
Infatti seguendo il ragionamento per il quale estinzione del diritto ed
estinzione dell'azione sono concetti del tutto differenti, e osservando
che la
Convenzione regola soltanto quest'ultima, si arriva facilmente alla
conclusione
di dover applicare anche la norma interna di ordine pubblico sulla
prescrizione; e ciò soprattutto se si considera che la
Convenzione di Varsavia
non regola in modo completo il fenomeno del trasporto aereo, ma solo
specifici
aspetti di esso ([17]).
Il
problema della applicazione concorrente della
prescrizione e della decadenza nel trasporto aereo non ha sollevato
dibattiti
dottrinali, probabilmente perché, prima d’ora,
questo profilo non era stato portato
all’attenzione della dottrina da una sentenza così
chiara sul punto.
I
rari autori che si sono occupati della questione
hanno negato la concorrenza fra prescrizione e decadenza nel trasporto
aereo,
affrontando però il problema in un’ottica
internazionalistica facendo
riferimento al principio di specialità ([18]).
La sentenza
della Corte d’appello, più focalizzata sul nostro
diritto interno, suggerisce
il superamento degli ostacoli rilevati dagli autori che negano la
applicazione
concorrente dei due istituti attraverso la diversità degli ambiti in cui
agiscono le norme sulla prescrizione del
diritto e quelle sulla decadenza dall’azione. La circostanza,
cioè, che i due
istituti abbiano diverso oggetto (rispettivamente il diritto e
l’azione) e
diverso carattere (rispettivamente processuale e sostanziale) consente
di
escludere che la norma posta dalla Convenzione di Varsavia possa
derogare a
quella interna, appunto perché regolante fattispecie diversa.
3. Il termine
di decadenza nella convenzione di Montreal ¾
Resta, allora, da chiedersi se lo stesso risultato
possa applicarsi al termine di decadenza previsto dall’art.
35 della
Convenzione Montreal del 1999.
Come
già accennato, mentre nella Convenzione di
Varsavia del 1929 esisteva un unico testo ufficiale in francese dal
quale si
poteva ricavare facilmente che la decadenza estinguesse
l’azione, nella
Convenzione di Montreal del 1999 invece sono stati resi ufficiali testi
nei
quali oggetto di estinzione a seguito del verificarsi della decadenza
risulta
essere il diritto e non l’azione ([19]).
Il che potrebbe introdurre qualche elemento di incertezza, dato che secondo il testo inglese e
spagnolo della
Convenzione di Montreal la decadenza sancita dall’art. 35 non
è processuale, ma
sostanziale, in quanto estingue non solo l’azione, ma anche
il diritto ([20]).
Anche
su questo punto la dottrina aeronautica non
risulta essersi finora espressa, sicché per trovare
argomentazioni basate sul
diritto interno atte a contrastare le conclusioni della Corte
d’appello di Roma
bisogna fare riferimento alla dottrina marittimistica, che si
è occupata del
termine di decadenza previsto dalla Convenzione di Bruxelles del 1924
sulla
polizza di carico ([21]).
A
prescindere infatti dalle argomentazioni di
stampo internazionalista ¾
analoghe a quelle già viste per il settore aeronautico ¾
che escludono la concorrente applicabilità di prescrizione e
decadenza
sulla base del principio di specialità e di esigenze di
uniformità
internazionale, la inconfigurabilità del concorso di
prescrizione breve ([22])
e successiva decadenza alla
stessa
fattispecie sulla base del disposto dell’art. 2967 cod. civ.,
il quale afferma
che «nei casi in cui la decadenza
è
impedita, il diritto rimane soggetto alle disposizioni che regolano la
prescrizione». Da tali principi conseguirebbe,
secondo parte della
dottrina, che allo stesso diritto non potrebbe contemporaneamente
applicarsi un
termine di decadenza più lungo di quanto non sia quello di
prescrizione ([23]);
secondo altri autori, che nel diritto italiano non potrebbero esistere
in
relazione allo stesso diritto prescrizioni più brevi della
decadenza ([24]).
Questa
tesi peraltro sembra assegnare all’art. 2967
c.c. una portata più ampia di quanto si possa leggere nel
testo della norma.
Essa, infatti, specifica solo che, una volta impedita la decadenza, il
diritto
rimane soggetto alla prescrizione; e da tale limitato disposto
sembrerebbe
arduo estenderne la portata sino a ritenere che l’art. 2967
c.c. sancisca che
la decadenza si applichi in luogo della prescrizione e non accanto ad
essa
quale causa estintiva del diritto.
Quest’ultima
tesi condurrebbe infatti alla
disapplicazione dell’art. 2934 c.c., secondo cui “non sono soggetti a prescrizione i diritti
indisponibili e gli altri
diritti indicati dalla legge”; non risulta infatti
alcuna norma di legge
che indichi che laddove si applichi un termine di decadenza, per tale periodo, la
prescrizione non si
applichi al relativo diritto. Né argomento decisivo
può rinvenirsi dal disposto
dell’art. 2967 cod. civ., che dispone
l’assoggettamento del diritto alle norme
della prescrizione nel caso in cui la decadenza sia impedita, in quanto
tale
norma può essere benissimo letta come confermativa
dell’art. 2934 anche nel
caso di decadenza; tanto che la dottrina civilista ammette
pacificamente che
accanto ad un termine di decadenza decorre anche il termine di
prescrizione ([25]).
L’interpretazione
a favore della concorrenza di prescrizione e
decadenza non trova quindi alcun ostacolo (ma appare anzi la soluzione
corretta) nel nostro diritto interno. Trova poi conforto anche in sede
internazionale dalla già vista esistenza di un sempre
crescente numero di
convenzioni internazionali nelle quali, onde conciliare
l’interruttibilità
della prescrizione continentale con la più drastica limitation of action anglosassone ed
evitare la perpetuazione di
situazioni di incertezza dovute a continue successive interruzioni
della
prescrizione senza che il diritto sia effettivamente azionato, si pone
un
termine breve di prescrizione ed un termine più lungo
scaduto inutilmente il
quale il diritto si estingue.
E’
da ritenersi quindi che anche nel trasporto
aereo internazionale regolato dalla Convenzione di Montreal del 1999 la
concorrente applicabilità del termine di prescrizione di cui
all’art. 438 cod.
nav., con il termine biennale di decadenza di cui all’art. 35
della Convenzione
stessa non sia, perlomeno affrontando il problema dall’ottica
del diritto
interno, tesi del tutto priva di fondamento.
4.
Il decorso iniziale del termine di
decadenza ¾
Una volta ammessa la natura di decadenza del
termine, la Corte d’appello non ha avuto
difficoltà a riformare la sentenza di
primo grado in relazione al momento di decorrenza del termine.
Il
giudice di prime cure lo aveva individuato nel
momento della riconsegna della merce anziché in quello,
testualmente indicato
dall’art. 29 della Convenzione di Varsavia,
dell’arrivo all’aeroporto di
destinazione, facendo applicazione del principio secondo cui la
prescrizione
comincia a decorrere dal momento in cui di diritto può
essere fatto valere ([26]).
Una
tale norma non esiste peraltro in tema di
decadenza, per la quale vige solo il principio (e solo per le decadenze
di
carattere contrattuale) secondo cui il termine non può
essere di brevità tale
da rendere eccessivamente difficile l’esercizio del diritto ([27]).
Nel caso del termine previsto dall’art. 29 della Convenzione
di Varsavia (e ora
dall’art. 35 della Convenzione di Montreal) ciò
è escluso a priori in primo
luogo dal fatto che si tratta di decadenza prevista dalla legge e non
contrattuale,
in secondo luogo dalla circostanza che il termine di decadenza stesso
è da due
a quattro volte più lungo ([28])
della prescrizione prevista dal codice della navigazione,
sicché non può essere
tacciato di eccessiva brevità.
D’altra
parte, a ben vedere, neppure
l’applicabilità del principio secondo cui la
prescrizione comincia a decorrere
dal momento in cui di diritto può essere fatto valere
condurrebbe
necessariamente alla conclusione che il termine cominci a decorrere al
momento
della riconsegna. La pacifica interpretazione della norma si riferisce
infatti
alla astratta possibilità di far valere il diritto ([29]),
che, nel caso del trasporto, si verifica non quando la merce
è effettivamente
consegnata al ricevitore, ma quando gli è messa a
disposizione per il ritiro.
Andando di contrario avviso, ne risulterebbe che l’inizio
della decorrenza
della prescrizione sarebbe di fatto lasciato alla scelta del creditore
circa il
momento in cui ritirare le merci; con ulteriori conseguenze in casi
come quello
deciso dalla sentenza in esame, in cui, nel merito, il danno
sembrerebbe
essersi prodotto proprio per il ritardo con cui il ricevitore si
è presentato a
ritirare la merce.
Correttamente,
dunque, la Corte d’appello di Roma,
in applicazione del principio in claris
non fit interpretatio, ha applicato la lettera della legge,
secondo cui il
termine di decadenza decorre dal momento dell’arrivo
dell’aeromobile a
destinazione. E anche in questo caso, tale esatta conclusione
può ritenersi
applicabile alla Convenzione di Montreal del 1999, il cui art. 35
riproduce
esattamente (e stavolta in ogni lingua) il vecchio art. 29 del sistema
di
Varsavia.
Cristina
De Marzi
(1) La Cassazione ha affrontato il problema solo incidentalmente in un caso sottoposto alla disciplina di Varsavia, allorché ha affermato che «l’azione di regresso di un vettore aereo, solidalmente obbligato con altro vettore aereo al risarcimento del danno, nei confronti di tale altro vettore è un’azione di surrogazione mediante la quale egli subentra nei diritti del creditore soddisfatto nelle stesse condizioni applicabili a quest’ultimo ed è quindi soggetta agli stessi termini di prescrizione e decadenza». (Cass. 4 maggio 1995 n. 4852, in Dir. mar. 1997, 756). Non è peraltro chiaro dal contesto di tale sentenza se la Cassazione abbia inteso riferirsi specificamente al sistema di Varsavia, ritenendo la concorrenza di prescrizione e decadenza, o se abbia inteso enunciare una massima più generale applicabile anche al trasporto nazionale soggetto alla sola prescrizione, ed i due diversi istituti siano stati ritenuti indicati in quanto astrattamente applicabili all'uno o all'altro tipo di trasporto.
([3])
Cass. 21 giugno 1996 n. 5768, in Dir. mar.
1998, 685 con nota di s.
Pollastrini,
Riflessioni sull’art. 26 della
Convenzione dì Varsavia nei casi di perdita parziale di merce;
Cass. 4
maggio 1995 n. 4852, in Dir. trasp.
1997, 479, con nota di R.
Cervelli,
Convenzione di Varsavia e regresso fra i
vettori; e in Nuova giur. Civ. comm.
1996, I, 702, con nota di A.
Lana,
Brevi considerazioni su una svista del
nostro S.C: in ordine all’applicazione delle convenzioni
uniformi e delle norme
di diritto internazionale privato in materia di trasporto aereo;
Cass. 20
novembre1990 n. 11202, in Riv. dir. int.
priv. e proc. 1992, 302, in Giust.
civ. 1991, I, 929, e in Dir. mar.
1991, 985; Pret. Roma 23 marzo 1988, in Dir.
mar. 1989, 1138, con nota di C.
Medina, Ancora sul concorso o
meno
di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del
vettore aereo e sulla
decadenza dell’azione di responsabilità;
App. Roma 24 settembre 1986, in Vita not.
1987, 763; Cass. 23 febbraio
1983 n. 1380, in Dir. aereo, 1983,
138; Cass. 29 gennaio1982, n. 567.
([4])
S. Busti,
Contratto di trasporto aereo,
Milano, 2001, 803;
A. Lefebvre d’ovidio – G. Pescatore - L.tullio, Manuale di diritto della navigazione, IX
ed, Milano, 2000, 532; E.
Turco Bulgherini, Prescrizione
marittima ed aeronautica, in Dig. It,
Sez. disc. Priv., vol. XI, Torino
1995, 226 - 235.
([5])
La traduzione riportata è quella del testo francese,
riportato in originale
nella sentenza annotata, che è il testo ufficiale della
Convenzione di Varsavia
del 1929 e delle successive modifiche.
([7])
Al riguardo già da tempo Fazzalari, Istituzioni di diritto processuale, II
ed., Padova, 1979, ritiene che «azione» sia
«la serie di posizioni soggettive
(e, quindi, di atti) spettanti a ciascuna parte nel
processo», evidenziando
come «affermatasi da molti decenni la separazione fra la
situazione sostanziale
e l’azione (e segnatamente ¾ il problema ha
interessato innanzitutto i processualisti civili ¾ fra diritto
soggettivo e azione), sotto il riflesso che la seconda è,
sì, concessa in
relazione all’esistenza, asserita o effettiva, della prima,
ma da essa
nettamente si distingue, è ormai agevole constatare che
l’«azione» non si
esaurisce nella facoltà del soggetto di mettere in moto il
processo, ma consiste,
appunto, in tutta una serie di facoltà, poteri e doveri,
quanti la legge ne
assegna al soggetto per la sua condotta, lungo tutto l’arco
del processo». V.
anche Fazzalari,
Azione civile (teoria generale e
diritto
processuale), in Dig. disc. priv.,
sez.
civ., II, 1988, 30.
Dello stesso
avviso Mandrioli,
Diritto processuale civile,
Torino,
2002, 48 s, secondo il quale l’azione è una
situazione soggettiva processuale
composita costituita da una serie di poteri facenti capo a colui che ha
esercitato il potere di proporre la domanda.
([8])
Alla luce della normativa vigente l’azione sembra potersi
definire come il
mezzo di esercizio del diritto, il che è cosa diversa dal
diritto stesso. Sulla
base del rapporto di funzionalità che lega
l’azione al diritto si può
concludere che, se da un lato con l’estinzione del diritto
cade anche la
relativa azione (così G. Azzariti
e G. Scarpello,
Della Prescrizione e della decadenza,
Commentario al cod. civ., a cura di A. Scialoja e G. Branca,
Libro VI, artt
2900 – 2969, Roma – Bologna 1953, 543, che su tali
basi ritengono che la
questione se la prescrizione estingua il diritto o l’azione
sia un problema più
teorico che pratico); dall’altro l’azione
può teoricamente estinguersi per
altre cause, senza che necessariamente debba con essa considerarsi
estinto,
perciò solo, anche il diritto alla cui tutela essa era
funzionale.
([9])
Sulla base della tradizionale impostazione romanistica basata
sull’actio, da parte di
alcuni Autori si
ritiene che anche l’azione sia, nel nostro ordinamento,
soggetta a prescrizione
(così ad esempio, per incidens, P.
Trimarchi, Prescrizione e
decadenza, in Jus 1956,
218, 242,
laddove indica come soggette a prescrizione talune azioni costitutive).
E. Giusiana, Appunti sulla prescrizione, in Riv. dir. civ. 1957, I, 424, 435, ritiene
che lo stabilire se la
prescrizione estingua l’azione piuttosto che il diritto
è un falso problema, in
quanto il potere di colui che esercita il diritto è da
ritenersi unico.
([10])
Come esattamente osserva E.
Giusiana
(Appunti sulla prescrizione, in Riv. dir. civ. 1957, I, 424, 435)
nell’affrontare il problema è necessario
precisarne le premesse metodologiche.
Se infatti per azione si intende il diritto alla prestazione
dell’attività
giurisdizionale, è ovvio che esso non è estinto
né dalla prescrizione del
diritto azionato, né dalla decadenza dalla relativa azione;
ma anzi il giudizio
costituisce la sede in cui entrambe possono venir eccepite. Nel
contesto del
presente scritto per azione si intenderà «il potere di
provocare l’applicazione della sanzione prevista
dall’ordinamento come conseguenza dell’atto
illecito» (definizione di E. Giusiana,
op. cit., 535).
([11])
Mentre il testo ufficiale francese dell’art. 29 della
Convenzione individua
l’azione quale oggetto della decadenza, il testo non
ufficiale predisposto a
suo tempo dalla IATA si riferisce più genericamente al
diritto: «The
right to
damages shall be extinguished if an action is not brought within a
period of
two years, reckoned from the date of arrival at the destination, or
from the
date on which the aircraft ought to have arrived, or from the date on
which the
carriage stopped»;
prevedendo quindi, anziché l’estinzione
dell’azione, l’estinzione del diritto. Nessun
dubbio peraltro che anche nel
testo non ufficiale in inglese il termine, dovendo essere rapportato a
istituti
italiani, si configuri come decadenza, seppur di carattere sostanziale
e non
processuale. L’istituto anglosassone di riferimento per il
testo inglese è
infatti la limitation of action,
che
presenta maggiori punti di contatto ed analogie con la decadenza
piuttosto che
con la prescrizione.
([12])
La decadenza di carattere processuale estingue soltanto l'azione,
sicché il
diritto, seppur non più esercitabile, permane in vita
finché non si estingua
per altri motivi. La suddetta distinzione non è priva di
rilevanza pratica; un
diritto la cui azione si sia estinta per decadenza è pur
sempre sussistente e
può quindi essere ceduto dietro corrispettivo; cosa questa
di comune uso per
fini di bilancio o fiscali per società dello stesso gruppo.
E’ inoltre da
rilevare che al termine di decadenza di carattere processuale
è applicabile il
disposto di cui all’art. 1 l. 7 ottobre 1969 n. 742.
([13])
Sulla Convenzione di Roma, introdotta nel nostro ordinamento con legge
2 marzo
1963 n. 654, e più in generale sull’istituto della
responsabilità per danni a
terzi sulla superficie cfr. E.
Turco
Bulgherini, Responsabilità
per
danni a terzi in superficie, in Dig.
disc. priv., sez. comm., XII, 418, in cui si riporta amplia
bibliografia.
([14])
Resa esecutiva in Italia con legge 25 gennaio 1983 n. 89. Sulla
Convenzione
cfr. M.M.
Comenale Pinto, La
responsabilità per inquinamento da
idrocarburi nel sistema della C.L.C. 1969, Padova, 1993.
([15])
Sulla vendita internazionale di merci cfr. S.
Ferreri, Vendita internazionali
di
beni mobili, in Dig. disc. priv.,
sez. civ., XIX, 1999, 703.
([17])
Lo stesso titolo della Convenzione di Varsavia appare significativo:
Convenzione per l'unificazione di alcune regole relative al trasporto
aereo
internazionale.
([18])
S. Busti, Contratto di trasporto aereo, Milano,
2001, 804 si appella alla «esigenza di
un’interpretazione autonoma della fonte
convenzionale di unificazione del diritto in tema di trasporto aereo,
fondata
sull’analisi del suo testo complessivo e dei lavori
preparatori nonché sulla
considerazione del contesto e dello scopo del trattato, in una
comparazione
(mediata dall’utilizzo della più costante
giurisprudenza) con altre Convenzioni
relative alle varie modalità dì
trasporto». E.
Turco Bulgherini, Prescrizione
marittima ed aeronautica, Dig. it,
Sez. disc. Priv., XI, Torino 1995,
226, 236, esclude la concorrenza fra prescrizione e decadenza, senza
peraltro
esplicitare alcuna giustificazione per tale posizione.
([19])
La Convenzione di Montreal del 1999, pur avendo esattamente riprodotto
all’art.
35 il vecchio art. 29 della Convenzione di Varsavia, ha ampliato il
novero dei
testi ufficiali, che sono ora l’Arabo, il Cinese, il
Francese, l’Inglese, il
Russo e lo Spagnolo. Fra le lingue che adottano caratteri latini,
esiste quindi
oggi un contrasto fra le versioni ufficiali dell’art. 35, in
quanto quella
francese parla di estinzione dell’azione, mentre quella
inglese («The right to damages shall
be extinguished
if an action is not brought within a period of two years, reckoned from
the
date of arrival at the destination, or from the date on which the
aircraft
ought to have arrived, or from the date on which the carriage
stopped.») e
quella spagnola («El derecho a
indemnización se extinguirá si no se inicia una
acción dentro del plazo de dos
años, contados a partir de la fecha de llegada a destino o
del día en que la
aeronave debería haber llegado o la de la
detención del transporte»)
parlano invece di estinzione del diritto.
([20])
La differenza potrebbe a prima vista aver rilievo anche per la
qualificazione
del termine come prescrizione piuttosto che decadenza, atteso che
mentre un
termine estintivo che incida sull’azione può
essere solo di decadenza, un
termine che incida sul diritto può essere sia di
prescrizione che di decadenza.
In realtà ogni dubbio è superato dal fatto che
l’istituto anglosassone di
riferimento per il termine estintivo è la
limitation of action, la quale è istituto
assimilabile, per le sue modalità
applicative e di funzionamento, alla nostra decadenza piuttosto che
alla nostra
prescrizione.
([21]) Si tratta del termine
annuale di cui
all’art. III, n. 6, della Convenzione di Bruxelles del 1924
sulla polizza di
carico ritenuto generalmente di decadenza dal diritto e non
dall’azione.
([23])
Così C.F.
Galantini, Il termine estintivo
dell’art. 3 n. 6 della
Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico, in Riv. dir. int. priv. e proc. 1985, 299,
305, e S.M.
Carbone, Contratto di trasporto
marittimo di cose, Milano, 1988, 401; i
quali peraltro non sembrano tenere conto dell’esistenza di
specifiche norme che
prevedono in effetti un termine breve di prescrizione ed un termine
più lungo
di decadenza dall’azione; fattispecie nelle quali appare la
diversa natura
(sostanziale quello di prescrizione, processuale quello di decadenza) e
la
diversa funzione dei due termini.
([24])
G. Righetti,
Sulla natura del termine estintivo ex art.
III, n. 6, della Convenzione
di Bruxelles sulla polizza di carico e sulla sua applicazione,
in Dir. mar. 1966,140, 158.
([25])
P. Trimarchi,
Prescrizione e decadenza, in Jus 1956, 218, 242. Anche prima
dell’attuale codice la cosa era pacifica (cfr. F. Santoro Passarelli, Prescrizione
e decadenza, in Riv. dir. civ.
1926, 556, 567).
([28])
A secondo del punto di partenza e di arrivo dell’aeromobile,
il termine di
prescrizione può essere di 6 mesi o un anno, ex art. 438
cod. nav.
([29]) La giurisprudenza è concorde nel ritenere che l’ostacolo che impedisce l’esercizio utile e consapevole del diritto deve essere un impedimento giuridico e non di mero fatto (fra le più recenti, si veda Cass. 29 luglio 2003 n. 11640; Cass. 23 luglio 2003 n. 11451; Cass. 3 maggio 1999 n. 4389; Cass. 18 settembre 997 n. 9291; Cass. 10 febbraio 1995 n. 1490).
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