Diritto dei trasporti
2000
III
pag. 808

MASSIMO DEIANA
Una storia di Giubileo


Dal signor Mario Vascotto, di Muggia (Trieste) riceviamo e pubblichiamo.

La mia è una di delle tante storie di giornate normali del Giubileo, difficilmente accessibili ai tantissimi giovani che affollavano Roma, con la temperatura sopra i 42 gradi.
Domenica mattina, visita a Porta Portese.

Finita la visita mi sono messo a cercare i biglietti per il bus: a Porta Portese inesistente alcun punto vendita.

Da triestino, ligio alle leggi, mi sono avviato a piedi (40 gradi all'ombra), alla fermata successiva, ma anche lì nulla da fare né nei bar, né nelle edicole, di cui la gran parte chiuse. Ancora un tentativo alla fermata successiva: macchinetta per i biglietti rotta, edicola sfornita di biglietti, bar chiusi o sforniti.

Sfinito, assieme ad una decina di romani, anche loro sfiniti dalla ricerca di biglietti, salgo sul bus della linea 8 che arrivava in quel momento.

Alla fermata successiva sale il controllore. Contrariamente a quelli che sono saliti con me (più furbi?), i quali si affrettano a lasciare il bus sotto gli occhi di tutti, mi avvicino spontaneamente al controllore e gli spiego la situazione.

Egli inflessibile, senza nemmeno commentare, ripete: «Mi dia un documento, lei è in contravvenzione». Cerco di spiegare nuovamente la situazione, dichiarandomi disponibile a verificare con lui l'assenza di ogni servizio di emissione biglietti nelle fermate da Porta Portese in poi. Ma lui, come un disco rotto continua a ripetere «Mi dia un documento, lei è in contravvenzione».

Siccome noi Triestini siamo, come ho già detto, ligi alle leggi, rendendomi conto che ho sbagliato a salire senza biglietto, pago, seppur a malincuore, la contravvenzione.
Ripeto, sono conscio di aver sbagliato, e spero che, con i soldi miei e forse di qualche altro utente che come me non trova biglietti, l'ATAC di Roma contribuisca a fornire all'utente quel servizio che io non ho trovato.

Grazie per l'attenzione

Mario Vascotto
La lettera risulta inviata anche all'ATAC di Roma e alla redazione romana del Corriere della Sera; alla missiva era allegata copia del verbale di irrogazione della sanzione amministrativa.
La vicenda merita qualche breve considerazione, nella consapevolezza che ci troviamo di fronte a una manifestazione contingente di un fenomeno patologico destinato ad assumere dimensioni endemiche.

Ci troviamo infatti di fronte a una sempre più marcata terziarizzazione dei servizi di bigliettazione, che è oramai prassi ampiamente diffusa e che tenderà sempre più a estendersi a seguito della ristrutturazione organizzativa delle imprese di trasporto mediante significativi tagli di organico e di servizi collaterali definiti non strategici.

Si pensi ad esempio al sempre maggior numero di stazioni ferroviarie «impresenziate», ove per l'acquisto dei titoli di viaggio si rinvia a distributori automatici spesso fuori servizio, ovvero a esercizi pubblici più o meno limitrofi alle stazioni che non si adeguano certamente (non potendo e non dovendo) agli orari dei treni (v. «misfatto» che segue).

La vicenda raccontata dallo sfortunato triestino potrebbe forse essere ricondotta nell'alveo della mancata cooperazione del creditore (vettore) all'adempimento della prestazione del debitore (passeggero), ovvero, più convincentemente, all'inosservanza del generale principio della buona fede che deve informare il comportamento delle parti anche nelle trattative precedenti alla conclusione del contratto (art. 1337 c.c.).

A meglio vedere infatti, l'obbligo di cooperazione creditoria all'adempimento sembra potersi configurare solo in presenza di un contratto già concluso, mentre nel nostro caso il comportamento negligente del vettore si è esplicitato in un momento precedente alla conclusione del contratto (a prescindere dalla considerazione che tale momento venga fatto coincidere con l'acquisto del biglietto o con il comportamento concludente del passeggero che sale a bordo del mezzo).

In buona sostanza, la difficoltà nel reperimento del titolo di viaggio potrebbe far sorgere in capo al passeggero il diritto al risarcimento del danno precontrattuale, in quanto il vettore ha tenuto un comportamento non corretto nella fase delle «trattative» che conducevano all'accordo.

Ma potrebbe forse a nostro avviso offrirsi ancora miglior tutela allo zelante ma sfortunato passeggero sulla scorta della considerazione che l'estrema difficoltà di reperimento del biglietto realizza una sostanziale contrazione del diritto all'utilizzazione del mezzo pubblico, che può tradursi in una parziale inottemperanza del vettore a quell'obbligo di contrarre che informa l'intero comparto del trasporto pubblico.

Se poi la semplice difficoltà del reperimento del titolo di viaggio dovesse trasformarsi in un'insostenibile difficoltà, ovvero in un'obiettiva impossibilità, potremmo addirittura ipotizzare una sostanziale interruzione del servizio pubblico ad opera del vettore che di fatto impedisce al passeggero di poter regolarmente fruire del trasporto: in tal caso sarebbero piuttosto evidenti i corollari in termini di responsabilità amministrative e perfino penali riferibili al vettore.

Non sta comunque a noi, né per sede, né per competenza, ipotizzare delle soluzioni alla situazione descritta, ma ci si consenta di rimpiangere il buon vecchio bigliettaio, che in un passato neanche tanto remoto consentiva di usufruire più agevolmente e serenamente del mezzo pubblico, riducendo drasticamente la proliferazione di «portoghesi», colposi o dolosi che essi fossero.

Se poi a tale ipotesi un tantino nostalgica qualcuno opponesse l'eccezione dell'insostenibilità dei costi, potrebbe ricordarsi che in diversi e progrediti Paesi del mondo, come gli Stati Uniti, i Paesi scandinavi o l'Australia, ad occuparsi di esigere il pagamento del prezzo del trasporto è direttamente il conducente del mezzo.
Unica regola aurea da osservare assolutamente in tale ultima ipotesi: procurarsi in anticipo le monetine per evitare che l'autista vi borbotti benedizioni in idiomi poco intelligibili, ma dall'inconfondibile significato.

In ogni caso è sempre meglio un borbottio che una sanzione amministrativa pecuniaria.

MASSIMO DEIANA



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