Corte di cassazione 25 febbraio 2000, n. 2137

 CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III, 25 FEBBRAIO 2000 N. 2137
Presidente FIDUCCIA - Rel. LIMONGELLI
Nafi Gestioni Armatoriali srl in liquidazione (avvocati Mario Menghini, Enrico Mazier, Marco Lopez de Gonzalo) c. S.I.M. srl in liquidazione (avvocati Alessandro Sperati e Maurizio Dardani)

  • Noleggio di nave -  Esecuzione del contratto - Avviso di prontezza - Stato di navigabilità -Assenza della condizione di navigabilità - Legittimo esercizio della clausola di cancello. 
  • Noleggio di nave -  Esecuzione del contratto - Avviso di prontezza - Clausola di cancello - Termine di recesso - Illegittimità del recesso successivo  all'avviso di prontezza.

RIASSUNTO DEI FATTI.

   La S.I.M. s.r.l. noleggiava dalla NAFI - Gestioni Armatoriali s.r.l. una nave cisterna che non veniva messa a disposizione della società noleggiatrice in stato di navigabilità entro il termine di cancello previsto dal contratto. Poiché nella formula contrattuale utilizzata dalla parti era presente la clausola di cancello, la S.I.M. s.r.l. decideva di recedere dal contratto. Da parte sua la NAFI s.r.l., ritenendo il diritto di recesso illegittimamente esercitato, pretendeva dalla società noleggiatrice il risarcimento del danno provocatole dalla cancellazione del contratto di noleggio. La S.I.M. s.r.l. adiva quindi il tribunale di Genova per sentir accertare l'inesistenza del preteso diritto di risarcimento chiesto dalla NAFI; quest'ultima si costituiva in giudizio spiegando domanda riconvenzionale. Il tribunale di Genova con sentenza dell'11 aprile 1996 respingeva la domanda principale accogliendo invece la riconvenzionale e condannava la S.I.M. s.r.l. al risarcimento del danno in favore della NAFI s.r.l. La società soccombente proponeva quindi appello contro la sentenza di primo grado. La Corte di Appello di Genova con sentenza del 9 settembre 1997 accoglieva la domanda della appellante e riformava la sentenza osservando che, in primo luogo, la nave dopo la scadenza del termine per la sua presentazione non aveva potuto intraprendere il viaggio a causa di guasti e che, conseguentemente, la società noleggiatrice aveva legittimamente cancellato il contratto. Per la cassazione della suddetta sentenza la NAFI s.r.l. proponeva ricorso alla Suprema Corte.

MASSIME.

    Posto che, ai sensi dell'art. 386 cod. nav., il noleggiante è obbligato, prima della partenza, a mettere la nave in stato di navigabilità, per il compimento del viaggio, ad armarla ed equipaggiarla convenientemente, ed a fornirla dei prescritti documenti, è solo dal momento in cui egli abbia provveduto a tali adempimenti, formulando la cosiddetta "dichiarazione di prontezza" ("notice of readiness"), che ha inizio la esecuzione del contratto, con la conseguenza che, da tale momento il noleggiatore non può più esercitare la facoltà di recesso, attribuitagli, per effetto della clausola cosiddetta di "cancello", che comporta, infatti, il diritto del noleggiatore di recedere dal contratto qualora alla scadenza del termine contrattualmente stabilito il noleggiante non sia pronto ad eseguire la sua prestazione, come sopra specificata. E ciò in applicazione del principio generale di cui all'art. 1373 cod. civ., che esclude la facoltà di recedere quando il contratto abbia avuto un inizio di esecuzione (1).

La dichiarazione di prontezza non spiega, peraltro, l'effetto preclusivo del recesso del noleggiatore qualora la nave non possa effettivamente intraprendere il viaggio per il fatto di non essere in stato di navigabilità o di non essere armata ed equipaggiata o munita dei prescritti documenti  (2).

SENTENZA.

 (...omissis...)
MOTIVI DELLA DECISIONE. -
  Con i primi due motivi della impugnazione, che per intima connessione vanno congiuntamente esaminati, la società ricorrente, premesso il rilievo che l'esecuzione del contratto di noleggio inizia nel momento in cui la nave viene messa a disposizione del noleggiatore, insiste nel sostenere: 1) che ciò avverrebbe non appena il noleggiante comunichi al noleggiatore che la nave si trova nel porto convenuto, libera da impegni contrattuali; 2) che, invece, la idoneità della nave alla navigazione atterrebbe al momento (a suo avviso diverso e successivo) dell'adempimento del contratto da parte del noleggiante; 3) che, pertanto, nell'ipotesi in cui la nave sia stata già messa a disposizione del noleggiante ma non sia in condizioni di navigare a causa di guasti l'esecuzione del contratto dovrebbe nondimeno ritenersi già iniziata, onde il noleggiatore non potrebbe avvalersi della clausola di cancello e cioè recedere dal contratto, ostandovi le regole proprie della clausola e, più in generale, l'art. 1373 cod. civ., ma potrebbe soltanto esperire, nei confronti del noleggiante, le ordinarie azioni previste per i casi di inadempimento contrattuale. Lamenta, quindi, che nella specie la Corte di merito, in violazione degli artt. 384, 386 cod. nav. 1456, 1457, 1373, 1362 e 1363 c.c. e con motivazione insufficiente e contraddittoria, abbia ritenuto legittimo il recesso della società noleggiatrice, quantunque la nave fosse stata messa a disposizione di quest'ultima (con la misurazione delle rimanenze di combustibile, il rilascio delle spedizioni da parte della capitaneria di porto e la convocazione del pilota e dell'ormeggiatore) e, quindi, l'esecuzione del contratto dovesse considerarsi già iniziata. La doglianza non ha fondamento.

Ai sensi dell'art. 386 cod. nav. il noleggiante è obbligato, prima della partenza, a mettere la nave in stato di navigabilità per il compimento del viaggio, ad armarla ed equipaggiarla convenientemente, e a provvederla dei prescritti documenti. Poiché la causa del contratto di noleggio si identifica, come si desume dall'art. 384 cod. nav., nel compimento di uno o più viaggi verso pagamento di nolo, l'esecuzione della prestazione dovuta dal noleggiante inizia solo nel momento in cui la nave viene presentata  al noleggiatore già pronta per il compimento del viaggio e, quindi, già munita dei requisiti (di navigabilità, equipaggiamento, armamento e documentazione) che la rendano idonea a prendere immediatamente il mare e non nel momento in cui venga posta in essere taluna delle attività volte a munire la nave di detti requisiti, giacché tali attività precedono l'esecuzione della prestazione, essendo preordinate a renderla possibile. La clausola c.d. di "cancello" comporta il diritto del noleggiatore di recedere dal contratto qualora alla scadenza del termine contrattualmente stabilito il noleggiante non sia pronto ad eseguire la sua prestazione, come innanzi intesa. Il recesso (o "cancello") non può, tuttavia, essere esercitato se, dopo la scadenza di detto termine ma prima che il noleggiatore abbia espresso la propria volontà di recedere, il noleggiante abbia messo la nave  a disposizione del noleggiatore, formulando la c.d. "dichiarazione di prontezza" (notice of readiness), perché con tale dichiarazione egli comunica al noleggiatore che l'esecuzione del contratto ha avuto inizio e ciò rende operante la "ratio" che presiede anche al principio più generale, contenuto nell'art. 1373 c.c., secondo cui la facoltà di recedere non può essere esercitata se il contratto ha avuto un principio di esecuzione. E', peraltro, ovvio che la dichiarazione di prontezza del noleggiante non spiega l'effetto preclusivo del recesso del noleggiatore nel caso in cui ad essa corrisponda la effettiva prontezza della nave e cioè nel caso in cui  la nave, ancorché dichiarata "pronta", non possa intraprendere immediatamente il viaggio perché non sia in stato di navigabilità (o non sia armata o equipaggiata o munita dei prescritti documenti), giacché in questo caso, nonostante la dichiarazione di prontezza fatta dal noleggiante, l'esecuzione del noleggio - per quanto si è detto innanzi - non può ritenersi iniziata e, quindi, l'inutile decorso del termine stabilito per la presentazione della nave legittima il noleggiatore all'esercizio del cancello. Nella specie la Corte di merito, avendo accertato che la nave noleggiata fu pronta ad iniziare il viaggio soltanto undici ore dopo la scadenza del termine pattuito per la presentazione al noleggiante (perché nelle ore precedenti non aveva potuto prendere il mare a causa di guasti ai meccanismi di sollevamento  di un'ancora e del motore principale), ha correttamente ritenuto efficace la dichiarazione di cancello nel frattempo formulata dalla società noleggiatrice. Non è, quindi, incorsa nei denunziati vizi giuridici e motivazionali.

Col terzo motivo la società ricorrente denunzia violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., nonché insufficienza e contraddittorietà di motivazione, lamentando che la Corte territoriale sia pervenuta alla decisione qui impugnata per aver male interpretato il contratto di noleggio dedotto in giudizio ed, in particolare, per aver omesso di considerare, ai fini dell'accertamento della comune volontà delle parti, talune clausole contrattuali. La doglianza è inammissibile. La ricorrente, trascurando il principio di autosufficienza del ricorso (Cass. 29.1.199 n. 802), ha omesso di riprodurre nella impugnazione del giudice di legittimità l'esatto e completo contenuto delle clausole contrattuali da cui pretende di desumere una interpretazione del contratto diversa da quella fattane dalla Corte di merito e ciò impedisce a questa Corte il fondamento della censura.
Il ricorso va, dunque, rigettato.

(...omissis...)



Diritto dei trasporti
2002
II pag. 524

Enzo Fogliani

  Configurazione e natura giuridica della clausola di cancello.  (*)

 La sentenza che si annota, pur raggiungendo un risultato finale condivisibile, desta alcune perplessità sotto il profilo della motivazione ed in particolare della qualificazione giuridica della cosiddetta clausola di cancello.

Come noto, con tale dizione, che costituisce imprecisa traduzione del termine cancel clause (1), viene indicata quella pattuizione, tipica dei charter party, con la quale è data facoltà al noleggiatore di risolvere il contratto nel caso in cui la nave non venga presentata dal noleggiante entro il termine contrattualmente previsto, indipendentemente dal motivo del ritardo (2).

Tale facoltà, secondo la struttura tipica della clausola, può essere esercitata dal noleggiatore soltanto finché la nave non sia stata effettivamente posta a disposizione del noleggiatore (3); il quale peraltro nel caso di attivazione della clausola, non ha alcun diritto al risarcimento dei danni, salvo che non provi il dolo o la colpa grave  del noleggiante (4).

Tale contenuto della clausola, tipica dei contratti di noleggio e quindi da lungo tempo ben tipicizzata negli usi marittimi (5), non sembra essere stata adeguatamente valutata dalla corte di cassazione, la quale ha ritenuto che la relativa facoltà non possa essere esercitata "se, dopo la scadenza di detto termine ma prima che il noleggiatore abbia espresso la propria volontà di recedere, il noleggiante abbia messo la nave  a disposizione del noleggiatore, formulando la c.d. "dichiarazione di prontezza" (notice of readiness)" (6).

In realtà, così non è. Salvo i casi in cui il noleggiatore è tenuto a dichiarare in anticipo la propria volontà (7), in genere la facoltà di attivare la clausola del cancello prevista a favore del noleggiatore può essere esercitata non soltanto fino al momento ma anche nel momento in cui la nave gli è messa a disposizione (8). In altre parole, la notice of readiness non funge da dichiarazione effettuata la quale la clausola del cancello diviene ipso jure inoperativa. Il noleggiatore, infatti, può in quel momento, di fronte ed in risposta all'avviso di prontezza, validamente risolvere il contratto di noleggio sulla base della clausola di cancello.
 
Ovviamente, la esatta configurazione dei tempi di operatività non può non incidere sulla sua esatta qualificazione giuridica. Si è a lungo discusso se tale clausola debba essere inquadrata nell'ambito del recesso o della risoluzione contrattuale (9).

La sentenza in esame, sulla base di una inesatta identificazione del contenuto della clausola, inquadra tale pattuizione nell'ambito del recesso (10). Secondo la suprema corte la clausola di cancello costituirebbe a favore del noleggiatore una facoltà di recesso, esercitabile soltanto, ai sensi dell'art. 1373 cod. civ., finché il contratto non abbia avuto principio di esecuzione (11).

Tale impostazione desta però più di una perplessità. In primo luogo, alla qualificazione della clausola come costitutiva di una facoltà di recesso, osta l'origine anglosassone della clausola e del termine. Cancel, infatti, è un termine generalmente utilizzato per indicare la risoluzione contrattuale conseguente all'inadempimento (12).

Ma al di là degli argomenti storici e lessicali, valgono quelli sistematici. Caratteristica della facoltà di recesso quale prevista nel nostro ordinamento è infatti la circostanza di essere svincolata dall'adempimento contrattuale; tanto che proprio l'art. 1373 c.c. citato dalla sentenza in esame prevede che esso non possa essere esercitato se il contratto abbia avuto un inizio di esecuzione.

Se si trattasse dunque di recesso, il noleggiatore dovrebbe poter esercitare la facoltà di recesso in qualunque momento a partire dalla conclusione del contratto e fino al momento in cui  la nave gli viene messa a disposizione. Ma così non è. La tipica clausola del cancello prevede infatti che il noleggiatore possa avvalersene solo una volta scaduto il termine contrattualmente previsto a carico del noleggiante per adempiere alla obbligazione di rendere disponibile la nave (13). Si tratterebbe quindi, seguendo l'impostazione della cassazione, di un recesso esercitabile soltanto in un determinato periodo di tempo e nel caso di inadempimento della controparte; il che appare come minimo peculiare (14).

Non solo. Dato che, come visto, la tipica clausola del cancello può utilmente essere esercitata dal noleggiatore al momento (rectius: immediatamente dopo il momento) in cui la nave viene messa a disposizione del noleggiatore, in risposta ad un valido avviso di prontezza, è evidente che il principio di esecuzione del contratto - che la stessa suprema corte identifica proprio nella messa disposizione della nave - si è già verificato (15).

Il che, minandolo nelle premesse fattuali, inficia a priori il ragionamento da cui i giudici della cassazione hanno dedotta la natura di recesso della clausola del cancello.

E' poi da osservare che la qualificazione giuridica sostenuta dalla cassazione lascia comunque perplessi anche nel caso in cui si ritenessero fondate le premesse di fatto da cui prende spunto, ossia che la clausola del cancello possa essere attivata solo finché (e non anche al momento) in cui viene emesso un valido avviso di prontezza. E' infatti tutto da dimostrare che il "principio di esecuzione del contratto" (che si pone ex art. 1373 cod. civ. come elemento da cui dedurre il momento a partire dal quale il recesso non può più essere esercitato) sia costituito dalla messa a disposizione della nave e non, invece, dalla attività che a tale messa a disposizione conduce (16).

L'avviso di prontezza, infatti, è il momento con cui viene perfezionato dal noleggiante l'adempimento della obbligazione di rendere disponibile la nave; ma tale adempimento in genere necèssita della previa attività di messa della nave in stato di navigabilità e dell'invio della nave sul luogo della consegna. Sembra quindi innegabile che se il noleggiante sta predisponendo la nave per renderla disponibile al noleggiatore, o la nave è in viaggio verso il porto di consegna, il noleggiante sta svolgendo attività univocamente volta all'adempimento dell'obbligazione. Quindi per parte sua il noleggiante sta già dando esecuzione al contratto; sicché, una volta iniziata tale attività, il contratto ha avuto un inizio di esecuzione, e il noleggiatore non può più esercitare il recesso.

Se l'impostazione sostenuta dalla cassazione fosse corretta, ossia se la cancel clause concedesse al noleggiatore una facoltà di recesso unilaterale, ne deriverebbe che la clausola di cancello potrebbe essere attivata non sino al momento in cui la nave è stata posta a disposizione del noleggiatore, ma solo finché la nave non abbia intrapreso il viaggio per il porto di consegna. Il che non solo è contrario alla prassi marittima e all'interpretazione da sempre data alla clausola del cancello, ma è addirittura contrario alle conclusioni raggiunte sul punto dalla sentenza in esame.

Più soddisfacente appare invece l'inquadramento della cancel clause nell'istituto della risoluzione contrattuale per inadempimento, se non altro per il rilievo che proprio l'inadempimento del noleggiante all'obbligo di mettere a disposizione la nave nei termini pattuiti costituisce il presupposto fattuale per l'operatività della clausola stessa.

Al riguardo, si fronteggiano sul campo l'opinione di chi la considera una vera e propria clausola risolutiva espressa ex art. 1456 cod. civ. e quella di chi, ritenendo il termine di presentazione della nave un termine essenziale, la considera un patto in deroga al disposto dell'art. 1457 cod. civ.

Secondo quest'ultima tesi, nei charter party i termini per la messa a disposizione della nave sarebbero di carattere essenziale per il noleggiatore (17); il che renderebbe applicabile il disposto dell'art. 1457 cod. civ. (18). Secondo questa tesi, se nel charter party non vi fosse la clausola del cancello, in mancanza di presentazione della nave entro il termine pattuito il contratto sarebbe risolto di diritto a meno che il noleggiatore, entro tre giorni, non dichiarasse di voler comunque esigere l'adempimento dell'obbligazione. Dato peraltro che il codice civile nulla ulteriormente prevede nell'ipotesi in cui il contratto sia mantenuto in vita da questa dichiarazione, nell'ipotesi di ulteriore ritardo nella consegna della nave verrebbero ad applicarsi gli usuali principi contrattuali, che mal si conciliano con le esigenze di speditezza e certezza dei traffici marittimi (19). La clausola del cancello permetterebbe dunque alle parti di superare l'inadeguatezza ai traffici marittimi delle disposizioni di diritto comune, prevedendo appunto che la risoluzione contrattuale possa essere dichiarata dal noleggiatore nel periodo in cui sussiste l'inadempimento - imputabile o meno - del noleggiante (20).

Altra e più esatta dottrina (21) configura invece la cancel clause come una vera e propria clausola risolutiva espressa, sulla base della quale il noleggiatore, in presenza di un inadempimento all'obbligazione di consegna della nave, può dichiarare la risoluzione del contratto. Secondo tale dottrina, che nonostante sia stata sottoposta nel corso del tempo a svariate critiche appare a tutt'oggi quella più convincente (22), la clausola del cancello ha tutte le caratteristiche per essere considerata una valida clausola risolutiva espressa ai sensi dell'art. 1456 c.c., in quanto: a) è applicabile nel caso in cui uno dei contraenti non adempia all'obbligazione secondo le modalità stabilite; b) deve essere espressamente prevista dalle parti nel contratto; c) viene attivata mediante dichiarazione  recettizia; d) è rinunziabile dalla parte in cui favore è disposta; e) non può essere invocata dalla parte inadempiente (23); f) prescinde dalla gravità dell'inadempimento (24).

A fronte di questi innegabili elementi, è stato obbiettato che sussistono comunque notevoli differenze fra la clausola del cancello e la tipica clausola risolutiva espressa prevista dall'art. 1456 cod. civ., in quanto quest'ultima è invocabile solo quando l'inadempimento sia imputabile al debitore, e al creditore non è posto alcun termine per la dichiarazione della risoluzione contrattuale. Quale conseguenza della imputabilità dell'inadempimento, il debitore è comunque responsabile per i danni dolosamente o colposamente provocati, indipendentemente dal grado di colpa (25).

Si tratta di critiche  peraltro superabili. La tesi secondo cui la clausola del cancello non rientrerebbe nell'ambito dell'art. 1456 cod. civ. in quanto per essa sarebbe irrilevante la imputabilità dell'inadempimento, pur se piuttosto diffusa (26), è stata da tempo contrastata con l'esatta osservazione che l'operatività della clausola del cancello anche in ipotesi di  non imputabilità dell'inadempimento non esclude che, per i casi in cui l'inadempimento sia imputabile, essa abbia natura di clausola risolutiva espressa (27).

Inoltre, tale critica non tiene conto dell'aspetto per così dire dinamico-operativo della clausola risolutiva espressa prevista dal codice civile. Infatti, a ben vedere, così come la clausola del cancello anche la dichiarazione di risoluzione ex art. 1456 cod. civ. del contratto prescinde, nel momento in cui viene effettuata, dall'accertamento dell'imputabilità dell'inadempimento del debitore. Dato che la prova della non imputabilità dell'inadempimento spetta al debitore inadempiente (28), se e finché tale prova non è stata fornita il debitore stesso si presume responsabile dell'inadempimento (29). Nel caso di ricorso alla clausola risolutiva espressa tale accertamento dell'imputabilità dell'inadempimento è quindi eventuale (in quanto per il suo accertamento è necessaria l'attivazione in tal senso del debitore) e successivo alla dichiarazione di risoluzione (30). Nell'ipotesi in cui il giudice adito dal debitore accerti l'inadempimento e l'insussistenza di cause esonerative di responsabilità, non verrà dichiarata la risoluzione del contratto ex nunc, ma confermata ex tunc la validità della risoluzione contrattuale a suo tempo dichiarata ex art. 1456 cod. civ. (31)

Dunque l'imputabilità dell'inadempimento, anche se in linea teorica è presupposto della dichiarazione di risoluzione (32), sotto l'aspetto pratico è del tutto irrilevante nel momento in cui la clausola risolutiva espressa viene attivata; e significativamente, l'art. 1456 cod. civ. fa riferimento al mero dato oggettivo dell'inadempimento della obbligazione ("...nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta...") senza alcun riferimento allo stato soggettivo del debitore (33).

Sotto questo profilo, quindi, l'attivazione della clausola risolutiva espressa e della clausola di cancello richiedono il medesimo presupposto: ossia l'esistenza di un inadempimento oggettivo, senza che sia necessario per chi la invoca provare previamente l'imputabilità dell'inadempimento all'altra parte. Ciò in cui differiscono è il momento successivo alla risoluzione contrattuale: l'attivazione della tipica  clausola risolutiva ex art. 1456 cod. civ. permette al debitore inadempiente di dimostrare in seguito la non imputabilità dell'inadempimento e porre nel nulla la dichiarata risoluzione contrattuale; la clausola del cancello no.

A ben vedere, però, non si tratta di questione inerente alla risoluzione espressa, ma al diverso e successivo momento della dimostrazione della non imputabilità dell'inadempimento. Se questi due aspetti vengono scissi - come logicamente e cronologicamente dovrebbero scindersi -, si nota che la tipica clausola del cancello può essere ritenuta avere una doppia valenza: la prima, come clausola risolutiva espressa; la seconda, come preventiva rinuncia del noleggiante a fornire la prova liberatoria della propria responsabilità, ossia la prova della non imputabilità dell'inadempimento (34). Tale preventiva rinuncia appare del tutto legittima, in quanto vertente su materia lasciata alla disponibilità delle parti (35).

Anche la seconda critica, ossia che la clausola del cancello impone al noleggiatore uno specifico termine temporale per la sua attivazione mentre la clausola risolutiva espressa sarebbe invocabile senza alcun limite di tempo (36), appare infondata. Una valida notice of readiness, infatti, costituisce adempimento seppur tardivo dell'obbligazione del noleggiante di mettere la nave a disposizione; e come tale rende automaticamente inoperativa la clausola risolutiva espressa (37).

Il problema, semmai, sorge sul lato opposto, laddove la clausola del cancello consente la risoluzione contrattuale anche nel momento (o entro un certo periodo di tempo dal momento) in cui la nave è stata messa a disposizione.  Anche in questo caso, la questione più essere risolta ricorrendo al principio di  libertà contrattuale delle parti (38). Se esse infatti sono libere di decidere se introdurre o meno nel contratto una clausola risolutiva espressa e la parte stessa a cui favore è predisposta può decidere se attivarla o meno, non si vede perché non possano anche decidere un diverso termine temporale per il suo esercizio.

Stesso discorso può farsi per quelle clausole del cancello nelle quali il noleggiante può pretendere che la dichiarazione della volontà del noleggiatore di avvalersi o meno della clausola del cancello sia effettuata prima che la nave dia notice of readiness. In questo caso, ben può ritenersi che le parti introducano un termine di decadenza pattizio per l'esercizio della risoluzione contrattuale (39).

Come si vede, nel caso di specie il risultato che si ottiene configurando la cancel clause come clausola risolutiva non è diverso da quello ottenuto dalla cassazione configurandola come facoltà di recesso unilaterale; ma diverse ne sono le conseguenze in relazione alla sua operatività.

* * *

Discorso analogo può farsi  per quanto riguarda la seconda massima; il risultato raggiunto dalla cassazione è sostanzialmente corretto (40), ma la motivazione appare in contrasto con le premesse e costringe i giudici a salti logici poco giustificabili.

Anzitutto, desta perplessità la deduzione del momento di inizio della prestazione  contrattuale dalla causa del contratto di noleggio (41), contenuta nell'affermazione: "Poiché la causa del contratto di noleggio si identifica, come si desume dall'art. 384 cod. nav., nel compimento di uno o più viaggi verso pagamento di nolo, l'esecuzione della prestazione dovuta dal noleggiante inizia solo nel momento in cui la nave viene presentata  al noleggiatore già pronta per il compimento del viaggio" (42).

Se infatti un contratto prevede l'adempimento di una obbligazione, appare arduo sostenere che l'attività svolta dalla parte per adempiere a tale obbligazione contrattuale non costituisca perlomeno "un principio di esecuzione" del contratto stesso (43).

Al riguardo, l'art. 386 cod. nav. è lapidario nell'affermare che "il noleggiante è obbligato, prima della partenza, a mettere la nave in stato di navigabilità.". Come si vede, la legge individua come obbligazione del noleggiante non l'elemento statico della "presentazione della nave" al noleggiatore (come erroneamente afferma la cassazione), bensì l'attività necessaria a porre la nave in stato di navigabilità. Con la conseguenza che, trattandosi di attività che costituisce adempimento di una obbligazione contrattuale, non può che essere ritenuta posta in essere in esecuzione del contratto (44).

Seguendo quindi l'impostazione della cassazione che vede la clausola del cancello come recesso, dovrebbe ritenersi sussistente un "principio di esecuzione" del contratto tutte le volte in cui il noleggiante abbia iniziato il viaggio verso il porto di consegna, oppure stia attrezzando la nave per metterla in stato di navigabilità, con conseguente inapplicabilità, in tali ipotesi, della clausola di cancello (45). Inapplicabilità che si manifesterebbe poi anche nei casi, in verità di scuola, in cui il noleggiatore abbia già versato una parte del nolo (46).

Se invece la clausola del cancello viene - come appare preferibile - ritenuta una clausola risolutiva espressa, al risultato sostanziale cui è pervenuta la sentenza in esame si giunge senza violare l'armonia sistematica del diritto italiano. In quest'ottica, la mancata presentazione della nave in stato di navigabilità nei termini previsti dal charter party costituisce vero e proprio inadempimento ad una obbligazione contrattuale, che legittima il noleggiatore alla risoluzione contrattuale ex art. 1456 cod. civ. mediante l'attivazione della clausola del cancello.

 Enzo Fogliani


 NOTE:

(1)  Cfr. F. DE FRANCHIS, Dizionario Giuridico Inglese Italiano, Milano, 1984, 413.

(2) Per un'esposizione delle diverse clausole del cancello nei principali formulari in uso si veda: per i time charter L. TULLIO, I contratti di charter party, 1981, 92, e G. M. BOI, I formulari di contratto di noleggio a tempo, negli atti del convegno Dai tipi legali ai modelli sociali nella contrattualistica della navigazione, dei trasporti e del turismo, 1996, 403, 405; per i voyage charter: F. BERLINGERI, Il contratto di noleggio a viaggio nei formulari, negli atti del convegno Dai tipi legali ai modelli sociali nella contrattualistica della navigazione, dei trasporti e del turismo, 1996, 33, 50.

(3)  Generalmente nel caso il noleggiatore non si avvalga della clausola del cancello e dia egualmente esecuzione al contratto, non ha diritto al risarcimento dei danni conseguenti al ritardo della messa a disposizione della nave (G. DE VITA, Natura giuridica della clausola del cancello, Riv. dir. nav. 1957, I, 244, 246, contra M. WILFORD -  T. COGHLIN - J. D. KIMBALL, Time Charter, IV ed., 1995, 360). Sulla responsabilità per il ritardo nella presentazione della nave si veda L. TULLIO, I contratti di charter party, 1981, 100

(4) In questo senso l'interpretazione anglosassone (M. WILFORD -  T. COGHLIN - J. D. KIMBALL, Time Charter, IV ed., 1995, 361) e gli usi marittimi locali (esaminati da L. TULLIO, I contratti di charter party, 1981, 100, nota 115) che sul punto, in virtù del principio di specialità sancito dall'art. 1 cod. nav., prevalgono sulla normativa di diritto comune del codice civile (Si veda anche, al riguardo, B. SCORZA, La clausola del cancello nei contratti di noleggio, in Riv. dir. nav. 1936, II, 409, 415.). Secondo G. DE VITA, Natura giuridica della clausola del cancello, Riv. dir. nav. 1957, I, 244, 246, per ottenere l'eventuale risarcimento dei danni indipendentemente dal grado di colpa del noleggiante,  il noleggiatore non può valersi della clausola di cancello, ma deve esperire l'ordinaria azione di inadempimento contrattuale. Contra, G. AURITI, Contributo allo studio del contratto di noleggio, 1970, 83, e A. CARIOTA FERRARA, La clausola del cancello, in Riv. dir. comm. 1975, 221, 229, secondo il quale la clausola del cancello sarebbe stipulata anche a favore del noleggiante, nel senso che impedirebbe in ogni caso la possibilità di richiedere danni per l'inadempimento in mancanza di dolo o colpa grave. Sulla legittima attivazione della clausola del cancello e sulla risarcibilità dei danni provocati da ritardo volontario nella presentazione della nave cfr. Lodo arbitrale 28 luglio 1950, m/n Deo Juvante, in Dir. mar. 1950, 483, con nota di G.B. BIANCHINI, Natura giuridica ed effetti della clausola "cancello".

(5) Nei testi giuridici anglosassoni i riferimenti giurisprudenziali iniziano dalla storica Shubrick v. Salmond, del 1765, citata da R. COLINVAUX, CARVER's Carriage by Sea, XIII ed., 1982, 769; e da A.A MOCATTA - M.J. MUSTILL - S.C. BOYD, SCRUTTON  on Charteparties and Bills of Lading, XIX ed., 1984, 124. Per indicazioni sulla giurisprudenza e sulla dottrina italiana d'anteguerra sul tema, si rinvia a F.M. DOMINEDÒ, La clausola del cancello, in Saggi di diritto della navigazione, 1951, 230, a B. SCORZA, La clausola del cancello nei contratti di noleggio, in Riv. dir. nav. 1936, II, 409 e a G.B. BIANCHINI, Natura giuridica ed effetti della clausola "cancello", in Dir. mar. 1950, 483, 484.

(6) La sentenza in esame non riporta il testo esatto della clausola sottoposta alla sua attenzione. Data però la tipica qualificazione ad essa data come "clausola di cancello" e dato che la motivazione si riferisce genericamente a detta clausola, dobbiamo dedurre che la clausola esaminata dal supremo collegio ne avesse il contenuto tipico così come ormai consolidato nei formulari e negli usi marittimi.

(7) In mancanza di specifica previsione, anche se richiesto dal noleggiante il noleggiatore non è tenuto a far conoscere la sua decisione prima della messa a disposizione della nave (cfr. A.A MOCATTA - M.J. MUSTILL - S.C. BOYD, SCRUTTON  on Charteparties and Bills of Lading, XIX ed., 1984, 124 e giurisprudenza ivi citata). Alcuni formulari prevedono che, una volta superata la data in cui la nave doveva essere messa a disposizione, il noleggiante possa chiedere al noleggiatore di comunicargli entro un determinato periodo di tempo se voglia o meno esercitare la facoltà concessagli dalla clausola di cancello. Per un elenco di tali formulari, si veda L. TULLIO, I contratti di charter party, 1981, 98.

(8)  Se la clausola non specifica diversamente, "the charterer must exercise his  option to cancel within a reasonable time of the ship arrival" (cfr. R. COLINVAUX, CARVER's Carriage by Sea, XIII ed., 1982, 769, cui si rinvia per i relativi riferimenti giurisprudenziali). Altri formulari sono più precisi: si vedano ad esempio il Norgrain (secondo il quale la facoltà deve essere esercitata entro un'ora dall'avviso di prontezza) e l'Italtempo (non oltre 24 ore dall'avviso di prontezza), citati da L. TULLIO, I contratti di charter party, 1981, 97.

(9) Oltre a queste, esistono in dottrina numerose altre tesi minoritarie. Per una carrellata sulle varie posizioni espresse dalla dottrina (pattuizione di termine essenziale, condizione risolutiva potestativa, potestà risolutiva, clausola risolutiva espressa, recesso unilaterale, condizione di esistenza del contratto) si vedano G. AURITI, Contributo allo studio del contratto di noleggio, 1971, 81 ss., e A. CARIOTA FERRARA, La clausola del cancello, in Riv. dir. comm. 1975, 221, 229 ss., il quale, da parte sua, propone di classificare la clausola del cancello come "facoltà di abolizione unilaterale, con negozio abolitivo operante ex nunc, del contratto di noleggio" (ivi, 237). La tesi della condizione risolutiva potestativa  è sostenuta da B. SCORZA, La clausola del cancello nei contratti di noleggio, in Riv. dir. nav. 1936, II, 409, 419 e ripresa da F.M. DOMINEDÒ, La clausola del cancello, in Saggi di diritto della navigazione, 1951, 230. Accanto a tali posizioni non manca chi, rilevato che comunque si inquadri la clausola del cancello i suoi effetti pratici ed i meccanismi di funzionamento sono gli stessi e chiaramente configurati, assume una posizione per così dire "agnostica". A. FIORENTINO, I contratti navali, II ed., 1959 , 245, nota 24, osserva che "la qualificazione giuridica della clausola ha, ai fini pratici, scarsa rilevanza, dato che non v'è né dubbio né incertezza sui suoi effetti". M. SCARDIGLI, Termine convenzionalmente stabilito per la presentazione della nave nel porto di inizio del viaggio e clausola del cancello, in Riv. dir. nav. 1962, II, 234, 347, ritiene che "la clausola del cancello, nata nella pratica mercantile anglosassone indipendentemente da ogni previsione legislativa, ha una sua particolare connotazione e ogni riferimento a fattispecie normative del diritto positivo italiano è quanto meno imprecisa". Dello stesso parere L. TULLIO, I contratti di charter party, 1981, 96, il quale, oltre a ritenere le disquisizioni sulla natura giuridica della clausola di scarsa utilità data la ormai consolidata univoca interpretazione della stessa, sostiene "la vacuità della ricerca, in quanto inidonea a dare una precisa configurazione della clausola stessa". La stessa posizione è condivisa da G. RIGHETTI, Trattato di diritto marittimo, II, 1990, 446, in nota.

(10)  Già in passato la cassazione aveva qualificato la clausola del cancello come "recesso unilaterale" (cass. 2 agosto 1961 n. 1856, in Riv. dir. nav. 1962, II, 234, con nota di M. SCARDIGLI, Termine convenzionalmente stabilito per la presentazione della nave nel porto di inizio del viaggio e clausola del cancello); ma si trattava di indicazione usata probabilmente a meri fini descrittivi, non avendo tale sentenza, ai fini della decisione, ritenuto "necessario esaminare la discussa natura giuridica della clausola del cancello". Più approfondita e ragionata invece la motivazione a favore del recesso di trib. Trieste 30 settembre 1975, in Dir. mar. 1976, 219.

(11) Identica motivazione sostiene P. MANCA, Studi di diritto della navigazione, II, 1961, 122.

(12) F. DE FRANCHIS, op. cit., 413.

(13) Nel diritto anglosassone la questione è assolutamente pacifica, anche per il caso in cui sia chiaro anche prima della scadenza del termine che la nave non potrà essere resa disponibile in tempo (salvo esplicita pattuizione contrattuale contraria). Cfr. A.A MOCATTA - M.J. MUSTILL - S.C. BOYD, SCRUTTON  on Charteparties and Bills of Lading, XIX ed., 1984, 124 e giurisprudenza ivi citata alla nota 17; G. AURITI, Contributo allo studio del contratto di noleggio, 1971, 106).

(14) In linea teorica, essendo la configurazione del recesso lasciata alla libera disponibilità delle parti, nulla vieterebbe che al suo esercizio siano poste condizioni (inadempimento nella messa a disposizione della nave) e limiti temporali (dalla data di cancello alla data di effettiva messa a disposizione). Se però condizioni e limiti di esercizio sono tali da snaturarne il significato nell'ambito del recesso e configurano invece nella clausola ben maggiori analogie con altro istituto (la clausola risolutiva espressa), non appare logico considerare l'esercizio della clausola di cancello come recesso.

(15) Si noti che nelle ipotesi in cui una parte del nolo venisse pagata in via anticipata (ipotesi peraltro sconosciute alla prassi mercantile), proprio seguendo il ragionamento della Cassazione la clausola del cancello non sarebbe mai operativa in virtù del disposto dell'art. 1373 c.c. Questa norma infatti, avendo ben presente la distinzione fra recesso e risoluzione per inadempimento, prevede esplicitamente che il recesso non possa essere esercitato in quei casi nei quali il contratto abbia avuto un principio di esecuzione; principio di esecuzione che nella ipotesi di parziale pagamento anticipato del nolo si rinverrebbe nel parziale adempimento da parte del noleggiatore alla sua obbligazione di pagamento del corrispettivo (cfr. cass. 13 dicembre 1979 n. 6507, secondo la quale la dazione di un acconto sul prezzo si può considerare principio di esecuzione).

(16) E' stato rilevato come la facoltà prevista dalla clausola di  cancello possa essere attivata quando vi sia un principio d'inadempimento del contratto (G. AURITI, Contributo allo studio del contratto di noleggio, 1971, 90).

(17) A. FIORENTINO, I contratti navali, II ed., 1959, 23, nota 22, nega che il termine di presentazione della nave sia un termine essenziale. Anche la interpretazione tradizionale in auge nel mondo anglosassone contrasta con la tesi del termine essenziale, in quanto si ritiene che "no absolute obligation is undertaken by the owners that the ship shall arrive by the cancelling date" (così M. WILFORD -  T. COGHLIN - N. J. HEALY JR.. - J. D. KIMBALL, Time Charter, IV ed., 1995, 358, sulla base di quanto trovasi affermato in Smith v. Dart (1884) Q.B.D. 105, 110).

(18) La tesi è sostenuta da F. GHIONDA, Natura giuridica della clausola del cancello, in Riv. dir. nav. 1942, I, 95;  S. FERRARINI, I contratti di utilizzazione della nave e dell'aeromobile, 1947, 50; G.B. BIANCHINI, Natura giuridica ed effetti della clausola "cancello" in Dir. mar. 1950, 483;   P. GUERRA, Natura giuridica della clausola del cancello, in Riv. dir. nav. 1952, I, 282; di contrario avviso, fra gli altri, B. SCORZA, La clausola del cancello nei contratti di noleggio, in Riv. dir. nav. 1936, II, 409, 411 e 417; G. DE VITA, Natura giuridica della clausola del cancello, Riv. dir. nav. 1957, I, 244, 251, secondo il quale le somiglianze fra termine essenziale e cancello sarebbero più apparenti che reali, e  M. SCARDIGLI, Termine convenzionalmente stabilito per la presentazione della nave nel porto di inizio del viaggio e clausola del cancello, in Riv. dir. nav. 1962, II, 234, 238.

(19) Nel caso di inadempimento colpevole sarebbe quindi applicabile l'art. 1454 cod. civ., che richiede per la risoluzione contrattuale l'intimazione ad adempiere con termine non inferiore ai quindici giorni, salvo patto o usi contrari. Nell'ipotesi invece in cui l'inadempimento non fosse imputabile al noleggiante, si applicherebbe l'art. 1256 cod. civ. i cui criteri "consentono di protrarre il ritardo per un periodo indeterminato, anche se determinabile sulla base di vaghi e contestabili criteri" (così L. TULLIO, I contratti di charter party, 1981, 95).

(20) Contra, A. FIORENTINO, I contratti navali, II ed., 1959, 25, e A. CARIOTA FERRARA, La clausola del cancello, in Riv. dir. comm. 1975, 221, 229, i quali giustamente rilevano come il funzionamento della clausola del cancello sia diverso da quello dell'art. 1457, prevedendo quest'ultimo l'automatica risoluzione contrattuale in luogo della necessaria dichiarazione di volontà.

(21) La tesi è ampiamente sviluppata da G. DE VITA, Natura giuridica della clausola del cancello, Riv. dir. nav. 1957, I, 244; ad essa aderiscono anche A. FIORENTINO, I contratti navali, II ed., 1959, 24; A. XERRI, Noleggio di navi, Noviss.dig. it., 1984, 226, 229; E. SPASIANO, Contratto di noleggio, 1986, 162.

(22) Lo stesso A. CARIOTA FERRARA, La clausola del cancello, in Riv. dir. comm. 1975, 221, 231, pur criticandola, la definisce "la migliore e la più elaborata fra quelle fin'ora sostenute".

(23) Le caratteristiche che precedono sono state poste in luce da G. DE VITA, Natura giuridica della clausola del cancello, Riv. dir. nav. 1957, I, 261.

(24) Per l'attivazione della clausola di cancello è sufficiente un ritardo della messa a disposizione della nave, indipendentemente dalla sua entità. Anche secondo la nostra giurisprudenza "per i casi già previsti dalle parti nella clausola risolutiva espressa, la gravità dell'inadempimento non deve essere valutata dal giudice" (cass. 16 maggio 1997 n. 4369; conformi, cass. 26 novembre 1994 n. 10102, in Contratti 1995, 145; cass. 28 gennaio 1993 n. 1029, in Foro it. 1993, I, 1470; cass. 16 aprile 1992 n. 4659; cass. 27 giugno 1987 n. 5710).

(25) Queste critiche si trovano espresse in trib. Trieste 30 settembre 1975, in Dir. mar. 1976, 219, 229, probabilmente la più approfondita fra le sentenze che hanno affrontato il problema della natura della clausola del cancello.

(26) Fra gli altri, P. GUERRA, Natura giuridica della clausola del cancello, in Riv. dir. nav. 1952, I, 282; L. TULLIO, I contratti di charter party, 1981, 95; G. RIGHETTI, Trattato di diritto marittimo, II, 1990, 446, in nota.

(27) A. FIORENTINO, I contratti navali, II ed., 1959, 25, nota 24, osserva che "nulla vieta che le parti validamente stipulino che la risoluzione del contratto possa avvenire anche nel caso di inadempimento incolpevole. Si avrebbe in tal caso una clausola che prevede sia il caso di inadempimento (ritardo) colpevole (ex art. 1456 cod. nav.), sia il caso di inadempimento (ritardo) incolpevole (ex art. 1256): comunque sempre una clausola risolutiva." Sulla stessa linea E. SPASIANO, Contratto di noleggio, 1986, 162.

(28) Art. 1218 cod civ.

(29) In questo senso cass. 27 agosto 1987 n. 7063, in Foro it. 1988, I, 444.

(30) Secondo cass. 26 novembre 1994 n. 10102, in Contratti 1995, 145, "la clausola risolutiva espressa rende irrilevante l'indagine circa l'importanza di un determinato inadempimento, che è valutata anticipatamente dalle parti, mentre il giudice deve verificare soltanto se sussista o non la colpa dell'obbligato" (conforme, cass. 27 agosto 1987 n. 7063, in Foro it. 1988, I, 444).

(31) Secondo cass. 15 ottobre 1997 n. 10115, in Foro it. 1998, I, 1205, la sentenza che accerta la risoluzione del contratto ex artt. 1456 e 1457 cod. civ. ha natura dichiarativa. Sulle differenze fra la risoluzione intimata sulla base della clausola risolutiva espressa ex 1456 cod. civ. e l'ordinaria risoluzione contrattuale ex art. 1453 cod. civ. si vedano cass. 10 novembre 1998 n. 11282; cass. 6 settembre 1994 n. 7668; cass. 5 aprile 1990 n. 2803; cass. 24 settembre 1981 n. 5175.

(32) Secondo cass. 4 dicembre 1991 n. 13044, "L'apposizione di una clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.) se elimina l'indagine circa l'importanza di un determinato inadempimento, che è invece ordinariamente richiesta dall'art. 1455 c.c. per la pronuncia costitutiva della risoluzione, non comporta la necessaria conseguenza dello scioglimento del contratto a seguito del fatto oggettivo dell'inadempimento dell'obbligazione, essendo sempre necessario, giusta il disposto dell'art. 1218 c.c., l'accertamento che l'inadempimento sia imputabile almeno a titolo di colpa al debitore." Conforme, cass. 29 gennaio 1993 n. 1119, in Foro it. 1993, I, 1469; cass. 27 giugno 1987 n. 5710; cass. 8 luglio 1983 n. 4591).

(33) In questo senso Corte giustizia Comunità europee, 27 aprile 1999 n. 69/97, in Foro it. 1999, IV, 338, secondo la quale "In un contratto, disciplinato dal diritto nazionale italiano, con il quale una società si obbliga ad effettuare alcuni lavori come corrispettivo di un sostegno finanziario della Cee, la clausola che, in caso di inadempimento degli obblighi previsti dallo stesso, conceda alla commissione la facoltà di risolverlo ipso iure, deve considerarsi clausola risolutiva espressa, non soggetta alla condizione di imputabilità dell'inadempimento al contraente, legittimamente apposta in virtù del principio di autonomia negoziale."

(34) Oltre ad una rinuncia del noleggiante a dimostrare la non imputabilità dell'inadempimento ed un termine temporale per la risoluzione espressa, la clausola del cancello limita la responsabilità del noleggiante ai soli danni causati da dolo o colpa grave e dispone al riguardo l'inversione dell'onere della prova. E' infatti il noleggiatore che richieda il risarcimento del danno a dover provare che lo stesso è dovuto a dolo o colpa grave del noleggiante.

(35) Una pattuizione simile si trova, nel trasporto aereo, nell'accordo di Montreal del 4 maggio 1966 (Agreement C.A.B. 18900), nel quale le compagnie aeree aderenti alla IATA, per scongiurare il pericolo di una denuncia della convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929 da parte degli U.S.A., rinunciarono pattiziamente a far valere eventuale cause di esonero di responsabilità. Sul contenuto dell'accordo di Montreal N. MATÉESCO MATTÉ, Da Varsovie à Montreal avec escale à La Haye, in European Trasport  Law, 1965, II, 876; L.BENTIVOGLIO, La crisi del sistema di Varsavia ed il problema della responsabilità del vettore aereo, in  Annali dell'istituto di diritto aeronautico, 1969, 11.

(36) Formulata da trib. Trieste 30 settembre 1975, in Dir. mar. 1976, 219, 229.

(37) "La dichiarazione di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa (...) non può, in nessun caso, avere effetto se la controparte ha già adempiuto alle proprie obbligazioni contrattuali, anche se ciò è avvenuto oltre i termini previsti nel contratto per l'adempimento, atteso che fino a quando il creditore non dichiari di volersi avvalere della detta clausola il debitore può adempiere, seppure tardivamente, la sua obbligazione." (cass. 5 maggio 1995 n. 4911). Sotto altro profilo, per i casi in cui la nave venga accettata, è da notare che l'accettazione della nave  e l'inizio della caricazione da parte del noleggiatore non può che essere ritenuto  "un atto di volontà abdicativa, ancorché non manifestato espressamente, bensì mediante comportamenti incompatibili con la conservazione del diritto", che fa venir meno, in virtù di tacita rinuncia della parte interessata ad avvalersene, l'operatività della clausola risolutiva espressa (il principio, in diversa fattispecie contrattuale, è espresso da cass. 18 giugno 1997 n. 5455. conforme, in tema di rinuncia tacita alla facoltà di risoluzione espressa, cass. 16 febbraio 1988 n. 1661, in Giur. it. 1989, I, 1, 142).

(38) Secondo cass. 27 gennaio 1996 n. 635, il diritto potestativo di risolvere il rapporto in conseguenza dell'inadempimento di una parte, quando sia prevista la clausola risolutiva espressa, è qualificabile come diritto disponibile.

(39) Secondo cass. 18 giugno 1997 n. 5455, "la risoluzione di diritto di un contratto non opera automaticamente, ma solo nel momento in cui il contraente nel cui interesse è stata pattuita la clausola risolutiva comunica al contraente inadempiente l'intenzione di avvalersene; l'esercizio di tale diritto, in mancanza di una previsione normativa in tal senso, non è soggetto a decadenza per decorso del tempo, potendo essere manifestata la volontà di avvalersi della clausola risolutiva per la prima volta in sede giudiziaria entro il termine decennale di prescrizione". La configurazione della facoltà di avvalersi della clausola risolutiva come "diritto" soggetto a prescrizione decennale non inficia però la validità del ragionamento. Il termine pattizio entro il quale deve essere attivata la clausola di cancello non costituisce infatti una modifica del termine prescrizionale (come tale vietata dall'art. 2936 cod. civ.), ma pone un legittimo termine di decadenza ex art. 2964 cod. civ. per l'esercizio del diritto di rifiutare la nave.

(40) La massima corrisponde alla usuale interpretazione anglosassone, secondo cui non è sufficiente la mera "notice of readiness", ma la nave deve essere concretamente "in every way fitted for ordinary cargo service, which mean in a seaworthy condition". Cfr. M. WILFORD -  T. COGHLIN - J. D. KIMBALL, Time Charter, IV ed., 1995, 355 e 358; The Madeleine [1967] 2 Lloyd's Re., 224.

(41) Si tratta di due concetti del tutto diversi: il primo, fattuale, è relativo ai singoli contratti; il secondo, astratto, è relativo alla più generale tipologia contrattuale. Si noti poi che, alla stregua di tale affermazione, dovrebbe comunque dedursi che prestazioni accessorie che non rientrino nell'ambito della causa tipica del contratto non debbano ritenersi poste in essere "in esecuzione" del contratto.

(42) La rigidezza di questa statuizione contrasta con quanto affermato da cass. 27 aprile 1982 n. 2615, secondo la quale "il "principio di esecuzione" del contratto, che l'art. 1373, I comma, c.c. considera ostativo all'esercizio della facoltà di recesso attribuita ad uno dei contraenti, deve ravvisarsi nella consegna della cosa promessa in vendita in tempo posteriore alla stipulazione del preliminare, ancorché non prevista in contratto, e nel rilascio contestuale a detta stipulazione, in funzione del pattuito anticipato adempimento della prestazione del prezzo, di cambiali con scadenza fissata in momenti successivi alla stipulazione stessa, trattandosi di comportamenti di attuazione del contratto preliminare."

(43) Al riguardo, può essere fatto l'esempio del contratto di pilotaggio. La causa del contratto è l'indicazione della rotta a fronte di un corrispettivo, ragione per la quale, seguendo il ragionamento della cassazione, il "principio di esecuzione" del contratto si avrebbe solo al momento in cui il pilota, salito a bordo, fornisce la prima indicazione. In realtà una volta che il contratto concluso mediante ricezione del segnale della nave,  il pilota pone in essere una serie di operazioni (imbarco sulla pilotina, viaggio verso la nave, salita a bordo) che sono univocamente finalizzate all'adempimento della obbligazione principale del contratto e costituiscono indubbiamente il principio della sua esecuzione.

(44) La circostanza non è sfuggita a G. RIGHETTI, Trattato di diritto marittimo, II, 1990, 446, in nota, il quale dà atto che "si potrebbe, in verità, rilevare che con il trasferimento della nave all'eventuale port of call  e poi in zavorra verso l'eventuale porto di caricazione, l'owner ha già dato inizio all'esecuzione del contratto, e che quindi anche l'art. 1373, I comma c.c. non sarebbe puntuale. Ma altresì controbattere che un principio di esecuzione, per quanto concerne il caricatore, non si ha che con la presentazione della nave, anche se in ritardo". Tale critica, peraltro, è fuori bersaglio, in quanto la pretesa che per "principio di esecuzione" debba intendersi solo l'adempimento di obbligazioni dalle quali ha tratto diretto beneficio la controparte contrattuale è privo di basi normative. La tesi sostenuta dalla cassazione è sotto alcuni aspetti congruente con le tesi di G. AURITI, Contributo allo studio del contratto di noleggio, 1971, 88 ss., il quale, sul rilievo che la messa a disposizione della nave appare configurata nel diritto anglosassone quale "condition precedent" al contratto di noleggio, quest'ultimo non sarebbe vincolante se non una volta messa a disposizione la nave. La messa a disposizione della nave sarebbe quindi in questa ipotesi non soltanto il principio di esecuzione del contratto, ma anche "la manifestazione della volontà di accettazione del contratto da parte dell'armatore noleggiante" (ivi, 114). Per una approfondita confutazione delle tesi di AURITI, aderendo alle quali si dovrebbe ritenere il noleggio quale contratto reale e non consensuale, si veda L. TULLIO, I contratti di charter party, 1981, 97, nota 107.

(45) Ciò sarebbe accaduto nel caso di specie, nel quale è pacifico che il noleggiatore avesse già iniziato a mettere la nave in stato di navigabilità.

(46) Ricordiamo che cass. 1 dicembre 1994 n. 10300, in Vita Not. 1995, 739, ha rinvenuto la ratio dell'art. 1373, I comma "nell'incompatibilità concettuale tra proposito di sciogliere unilateralmente il rapporto e consenso precedentemente manifestato a darvi attuazione, sia pure parziale". Si noti poi che la cassazione ha in passato ritenuto l'art. 1373, I comma, cod. civ. suscettibile di deroga convenzionale (cass. 25 gennaio 1992 n. 812; cass. 27 febbraio 1990 n. 1513). La tesi del recesso potrebbe quindi ritenersi valida ritenendo che con la clausola del cancello le parti introducano una deroga pattizia all'art. 1373, I comma, nel senso di ritenerlo possibile anche in presenza di un principio d'adempimento. Resta ferma in ogni caso la necessità che, anche in presenza di deroga all'art. 1373, I comma cod. civ, il recesso non sia "svincolato da un termine preciso o, quanto meno, sicuramente determinabile" (cass. 22 dicembre 1983 n. 7579); termine che indubbiamente si rinviene nella clausola di cancello. La tesi del recesso potrebbe quindi ritenersi valida sostenendo che con la clausola del cancello le parti introducano una deroga pattizia all'art. 1373, I comma, nel senso di ritenerlo possibile anche in presenza di un principio d'adempimento.

Enzo Fogliani


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