Diritto dei trasporti
2001
I
pag.115

MICHELE COMENALE PINTO
La frusta a bordo, fra sanzione disciplinare, sanzione penale e mezzo di coercizione per impedire atti che possano compromettere la sicurezza dell'aeromobile

Si legge abbastanza frequentemente sui quotidiani di passeggeri condannati a qualche mese di reclusione, con tutti i benefici di legge, per aver fatto uso di telefoni cellulari a bordo di aeromobili in navigazione; si tratta di episodi tanto frequenti da indurre a ritenere che manchi qualsivoglia effetto di deterrenza nella sanzione adottata e ciò non può che indurre a riflettere sulla questione, tenuto conto anche del grave rischio che deriva alla sicurezza della navigazione da tali comportamenti irresponsabili.

È innegabile il rilievo che la comparazione giuridica riveste in generale; tale rilievo è anche maggiore lì dove il carattere intrinsecamente non circoscritto nelle frontiere del singolo ordinamento nazionale caratterizzi il fenomeno regolato, come è appunto il caso della navigazione aerea. Un'indicazione interessante ci giunge (attraverso le pagine de Il Messaggero del 2 dicembre scorso) da un'importante pronunzia della Corte islamica di Tabuk (Arabia Saudita), che ha condannato a venti frustate un passeggero che non aveva resistito alla tentazione di utilizzare il telefonino in volo. Ci si deve chiedere se, prescindendo dall'ipotesi di adottare in toto la Shari'ah, che, a dire il vero, mi sembra un po' eccessiva, tenuto conto anche delle resistenze che a suo tempo si sono registrate fra Poitiers (con la vittoria di Carlo Martello del 732) e Vienna (con la vittoria di Giovanni Sobieski del 1683), non ci sia comunque quantomeno da ispirarsi al singolo istituto.

È appena il caso di osservare che, in realtà, il ricorso alla frusta non è stato estraneo al mondo occidentale, né nel campo del diritto, né in generale nella società civile. È noto, del resto, come la frusta abbia costituito uno dei pilastri fondamentali del glorioso sistema educativo britannico, di cui è testimonianza nel romanzo del 1857 di Thomas Hughes, Gli anni di scuola di Tom Brown; dati, tuttavia, gli scopi ed i limiti di questa Rivista, è opportuno tuttavia confinare la nostra disamina alla frusta nel diritto della navigazione e dar conto dell'evoluzione al riguardo. In effetti, la frusta ha conosciuto impieghi diversi nella navigazione nel corso del suo svolgimento storico. È noto come, nell'era della navigazione a remi, essa costituisse assieme al battito del tamburo strumento di ausilio della navigazione per garantire il ritmo della voga; essa era per i galeotti quel che è il metronomo per i musicisti. All'epoca, l'abilità del capovoga nel maneggiare la frusta costituiva elemento basilare della navigabilità della nave non meno della robustezza delle catene che assicuravano i rematori ai banchi di voga. Venne poi l'era della navigazione a vela e, nell'impossibilità di impiegarla per sollecitare Eolo, la frusta fu relegata al disbrigo delle sanzioni disciplinari, aspetto, quest'ultimo, cui abbiamo già avuto modo di far cenno nelle pagine di questa Rivista (mi sia consentito rinviare al mio studio Sanzioni disciplinari applicabili al passeggero di aeromobile: l'uso della frusta a bordo, in Dir. trasp. 1992, 831).

Si è avuto modo di richiamare l'attenzione del lettore come proprio la frusta come sanzione disciplinare costituisca conferma di quel procedimento osmotico fra istituti di diritto marittimo ed istituti di diritto aeronautico, che è alla base della ricostruzione unitaria del diritto della navigazione; mi sia consentito di puntualizzare come, proprio la frusta come sanzione disciplinare per i passeggeri, possa costituire un'idonea soluzione all'esigenza di garantire la disciplina a bordo anche dei mezzi di trasporto terrestri, quantomeno in determinate condizioni. A mio avviso, la riflessione è suffragata dalla lettura delle cronache delle trasferte di certe frange di tifoserie calcistiche; da un punto di vista sistematico, mi sembra che sia un'ulteriore conferma delle ragioni della dottrina dell'unitarietà del diritto dei trasporti, di cui è sostenitrice la scuola che alimenta la redazione di questa Rivista. Certamente, occorrerebbe una riflessione sul quadro organizzatorio attraverso il quale garantire l'effettività della sanzione disciplinare; a bordo degli aeromobili, tenuto conto che manca la figura professionale del nostromo (fra le cui incombenze, nella navigazione a vela, rientrava anche l'attuazione delle sanzioni disciplinari irrogate dal comandante).

Come suggerimento a chi volesse meritoriamente provvedere all'approfondimento della questione, mi permetto di formulare l'ipotesi che la soluzione vada ricercata nell'art. 6 della Convenzione di Tokio del 14 settembre 1963, il cui § 1 prevede che il comandante di aeromobile che ritenga che un soggetto a bordo abbia commesso o stia per commettere atti che possano compromettere la sicurezza della navigazione, possa adottare nei confronti di quest'ultimo tutte le "reasonable measures including restraint which are necessary: (a) to protect the safety of the aircraft, or of persons or property therein; or (b) to maintain good order and discipline on board; or (c) to enable him to deliver such person to competent". Mi sembra innegabile che l'impiego della frusta sia misura ragionevole, quanto meno ai fini della lett. b della menzionata disposizione. Orbene, ai sensi del § 2 del medesimo art. 6 della Convenzione di Tokio, "The aircraft commander may require or authorize the assistance of other crew members and may request or authorize, but not require, the assistance of passengers to restrain any person whom he is entitled to restrain". Sono sicuro di non eccedere in ottimismo, nel credere che non manchi fra i passeggeri qualcuno dotato di sufficiente senso civico, da voler distribuire il meritato numero di frustrate al compagno di viaggio indisciplinato; io, personalmente, posso garantire che, già dopo dieci minuti dal decollo, non avrei avuto alcuna difficoltà a dare una ragionevole frustatina al mio vicino di poltrona del mio ultimo viaggio intercontinentale, anche se avrei già apprezzato se il comandante si fosse limitato a farmelo imbavagliare (misura, peraltro, che, a conferma di quanto si diceva poco sopra, potrebbe senz'altro essere utilmente adottata anche nei confronti di tanti compagni di viaggio per ferrovia).

MICHELE M. COMENALE PINTO



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