Diritto dei trasporti
2002
 I
pag. 164


Cristina De Marzi

Viaggio di sola andata per le gestanti

Su un quotidiano del 17 luglio 2001 abbiano letto di una signora all'ottavo mese di gravidanza che non è stata ammessa fra i passeggeri di un volo aereo a causa della delicata condizione in cui si trovava. Letta così la notizia non suscita grande stupore; infatti le compagnie aeree si premuniscono da eventuali problemi o difficoltà in cui una donna ormai entrata all'ottavo mese di gravidanza possa incorrere durante un viaggio.

In realtà la vicenda si colora di toni più interessanti per una serie di circostanze alla cui lettura effettivamente abbiamo avuto qualche perplessità sulla decisione del comandante dell'aereo di lasciare a terra la signora col pancione.

Infatti, pur incinta all'ottavo mese, il viaggio in aereo la signora in questione lo aveva già fatto una settimana prima senza avere problemi e con un volo della stessa compagnia. Si era recata così in Sardegna per una breve vacanza di una settimana e al termine della vacanza l'ignara signora tentava di tornarsene a Genova in aereo! Si era imbarcata senza problemi e stava aspettando solo l'inizio delle manovre per il decollo quando veniva gentilmente invitata a scendere.

Ma le circostanze interessanti non sono ancora finite!

Prima di partire il suo medico le aveva certificato le buone condizioni di salute e, dunque, la possibilità di affrontare quel viaggio da Genova ad Olbia e ritorno, per la verità, poi, non così lungo. Per di più la donna incinta, oltre ad essere ginecologa, è dirigente sanitario del reparto di ginecologia dell'ospedale di Genova e quindi perfettamente in grado di comprendere se ed, eventualmente, a quali rischi si fosse esposta con quel viaggio. Comunque, pur di poter tornare a casa si era resa disponibile a firmare un'eventuale liberatoria che sollevasse la compagnia aerea, la Air Dolomiti, da danni che fossero causati da quel volo. Il comandante dell'aereo è stato, però, irremovibile e non ha ritenuto opportuno che le condizioni fisiche del medico fossero tali da poter affrontare il viaggio senza rischi! Per fortuna alla signora è stato trovato un posto su un volo di un'altra compagnia che le ha consentito, sia pure molte ore più tardi, di tornare a Genova.

Come dicevamo, le compagnie aeree adottano ciascuna un proprio regolamento, in cui può essere diversamente stabilito il mese di gravidanza a far tempo dal quale sia considerato assolutamente necessario il certificato medico che attesti l'assenza di problemi di salute. Inoltre, le agenzie alle quali si chiedano informazioni al riguardo avvisano in genere i clienti di una certa discrezionalità del comandante nell'ammettere o meno il passeggero.

Facendo qualche ricerca su Internet, è facile poi trovare, nei siti che si occupano di salute, consigli per le signore in dolce attesa che abbiano intenzione di prendere un aereo, e si suggerisce loro di contattare direttamente la compagnia con cui si intende volare e chiedere specifiche informazioni prima di prenotare il volo. Alcuni siti delle compagnie aeree offrono la possibilità di scaricare dal web il modulo da riempire e con il quale attestare le proprie condizioni di salute.

Sul sito internet della Air Dolomiti, compagnia aerea della vicenda narrata, non abbiamo trovato indicazioni utili ad individuare quale certificazione debba offrire una donna incinta o fino a quale mese di gravidanza sia ammessa al volo. Tuttavia abbiamo trovato una pagina web molto interessante, dedicata alle richieste speciali (www.airdolomiti.it/it/servizi-richieste.asp), in cui si può leggere: «Air Dolomiti ti offre anche assistenze e servizi speciali nei seguenti casi: [.] donne in gravidanza, fino a 2-4 settimane prima del termine fissato». Vale a dire fino al nono mese inoltrato. A questo punto ci chiediamo se non sia forse il caso di specificare agli utenti la possibilità che una donna incinta prossima alla fine della gravidanza non sia ammessa fra i passeggeri.

Al comandante sono infatti attribuiti dal codice della navigazione una serie di poteri la cui necessità ovviamente deriva dalla particolare condizione in cui viene a trovarsi una comunità viaggiante. Si tratta di poteri finalizzati ad assicurare il successo della spedizione sia nell'interesse dei partecipanti che nel più generale interesse della sicurezza della navigazione. A tal fine può vietare l'imbarco di passeggeri affetti da malattie infettive o comunque pericolose e per quanto attiene l'imbarco di persone inferme deve attenersi a quanto specificamente previsto nel relativo regolamento.

La possibilità, invece, di vietare l'imbarco di una donna incinta ormai vicina alla data del parto è da collegarsi al più generale interesse della sicurezza della navigazione. Avere infatti fra i passeggeri una donna prossima al parto senz'altro non è esente da rischi. Per questo non è biasimabile la decisione di un comandante che non l'ammetta fra i passeggeri.

Tuttavia, come in ogni cosa, anche qui ci sembra che un po' di buon senso non guasti. Non si può certo pensare che una donna in quelle condizioni affronti il viaggio di ritorno per mare! Ed oltre al mare e al cielo non ci sono altre vie di collegamento fra un'isola e la terraferma. Esclusa anche l'idea di trattenere la donna nel luogo di vacanza fino a dopo il parto, che francamente non ci sentiamo di suggerire, non rimane altra scelta che correre il rischio e farla salire in aereo. In fondo, una volta che la compagnia aerea l'ha portata in Sardegna ben sapendo che sarebbe tornata indietro una settimana dopo, non la può abbandonare lì, ma deve anche riportarla a casa.

   Cristina De Marzi


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